All'inizio della tragica storia dell'Opera di Roma - segnata negli ultimi mesi da scioperi ed agitazioni continue e dall'uscita di Muti - pensavamo che l'unico barbaro che voleva tenere per sè il merito di aver distrutto la musica a Roma, fosse Marino; confidavamo che qualcuno avrebbe fatto ragionare il chirurgo trapiantista, trapiantato a Roma sul Campidoglio, che ha creato guai in ogni settore - quasi tutti - in cui è intervenuto, non capendo di nulla. Ora, mettendo bocca nella musica, rischia di dare il meglio di sè nel peggio. Stante la crisi dell'Opera, maggiore di qualunque altro teatro forse, lui ha in testa due soluzioni: chiudere l'Opera accorpandola a Santa Cecilia, una sola orchestra che a giorni alterni fa melodramma e repertorio sinfonico; con un unico direttore stabile, un solo sovrintendente, un solo direttore artistico, qualora di quest'ultimo se ne ravvisasse la necessità, ma anche di questo forse si potrebbe fare a meno, con un enorme risparmio. E giacchè il melodramma è quello che ha maggiori particolari esigenze di spazio, sarebbe opportuno traslocare tutta Santa Cecilia in Piazza Gigli, e non viceversa, nella sede dell'Opera, liberando così i locali occupati nell'Auditorium, dove comunque si tornerebbe per i concerti - magari pagando all'orchestra un'indennità di spostamento.
Dopo le prime rivelazioni dell'insano progetto di Marino, qualcuno anche dal Campidoglio gli aveva sussurrato, per non urtare la sua ignoranza, che il progetto era una vera follia Inutile spiegargliela, non capirebbe.
Sembrava essersi convinto il chirurgo trapiantista, trapiantato a Roma a fare il sindaco; senonché tira fuori un altro coniglio finto dal suo cilindro bucato. Una giovane donna, ed anche bella, sul podio al posto di Muti - non era stato chiaro, nella sua confusione mentale, se sul podio per le due opere che Muti aveva lasciato oppure alla direzione musicale dell'Orchestra del teatro - poteva costituire il segno di un grande cambiamento e della rinascita dell'Opera di Roma. E ha fatto anche i nomi, il chirurgo distratto, fra i quali una direttrice italiana, Giovanna Fratta, con un curriculum non all'altezza neanche per la direzione di un teatro di provincia.
Per questi svarioni, in rapida successione, ci siamo permessi di scrivere giorni fa che Marino andrebbe per un periodo internato per essere resettato in funzione del governo della città, e, se ciò non fosse possibile, almeno impedito di nuocere.
Ieri poi c'è stata la riunione ai massimi vertici al ministero, sotto l'ala protettrice, ed ugualmente ignorante, di Franceschini, dalla quale è venuta fuori la decisione di demandare ogni decisione al consiglio di amministrazione del 2 ottobre. Sottolineando che con la sola sostituzione di Muti, il teatro sarebbe ancora nei guai, fino a quando i problemi di gestione complessiva non saranno risolti.
Nei giorni passati un noto critico musicale amico di Muti - e forse anche suo interprete autorizzato - aveva prospettato l'idea che Muti sarebbe stato messo nella condizione di andarsene, per dare il via all'esperimento del declassamento del Teatro dell'Opera di Roma. E non sarebbe che l' inizio del declassamento generale.
Un momento,però: chi vorrebbe in primis tale declassamento di fatto, se non il ministero dell'amico Nastasi - amico e sostenitore di Muti - il quale vorrebbe tutti i teatri italiani svuotati di orchestre e cori per farne esclusivamente sedi di distribuzione della lirica italiana, affidata, per la produzione ad uno o due istituzioni che farebbero girare senza sosta i loro complessi artistici? Questo è il progetto che Nastasi, più o meno velatamente accarezza da tempo. Via orchestra e coro, senza toccare gli impiegati i quali, tanto per scendere nel dettaglio, all'Opera di Roma sono il doppio di orchestra e coro insieme. Tanti, tantissimi, messi lì, per buona parte, dalla politica. Più terra terra: senza che anche la sua mogliettina, corra il rischio di essere mandata via, per ridimensionamento organico, dal San Carlo di Napoli, dove lui, marito tenero e premuroso, le ha trovato, creandolo appositamente, un posticino, poco prima di lasciare il teatro da commissario.
Nella situazione romana, la longa manus del distruttore Nastasi, potrebbe essere Carlo Fuortes, se gli riuscisse a quei manigoldi di fondere Santa Cecilia all'Opera ed anche a Musica per Roma, con Fuortes saldamente al vertice delle rovine, visto che lui è già al vertice di due delle tre istituzioni.
E così il grande esperto di 'economia della cultura' invece che dichiarare forfait, per incapacità ed inesperienza, ed andarsene, continuerebbe ancora fare guai con chissà quali ulteriori conseguenze.
Ciò che i mandanti della distruzione non possono e non vogliono capire è che non ci possono essere 'orchestre' eccellenti se i suoi professori hanno contratti 'a chiamata' o 'a tempo determinato' come il Fuortes ha potuto fare al Petruzzelli, un teatro di sole mura, ancora vuoto, che ha riempito con giovani con contratti a termine ( triennali) e meno costosi. E, nonostante ciò, andandosene, ha lasciato un buco di un paio di milioni, il buon amministratore, tanto che il sucessore ha cancellato dalla programmazione, già all'osso, due titoli. Se l'orchestra dell'Opera era diventata, a detta di Muti, una delle migliori in Italia - ADDIRITTURA LA MIGLIORE ( !?) - con la cura che l'équipe barbara sta per somministrarle, in meno di una stagione tornerà ad essere un'orchestra qualunque zoppicante, inascoltabile oltre che indisciplinata, qualità che si è sempre attribuita con vanto.
E Fuortes baratterebbe il contratto a tempo determinato dell'orchestra e coro, con l'autorizzazione per strumenti e coristi a svolgere la libera professione. Altro imbroglio, se orchestrali e coristi ci cascano come salami!
Noi osiamo sperare che non vada in porto l'insane progetto dei distruttori della musica a Roma, ma se dovesse cominciare a prendere forma, sin d'ora lanciamo l'appello a scendere in piazza e protestare TUTTI contro la distruzione della musica in Italia, per la quale Roma non sarebbe che il primo passo e la prova generale.
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