venerdì 9 novembre 2018

Marra e Romeo con la Raggi ieri, esattamente come Salvini e Di Maio con Conte oggi

Che bisogno c'è di attendere la sentenza del tribunale di Roma? Arirverà domani, ma è già scritta nei fatti.

Marra e Romeo -  come attestano anche alcuni testimoni eccellenti - erano per la Raggi, ciò che Salvini e Di Maio sono per Conte. Quelli cioè che hanno effettivamente nelle loro mani il potere che,  soltanto ufficialmente  ma fintamente, viene esercitato da Raggi, nel caso in questione, o da Conte  al governo.

Senza risalire ai fatti  oggetto dell'accusa di 'falso' per la sindaca - che comunque si dovrebbe dimettere esclusivamente - ma non è poco - perchè non è capace di amministrare, il caso similare del governo  e la effettiva distribuzione dei ruoli l'abbiamo avuto l'altro ieri.
 Prima Conte da Floris che ha 'menato il can per l'aia' - come dice il proverbio- senza dire nulla e senza fornire dati certi su nulla, perchè tutto ancor in discussione, l'indomani Salvini dalla Gruber, interrogato sugli stessi argomenti, ha fornito dati. E da ciò, ancora una volta, s'è capito chi è il vero capo del governo: Salvini che divide l'impegno con Di Maio. Conte, invece, è l'uomo 'immagine' il quale, deve comunque ogni volta ribadire: il capo del governo sono io, e sono io che decido... un bel niente!

 La stessa cosa vale per Raggi che arriva al governo del Campidoglio senza arte nè parte, non sa da dove cominciare e si circonda di vecchie volpi dell'amministrazione,  e facendosi consigliare ( imporre altri tecnici)  anche dai suoi capi - che sono gli altri che la comandano assieme ai due. Lei non decide nulla, perchè non sa nulla. E per questo ora  deve necessariamente dire e ribadire. il sindaco io io, e sulle nomine in questione ho deciso io, che c'entra Marra?  Ma vi pare che uno potente come Marra in Campidoglio, lascia che sia la sindaca a prendere decisioni che riguardano ua promozione di suo fratello?

 Tutto fa pensare, stando alle dichiarazione della coppia al governo del paese, che la Raggi dovrà dimettersi. il regolamento dei Cinquestelle parla chiaro e la pensa allo stesso modo Slvini speranzoso di compiere la seconda 'marcia su Roma'. Mentre non si dimetteranno loro, facndo cadere il governo. Ogni volta troveranno una toppa che chiudere i vari buchi che quasi giornalmente si aprono  nella loro azione di governo. Salvini perché il suo consenso  cresce ogni giorno e potrebbe crescere ancor; Di Maio, perché per lui non ci sarà un terzo mandato, dunque, per 'il bene del paese' - come loro chiamano la grande sete di potere - resteranno a comandare anche a Conte, finchè sarà possibile, tenendo duro e superando qualunque difficoltà.

Chi vuole ad ogni costo che la Raggi resti al suo posto, nonostante tutto - come Antonio Padellaro - si giustifica dicendo che peggio di così non può fare, dunque potrà solo fare meglio, e perciò vuole che la sindaca sia giudicata non dal tribunale o da un referendum sull'ATAC- come se i guai di Roma non fossero ben noti ed aggravati con la Raggi - ma per il suo malgoverno della città.

 Che è poi lo stesso discorso che si va facendo anche sul Governo, la cui manovra finanziaria viene bocciata  in terra  e in cielo, mentre Tria,  e con più determinazione di lui Salvini e Di Maio,  si ostinano a dire che tutti gli altri non capiscono e che, se l'Italia non è uscita dalla recessione, se non di qualche decimale irrilevante, con le manovre  ubbidienti ai diktat di Bruxelles, proviamo  a fare a meno di quei diktat, anzi ad andargli contro, e forse le cose potrebbero andar meglio - come sostiene ormai il solo Fatto di Travaglio

E' l'ennesimo parallelo con il governo della Raggi. Solo che Roma è già andata  a sbattere con la sindaca 'del cambiamento'; a che serve andare verso identica sorte per il Paese, con il governo del cambiamento? Continueranno a dirci che peggio dei governi precdeti non si può, e che quindi il governo presente non può che fare meno peggio?
Come si vede  le tecniche di governo sono le medesime e medesime sono pure le giustificazione per le disastrose  condizioni verso le quali il Paese rischia di incamminarsi.


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