mercoledì 21 novembre 2018

Diaghilev senza parole. A proposito dello spettacolo 'SERGE' di Romaeuropa, Nuova Consonanza , in collaborazione con Musica per Roma che l'ha ospitato

 Procediamo innanzitutto a dare l'uso di parola al protagonista che durante tutto lo spettacolo, visto a Roma (in 'prima' nazionale, i francesi preferiscono 'creazione') si muove, si agita muove i fili dei musicisti attori, bravissimi a suonare per l'intera durata dello spettacolo a memoria, ma non dice una sola parola a nessuno, nè di se stesso, come aveva fatto in vita, quando tracciò di sè questo mirabile ritratto: “Sono anzitutto un ciarlatano, anche se piuttosto brillante; e poi un grande affascinatore; terzo, non ho paura di nessuno; quarto, sono un uomo con parecchia logica e pochi scrupoli; quinto, sembro essere privo di vero talento. Ciononostante credo d’aver trovato la mia vera vocazione: essere un Mecenate. Dispongo d’ogni cosa necessaria fuorché dei soldi: ma verranno". Così Sergei Diaghilev inventore e patron dei famosissimi 'Ballets russes' parigini, di inizio Novecento,  nei quali convolse i massimi esponenti delle arti del momento: musicisti, danzatori, pittori, scrittori.

Lo spettacolo, che ha inteso celebrare il grande impresario, in totale assenza di qualunque ricorrenza,   e che nasce dalla collaborazione ideazione e realizzazione dei Solistensemblekaleidoscop, Luigi De Angelis e Fanny& Alexander,  si apre su una scena disadorna, ad eccezione di un pianoforte                (Ciampi!!!)  del quale nella penombra si intravede la sagoma, mentre dal soffitto - di chiara  derivazione 'magrittiana' - pendono strumenti ad arco: due violini, due viole, due violoncelli, un contrabbasso che con l'entrata in scena dei musicisti-attori - tutti in kimono variopinti, maschi e femmine, con prevalenza di queste ultime - caleranno lentamente per essere imbracciati e suonati. Mentre Serge, riconoscibile dal frack, dalla candida camelia all'occhiello, dal ciuffetto bianco e dall'immancabile bombetta, seduto al pianoforte,  suona, anzi accorda lo strumento, che qualche volta incita e pungola , come fa un cavaliere con il suo cavallo agitando una sciarpa rossa agitata a mò di frusta.

I musicisti-attori sono quasi incollati ai loro strumenti, e solo in uno o due casi - durante l'ora e passa di durata dello spettacolo -  li depongono per muoversi - sempre lentamente - con maggiore libertà.

In un breve intermezzo, fra le evoluzioni dei musicisti attori, Serge, dopo breve assenza, ricompare munito di un grande specchio deformante che modifica alla vista il suo volto, e infine,  di nuovo al pianoforte, prima della scena finale che vede tutti schierati, ma seduti, in proscenio i musicisti attori - in questo caso la loro musica è  più articolata e riconoscibile - e Serge che va su e giù dietro di loro, fino alla conclusione. con una pianto generale ed una sonora lunga risata liberatoria -  una risata vi libererà!
 Poco prima del finale i musicisti aprono i loro kimono, qualcuno se lo toglie anche per essere più libero nei movimenti, mostrando le variopinte calzamaglie indossate e che richiamano alla mente immagini di quel lontano passato, anche pittorico.

Ci si spiega, a fronte di tale spettacolo, di durata e lentezza eccessive, e anche troppo 'cerebrale',  ma elegante, che si vuole celebrare il 'potere della seduzione' che innegabilmente Diaghilev esercitava anche su chi lo odiava, al punto che amici e nemici, senza eccezione sudditi suoi, non osavano opporre resistenza a qualunque sua richiesta, ingiunzione o semplice desiderio.
 Il 'Serge' visto a Roma racconta e celebra il grande impresario capace di  muovere  la scena come fa un burattinaio con i suoi burattini, con l'arma leggera ma  infallibile della seduzione.
Pubblico non certo caloroso nè particolarmente numeroso; e un pò stremato, come anche noi, dalla lunghezza  e dalla lentezza dello spettacolo.

Nessun commento:

Posta un commento