Un tempo assai lontano, lontanissimo - agli albori del Cristianesimo, nelle terre dove muoveva i primi passi, alla morte di Cristo, la nuova religione ci si domandava se fosse necessario per tutti indistintamente, per giungere al Cristianesimo passare per l'ebraismo. Se, cioè, la religione ebraica sul cui tronco si era innestato il Cristianesimo, dovesse essere l'unica strada per giungervi, o se non bastasse, quale che fosse la provenienza, aderire alla predicazione di Cristo.
Al momento non ricordiamo con esattezza, quale fosse la risposta degli apostoli ai primi cristiani interroganti, anche se la immagininamo; ma la risposta a quella importante domandala la sa sicuramente molto bene Corrado Augias che alle vicende del Cristianesimo ed alla vita di Gesù sta dedicando molte ore della sua esistenza professionale di giornalista e scrittore (anche di credente?). Ci si rivolga a lui, perciò, sfruttando la sua 'posta dei lettori' del quotidiano La Repubblica.
Già 'La repubblica' che spunta come 'il diavolo' nel nostro discorso, emergendo dalle onde dell'acqua santa, costringendoci a mischiare irriverentemente sacro e profano.
RAI Tre, e non solo quella rete, anche se lo fa più di ogni altro anfratto radiotelevisivo, arruola dal quotidiano romano 'La Repubblica' molti suoi soldati: Verdelli, Merlo, Romagnoli Giannini, De Gregorio (la quale a sua volta chiama in servizio 'di rinforzo' collaboratori di Repubblica, come ha fatto questa settimana con un economista) senza dimenticare anche e prima di ogni altro Augias che RAI Tre ha costretto a lavorare, suo malgrado, ben oltre l'età canonica ed i numerosi dinieghi - ma forse solo di facciata - del celebre giornalista.
Molti si lamentano di tale privilegiata considerazione del quotidiano romano e del suo personale nei piani alti e nelle redazioni di Viale Mazzini; e nei salotti dove è consentito dire le cose come stanno, senza pudore e rispetto per nessuno, si tentano anche spiegazioni.
Ora se ne lamentano anche quelli di Repubblica, perchè temono che con le recenti acquisizioni editoriali questa primogenitura sia da spartire anche con quelli della Stampa di Torino e del Secolo passato di Genova.
E lo temono anche perchè, in una occasione recentissima, si è superata la misura; e citano il caso di Verdelli chiamato da Campo Dall'Orto a dirigere ed a mettere ordine nell' informazione in RAI, e che chiama a sua volta - perchè non ce la fa da solo? - Francesco Merlo, pensionato, sulla cui assunzione in RAI si nutrono anche dubbi giuridici.
Insomma critiche da ogni parte alla 'RAI di Repubblica'. Nessuno però che si chieda, alla luce del sole, se la ragione non vada cercata nella bravura, al più alto grado, di tutti i giornalisti militanti nel quotidiano di De Benedetti, per non dire del marchio di fabbrica indelebile che portano inciso a fuoco sulle carni.
sabato 30 aprile 2016
A Salvatore Sciarrino il 'leone d'oro alla carriera' attribuitogli, buon ultima, dalla Biennale di Venezia
Non deve sorprenderci la notizia che per il 2016, il Leone d'oro alla carriera, per la musica, sia stato attribuito a Salvatore Sciarrino, già premiato - e con premi importanti e prestigiosi - in tutto il mondo ( qualche esempio, fra quelli che ci vengono in mente al momento: Premio 'Frontiere della conoscenza', Premio 'Feltrinelli', Premo 'Salisburgo', Premio 'Principe di Monaco' e perfino il veneziano Premio 'Una vita nella musica').
Non deve sorprenderci tale tardiva attribuzione; anzi deve rassicurarci, il pensiero che la Biennale di Venezia prima di attribuire il suo 'Leone d'oro', nei vari settori, musica compresa, ci pensi un bel pò, e vuole essere convinta che il premiato se lo meriti davvero, quell'ambito riconoscimento.
Tale e tanto è lo scrupolo con cui la severa Biennale veneziana concede i suoi premi che, in qualche caso (vedi Boulez!) poco è mancato che al musicista francese gli venisse concesso 'alla memoria'.
Quello dell'attribuzione del Leone d'oro a personalità anche lontane dal cinema ( per questo stesso 2016, il Leone d'oro per la danza è andato a Maguy Marin, meritatamente!) - per il quale il Leone d'oro è stato inventato sin dalla prima edizione della mostra-concorso veneziana - è decisione recente. Nelle prime edizioni il Leone, venne sguinzagliato in casa, nella laguna; si premiarono esponenti della musica veneziana. Solo successivamente i severi giudici della Biennale hanno allargato l'orizzonte e guardato anche oltre laguna.
Ma forse negli anni precedenti loro hanno pensato che non serviva attribuire il Leone d'oro a musicisti che premi, forse ancora più 'ruggenti' di quello veneziano, li ricevevano fuori dai nostri confini.
Tale vicenda ci fa venire in mente un caso analogo, che riguarda Hans Werner Henze, oggi defunto. Qualche anno fa, quando il noto musicista aveva già raggiunto gli ottant'anni, l'Accademia di Santa Cecilia, si vantò di commissionargli, per la prima volta, un lavoro, nonostante che egli risiedesse in Italia dagli anni Cinquanta e da molti anni figurasse fra gli Accademici ceciliani. Il compositore sorrideva, amaramente, per tale 'commissione' così tardiva che per poco egli non avrebbe potuto neppure onorare, per sopraggiunto decesso.
Anche tardi, è pur sempre gradito un Leone specie se d'oro; come anche un premio 'alla carriera', mentre la carriera, nel caso di Scairrino, è ancora in pieno svolgimento, alla viglia dei suoi primi settant'anni. Appena!
Ecco la motivazione:
Non deve sorprenderci tale tardiva attribuzione; anzi deve rassicurarci, il pensiero che la Biennale di Venezia prima di attribuire il suo 'Leone d'oro', nei vari settori, musica compresa, ci pensi un bel pò, e vuole essere convinta che il premiato se lo meriti davvero, quell'ambito riconoscimento.
Tale e tanto è lo scrupolo con cui la severa Biennale veneziana concede i suoi premi che, in qualche caso (vedi Boulez!) poco è mancato che al musicista francese gli venisse concesso 'alla memoria'.
Quello dell'attribuzione del Leone d'oro a personalità anche lontane dal cinema ( per questo stesso 2016, il Leone d'oro per la danza è andato a Maguy Marin, meritatamente!) - per il quale il Leone d'oro è stato inventato sin dalla prima edizione della mostra-concorso veneziana - è decisione recente. Nelle prime edizioni il Leone, venne sguinzagliato in casa, nella laguna; si premiarono esponenti della musica veneziana. Solo successivamente i severi giudici della Biennale hanno allargato l'orizzonte e guardato anche oltre laguna.
Ma forse negli anni precedenti loro hanno pensato che non serviva attribuire il Leone d'oro a musicisti che premi, forse ancora più 'ruggenti' di quello veneziano, li ricevevano fuori dai nostri confini.
Tale vicenda ci fa venire in mente un caso analogo, che riguarda Hans Werner Henze, oggi defunto. Qualche anno fa, quando il noto musicista aveva già raggiunto gli ottant'anni, l'Accademia di Santa Cecilia, si vantò di commissionargli, per la prima volta, un lavoro, nonostante che egli risiedesse in Italia dagli anni Cinquanta e da molti anni figurasse fra gli Accademici ceciliani. Il compositore sorrideva, amaramente, per tale 'commissione' così tardiva che per poco egli non avrebbe potuto neppure onorare, per sopraggiunto decesso.
Anche tardi, è pur sempre gradito un Leone specie se d'oro; come anche un premio 'alla carriera', mentre la carriera, nel caso di Scairrino, è ancora in pieno svolgimento, alla viglia dei suoi primi settant'anni. Appena!
Ecco la motivazione:
Cultore d’arte e raffinato pedagogo, Salvatore Sciarrino è universalmente riconosciuto come una delle voci più originali e autorevoli del nostro tempo” - così recita la motivazione del premio del Direttore Fedele, che prosegue: “Sciarrino ha dedicato la propria esistenza all’arte del compore con spirito di ricerca e invenzione incessanti che lo hanno portato a scoprire un mondo sonoro inaudito dando un impulso decisivo al rinnovamento della musica contemporanea e dimostrando come la musica, per rinnovarsi e ritrovarsi, debba uscire dalla propria forma storicizzata per farsi esperienza d’ascolto in cui lo spettatore è al centro di fenomeni misteriosi e quasi ancestrali”.
È proprio alla Biennale di Venezia che il talento precocissimo ed eretico di Sciarrino si rivela, quando nel 1969, al 32. Festival Internazionale di Musica Contemporanea debutta con un pezzo sinfonico, Ancòra (Berceuse). Da allora la musica di Sciarrino è stata costantemente presente nelle programmazioni dell'istituzione veneziana e nei più importanti teatri di tutto il mondo.
È proprio alla Biennale di Venezia che il talento precocissimo ed eretico di Sciarrino si rivela, quando nel 1969, al 32. Festival Internazionale di Musica Contemporanea debutta con un pezzo sinfonico, Ancòra (Berceuse). Da allora la musica di Sciarrino è stata costantemente presente nelle programmazioni dell'istituzione veneziana e nei più importanti teatri di tutto il mondo.
Qualche interessato consiglio al prof. Boeri, in fatto di PENSIONI
Non passa giorno senza che il prof. Boeri. presidente INPS, ci faccia venire un colpo, con le sue dichiarazioni sulle pensioni, presenti e, soprattutto, future.
L'ultima sua invenzione, rappresentata dalle buste 'arancione', il colpo vuol farlo venire, find'ora, ai pensionati futuri - ammesso che arrivino a percepirne una. Della quale fin d'ora Boeri mette tutti sull'avviso che sarà una pensione da fame, dopo una vita lavorativa già da fame, come i probabili futuri pensionati già sperimentano.
Si sa, Boeri deve cercare, con ogni modo, di far quadrare i conti per non trovarsi un giorno a non aver più soldi in cassa per pagare le pensioni erogate, e per erogarne di nuove, pur 'da fame'.
E come fa? Ogni giorno fa girare qualche nuova voce destabilizzante, fra le ultime quella sulle pensioni di reversibilità o sui tagli a pensioni che egli reputa ricche - a partire da tre volte il minimo.
Noi, pensionati - ricchissimi, secondo i criteri Boeri & C. - della scuola, ci offriamo senza essere richiesti e gratuitamente, per dargli qualche consiglio a Boeri, con cui far quadrare i conti presenti e futuri.
Intanto cominceremmo col metter ordine negli stipendi, che preludono alle pensioni, alcuni davvero esagerati, come quelli dei dipendenti del Palazzo in ogni ordine, grado e latitudine. I dipendenti del Palazzo hanno stipendi (e poi liquidazioni e pensioni) che non sono giustificati da nient'altro che dai privilegi che chiunque viene a contatto con il Potete tenta di autoassegnarsi.
In questi giorni, il giudice della Consulta, Amato, già ministro e premier, ed anche espertissimo in doppie e triple pensioni cumulabili con lauti stipendi, ha dichiarato essere ammissibile il ricorso presentato alla Consulta dai dipendenti del nostro Parlamento che non accettano di vedersi tagliati i loro stipendi PRIVILEGIATI. E' evidente che Amato difende anche i suoi di privilegi che oggi sono le due pensioni ed il lauto compenso da giudice della Consulta, sul cui taglio nessuno può decidere, salvo i giudici medesimi che da quest'orecchio evidentemente, anche per l'età, non ci sentono - come hanno già dichiarato apertamente.
E non ci dica Boeri che non si può. Perchè una qualche strada c'è. Se la inventi, come ogni giorno se ne va inventando altre, come quelle frequenti per affamare del tutto i titolari di pensioni 'al minimo'.
C'è anche un alto caso di cui abbiamo letto nei giorni scorsi, a seguito di altre sue dichiarazioni, prof. Boeri. Ci sono in Italia - lo ha Lei dichiarato - circa 500.000 titolari di pensioni ( dirette ma anche di reversibilità) che tali pensioni ricevono da 50 anni. Ma quanti c. di anni vivono i pensionati italiani con le pensioni di un tempo? Come si fa a percepire una pensione da 50 anni?
Lo spieghi Boeri, e soprattutto trovi il modo per mettere la parola fine ad una tale longevità pensionistica. Faccia fare anche un giro nei cimiteri ai suoi ispettori, qualche inghippo lo scoverà certamente.
Un altro capitolo sul quale intervenire é quello dei vitalizi ai parlamentari ed anche sul sistema di reversibilità dei medesimi, del quale si parla da anni, inutilmente, accampando ogni volta la scusa che in fondo non sarebbero che poche migliaia di soggetti e con questa si dice che non vale la pena di fargli la lotta per cancellarli. No, vale la pena e molto più di quanto non valga nel farne ogni giorno ai pensionati 'al minimo' i quali, basta che soffi un pò più forte il vento, per giocarseli loro ed i loro parenti più stretti - la qual cosa forse Boeri si augura segretamente per risolvere alla radice i problemi del suo istituto.
Nel quale un pò d'ordine lo sta mettendo senza guardare in faccia a nessuno. Come nel caso dell'adeguamento delle pensioni, in base ai contributi versati anche dopo l'attribuzione della pensione medesima, continuando l'attività lavorativa, ove consentita. E, infatti, per non generare false aspettative, egli fa attendere tutti per qualche mese, parecchi mesi, più esattamente più d'un anno per consentirne l'adeguamento, ammesso che alla fine lo conceda, a seguito di richiesta, sia ben inteso; mai automaticamente, nonostante se ne abbia acquisito il diritto. Ad oggi, sappiamo di casi specifici, per i quali è già trascorso più d'un anno dalla presentazione della domanda, ma ancora l'INPS non ha dato risposta.
Il prof. Boeri stia tranquillo, sappia fin d'ora che se ci vengono altre idee per risolvere in parte o del tutto i problemi del suo INPS, gliele suggeriremo. Alla prossima idea!
L'ultima sua invenzione, rappresentata dalle buste 'arancione', il colpo vuol farlo venire, find'ora, ai pensionati futuri - ammesso che arrivino a percepirne una. Della quale fin d'ora Boeri mette tutti sull'avviso che sarà una pensione da fame, dopo una vita lavorativa già da fame, come i probabili futuri pensionati già sperimentano.
Si sa, Boeri deve cercare, con ogni modo, di far quadrare i conti per non trovarsi un giorno a non aver più soldi in cassa per pagare le pensioni erogate, e per erogarne di nuove, pur 'da fame'.
E come fa? Ogni giorno fa girare qualche nuova voce destabilizzante, fra le ultime quella sulle pensioni di reversibilità o sui tagli a pensioni che egli reputa ricche - a partire da tre volte il minimo.
Noi, pensionati - ricchissimi, secondo i criteri Boeri & C. - della scuola, ci offriamo senza essere richiesti e gratuitamente, per dargli qualche consiglio a Boeri, con cui far quadrare i conti presenti e futuri.
Intanto cominceremmo col metter ordine negli stipendi, che preludono alle pensioni, alcuni davvero esagerati, come quelli dei dipendenti del Palazzo in ogni ordine, grado e latitudine. I dipendenti del Palazzo hanno stipendi (e poi liquidazioni e pensioni) che non sono giustificati da nient'altro che dai privilegi che chiunque viene a contatto con il Potete tenta di autoassegnarsi.
In questi giorni, il giudice della Consulta, Amato, già ministro e premier, ed anche espertissimo in doppie e triple pensioni cumulabili con lauti stipendi, ha dichiarato essere ammissibile il ricorso presentato alla Consulta dai dipendenti del nostro Parlamento che non accettano di vedersi tagliati i loro stipendi PRIVILEGIATI. E' evidente che Amato difende anche i suoi di privilegi che oggi sono le due pensioni ed il lauto compenso da giudice della Consulta, sul cui taglio nessuno può decidere, salvo i giudici medesimi che da quest'orecchio evidentemente, anche per l'età, non ci sentono - come hanno già dichiarato apertamente.
E non ci dica Boeri che non si può. Perchè una qualche strada c'è. Se la inventi, come ogni giorno se ne va inventando altre, come quelle frequenti per affamare del tutto i titolari di pensioni 'al minimo'.
C'è anche un alto caso di cui abbiamo letto nei giorni scorsi, a seguito di altre sue dichiarazioni, prof. Boeri. Ci sono in Italia - lo ha Lei dichiarato - circa 500.000 titolari di pensioni ( dirette ma anche di reversibilità) che tali pensioni ricevono da 50 anni. Ma quanti c. di anni vivono i pensionati italiani con le pensioni di un tempo? Come si fa a percepire una pensione da 50 anni?
Lo spieghi Boeri, e soprattutto trovi il modo per mettere la parola fine ad una tale longevità pensionistica. Faccia fare anche un giro nei cimiteri ai suoi ispettori, qualche inghippo lo scoverà certamente.
Un altro capitolo sul quale intervenire é quello dei vitalizi ai parlamentari ed anche sul sistema di reversibilità dei medesimi, del quale si parla da anni, inutilmente, accampando ogni volta la scusa che in fondo non sarebbero che poche migliaia di soggetti e con questa si dice che non vale la pena di fargli la lotta per cancellarli. No, vale la pena e molto più di quanto non valga nel farne ogni giorno ai pensionati 'al minimo' i quali, basta che soffi un pò più forte il vento, per giocarseli loro ed i loro parenti più stretti - la qual cosa forse Boeri si augura segretamente per risolvere alla radice i problemi del suo istituto.
Nel quale un pò d'ordine lo sta mettendo senza guardare in faccia a nessuno. Come nel caso dell'adeguamento delle pensioni, in base ai contributi versati anche dopo l'attribuzione della pensione medesima, continuando l'attività lavorativa, ove consentita. E, infatti, per non generare false aspettative, egli fa attendere tutti per qualche mese, parecchi mesi, più esattamente più d'un anno per consentirne l'adeguamento, ammesso che alla fine lo conceda, a seguito di richiesta, sia ben inteso; mai automaticamente, nonostante se ne abbia acquisito il diritto. Ad oggi, sappiamo di casi specifici, per i quali è già trascorso più d'un anno dalla presentazione della domanda, ma ancora l'INPS non ha dato risposta.
Il prof. Boeri stia tranquillo, sappia fin d'ora che se ci vengono altre idee per risolvere in parte o del tutto i problemi del suo INPS, gliele suggeriremo. Alla prossima idea!
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venerdì 29 aprile 2016
Attenti agli autisti! Grandi carriere in RAI e Mediaset
In RAI, nelle ultime settimane, si annunciano tempi duri per gli autisti, anzi ex autisti, dopo il caso tangenti ed irregolarità, scoperte di recente, riguardante appunto uno di questi professionisti, assurto in RAI a dirigente, dopo essere stato funzionario a Mediaset, e prima ancora autista del Cavaliere.
Guardarsi dagli autisti è la regola d'oro e la parola d'ordine. Mai rivelare loro particolari piccanti, mai farsi accompagnare in luoghi equivoci - come il caso di un ex governatore del Lazio dovrebbe insegnare a tutti! - mai confidare alcunché ad essi... perché un giorno, sentendosi traditi o non giustamente compensati, potrebbero rinfacciare ogni cosa. Come appunto ha fatto l'ex autista in questione, quando in due diverse telefonate ha cercato di ricattare prima il Cavaliere (per il caso Noemi, che vantava di conoscere dalla a alla z) e poi anche Gianni Letta, chiedendone l'appoggio per sfuggire ai guai.
Queste cose possono accadere altrove, non in RAI, si va dicendo ostendando sicurezza. ( l'ex autista la prima promozione l'aveva infatti ricevuta a Mediaset). Falso. Perchè anche in RAI è accaduto che l'autista di un dirigente assai in vista, ha fatto carriera fino ai vertici, giungendo alla guida di una rete, senza naturalmente i ricatti dell'altro caso. Almeno non sappiamo.
Adesso, a seguito di tale caso clamoroso, si teme che, qualora si riesca a rianimare il 'cavallo morente' di Messina, prendendolo per le palle, anche a lui spetterà una promozione, dopo i molti anni passati di fronte al palazzo di Viale Mazzini, a fare il finto morto, ma spiando notte e giorno il via vai di ogni genere, e quel che nel bene e più ancora nel male, accadeva nel palazzo di vetro.
Guardarsi dagli autisti è la regola d'oro e la parola d'ordine. Mai rivelare loro particolari piccanti, mai farsi accompagnare in luoghi equivoci - come il caso di un ex governatore del Lazio dovrebbe insegnare a tutti! - mai confidare alcunché ad essi... perché un giorno, sentendosi traditi o non giustamente compensati, potrebbero rinfacciare ogni cosa. Come appunto ha fatto l'ex autista in questione, quando in due diverse telefonate ha cercato di ricattare prima il Cavaliere (per il caso Noemi, che vantava di conoscere dalla a alla z) e poi anche Gianni Letta, chiedendone l'appoggio per sfuggire ai guai.
Queste cose possono accadere altrove, non in RAI, si va dicendo ostendando sicurezza. ( l'ex autista la prima promozione l'aveva infatti ricevuta a Mediaset). Falso. Perchè anche in RAI è accaduto che l'autista di un dirigente assai in vista, ha fatto carriera fino ai vertici, giungendo alla guida di una rete, senza naturalmente i ricatti dell'altro caso. Almeno non sappiamo.
Adesso, a seguito di tale caso clamoroso, si teme che, qualora si riesca a rianimare il 'cavallo morente' di Messina, prendendolo per le palle, anche a lui spetterà una promozione, dopo i molti anni passati di fronte al palazzo di Viale Mazzini, a fare il finto morto, ma spiando notte e giorno il via vai di ogni genere, e quel che nel bene e più ancora nel male, accadeva nel palazzo di vetro.
Galan & Girolamini - Garritano & Scala
In questi giorni il Parlamento ha votato - finalmente! - la decadenza di Giancarlo Galan, condannato per le tangenti del caso 'Mose', le quali tante dimissioni avevano provocato, ma non quella di Galan, il quale continuava addirittura a presiedere, prima dal carcere e poi dagli arresti domiciliari, la Commissione cultura del Senato (?). Tra parentesi, si è saputo in questi giorni che i soldi per comprare la sontuosa villa nella quale è vissuto per lungo tempo il 'doge' veneto, glieli aveva prestati la Banca di Vicenza, una delle quattro finite nella merda, che ora si spera, sequestrandogliela e rivendendola, potrà riavere i suoi soldi. ( prestati senza le garanzie che da tutti gli altri cristi anche la Banca di Vicenza esige!).
Ma tale decadenza, per singolare combinazione, giungeva negli stessi giorni in cui, per iniziativa di 'Casa Corriere', a Napoli, veniva riaperta la storica Biblioteca dei Girolamini, teatro di furti ignominiosi del suo protetto De Caro, anch'egli condannato a sette anni per tali furti, dei quali un altro condannato eccellente, ma per altre ragioni, era senz'altro a conoscenza, essendone in taluni casi il 'destinatario finale' . Ed ancora negli stessi giorni altra condanna veniva inflitta a De Caro per altri furti, sempre di libri, ma dalla biblioteca del Ministero dell'Agricoltura, quando vi sedeva come ministro appunto Galan. Il quale, a seguito di studi approfonditi dei preziosi erbari trafugati, da De caro si faceva consigliare come agire in agricoltura, con piante e diserbanti.
Ora per il ladro bibliofilo protetto da ministri, cui l'avevano raccomandato alcuni personaggi eccellenti, gli anni di galera ammontano ad otto. Con l'obbligo di leggersi tutti i libri trafugati - che sono migliaia.
Mariafrancesca Garritano, ballerina della Scala, in un libro di qualche anno fa aveva puntato il dito contro un gravissimo fenomeno, secondo Lei assai diffuso fra le giovani ballerini:l'anoressia. Il teatro l'aveva cacciata perché s'era sentito denigrato. La Garritano sosteneva che alle giovani ballerine veniva inculcata l'idea che alla loro professione occorreva una magrezza al limite della malattia, e che a tale concezione si adeguava il regime alimentare consigliato: una mela al giorno, scacciando il medico di torno!
Cosa cèera di tanto clamoroso ed offensivo nella denuncia della Garritano? Le ballerine, salvo quelle che fanno parte di ensemble di 'teatrodanza', dove 'magrezza non fa bellezza' e neanche agilità e prestanza, sono tutte magre, e tale aspirazione alla magrezza può nascondere il pericolo drammatico della anoressia.
A seguito di tale denuncia, la Scala come tutte gli altri teatri, per i loro corpi di ballo, avrebbero dovuto essere più attenti al problema; ed invece che fanno? Che fa la Scala? Licenzia la Garritano. La quale ricorre in tribunale, vince in primo grado, ma la Scala a sua volta ricorre.
Finalmente, anche la Cassazione le ha dato ragione e dunque la Scala deve riammetterla fra le sue ballerine, con tanto di scuse - se Pereira decidesse di comportarsi da signore qual è.
Le storie insegnano che nel mondo le cose spesso si pareggiano: ad una condanna esemplare, anzi due, corrisponde una assoluzione altrettanto esemplare.
Ma tale decadenza, per singolare combinazione, giungeva negli stessi giorni in cui, per iniziativa di 'Casa Corriere', a Napoli, veniva riaperta la storica Biblioteca dei Girolamini, teatro di furti ignominiosi del suo protetto De Caro, anch'egli condannato a sette anni per tali furti, dei quali un altro condannato eccellente, ma per altre ragioni, era senz'altro a conoscenza, essendone in taluni casi il 'destinatario finale' . Ed ancora negli stessi giorni altra condanna veniva inflitta a De Caro per altri furti, sempre di libri, ma dalla biblioteca del Ministero dell'Agricoltura, quando vi sedeva come ministro appunto Galan. Il quale, a seguito di studi approfonditi dei preziosi erbari trafugati, da De caro si faceva consigliare come agire in agricoltura, con piante e diserbanti.
Ora per il ladro bibliofilo protetto da ministri, cui l'avevano raccomandato alcuni personaggi eccellenti, gli anni di galera ammontano ad otto. Con l'obbligo di leggersi tutti i libri trafugati - che sono migliaia.
Mariafrancesca Garritano, ballerina della Scala, in un libro di qualche anno fa aveva puntato il dito contro un gravissimo fenomeno, secondo Lei assai diffuso fra le giovani ballerini:l'anoressia. Il teatro l'aveva cacciata perché s'era sentito denigrato. La Garritano sosteneva che alle giovani ballerine veniva inculcata l'idea che alla loro professione occorreva una magrezza al limite della malattia, e che a tale concezione si adeguava il regime alimentare consigliato: una mela al giorno, scacciando il medico di torno!
Cosa cèera di tanto clamoroso ed offensivo nella denuncia della Garritano? Le ballerine, salvo quelle che fanno parte di ensemble di 'teatrodanza', dove 'magrezza non fa bellezza' e neanche agilità e prestanza, sono tutte magre, e tale aspirazione alla magrezza può nascondere il pericolo drammatico della anoressia.
A seguito di tale denuncia, la Scala come tutte gli altri teatri, per i loro corpi di ballo, avrebbero dovuto essere più attenti al problema; ed invece che fanno? Che fa la Scala? Licenzia la Garritano. La quale ricorre in tribunale, vince in primo grado, ma la Scala a sua volta ricorre.
Finalmente, anche la Cassazione le ha dato ragione e dunque la Scala deve riammetterla fra le sue ballerine, con tanto di scuse - se Pereira decidesse di comportarsi da signore qual è.
Le storie insegnano che nel mondo le cose spesso si pareggiano: ad una condanna esemplare, anzi due, corrisponde una assoluzione altrettanto esemplare.
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giovedì 28 aprile 2016
'Quando a tordi e quando a grilli'. A proposito delle edizioni critiche delle opere di Giacomo Puccini
Il popolare detto: 'quando a tordi e quando a grilli' che per i cacciatori indica il succedersi di stagioni floride e stagioni magre, se letto all'incontrario, e cioè 'quando a grilli e quando a tordi' fotografa con esattezza la situazione dell'edizione critica delle opere di Giacomo Puccini. Musicista sul quale solo di recente abbiamo acquisito una più approfondita conoscenza, a seguito della quale abbiamo faticato non poco per districarci fra le varie istituzioni di Lucca o Viareggio e del resto della Toscana, che vantano progeniture nello studio e nella cura degli interessi 'musicali' del maestro.
Queste ed altre notizie abbiamo appreso sfogliando il primo volume dell'epistolario del musicista edito a cura del Comitato scientifico per 'L'Edizione nazionale delle opere di Puccini', nel quale siede la crema degli studiosi del musicista lucchese, che è stato incluso, di diritto, nell'edizione nazionale, consci del valore che la corrispondenza di un musicista può avere nello studio delle sue opere.
Ad essere sinceri abbiamo anche appreso che c'è ancora chi, fottendosene del valore delle lettere per gli studiosi, pone il veto sulla pubblicazione del contenuto di alcune di esse inviate dal musicista a sua moglie, Elvira, durante i primi anni di convivenza, nelle quali naturalmente il 'protofemminismo' pucciniano, si esprime in tutta la sua forza, nel tentativo di spezzare le catene con le quali Elvira voleva tenere legato a sé il musicista, donnaiolo incallito.
Adesso però ci interessa un altro aspetto della questione, riguardante l'edizione delle opere del maestro; di esso siamo venuti a conoscenza leggendo l'intervista di Giuseppina Manin a Chailly che ha anticipato al Corriere alcuni particolari della Fanciulla del West che sta per tornare nella stagione scaligera.
Un fatto assolutamente nuovo per la Scala che aveva condannato all'ostracismo le opere pucciniane negli ultimi anni, sotto la gestione Lissner, e che, per sempre, le ha espunte dal suo repertorio uno dei nostri più noti direttori, Claudio Abbado, e forse non solo lui ( Su quest'ultimo argomento e sulle ragioni di una tale inspiegabile esclusione, avevamo richiesto, per uno degli ultimi numeri di Music@, un articolo a Michele Girardi, studioso pucciniano, al massimo della nostra stima, alla vigilia di un suo corso universitario dedicato ad 'Abbado alla Scala';articolo che non ottenemmo prima di abbandonare la direzione di Music@).
Abbiamo appreso dall'intervista al Corriere che Chailly riceverà l'edizione critica dell'opera pucciniana dalle mani di Gabriele Dotto 'direttore dell'edizione critica' delle opere di Puccini per Ricordi'.
E l'edizione nazionale delle opere di Puccini, finalmente varata dal governo (nel 2007) ha nulla a che fare con quella curata da Dotto? E Dotto fa parte anche del comitato scientifico al quale prima accennavamo. No. Da una parte Ricordi, con Dotto e Parker, dall'altra il Comitato per l'Edizione nazionale ecc...
Insomma si è atteso anni ed anni per promuovere l'Edizione nazionale di un musicista fra i più rappresentati al mondo, ed al momento in cui la si ottiene, dopo durissime lotte, di edizioni critiche se ne preparano due, una contro l'altra, una indipendente dall'altra (Dotto, che prepara quella per Ricordi, prima incluso nel Comitato di cui sopra, assieme a Parker, subito dopo si era dimesso. Ha avuto qualche responsabilità Ricordi in tale decisione?).
E' chiaro che le due edizioni e gli studiosi preposti sono un anacronismo che solo in Italia poteva prendere forma. Anacronismo su anacronismo, laddove tutti si attenderebbero che correndo in due si faccia prima, sembra che tutti e due procedano al rallentatore.
Ora verrebbe da chiedersi perché Casa Ricordi, una volta avviata l'Edizione nazionale non si sia fatta avanti per proporre una fruttuosa e naturale collaborazione fra il Comitato e la casa editrice che per tutta la vita è stata quella di Puccini? Non è facile dare una risposta. Forse al comitato scientifico non piacciono, perché sorpassate( ?), le edizioni delle opere già messe in commercio da Ricordi; o Dotto pensa la medesima cosa di quel poco che l'Edizione nazionale ha già pubblicato?
Nel settore degli studi non dovrebbe contare tanto chi è arrivato prima, quanto il valore e l'attendibilità del risultato. Ora se le opere già edite da Ricordi - che è un editore e che quindi sacrosantemente bada anche al guadagno - non sono condivise dagli studiosi, perchè non dirlo, proponendo le necessarie correzioni?
Dalla stessa intervista a Chailly, apprendiamo che ascolteremo, questi giorni alla Scala, una Fanciulla come non l'abbiamo mai ascoltata, e cioè quella scritta da Puccini, l'Urtext pucciniano; mentre noi l'abbiamo ascoltata con i tagli e le correzioni che vi aveva apportato Toscanini, vivo Puccini che le aveva accettate, lasciando correre, fin dalla 'prima' a New York.
E qui una domanda sorge spontanea a proposito di Toscanini. Non s'è sempre detto che per il noto direttore la parola del musicista - la sua musica - era intoccabile come la Bibbia?
Queste ed altre notizie abbiamo appreso sfogliando il primo volume dell'epistolario del musicista edito a cura del Comitato scientifico per 'L'Edizione nazionale delle opere di Puccini', nel quale siede la crema degli studiosi del musicista lucchese, che è stato incluso, di diritto, nell'edizione nazionale, consci del valore che la corrispondenza di un musicista può avere nello studio delle sue opere.
Ad essere sinceri abbiamo anche appreso che c'è ancora chi, fottendosene del valore delle lettere per gli studiosi, pone il veto sulla pubblicazione del contenuto di alcune di esse inviate dal musicista a sua moglie, Elvira, durante i primi anni di convivenza, nelle quali naturalmente il 'protofemminismo' pucciniano, si esprime in tutta la sua forza, nel tentativo di spezzare le catene con le quali Elvira voleva tenere legato a sé il musicista, donnaiolo incallito.
Adesso però ci interessa un altro aspetto della questione, riguardante l'edizione delle opere del maestro; di esso siamo venuti a conoscenza leggendo l'intervista di Giuseppina Manin a Chailly che ha anticipato al Corriere alcuni particolari della Fanciulla del West che sta per tornare nella stagione scaligera.
Un fatto assolutamente nuovo per la Scala che aveva condannato all'ostracismo le opere pucciniane negli ultimi anni, sotto la gestione Lissner, e che, per sempre, le ha espunte dal suo repertorio uno dei nostri più noti direttori, Claudio Abbado, e forse non solo lui ( Su quest'ultimo argomento e sulle ragioni di una tale inspiegabile esclusione, avevamo richiesto, per uno degli ultimi numeri di Music@, un articolo a Michele Girardi, studioso pucciniano, al massimo della nostra stima, alla vigilia di un suo corso universitario dedicato ad 'Abbado alla Scala';articolo che non ottenemmo prima di abbandonare la direzione di Music@).
Abbiamo appreso dall'intervista al Corriere che Chailly riceverà l'edizione critica dell'opera pucciniana dalle mani di Gabriele Dotto 'direttore dell'edizione critica' delle opere di Puccini per Ricordi'.
E l'edizione nazionale delle opere di Puccini, finalmente varata dal governo (nel 2007) ha nulla a che fare con quella curata da Dotto? E Dotto fa parte anche del comitato scientifico al quale prima accennavamo. No. Da una parte Ricordi, con Dotto e Parker, dall'altra il Comitato per l'Edizione nazionale ecc...
Insomma si è atteso anni ed anni per promuovere l'Edizione nazionale di un musicista fra i più rappresentati al mondo, ed al momento in cui la si ottiene, dopo durissime lotte, di edizioni critiche se ne preparano due, una contro l'altra, una indipendente dall'altra (Dotto, che prepara quella per Ricordi, prima incluso nel Comitato di cui sopra, assieme a Parker, subito dopo si era dimesso. Ha avuto qualche responsabilità Ricordi in tale decisione?).
E' chiaro che le due edizioni e gli studiosi preposti sono un anacronismo che solo in Italia poteva prendere forma. Anacronismo su anacronismo, laddove tutti si attenderebbero che correndo in due si faccia prima, sembra che tutti e due procedano al rallentatore.
Ora verrebbe da chiedersi perché Casa Ricordi, una volta avviata l'Edizione nazionale non si sia fatta avanti per proporre una fruttuosa e naturale collaborazione fra il Comitato e la casa editrice che per tutta la vita è stata quella di Puccini? Non è facile dare una risposta. Forse al comitato scientifico non piacciono, perché sorpassate( ?), le edizioni delle opere già messe in commercio da Ricordi; o Dotto pensa la medesima cosa di quel poco che l'Edizione nazionale ha già pubblicato?
Nel settore degli studi non dovrebbe contare tanto chi è arrivato prima, quanto il valore e l'attendibilità del risultato. Ora se le opere già edite da Ricordi - che è un editore e che quindi sacrosantemente bada anche al guadagno - non sono condivise dagli studiosi, perchè non dirlo, proponendo le necessarie correzioni?
Dalla stessa intervista a Chailly, apprendiamo che ascolteremo, questi giorni alla Scala, una Fanciulla come non l'abbiamo mai ascoltata, e cioè quella scritta da Puccini, l'Urtext pucciniano; mentre noi l'abbiamo ascoltata con i tagli e le correzioni che vi aveva apportato Toscanini, vivo Puccini che le aveva accettate, lasciando correre, fin dalla 'prima' a New York.
E qui una domanda sorge spontanea a proposito di Toscanini. Non s'è sempre detto che per il noto direttore la parola del musicista - la sua musica - era intoccabile come la Bibbia?
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Panegirici fuori luogo per ricordare musicisti scomparsi. Ora è il turno di Giuseppe Sinopoli, 15 anni dopo la sua morte
Riproduciamo qui un breve nostro articolo uscito su Suono ( giugno 2003), all'indomani della morte di Luciano Berio, perché ci sembra sia in perfetto equilibrio nella valutazione dei meriti professionali ed umani, ma anche di demeriti professionali e, ancor di più, umani del noto musicista.
Avevamo già scritto per 'Il Giornale' un articolo, all'indomani della sua morte, sui difficili ed anche poco civili rapporti che egli ebbe con la città di Roma.
Questi due articoli ci sono venuti in mente oggi, quando per ricordare la morte prematura di Giuseppe Sinopoli, il 20 aprile del 2001, a Berlino, mentre dirigeva, si stendono panegirici del direttore nei quali non trovano posto gli errori ed i cambiamenti di idee e valutazione, in taluni casi opportunistici, che ebbe a manifestare nella gestione del 'potere' a Roma, prima direttore dell'Orchestra del'Accademia di Santa Cecilia e poi del Teatro dell'Opera (come quando a seguito di un incarico prestigioso a Londra, dichiarò che lasciava Roma( Santa Cecilia) perché non aveva la Capitale un auditorium degno di questo nome. Vero, però poi quando tornò a dirigere a Roma, lo fece al Teatro Olimpico, niente più che una grande sala cinematografica. E allora?)
Certamente non fu un interprete banale, e neanche un musicista dalla personalità ininfluente - noi lo ricordiamo, oltre che per la sua intelligenza ed acutezza, anche per quel suo sguardo inquietante che ti penetrava - ma molti errori commise nelle sue funzioni dirigenziali, con qualche appendice discutibile anche in quelle di direttore.
E le une e gli altri - come nessuno fa oggi, purtroppo - anche in quell'occasione non mancammo di sottolineare. Per questo, leggendo oggi i vari ingiustificati panegirici non ci sentiamo di condividerli. Al contrario, condividiamo gli auguri ad un suo figlio che apprendiamo sta intraprendendo la carriera di compositore. Gli auguriamo un futuro radioso che avrebbe sicuramente inorgoglito il suo celebre papà.
E’
morto Luciano Berio, il 27 maggio 2003. Aveva 78 anni. Era nato il 24
ottobre del 1925 ad Oneglia, nello stesso paesino del quale
era originario Natta, segretario dell’ex PCI, e nel quale per un
periodo aveva esercitato la professione di maestro, il futuro
Duce
del Fascismo, Benito Mussolini, per il quale il padre di Berio
simpatizzerà. Questi ricordi affiorarono alla mente di Berio,
al cadere dei suoi settant’anni, nel corso di una tormentata
intervista.
Con
la morte di Berio il mondo musicale perde un protagonista assoluto e
di grande valore. Compositore prolifico e genuino, artigiano
fantasioso dei suoni, senza preclusioni, intellettuale e pensatore di
razza, polemista acuto e convincente…nulla mancava
alla sua consacrazione come uno dei geni della storia musicale del
ventesimo secolo. Il più dotato fra i musicisti che
emersero prepotentemente dopo la seconda guerra mondiale. Il più
dotato ma anche il più esigente, forse più di Stockhausen e
Boulez, perché a Stockhausen pesa quell’aura sacrale, mentre
Boulez insegue con troppo accanimento l’utopia
teorica.
Non
che a Berio fosse estranea dagli orizzonti l’utopia; ma l’utopia
che egli inseguiva era l’utopia dei suoni, e la perseguiva attraverso
i suoni stessi; riuscendo ad aprire agli altri, inoltrandovisi per
primo e con orecchio infallibile, i cammini futuri della musica.
Questo è stato Berio. E lo è stato in ogni singola sua opera, in
quelle destinate agli strumenti solisti, come in quelle
cameristiche e sinfoniche, ed anche nelle non poche destinate al
teatro - troppi i titoli per uno che dichiarava che i teatri
bisognava chiuderli. Non è sospetto tutto ciò?
Negli
ultimi anni la sua produzione ha recato segni inconfondibili di un
abbraccio troppo stretto con il passato. Numerosi i ‘completamenti’,
i ‘rifacimenti’, le ‘reinvenzioni’ gli ‘sfruttamenti’.
Per alcuni segno che Berio, iconoclasta sommo, si riconosceva
ora
figlio e fratello della musica, di tutta la musica; per altri un
cedimento inaccettabile per un musicista intransigente, allettato forse
dalle sirene del mercato.
Per
capire come Berio abbia lasciato un sigillo in tutti i campi nei
quali si è mosso come musicista, non si possono non ricordare anche
le bellissime, acute e modernissime – sembrano fatte ieri -
trasmissioni fatte tanti anni fa per la Rai. Sarebbe ora che
i dirigenti di Viale Mazzini le ritrasmettessero a futura memoria.
Negli
ultimi anni della sua vita , segnati dalla grave malattia che l’ha
condotto alla morte, non pago della pioggia fittissima di riconoscimenti
di università ed istituzioni culturali di mezzo mondo, Berio aveva
accettato di esercitare il potere in prima persona,
assumendo
l’incarico di Presidente- Sovrintendente a Santa Cecilia. Per
questo incarico s’era battuto per mesi, non essendo la
sua candidatura ben accetta a molti dei suoi elettori.
E
così abbiamo conosciuto anche un altro Berio, l’uomo che
amministra con spregiudicatezza ed anche arroganza il potere enorme
concentrato nelle sue mani. Di questo Berio noi non abbiamo amato ed
ammirato praticamente nulla. Quest’ altra persona
vogliamo presto dimenticare per non sporcare il Berio musicista,
conosciuto ed apprezzato di lontano
persona
vogliamo presto dimenticare per non sporcare il Berio musicista,
conosciuto di lontano.
mercoledì 27 aprile 2016
Sfogliando RICORDIANA, mensile di Casa Ricordi, anno 1957
L'incontro con questa bella rivista, dove l'editore italiano che le dava il nome non influiva poi così tanto, come accade con tanti 'house organ', è avvenuto a seguito del suo acquisto - la sola annata 1957 ben rilegata - su una bancarella di libri vecchi. L'abbiamo sfogliata attentamente notandone alcune caratteristiche: pochi articoli, qualche saggio in ogni numero, e poi la lunga serie delle corrispondenze italiane ed estere, nelle quali ovviamente autori e pubblicazioni di Casa Ricordi avevano un posto privilegiato; non mancavano le cronache radiofoniche, seguite queste ultime dal catalogo aggiornato delle edizioni milanesi.
Nel numero di dicembre leggiamo di una conferenza stampa che non abbiamo timore a definire storica, quella di Menotti che annuncia per l'estate successiva l'avvio del Festival dei Due mondi, nella Spoleto da poco scoperta e che vantava addirittura due teatri, uno piccolo, il Caio Melisso ( in piazza Duomo, da restaurare, essendo stato adibito a sala cinematografica fino a quel momento) ed il Teatro Nuovo dalla capienza più che soddisfacente, oggi Teatro Menotti. Il festival, in quella prima edizione sarebbe durato ben cinque settimane. Menotti annunciava di voler rappresentare l'Otello di Rossini, anche se qualche perplessità (per ragioni economiche) gliela creava lo stuolo di tenori richiesti. Dunque la cosiddetta 'renaissance rossiniana' attribuita a Pesaro, avrebbe potuto avere un precedente a Spoleto.( L'Otello di Rossini, anche per i cinque tenori non approderà mai a Spoleto). Per l'inaugurazione, il 5 giugno 1958, si optò per il Macbeth di Verdi, direttore Schippers, regista Visconti. In programma altre quattro titoli fra classici e contemporanei, serate di balletto, teatro,concerti e poi mostre ecc...
Menotti, patron e demiurgo del festival, si circondò, per i settori in cui la programmazione si articolava, di personalità di grande rilievo; a loro era demandata la proposta del cartellone. Un'idea abbastanza interessante per venire incontro - spiegò Menotti - ai tanti artisti e critici che assai spesso dicono come avrebbero loro fatto questo o quel festival. Menotti li mise alla prova ( Un esperimento simile si fece anche al Maggio Fiorentino negli anni Ottanta, quando due successive edizioni furono rispettivamente affidate - lo ricordiamo bene- a Berio e D'Amico).
Ma il festival aveva anche altri intenti, primo fra tutti quello di mettere a confronto artisti europei e 'del nuovo mondo' ed anche giovani artisti con artisti ormai collaudati. E la storia del festival sta a dimostrare la validità di tante intuizioni del musicista italo-americano, Menotti. Mentre quella recente, recentissima del festival ha preso un'altra diversa strada - che, finchè piacerà a chi governa il festival e la città, sarà perseguita - sebbene molto distante da quella del fondatore.
Tornando a RICORDIANA, sullo stesso ultimo numero del 1957, appare un saggio di Furtwaengler sui criteri da seguire nella formulazione di un programma da concerto, da tempo tradotto in italiano del quale però noi avevamo perso la memoria. Il grande direttore distingue un programma 'da leggersi' da uno 'da ascoltarsi', sostenendo a ragione che molti programma bellissimi ed interessanti da leggersi sulla carta, risultano poi noiosi all'ascolto; oppone qualche obiezione ai programmi 'a tema' ; suggerisce una sequenza 'tipo' da seguire nella proposta dei vari brani, consiglia di non emarginare la musica contemporanea nei circoli esclusivi di festival e stagioni ad hoc ed altre pillole di saggezza. Fra le quali però non ci pare vi fosse anche quella di non sovraccaricare il pubblico con più opere poderose in una stessa serata, della cui inopportunità noi siamo convinti da sempre.
Nelle stesse pagine di RICORDIANA 1957 vi sono anche interessantissimi scritti di Gavazzeni, uno particolarmente analitico di Luciano Berio sulla 'Musica elettronica', ed anche non poche curiosità, come quella dell'invenzione del cosiddetto 'crescendo rossiniano,' la cui paternità va riconosciuta ad un oscuro musicista di Masserano, Piero Mercandetti, detto il Generali, morto nel 1832, all'età di 59 anni- come ricorda una lapide posta sulla facciata del Municipio della cittadina.
Nel numero di dicembre leggiamo di una conferenza stampa che non abbiamo timore a definire storica, quella di Menotti che annuncia per l'estate successiva l'avvio del Festival dei Due mondi, nella Spoleto da poco scoperta e che vantava addirittura due teatri, uno piccolo, il Caio Melisso ( in piazza Duomo, da restaurare, essendo stato adibito a sala cinematografica fino a quel momento) ed il Teatro Nuovo dalla capienza più che soddisfacente, oggi Teatro Menotti. Il festival, in quella prima edizione sarebbe durato ben cinque settimane. Menotti annunciava di voler rappresentare l'Otello di Rossini, anche se qualche perplessità (per ragioni economiche) gliela creava lo stuolo di tenori richiesti. Dunque la cosiddetta 'renaissance rossiniana' attribuita a Pesaro, avrebbe potuto avere un precedente a Spoleto.( L'Otello di Rossini, anche per i cinque tenori non approderà mai a Spoleto). Per l'inaugurazione, il 5 giugno 1958, si optò per il Macbeth di Verdi, direttore Schippers, regista Visconti. In programma altre quattro titoli fra classici e contemporanei, serate di balletto, teatro,concerti e poi mostre ecc...
Menotti, patron e demiurgo del festival, si circondò, per i settori in cui la programmazione si articolava, di personalità di grande rilievo; a loro era demandata la proposta del cartellone. Un'idea abbastanza interessante per venire incontro - spiegò Menotti - ai tanti artisti e critici che assai spesso dicono come avrebbero loro fatto questo o quel festival. Menotti li mise alla prova ( Un esperimento simile si fece anche al Maggio Fiorentino negli anni Ottanta, quando due successive edizioni furono rispettivamente affidate - lo ricordiamo bene- a Berio e D'Amico).
Ma il festival aveva anche altri intenti, primo fra tutti quello di mettere a confronto artisti europei e 'del nuovo mondo' ed anche giovani artisti con artisti ormai collaudati. E la storia del festival sta a dimostrare la validità di tante intuizioni del musicista italo-americano, Menotti. Mentre quella recente, recentissima del festival ha preso un'altra diversa strada - che, finchè piacerà a chi governa il festival e la città, sarà perseguita - sebbene molto distante da quella del fondatore.
Tornando a RICORDIANA, sullo stesso ultimo numero del 1957, appare un saggio di Furtwaengler sui criteri da seguire nella formulazione di un programma da concerto, da tempo tradotto in italiano del quale però noi avevamo perso la memoria. Il grande direttore distingue un programma 'da leggersi' da uno 'da ascoltarsi', sostenendo a ragione che molti programma bellissimi ed interessanti da leggersi sulla carta, risultano poi noiosi all'ascolto; oppone qualche obiezione ai programmi 'a tema' ; suggerisce una sequenza 'tipo' da seguire nella proposta dei vari brani, consiglia di non emarginare la musica contemporanea nei circoli esclusivi di festival e stagioni ad hoc ed altre pillole di saggezza. Fra le quali però non ci pare vi fosse anche quella di non sovraccaricare il pubblico con più opere poderose in una stessa serata, della cui inopportunità noi siamo convinti da sempre.
Nelle stesse pagine di RICORDIANA 1957 vi sono anche interessantissimi scritti di Gavazzeni, uno particolarmente analitico di Luciano Berio sulla 'Musica elettronica', ed anche non poche curiosità, come quella dell'invenzione del cosiddetto 'crescendo rossiniano,' la cui paternità va riconosciuta ad un oscuro musicista di Masserano, Piero Mercandetti, detto il Generali, morto nel 1832, all'età di 59 anni- come ricorda una lapide posta sulla facciata del Municipio della cittadina.
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Tronca azzera la cultura a Roma - Netrebko non canta a Londra - British Museum espone la Sicilia
Per il Natale di Roma, neanche una settimana fa, il commissario Tronca aveva dichiarato di voler investire sulla cultura; ne era così convinto da lanciare la parola d'ordine: 'ROMA CULTURA CAPITALE'. Ma si trattava di una BUFALA, della solita tecnica dell'annuncio smentito a ventiquattr'ore di distanza dallo steso interessato.
I soldi per festeggiare il Natale di Roma li aveva trovati ( dove, ci dica Tronca, se poi non ne ha e non riesce a trovarne per nient'altro), sebbene si trattasse di una celebrazione semi improvvisata; quelli per la cosiddetta 'estate romana' trasformatasi ormai nell'inverno romano (del nostro scontento), non ce li ha e non sa neanche dove trovarli. In realtà non gli frega e quindi neppure si da da fare. Raschiando il fondo del barile, già raschiato da Alemanno, Marino, ha racimolato la bellezza di 500.000 Euro, contro i già insufficienti 750.000 dell'edizione 2015.
E non finisce qui. I criteri per accedere al bando per ottenere alla fine della festa non più di 25.000-30.000 Euro a soggetto partecipante, sono la negazione del concetto di cultura - non è necessario che li stiamo ad elencare; basti solo sapere che quei criteri li stabilì quella mente dell'illuminata Giovanna Marinelli, chiamata da Marino a sostituire la Barca, e che già all'era di Veltroni, a fianco del compianto Borgna, governava la cultura a Roma.
Il prossimo 11 maggio scadono i termini per presentare le domande di partecipazione al bando ( perchè non prorogare addirittura i termini alla fine dell'estate?); e molti soggetti stanno addirittura pensando di non parteciparvi.
Guai a mettere la cultura nelle mani di un commissario; perché anche il più illuminato - e Tronca non sta dando prova di esserlo - sempre commissario resta, e cioè un poliziotto al quale non hanno impartito l'ordine di mettersi a guardia della cultura, anche perché non gli hanno indicato dove trovarla, e lui da solo non sa dov'è.
Che farà il Covent Garden senza Anna Netrebko che ha deciso di non cantare nell'opera inaugurale diretta da Pappano, il prossimo settembre, e cioè 'Norma'? La mia voce si è trasformata in questi ultimi anni, e quello di 'Norma' non è un ruolo adatto a me - ha spiegato la cantante. E Pappano, espertissimo di voci non se ne era accorto? O non lo sapeva? Strano, perchè con lui la Netrebko in questi anni ha cantato spesso e fatto anche dischi. No, Pappano non poteva saperlo quando l'ha ( l'avrebbe - è questa la toppa poco convincente per la cancellazione) scritturata, e cioè quattro anni fa.
Ma chi più si risente della defezione della Netrebko, tanto da prenderla come un' offesa personale è il direttore del teatro londinese, al quale sembra non andargliene una giusta con la celebre cantante che già un'altra volta aveva disdetto un suo impegno a Londra.
Vero, non vero, chissà. L'episodio dovrebbe insegnare a tutti che le regole in vigore nel villaggio globale sono speso fasulle; come quella di scritturare, per accaparrarsele e toglierle alla concorrenza, con molto anticipo, le star.
Al British Museum sì è aperta una mostra che ospita oltre duecento reperti archeologici e storici della Sicilia, prevenienti da un museo palermitano che da anni è chiuso. Ma il fatto interessante è che la mostra sta riscuotendo, almeno dai primi segnali, lo stesso grande successo che anni fa riscosse quella che mostrava molti tesori di Pompei, chiusi nei depositi la gran parte. Un ulteriore esempio di come vengono valorizzati i nostri tesori quando sono affidati a mani straniere (ed esperte, ovvio), e di come noi non siamo capaci neanche di mettere a frutto i tesori che, senza nostro merito, abbiamo ricevuto dalle generazioni precedenti.
Franceschini sarà stato sicuramente presente all'inaugurazione, ma senza le vesti stracciate e il capo cosparso di cenere.
I soldi per festeggiare il Natale di Roma li aveva trovati ( dove, ci dica Tronca, se poi non ne ha e non riesce a trovarne per nient'altro), sebbene si trattasse di una celebrazione semi improvvisata; quelli per la cosiddetta 'estate romana' trasformatasi ormai nell'inverno romano (del nostro scontento), non ce li ha e non sa neanche dove trovarli. In realtà non gli frega e quindi neppure si da da fare. Raschiando il fondo del barile, già raschiato da Alemanno, Marino, ha racimolato la bellezza di 500.000 Euro, contro i già insufficienti 750.000 dell'edizione 2015.
E non finisce qui. I criteri per accedere al bando per ottenere alla fine della festa non più di 25.000-30.000 Euro a soggetto partecipante, sono la negazione del concetto di cultura - non è necessario che li stiamo ad elencare; basti solo sapere che quei criteri li stabilì quella mente dell'illuminata Giovanna Marinelli, chiamata da Marino a sostituire la Barca, e che già all'era di Veltroni, a fianco del compianto Borgna, governava la cultura a Roma.
Il prossimo 11 maggio scadono i termini per presentare le domande di partecipazione al bando ( perchè non prorogare addirittura i termini alla fine dell'estate?); e molti soggetti stanno addirittura pensando di non parteciparvi.
Guai a mettere la cultura nelle mani di un commissario; perché anche il più illuminato - e Tronca non sta dando prova di esserlo - sempre commissario resta, e cioè un poliziotto al quale non hanno impartito l'ordine di mettersi a guardia della cultura, anche perché non gli hanno indicato dove trovarla, e lui da solo non sa dov'è.
Che farà il Covent Garden senza Anna Netrebko che ha deciso di non cantare nell'opera inaugurale diretta da Pappano, il prossimo settembre, e cioè 'Norma'? La mia voce si è trasformata in questi ultimi anni, e quello di 'Norma' non è un ruolo adatto a me - ha spiegato la cantante. E Pappano, espertissimo di voci non se ne era accorto? O non lo sapeva? Strano, perchè con lui la Netrebko in questi anni ha cantato spesso e fatto anche dischi. No, Pappano non poteva saperlo quando l'ha ( l'avrebbe - è questa la toppa poco convincente per la cancellazione) scritturata, e cioè quattro anni fa.
Ma chi più si risente della defezione della Netrebko, tanto da prenderla come un' offesa personale è il direttore del teatro londinese, al quale sembra non andargliene una giusta con la celebre cantante che già un'altra volta aveva disdetto un suo impegno a Londra.
Vero, non vero, chissà. L'episodio dovrebbe insegnare a tutti che le regole in vigore nel villaggio globale sono speso fasulle; come quella di scritturare, per accaparrarsele e toglierle alla concorrenza, con molto anticipo, le star.
Al British Museum sì è aperta una mostra che ospita oltre duecento reperti archeologici e storici della Sicilia, prevenienti da un museo palermitano che da anni è chiuso. Ma il fatto interessante è che la mostra sta riscuotendo, almeno dai primi segnali, lo stesso grande successo che anni fa riscosse quella che mostrava molti tesori di Pompei, chiusi nei depositi la gran parte. Un ulteriore esempio di come vengono valorizzati i nostri tesori quando sono affidati a mani straniere (ed esperte, ovvio), e di come noi non siamo capaci neanche di mettere a frutto i tesori che, senza nostro merito, abbiamo ricevuto dalle generazioni precedenti.
Franceschini sarà stato sicuramente presente all'inaugurazione, ma senza le vesti stracciate e il capo cosparso di cenere.
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L'AMA va indagata e sciolta per inefficienza. L'IMMONDEZZAIO a via nomentana 905 CONTINUA E SI AMPLIA
Non più tardi di una quindicina di giorni fa abbiamo segnalato lo schifo del bidone dell'umido rovesciato sito in via Nomentana al civico 905, pieno di rifiuti, indicando anche la causa di un simile disastro puzzolente. Un camion nell' operazione di svuotamento, l'aveva fatto cadere rovesciandolo, e l'aveva lasciato in quella posizione, carico di rifiuti. E lì era rimasto per OLTRE DUE SETTIMANE, nonostante le infinite telefonate di protesta fatte al centralino dell'AMA.
E' trascorsa una settimana appena ed il fenomeno si sta ripetendo. I bidoni, giacenti su un terreno non perfettamente piano a causa delle radici degli alberi, sono strapieni ed in posizione obliqua che probabilmente non consente ai camion di vuotarli. Tutt'intorno, essendo i bidoni pieni colmi, c'è una montagna di immondizia per terra.
Quanto tempo deve ancora passare prima che a tale disastro si ponga nuovo rimedio, magari rimedio definitivo, spostando in altra sede stradale i bidoni, e raccogliendo nel frattempo l'immondizia che ormai invade il marciapiedi e la strada?
Proprio in corrispondenza di tale schifo è attivo un asilo nido, i cui bambini, anche in giornate assolate, vengono costretti al chiuso, per non esporli al puzzo orrendo.
Che aspetta Tronca a sciogliere l'Ama, o magari ad affidare il servizio della raccolta rifiuti ad altra azienda?
Negli ultimi mesi di Marino, lo 'sfacelo al potere', ci fu un periodo - a dire il vero molto breve - durante il quale degli ispettori passavano regolarmente a verificare l'efficienza della raccolta rifiuti ed anche lo stato dei bidoni, dati questi che immediatamente, attraverso congegno elettronico, comunicavano alla centrale. Che fine hanno fatto?
Tronca, ora che la sua candidatura a capo della Polizia sembra del tutto tramontata, nelle poche settimane che gli restano da commissario del comune, si giochi tutto per tutto per risolvere un paio di situazioni gravi; affondi il bisturi, senza paura e titubanza.
I trasporti e la pulizia della città sono emergenze tuttora irrisolte che, con l'arrivo della bella stagione, non potranno che aggravarsi.
TRONCA SI MUOVA,
MANDI ISPEZIONI ALL'AMA,
FACCIA CADERE ALCUNE TESTE.
CHE ASPETTA?
P.S. Non più tardi di un paio d'ore fa quell'indecente fetido immondezzaio in via Nomentana 905 è stato rimosso. L'autista del camion che ritira i rifiuti con manovra abilissima è riuscito a raddrizzare, agganciare e mettere in piano i cassonetti. W l'operatore ecologico AMA
E' trascorsa una settimana appena ed il fenomeno si sta ripetendo. I bidoni, giacenti su un terreno non perfettamente piano a causa delle radici degli alberi, sono strapieni ed in posizione obliqua che probabilmente non consente ai camion di vuotarli. Tutt'intorno, essendo i bidoni pieni colmi, c'è una montagna di immondizia per terra.
Quanto tempo deve ancora passare prima che a tale disastro si ponga nuovo rimedio, magari rimedio definitivo, spostando in altra sede stradale i bidoni, e raccogliendo nel frattempo l'immondizia che ormai invade il marciapiedi e la strada?
Proprio in corrispondenza di tale schifo è attivo un asilo nido, i cui bambini, anche in giornate assolate, vengono costretti al chiuso, per non esporli al puzzo orrendo.
Che aspetta Tronca a sciogliere l'Ama, o magari ad affidare il servizio della raccolta rifiuti ad altra azienda?
Negli ultimi mesi di Marino, lo 'sfacelo al potere', ci fu un periodo - a dire il vero molto breve - durante il quale degli ispettori passavano regolarmente a verificare l'efficienza della raccolta rifiuti ed anche lo stato dei bidoni, dati questi che immediatamente, attraverso congegno elettronico, comunicavano alla centrale. Che fine hanno fatto?
Tronca, ora che la sua candidatura a capo della Polizia sembra del tutto tramontata, nelle poche settimane che gli restano da commissario del comune, si giochi tutto per tutto per risolvere un paio di situazioni gravi; affondi il bisturi, senza paura e titubanza.
I trasporti e la pulizia della città sono emergenze tuttora irrisolte che, con l'arrivo della bella stagione, non potranno che aggravarsi.
TRONCA SI MUOVA,
MANDI ISPEZIONI ALL'AMA,
FACCIA CADERE ALCUNE TESTE.
CHE ASPETTA?
P.S. Non più tardi di un paio d'ore fa quell'indecente fetido immondezzaio in via Nomentana 905 è stato rimosso. L'autista del camion che ritira i rifiuti con manovra abilissima è riuscito a raddrizzare, agganciare e mettere in piano i cassonetti. W l'operatore ecologico AMA
martedì 26 aprile 2016
Grandi rivoluzioni nel villaggio globale. A cominciaire da MiTo, festival lombardopiemontese
Ormai è una costante. Ogni volta che qualcosa di nuovo si intravede all'orizzonte dei desideri, questo qualcosa è preceduto da grandi cambiamenti, sommovimenti veri e propri.
Nel mondo della musica, tanto per cominciare da un settore che un pò meglio degli altri conosciamo, c'è stato il cambio della guardia al Festival milanotorinese, MiTo, acronimo che da solo vale una rivoluzione.
E' andato via il trio Micheli-Colombo-Restagno che aveva resistito per tanti anni;ed è arrivato il duo Campogrande-Gastel. E non si tratta di un gioco di scambio di figurine: te ne do tre, in cambio di due. No, l'arrivo del duo segna davvero una rivoluzione nella storia del ricco festival lombardopiemontese che negli ultimi tempi era a corto di fondi, mai di idee, essendosi resi conto che non tutto quello che gli passava per la testa si poteva poi realizzare, perché c'era sempre qualcuno che metteva il bastone (dell'austerità) fra le ruote della loro macchina organizzativa ed ideativa che non aveva conosciuto ostacoli economici (nei primi anni si parlò di una dotazione di oltre 10 milioni di Euro)
Anche durante l'EXPO, come non bastasse la Scala aperta - della cui apertura, in parte inutile, ci si è poi pentiti - MiTo ha viaggiato a gonfie vele, forte della convinzione che le migliaia di persone che di giorno assediavano Milano, di sera si sarebbero riversati alle porte delle sale da concerto o delle chiese nelle quali MiTo erigeva il suo monumento allo spreco, sempre convinti che Micheli ce l'avrebbe fatto un'altra volta a coinvolgere i suoi amici danarosi a mettere mano al portafogli per finanziare il suo festival, lavoro che ad un certo punto ha cominciato a pesargli, tanto da consigliargli di abbandonare il campo, anche in vista di possibili, probabili cambiamenti (ostili!) nel governo della città.
Il nuovo duo ha forse trovato il modo per farsi finanziare il festival anche con i fondi del FUS,
attribuendone la realizzazione, per Milano, all'orchestra de 'I pomeriggi musicali' , ma, contemporaneamente, ha innestato sull'albero antico un nuovo germoglio, anzi due.
Campogrande ha avuto un'idea rivoluzionaria. L'edizione 2016, la prima affidata alle sue cure, avrà un filo rosso: 'padri e figli'. Cioè a dire siccome non ci sono figli senza padri, anche in musica, mettimaoli a confronto ( musica di ieri e di oggi, banalizzando) ma poi andiamo a mostrare come i figli trattano i padri. Il suo modello è Max Richter, il compositore, allievo di Berio, che ha cannibalizzato Vivaldi - le sue 'stagioni'- e che di recente ha inventato, sperimentandola dal vivo, a Berlino, la musica che fa dormire tranquilli, SLEEP; che non è detto non sbarchi anche a Milano o forse Torino, negli stabilimenti FCA, ex FIAT. Un brano lungo una decina di ore, per pochi strumenti, elettronica, brandine pigiami e pubblico, che qui è protagonista.
Anche Anna Gastel, presidente del festival, nel ruolo che fu di Micheli - ma che non sappiamo ancora se sarà altrettanto produttiva - cogliendo al volo la geniale idea di Campogrande, ha fatto coniare l'espressione per la prossima edizione di Mito: 'musica classica ma non la classica musica'. Come a dire: ne vedrete, ascolterete delle belle. Certo non ci fa venire le vertigini come i titoli di Agorà, però la testa ce la fa girare.
Ma prima ancora un'altra rivoluzione, che potrebbe sembrare terza, ma è la prima: il sito non è più lo stesso. C'era da immaginarselo. Dappertutto si fa così, le grandi rivoluzioni sono annunciate da segnali importanti. Anche in RAI la rivoluzione di Campo dall'Orto si annuncia con la soppressione delle annunciatrici. E, nei telegiornali di tutte le sponde, ogni volta che si cambia direzione, tale cambiamento è annunciato dal cambio di studio, grafica e sigla. Che sono poi gli unici cambiamenti riscontrabili ad ogni cambio di direttore.
Nel mondo della musica, tanto per cominciare da un settore che un pò meglio degli altri conosciamo, c'è stato il cambio della guardia al Festival milanotorinese, MiTo, acronimo che da solo vale una rivoluzione.
E' andato via il trio Micheli-Colombo-Restagno che aveva resistito per tanti anni;ed è arrivato il duo Campogrande-Gastel. E non si tratta di un gioco di scambio di figurine: te ne do tre, in cambio di due. No, l'arrivo del duo segna davvero una rivoluzione nella storia del ricco festival lombardopiemontese che negli ultimi tempi era a corto di fondi, mai di idee, essendosi resi conto che non tutto quello che gli passava per la testa si poteva poi realizzare, perché c'era sempre qualcuno che metteva il bastone (dell'austerità) fra le ruote della loro macchina organizzativa ed ideativa che non aveva conosciuto ostacoli economici (nei primi anni si parlò di una dotazione di oltre 10 milioni di Euro)
Anche durante l'EXPO, come non bastasse la Scala aperta - della cui apertura, in parte inutile, ci si è poi pentiti - MiTo ha viaggiato a gonfie vele, forte della convinzione che le migliaia di persone che di giorno assediavano Milano, di sera si sarebbero riversati alle porte delle sale da concerto o delle chiese nelle quali MiTo erigeva il suo monumento allo spreco, sempre convinti che Micheli ce l'avrebbe fatto un'altra volta a coinvolgere i suoi amici danarosi a mettere mano al portafogli per finanziare il suo festival, lavoro che ad un certo punto ha cominciato a pesargli, tanto da consigliargli di abbandonare il campo, anche in vista di possibili, probabili cambiamenti (ostili!) nel governo della città.
Il nuovo duo ha forse trovato il modo per farsi finanziare il festival anche con i fondi del FUS,
attribuendone la realizzazione, per Milano, all'orchestra de 'I pomeriggi musicali' , ma, contemporaneamente, ha innestato sull'albero antico un nuovo germoglio, anzi due.
Campogrande ha avuto un'idea rivoluzionaria. L'edizione 2016, la prima affidata alle sue cure, avrà un filo rosso: 'padri e figli'. Cioè a dire siccome non ci sono figli senza padri, anche in musica, mettimaoli a confronto ( musica di ieri e di oggi, banalizzando) ma poi andiamo a mostrare come i figli trattano i padri. Il suo modello è Max Richter, il compositore, allievo di Berio, che ha cannibalizzato Vivaldi - le sue 'stagioni'- e che di recente ha inventato, sperimentandola dal vivo, a Berlino, la musica che fa dormire tranquilli, SLEEP; che non è detto non sbarchi anche a Milano o forse Torino, negli stabilimenti FCA, ex FIAT. Un brano lungo una decina di ore, per pochi strumenti, elettronica, brandine pigiami e pubblico, che qui è protagonista.
Anche Anna Gastel, presidente del festival, nel ruolo che fu di Micheli - ma che non sappiamo ancora se sarà altrettanto produttiva - cogliendo al volo la geniale idea di Campogrande, ha fatto coniare l'espressione per la prossima edizione di Mito: 'musica classica ma non la classica musica'. Come a dire: ne vedrete, ascolterete delle belle. Certo non ci fa venire le vertigini come i titoli di Agorà, però la testa ce la fa girare.
Ma prima ancora un'altra rivoluzione, che potrebbe sembrare terza, ma è la prima: il sito non è più lo stesso. C'era da immaginarselo. Dappertutto si fa così, le grandi rivoluzioni sono annunciate da segnali importanti. Anche in RAI la rivoluzione di Campo dall'Orto si annuncia con la soppressione delle annunciatrici. E, nei telegiornali di tutte le sponde, ogni volta che si cambia direzione, tale cambiamento è annunciato dal cambio di studio, grafica e sigla. Che sono poi gli unici cambiamenti riscontrabili ad ogni cambio di direttore.
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lunedì 25 aprile 2016
'Agorà' di Rai Tre e i titoli del... ciufolo
Non è la prima volta che lo segnaliamo; e, del resto, basta accendere ogni giorno, in un giorno qualsiasi, la tv per essere colpiti, come con una torta in faccia, dai titoli idioti che ogni giorno, ciascun giorno, la redazione di Agorà è costretta ad inventarsi, per non venir meno alla sua 'mission'- si dice così, vero?- di titolistica fuori del c...
Stamani, in queste ore, ad esempio, oggetto della discussione i migranti; e sapete qual è il titolo? Non lo indovinerete mai se non avete ancora frequentato la scuola di giornalismo alla quale si sono formati i redattori di Agorà. Provate a pensarne uno, purché non sia di quelli 'normali'. Su, non ce la farete mai ad eguagliare in stupida inventiva quelli di Agorà. Allora ve lo diremo noi che lo abbiamo appena letto e siamo corsi a scrivervi pe non farvi compiere l'inutile fatica: QUANDO IL GIOCO SI FA MURO. E non ha bisogno di spiegazioni.
Stamani, in queste ore, ad esempio, oggetto della discussione i migranti; e sapete qual è il titolo? Non lo indovinerete mai se non avete ancora frequentato la scuola di giornalismo alla quale si sono formati i redattori di Agorà. Provate a pensarne uno, purché non sia di quelli 'normali'. Su, non ce la farete mai ad eguagliare in stupida inventiva quelli di Agorà. Allora ve lo diremo noi che lo abbiamo appena letto e siamo corsi a scrivervi pe non farvi compiere l'inutile fatica: QUANDO IL GIOCO SI FA MURO. E non ha bisogno di spiegazioni.
Jackson,Bowie,Prince. Sempre lo stesso inutile rituale.
Muore una star della musica di grande consumo e diffusione, ed ogni volta la famiglia mette in atto il medesimo stanco rituale. Funerali privati, cremazione nella maggior parte dei casi, e sepoltura (o custodia) delle ceneri in luogo segreto.
Perchè, viene da domandarsi? Per volontà dei diretti interessati che avranno espresso, quando erano in vita, la volontà di scomparire con il proprio corpo dopo la morte, perché sufficientemente e bastantemente rappresentati dalla loro musica? Verrebbe da rispondere di sì, considerando che in molti casi quella loro vita nel corpo, per l'esausto connubio di 'genio e sregolatezza', in totale disuso, meglio dimenticarla.
(Diversamente sono andate le cose, post mortem, per altri giganti della musica, come Stravinskij o Boulez o Stockhausen, morti e sepolti sotto gli occhi di tutti).
Ed invece, magari anche per volontà dei diretti interessati, la decisione di custodire le ceneri in luoghi segretissimi l'assumono i famigliari, e per più d'una ragione, la principale delle quali ha a che fare con i soldi.
Cioè? Gli eredi temono che qualcuno trafughi quelle ceneri, ormai inutili, e chieda un riscatto, a pagare il quale, agli occhi del mondo, non potrebbero rifiutarsi, visto che per anni e anni, senza merito e fatica, hanno goduto ed ancora godranno dei benefici economici del loro parente defunto.
Ma c'è anche un altro rito, altrettanto stucchevole ed ugualmente legato ai soldi, che la parentela tutta e i suoi più stretti collaboratori inscenano. Questo secondo è da mettere in rapporto con l'opera del defunto. Sii sparge la voce che esista un baule segretissimo colmo di tesori musicali, che pian piano verranno disvelati. Nel caso di Prince i giornali hanno parlato, alcuni di circa duemila inediti, altri addirittura di ventimila o trentamila. Inediti che acquisterebbero valore solo se il defunto sia stato, in vita, assai avaro - cosa che non si può certo dire di Prince che, in vita, ha pubblicato una cinquantina circa di album e dunque un bel pò. Che altro possiamo scoprire di lui che già non ci ha fatto conoscere?
Serve solo per mettere in ansia i produttori e lo stesso mercato discografico sul quale far giungere, ad intervalli regolari altra 'merce' da vendere a caro prezzo, promettendo sempre il capolavoro. Un giornale, a tal proposito, ha parlato, del baule segreto di Prince, come del santo Graal, è custodito la musica perfetta. Tutti quelli già noti non lo sarebbero- vien da ribattere?
Si potrebbe obiettare che anche per musicisti di altro ambito si va alla ricerca di archivi segreti. Anche recentemente se ne è parlato. Sì, è vero, come nei casi - fra i più noti - di Verdi e Puccini. Ma la ragione di tale affannosa ricerca ha un diverso scopo, che è quello di venire a capo e studiare la genesi e la tormentata, più o meno, gestazione di questa o quell'opera, sulla quale si nutrono dubbi per qualche passaggio talora importante, per realizzare le cosiddette edizioni critiche attraverso lo studio approfondito di tutti i materiali a disposizione.
Nessuna ricerca di Graal in questo caso, perchè ci si attiene alla volontà del musicista che quando ha licenziato un'opera, rendendola pubblica, ha messo la parola fine ad ogni dubbio ad ogni variante, ad ogni alternativa.
E nessuna ricerca di Graal anche per un'altra ragione . E cioè, che se pure si scoprisse qualcosa di assolutamente sconosciuto, sarebbe opportuno osservare la consegna del musicista che, salvo casi particolari, non ha voluto rendere pubblica questa o quella musica, ritenendosi sufficientemente rappresentato dal resto.
Noi perciò non attenderemo la scoperta del Graal di Prince o di Bowie, il loro Graal di qualunque metallo esso sia, lo abbiamo già trovato nelle loro opere, in quantità sufficiente per farci inebriare. Per chi se ne inebri.
Perchè, viene da domandarsi? Per volontà dei diretti interessati che avranno espresso, quando erano in vita, la volontà di scomparire con il proprio corpo dopo la morte, perché sufficientemente e bastantemente rappresentati dalla loro musica? Verrebbe da rispondere di sì, considerando che in molti casi quella loro vita nel corpo, per l'esausto connubio di 'genio e sregolatezza', in totale disuso, meglio dimenticarla.
(Diversamente sono andate le cose, post mortem, per altri giganti della musica, come Stravinskij o Boulez o Stockhausen, morti e sepolti sotto gli occhi di tutti).
Ed invece, magari anche per volontà dei diretti interessati, la decisione di custodire le ceneri in luoghi segretissimi l'assumono i famigliari, e per più d'una ragione, la principale delle quali ha a che fare con i soldi.
Cioè? Gli eredi temono che qualcuno trafughi quelle ceneri, ormai inutili, e chieda un riscatto, a pagare il quale, agli occhi del mondo, non potrebbero rifiutarsi, visto che per anni e anni, senza merito e fatica, hanno goduto ed ancora godranno dei benefici economici del loro parente defunto.
Ma c'è anche un altro rito, altrettanto stucchevole ed ugualmente legato ai soldi, che la parentela tutta e i suoi più stretti collaboratori inscenano. Questo secondo è da mettere in rapporto con l'opera del defunto. Sii sparge la voce che esista un baule segretissimo colmo di tesori musicali, che pian piano verranno disvelati. Nel caso di Prince i giornali hanno parlato, alcuni di circa duemila inediti, altri addirittura di ventimila o trentamila. Inediti che acquisterebbero valore solo se il defunto sia stato, in vita, assai avaro - cosa che non si può certo dire di Prince che, in vita, ha pubblicato una cinquantina circa di album e dunque un bel pò. Che altro possiamo scoprire di lui che già non ci ha fatto conoscere?
Serve solo per mettere in ansia i produttori e lo stesso mercato discografico sul quale far giungere, ad intervalli regolari altra 'merce' da vendere a caro prezzo, promettendo sempre il capolavoro. Un giornale, a tal proposito, ha parlato, del baule segreto di Prince, come del santo Graal, è custodito la musica perfetta. Tutti quelli già noti non lo sarebbero- vien da ribattere?
Si potrebbe obiettare che anche per musicisti di altro ambito si va alla ricerca di archivi segreti. Anche recentemente se ne è parlato. Sì, è vero, come nei casi - fra i più noti - di Verdi e Puccini. Ma la ragione di tale affannosa ricerca ha un diverso scopo, che è quello di venire a capo e studiare la genesi e la tormentata, più o meno, gestazione di questa o quell'opera, sulla quale si nutrono dubbi per qualche passaggio talora importante, per realizzare le cosiddette edizioni critiche attraverso lo studio approfondito di tutti i materiali a disposizione.
Nessuna ricerca di Graal in questo caso, perchè ci si attiene alla volontà del musicista che quando ha licenziato un'opera, rendendola pubblica, ha messo la parola fine ad ogni dubbio ad ogni variante, ad ogni alternativa.
E nessuna ricerca di Graal anche per un'altra ragione . E cioè, che se pure si scoprisse qualcosa di assolutamente sconosciuto, sarebbe opportuno osservare la consegna del musicista che, salvo casi particolari, non ha voluto rendere pubblica questa o quella musica, ritenendosi sufficientemente rappresentato dal resto.
Noi perciò non attenderemo la scoperta del Graal di Prince o di Bowie, il loro Graal di qualunque metallo esso sia, lo abbiamo già trovato nelle loro opere, in quantità sufficiente per farci inebriare. Per chi se ne inebri.
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venerdì 22 aprile 2016
L'Arena di Verona è coperta o vi piove ancora dentro? I miracoli che tutti si attendono da Fuortes in missione a Verona
L'esito della missione salvifica di san Carlo Fuortes non è ancora noto, come anche l'esito del progetto di copertura dello spazio scenico fortemente voluto da Tosi, nella speranza che la copertura riesca a coprire anche le colpevoli inefficienze amministrative del sovrintendente Girondini che lui ha voluto al vertice della Fondazione ed anche confermato, lo scorso anno, nonostante contro la sua permanenza si fossero levate voci decise e chiare, anche interne alla Fondazione stessa.
Ora i miracoli che Fuortes dovrà compiere, prima di Tosi, e senza aspettare le calende greche, come si dice, sono due: innanzitutto trovare i soldi per pagare gli stipendi, visto che lo stipendio di marzo fino a non molti giorni fa non era stato ancora corrisposto ai dipendenti - e in questo primo miracolo deve chiedere la collaborazione di Tosi, esattamente come Maria di Nazareth fece con suo figlio, Gesù, alle nozze di Cana. E già i soldi deve trovarli il Comune, anticipandoli, facendoseli dare dalle banche che sanno bene, come lo sa tutta la cittadinanza, che senza l'Arena il PIL cittadino scenderebbe e di molto, d'estate.
Ma forse questo primo miracolo è stato già compiuto nelle ultime ore, perché non si può trattare con le maestranze che sono senza stipendio; e perché non pagando gli stipendi a coloro i quali devono mandare avanti la stagione estiva già programmata, vuol dire mettere a rischio le entrate considerevoli derivanti dagli spettacoli areniani. I quali, data la vastità della platea, rendono sicuramente, se ben amministrati e non dilapidati in mille rivoli.
Alcuni anni fa trapelò la notizia che l'agenzia incaricata della prenotazione dei biglietti tratteneva per sé una percentuale troppo elevata ( d'accordo naturalmente con chi aveva concesso l'autorizzazione e stipulato il relativo contratto; e non è fuori luogo pensare che ci fosse il benestare degli amministratori anche comunali dell'epoca), ed anche che non girava alle casse dell'Arena quanto dovuto. Ora quel problema deve essere stato risolto, ma , si sa, in Arena, quando girano milioni di Euro, si è ancora tentati - e forse qualche amministratore ha ceduto alle lusinghe del vil denaro ed anche al richiamo di creare consenso politico - di allargare i cordoni della borsa. Errore madornale, perché economizzare si può solo quando ci sono entrate; e quando non ci sono, come al momento, i problemi si moltiplicano ed ingigantiscono. E con la cassa vuota tutto diventa difficile anzi drammatico.
Il secondo e più grande miracolo è quello di far tornare sui propri passi i lavoratori della Fondazione, perché accettino le condizioni, certo gravose ma non tanto, che impone la cosiddetta Legge Bray per accedere ai fondi di risanamento dei bilanci. E qui san Carlo vanta una precedente esperienza positiva, dopo lo svarione della esternalizzazione minacciata e poi ritirata, all'Opera di Roma, dove tuttora siede come sovrintendente e dove intende rimanere, a suo dire, fino alla scadenza del mandato e cioè fino al 2020.
Al compimento della missione, che ci auguriamo gli riesca una seconda volta, dovrà tornarsene a casa, e, successivamente, a Tosi spetterà il compito di trovare un sovrintendente che non sia l'acciaccato Girondini - evidentemente incapace - che lui ha confermato perché risolvesse il problema del buco di bilancio e che , invece, ha reso ancora più grave e drammatico (si parla di una trentina di milioni di Euro).
Dopo di che a san carlo Fuortes non resta che salire agli onori degli altari di ministro della cultura.
Un tempo i miracoli del bilancio li faceva Nastasi, il commissario Nastasi, salvo poi a vederseli di nuovo azzerati non appena abbandonava il campo dei risanamenti ( a qualcuno era venuto spesso il dubbio che quei risanamenti fossero solo fittizi e di facciata, e del resto le spese pazze per improbabili tournée del Teatro san Carlo starebbero a dimostrarlo: Nastasi faceva esattamente quel che sciagurati sovrintendenti erano stati abituati, con tacita approvazione, a fare spendendo oltre la disponibilità).
Ora sembra farli anche Fuortes, sebbene a Bar, al Teatro Petruzzelli, il miracolo non gli sia riuscito del tutto; ma se così fosse Franceschini che lo porta in palmo di mano, dovrebbe temerlo, perchè continuando su questa strada virtuosa, lo scalzerà dalla poltrona di ministro per sedervisi lui, san Carlo Fuortes ministro di Dio e e della Repubblica italiana.
Ora i miracoli che Fuortes dovrà compiere, prima di Tosi, e senza aspettare le calende greche, come si dice, sono due: innanzitutto trovare i soldi per pagare gli stipendi, visto che lo stipendio di marzo fino a non molti giorni fa non era stato ancora corrisposto ai dipendenti - e in questo primo miracolo deve chiedere la collaborazione di Tosi, esattamente come Maria di Nazareth fece con suo figlio, Gesù, alle nozze di Cana. E già i soldi deve trovarli il Comune, anticipandoli, facendoseli dare dalle banche che sanno bene, come lo sa tutta la cittadinanza, che senza l'Arena il PIL cittadino scenderebbe e di molto, d'estate.
Ma forse questo primo miracolo è stato già compiuto nelle ultime ore, perché non si può trattare con le maestranze che sono senza stipendio; e perché non pagando gli stipendi a coloro i quali devono mandare avanti la stagione estiva già programmata, vuol dire mettere a rischio le entrate considerevoli derivanti dagli spettacoli areniani. I quali, data la vastità della platea, rendono sicuramente, se ben amministrati e non dilapidati in mille rivoli.
Alcuni anni fa trapelò la notizia che l'agenzia incaricata della prenotazione dei biglietti tratteneva per sé una percentuale troppo elevata ( d'accordo naturalmente con chi aveva concesso l'autorizzazione e stipulato il relativo contratto; e non è fuori luogo pensare che ci fosse il benestare degli amministratori anche comunali dell'epoca), ed anche che non girava alle casse dell'Arena quanto dovuto. Ora quel problema deve essere stato risolto, ma , si sa, in Arena, quando girano milioni di Euro, si è ancora tentati - e forse qualche amministratore ha ceduto alle lusinghe del vil denaro ed anche al richiamo di creare consenso politico - di allargare i cordoni della borsa. Errore madornale, perché economizzare si può solo quando ci sono entrate; e quando non ci sono, come al momento, i problemi si moltiplicano ed ingigantiscono. E con la cassa vuota tutto diventa difficile anzi drammatico.
Il secondo e più grande miracolo è quello di far tornare sui propri passi i lavoratori della Fondazione, perché accettino le condizioni, certo gravose ma non tanto, che impone la cosiddetta Legge Bray per accedere ai fondi di risanamento dei bilanci. E qui san Carlo vanta una precedente esperienza positiva, dopo lo svarione della esternalizzazione minacciata e poi ritirata, all'Opera di Roma, dove tuttora siede come sovrintendente e dove intende rimanere, a suo dire, fino alla scadenza del mandato e cioè fino al 2020.
Al compimento della missione, che ci auguriamo gli riesca una seconda volta, dovrà tornarsene a casa, e, successivamente, a Tosi spetterà il compito di trovare un sovrintendente che non sia l'acciaccato Girondini - evidentemente incapace - che lui ha confermato perché risolvesse il problema del buco di bilancio e che , invece, ha reso ancora più grave e drammatico (si parla di una trentina di milioni di Euro).
Dopo di che a san carlo Fuortes non resta che salire agli onori degli altari di ministro della cultura.
Un tempo i miracoli del bilancio li faceva Nastasi, il commissario Nastasi, salvo poi a vederseli di nuovo azzerati non appena abbandonava il campo dei risanamenti ( a qualcuno era venuto spesso il dubbio che quei risanamenti fossero solo fittizi e di facciata, e del resto le spese pazze per improbabili tournée del Teatro san Carlo starebbero a dimostrarlo: Nastasi faceva esattamente quel che sciagurati sovrintendenti erano stati abituati, con tacita approvazione, a fare spendendo oltre la disponibilità).
Ora sembra farli anche Fuortes, sebbene a Bar, al Teatro Petruzzelli, il miracolo non gli sia riuscito del tutto; ma se così fosse Franceschini che lo porta in palmo di mano, dovrebbe temerlo, perchè continuando su questa strada virtuosa, lo scalzerà dalla poltrona di ministro per sedervisi lui, san Carlo Fuortes ministro di Dio e e della Repubblica italiana.
lunedì 18 aprile 2016
PARIS MADURA: VERA FREGATURA
Abbiamo comprato poco più un anno fa delle costosissime tende d'interni di lino bianche nel punto vendita MADURA di Ugo Ojetti a Roma, ora chiuso, per fortuna, altrimenti davanti alla porta si sarebbero create file di clienti inferociti.
Quelle tende con anelli inseriti, le abbiamo portate ora per la prima volta in lavanderia; dove scopriamo solo ora che tende di 'puro' lino vanno lavate a secco. Perchè mai?
Ma la sorpresa maggiore è venuta quando in lavanderia ci hanno fatto notare che gli anelli inseriti con macchine nel tessuto, erano stati inseriti così male, da tagliare il lino rendendole praticamente inutilizzabili, copn ilrischio di trovare, dall'oggi al domani, il bastone con tutti gli anelli appesi, i teli di lino a terra.
Il negozio parigino ha frodato noi come tanti altri acquirenti, ma non potrà più farlo dopo la nostra denuncia e quella di chissà quanti altri acquirenti che, nel tempo, hanno scoperto le magagne della premiata ditta MADURA. Che, a dispetto del nome, NON DURA AFFATTO
Quelle tende con anelli inseriti, le abbiamo portate ora per la prima volta in lavanderia; dove scopriamo solo ora che tende di 'puro' lino vanno lavate a secco. Perchè mai?
Ma la sorpresa maggiore è venuta quando in lavanderia ci hanno fatto notare che gli anelli inseriti con macchine nel tessuto, erano stati inseriti così male, da tagliare il lino rendendole praticamente inutilizzabili, copn ilrischio di trovare, dall'oggi al domani, il bastone con tutti gli anelli appesi, i teli di lino a terra.
Il negozio parigino ha frodato noi come tanti altri acquirenti, ma non potrà più farlo dopo la nostra denuncia e quella di chissà quanti altri acquirenti che, nel tempo, hanno scoperto le magagne della premiata ditta MADURA. Che, a dispetto del nome, NON DURA AFFATTO
DENUNCIAMO l'AMA inadempiente. TRONCA si muova
Abbiamo scritto una settimana fa di un cassonetto lasciato marcire per quindici giorni, in VIA NOMENTANA 905, a Roma. E dopo quindici giorni abbiamo scritto del suo svuotamento. Era accaduto che nell'operazione di scarico un camion raccoglitore dell'AMA l'aveva fatto cadere lasciandolo rovesciato ed ancora pieno di rifiuti umidi che nel frattempo erano MARCITI.
Nella notte, a seguito della nostra denuncia e dopo infinite telefonate, il cassonetto era stato rimesso in piedi e svuotato. Svuotato ma solo in parte.
Nei giorni scorsi, costeggiando il cassonetto incriminato avevamo sentito un odore nauseabondo ( facciamo notare che sui cassonetti affaccia il giardinetto di un asilo nido ( i cui ospiti sono costretti a satre al chiuso per tutto il giorno, nonostante il bel tempo), per questo e già solo per questo TRONCA e i dirigenti AMA dovrebbero essere DENUNCIATI.
Quel cassonetto, ci dicono oggi testimoni oculari, contiene un liquido putrido e schifoso che , anche questa mattina, nello svuotamento, è stato fatto cadere (COLARE) a terra, ma non del tutto.
Ed ora , anche a distanza, si sente un odore terribile.
L'AMA, più interessata a fare favore agli amici degli amici, deve provvedere PRESTISSIMO a LAVARE quel cassonetto, o a CAMBIARLO. NON si può andare avanti ancora per molto in queste condizioni. Capito TRONCA?
Nella notte, a seguito della nostra denuncia e dopo infinite telefonate, il cassonetto era stato rimesso in piedi e svuotato. Svuotato ma solo in parte.
Nei giorni scorsi, costeggiando il cassonetto incriminato avevamo sentito un odore nauseabondo ( facciamo notare che sui cassonetti affaccia il giardinetto di un asilo nido ( i cui ospiti sono costretti a satre al chiuso per tutto il giorno, nonostante il bel tempo), per questo e già solo per questo TRONCA e i dirigenti AMA dovrebbero essere DENUNCIATI.
Quel cassonetto, ci dicono oggi testimoni oculari, contiene un liquido putrido e schifoso che , anche questa mattina, nello svuotamento, è stato fatto cadere (COLARE) a terra, ma non del tutto.
Ed ora , anche a distanza, si sente un odore terribile.
L'AMA, più interessata a fare favore agli amici degli amici, deve provvedere PRESTISSIMO a LAVARE quel cassonetto, o a CAMBIARLO. NON si può andare avanti ancora per molto in queste condizioni. Capito TRONCA?
sabato 16 aprile 2016
CULTURA a ROMA: pena CAPITALE
Ha un bel dire il prefetto di Roma Tronca sulla volontà di rifondare la Capitale, poggiando le basi sulla cultura, dopo che la mafia ha provveduto a spolparsela - secondo l'eloquio tipico dei mafiosi dietro le sbarre - se poi lui stesso taglia del 75% per cento i fondi per la cultura, decimando anche le già esigue iniziative rimaste in vita dell'estate, cosiddetta 'romana'.
Lo stesso Tronca che riesce a trovare i soldi necessari, dopo aver detto che non ve ne erano, per le manifestazioni di sua iniziativa come quelle programmate per il 'Natale' di Roma che cade appunto il prossimo 21, ma i cui festeggiamenti cominciano già alla vigilia e si concludono con la FESTA DELLA LIBERAZIONE, che tutti ci si augura sia la liberazione definitiva dalla mafia.
Con lo slogan ' Roma Cultura Capitale' - messa sotto l'antico simbolo della città, la lupa con Romolo e Remo e l'iscrizione romana antica SPQR, che per volontà di Tronca ha sostituito l'insulso mariniano 'Rome & You' - il Commissario celebra il poeta di Roma, Belli, facendone leggere pubblicamente le opere, poi celebra anche Piero Angela, l'unico testimone oculare della fondazione della città, e perciò ancora la racconta, e ancora con l'illumminazione a giorno di Via dei Fori imperiali. Per questa celebrazione Tronca i soldi li ha trovati. Per il resto il suo commissariamento sarà ricordato anche per l condanna alla pena capitale della cultura a Roma.
UN altro caso fa pensare ad un Tronca 'bifronte', che volge lo sgardo da un'altra parte, negandosi la vista delle brutture e delle inefficienze della Capitale, l'ultima delle quali abbiamo appreso oggi dai giornali, e chiama in causa l'AMA, ancora l'AMA .
Nella terrazza fra le più belle di Roma, quale viene considerato il Pincio che si affaccia su Piazza del Popolo, nello slargo prospiciente la Casina Valadier, si assiste ogni giorno allo squallido spettacolo del travaso dei rifiuti dai camioncini nei compattatori dell'AMA, che naturalmente non possono evitare la dispersione di liquidi schifosi. E ciò sotto gli occhi stupefatti di romani e turisti che si domandano che cosa faccia Tronca e cosa aspetti a porvi rimedio, chiamando a rapporto i vertici di AMA. Che, vien da dire, ROMA non l'AMA
Lo stesso Tronca che riesce a trovare i soldi necessari, dopo aver detto che non ve ne erano, per le manifestazioni di sua iniziativa come quelle programmate per il 'Natale' di Roma che cade appunto il prossimo 21, ma i cui festeggiamenti cominciano già alla vigilia e si concludono con la FESTA DELLA LIBERAZIONE, che tutti ci si augura sia la liberazione definitiva dalla mafia.
Con lo slogan ' Roma Cultura Capitale' - messa sotto l'antico simbolo della città, la lupa con Romolo e Remo e l'iscrizione romana antica SPQR, che per volontà di Tronca ha sostituito l'insulso mariniano 'Rome & You' - il Commissario celebra il poeta di Roma, Belli, facendone leggere pubblicamente le opere, poi celebra anche Piero Angela, l'unico testimone oculare della fondazione della città, e perciò ancora la racconta, e ancora con l'illumminazione a giorno di Via dei Fori imperiali. Per questa celebrazione Tronca i soldi li ha trovati. Per il resto il suo commissariamento sarà ricordato anche per l condanna alla pena capitale della cultura a Roma.
UN altro caso fa pensare ad un Tronca 'bifronte', che volge lo sgardo da un'altra parte, negandosi la vista delle brutture e delle inefficienze della Capitale, l'ultima delle quali abbiamo appreso oggi dai giornali, e chiama in causa l'AMA, ancora l'AMA .
Nella terrazza fra le più belle di Roma, quale viene considerato il Pincio che si affaccia su Piazza del Popolo, nello slargo prospiciente la Casina Valadier, si assiste ogni giorno allo squallido spettacolo del travaso dei rifiuti dai camioncini nei compattatori dell'AMA, che naturalmente non possono evitare la dispersione di liquidi schifosi. E ciò sotto gli occhi stupefatti di romani e turisti che si domandano che cosa faccia Tronca e cosa aspetti a porvi rimedio, chiamando a rapporto i vertici di AMA. Che, vien da dire, ROMA non l'AMA
CARLO FUORTES va a salvare l'ARENA di VERONA
Preso a pedate Girondini, dallo stesso Tosi che lo aveva confermato alla sovrintendenza areniana, per assoluta incapacità di gestire (si è finalmente convinto anche lui?) la fondazione Arena di Verona - quella che ha la platea più vasta ed anche più invidiata al mondo ( sebbene, anche quella con maggiori spese) - che proprio Girondini avrebbe dovuto salvare dal buco di bilancio di quasi 30 milioni di Euro che lui stesso aveva prodotto nei lunghi anni al vertice, Tosi ha prospettato le due possibili soluzioni al disastro.
Affidare a privati - e lui ne aveva trovato già di buoni - buoni come Girondini? - la prossima stagione estiva già fissata nel cartellone e nelle date; o, seconda ipotesi, affidare la gestione transitoria ad un commissario per vedere se i libri da portare in tribunale per il fallimento possono essere nuovamente aperti per fare due conti con più ragionevolezza sul taglio delle spese.
La decisione su quale delle due cure da adottare spetta al ministro, Franceschini, il quale per una volta si è scrollata di dosso la nomea di 'mezzodisastro', dando prova di ragionevolezza e responsabilità.
E così ha deciso di mandare a tentare il salvataggio dell'Arena, un commissario. Chi? L'unico in Italia che, dopo la gaffe che lo ha fatto deridere da mezzo mondo ( quella famosa dell'esternalizzazione di orchestra e coro), è in grado di evitare, allontanandolo, il fallimento, venendo a patti con le maestranze dell'Arena, come ha fatto a Roma, facendo alla fine ingoiare più rospi di quanti lo stesse non volevano: Carlo Fuortes che è l'unico che ha esperienza di come trattare - perchè trattare si deve, non c'è altra soluzione possibile; nè si può pensare che si chiuda per fallimento l'Arena, mandata gambe all'aria proprio da chi, Girondini, avrebbe dovuto per volontà del sindaco, Tosi, evitarle di finire nel baratro.
Fuortes - che è l'unico che conosce l' arma della mediazione alla quale fu costretto dopo quella sua ingloriosa uscita, per la quale tuttavia ebbe l'incoraggiamento e l'appoggio dei due politici inesperti, Franceschini e Marino - ha detto che prima di accettare la nomina ministeriale vuole vedere i conti, e solo dopo scioglierà la riserva, e lavorerà alla salvezza di Verona - cosa che farà, candidandosi a ministro della cultura nella prossima legislatura - ma restando al timone dell'Opera di Roma, la cui salvezza tutti unanimemente attribuiscono a san CARLO, che va FUORTES ovunque metta le mani.
giovedì 14 aprile 2016
MUSICA: APPLAUDITE non solo QUANTO ma anche QUANDO volete!
L'annuncio-avviso-invito apparso sui programmi di sala di una istituzione musicale parigina ha ferito come un colpo al cuore i vari comitati del 'silenzio, si fa musica', del 'guai a chi tossisce'; del 'chi non riesce a trattenerla stia a casa'.
In Italia un avviso-invito del genere non potrebbe mai apparire senza suscitare l'indignazione di gran parte dei frequentatori abituali delle sale da concerto o dei teatri ( nelle sale cinematografiche tutto è consentito, figuriamoci l'applauso fuori tempo, la tosse stizzosa e la corsa ai bagni).
Il pubblico della musica in Italia, in un anno, supera di poche centinaia di migliaia il milione, e forse in numeri assoluti è assai meno, essendo molti di quegli spettatori censiti ogni volta, abbonati e dunque frequentatori abituali, sempre gli stessi. Rappresenta, perciò, una élite, orgogliosa e gelosa del proprio status che desidera mettere in mostra, sanzionando tutti gli altri, e cioè frequentatori neofiti della musica, quelli occasionali o al loro battesimo in una sala da concerto, che non conoscono ancora le regole, non scritte, del galateo concertistico, che non consente l'applauso fra un tempo e l'altro, mettiamo, di una sinfonia, e neppure la tosse nei momenti in cui la musica non è 'fragorosa' e neppure la corsa al bagno durante una esecuzione.
Già il termine 'esecuzione' fa pensare più ad un martirio che ad una bella serata passata ad ascoltare musica dal vivo assieme ad altri.
Stando così le cose i neofiti saranno sempre meno perché si sentiranno esposti alla pubblica gogna nelle loro prime presenze da ascoltatori, che rischiano perciò di restare le uniche.
Se qualcuno applaude fra un tempo e l'altro di una sinfonia ed un altro tossisce quando la musica non li copre con i suoi fragori, che sarà mai? Possono essere consentiti, applausi e tossi, anche senza bisogno di ricordare che in passato, un passato lontano, nelle sale da concerto ed ancor più nei teatri, durante le rappresentazioni o i concerti, succedeva di tutto, proprio di tutto, senza che nessuno protestasse; mentre oggi il moderno galateo non consente neanche cose ben più irrilevanti.
E perciò lasciamo che tutti applaudano, quando vogliono e sentono di farlo, senza zittirli con il dito minaccioso puntato contro di loro, e se tossiscono, lasciamoglielo fare, nessuno tossisce per divertimento.
E poi una avvertimento ai responsabili artistici delle nostre istituzioni musicali sui tempi di durata dei programmi da concerto. Nel prossimo Maggio, a Firenze, abbiamo letto di un concerto diretto da Zubin Mehta, nel quale è prevista l'esecuzione, prima di un Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven - forse il cosiddetto 'Imperatore' se non ricordiamo male - e, dopo un intervallo, della Sinfonia n. 9.
Dopo una così lunga seduta, è possibile che a causa di un programma fuori tempo, a qualcuno scappi di andare al bagno, o qualche colpo di tosse, ed anche qualche applauso, magari per suggerire agli organizzatori che sarebbe ora di finirla con la musica.
In Italia un avviso-invito del genere non potrebbe mai apparire senza suscitare l'indignazione di gran parte dei frequentatori abituali delle sale da concerto o dei teatri ( nelle sale cinematografiche tutto è consentito, figuriamoci l'applauso fuori tempo, la tosse stizzosa e la corsa ai bagni).
Il pubblico della musica in Italia, in un anno, supera di poche centinaia di migliaia il milione, e forse in numeri assoluti è assai meno, essendo molti di quegli spettatori censiti ogni volta, abbonati e dunque frequentatori abituali, sempre gli stessi. Rappresenta, perciò, una élite, orgogliosa e gelosa del proprio status che desidera mettere in mostra, sanzionando tutti gli altri, e cioè frequentatori neofiti della musica, quelli occasionali o al loro battesimo in una sala da concerto, che non conoscono ancora le regole, non scritte, del galateo concertistico, che non consente l'applauso fra un tempo e l'altro, mettiamo, di una sinfonia, e neppure la tosse nei momenti in cui la musica non è 'fragorosa' e neppure la corsa al bagno durante una esecuzione.
Già il termine 'esecuzione' fa pensare più ad un martirio che ad una bella serata passata ad ascoltare musica dal vivo assieme ad altri.
Stando così le cose i neofiti saranno sempre meno perché si sentiranno esposti alla pubblica gogna nelle loro prime presenze da ascoltatori, che rischiano perciò di restare le uniche.
Se qualcuno applaude fra un tempo e l'altro di una sinfonia ed un altro tossisce quando la musica non li copre con i suoi fragori, che sarà mai? Possono essere consentiti, applausi e tossi, anche senza bisogno di ricordare che in passato, un passato lontano, nelle sale da concerto ed ancor più nei teatri, durante le rappresentazioni o i concerti, succedeva di tutto, proprio di tutto, senza che nessuno protestasse; mentre oggi il moderno galateo non consente neanche cose ben più irrilevanti.
E perciò lasciamo che tutti applaudano, quando vogliono e sentono di farlo, senza zittirli con il dito minaccioso puntato contro di loro, e se tossiscono, lasciamoglielo fare, nessuno tossisce per divertimento.
E poi una avvertimento ai responsabili artistici delle nostre istituzioni musicali sui tempi di durata dei programmi da concerto. Nel prossimo Maggio, a Firenze, abbiamo letto di un concerto diretto da Zubin Mehta, nel quale è prevista l'esecuzione, prima di un Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven - forse il cosiddetto 'Imperatore' se non ricordiamo male - e, dopo un intervallo, della Sinfonia n. 9.
Dopo una così lunga seduta, è possibile che a causa di un programma fuori tempo, a qualcuno scappi di andare al bagno, o qualche colpo di tosse, ed anche qualche applauso, magari per suggerire agli organizzatori che sarebbe ora di finirla con la musica.
L'Italia dei due presidenti: Mattarella e Napolitano. Uno uscente e l'altro entrante.
Non è una novità che in Italia i presidenti siano due: il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consigilio dei Ministri. Il secondo governa, il primo tiene sotto osservazione il secondo per evitargli passi falsi. E nonostante questo, accade anche che uno dei tanti tribunali italiani, in questo caso il 'Coniglio di Stato' scrive all'indirizzo del Capo del Governo per fargli presente che il decreto sul pagamento del canone RAI nella bolletta elettrica è scritto male, è impreciso... insomma è da bocciare. Evidentemente quel che ogni tanto si dice e cioè che la squadra che circonda il premier avrebbe dovuto seguire prima di governare un corso accelerato propedeutico, è forse vero. Nel frattempo però il Presidente della Repubblica, messo lì a controllare il presidente premier, si è evidentemente distratto, per sua volontà o per sopraggiunta presenza di altri?
Il fatto nuovo di questi ultimi mesi è che ci siano sul colle più alto di Roma, due presidenti, anche se al Quirinale abita solo uno dei due, mentre l'altro ha deciso di abitare nel quartiere Monti, come del resto già aveva fatto Cossiga che al letto del Quirinale, preferiva quello di casa sua in Prati. Due infatti sono i Presidenti della Repubblica italiana attualmente. Ambedue sono sempre presenti , in coppia, nelle occasioni ufficiali, siedono sempre in prima fila, e nelle rimpatriate al Quirinale non mancano mai. E, del resto, come potrebbero, data la loro carica? Pala tu, parlo io, no, parla tu. Il siparietto colto in una delle tante occasioni fra Mattarella e Napolitano.
I due presidenti, ambedue con la medesima funzione di vigilanti, si sono però, bonariamente ed in segreto, spartiti i compiti.
Il presidente uscente, Mattarella, ha deciso di non mettere bocca sugli affari italiani, nonostante venga ogni tanto chiamato in causa da forze politiche e stampa; preferisce viaggiare - e viaggia molto - e intervenire sulle grandi questioni internazionali e sui futuri assetti mondiali; incontra capi di Stato e grandi personalità, manda telegrammi di congratulazioni e condoglianze, premia studenti, atleti, imprenditori, donne.
Il presidente entrante, Napolitano, invece parla quasi ogni giorno in pubblico, e non solo con la sua consorte in privato. Interviene sugli affari interni ma viaggia anche lui, perchè invitato da chi non dimentica ancora il ruolo di paciere che ha avuto nei tanti anni in cui abitava , anche di notte, al Quirinale, e che magari non si è accorta accorto del cambio della guardia o della diarchia tacitamente accettata.
Ora, ad esempio, è in partenza per Londra, dove è stato preceduto da Maria Elena (Boschi) che ha tenuto una lezione di politica, a parlamentari inglesi, che gli è valsa come 'dottorato' in legge, che non ha conseguito all'indomani della laurea, pressata dagli impegni di governo. Napolitano che lauree e dottorati honoris causa, ne ha ricevuti almeno uno per ogni capello che aveva in testa un tempo, ha fatto sapere che se rientrerà per domenica prossima, andrà a votare. Bravo.
No. Ha precisato, poi, che astenersi dal voto, disertandolo, è un diritto dei votanti al referendum, giacché la legge prevede il fattore 'quorum' per la sua validità. E così s'è assunto, da presidente entrante, il compito di dirimere la questione dell'astensione, sorta dopo i vari interventi del premier in favore, e quello altisonante e contrario del presidente della Consulta.
Il parere in favore dell'astensione ha fatto felice il premier ma ha mandato in bestia il presidente della Consulta, Grossi, terza carica dello Stato, in assenza delle altre due, ma non quando ci sono le altre due, e cioè il presidente entrante, Napolitano, ed il presidente del Senato, Grasso. In tale contingenza il presidente della Consulta, Grossi, conta un fico secco; e la stessa regola si applica anche a quello del Senato, Grasso, se non è dello stesso parere del primo, Napolitano, perché il voto di questi vale per due. E dunque Napolitano, presidente entrante, vince su tutti.
Il fatto nuovo di questi ultimi mesi è che ci siano sul colle più alto di Roma, due presidenti, anche se al Quirinale abita solo uno dei due, mentre l'altro ha deciso di abitare nel quartiere Monti, come del resto già aveva fatto Cossiga che al letto del Quirinale, preferiva quello di casa sua in Prati. Due infatti sono i Presidenti della Repubblica italiana attualmente. Ambedue sono sempre presenti , in coppia, nelle occasioni ufficiali, siedono sempre in prima fila, e nelle rimpatriate al Quirinale non mancano mai. E, del resto, come potrebbero, data la loro carica? Pala tu, parlo io, no, parla tu. Il siparietto colto in una delle tante occasioni fra Mattarella e Napolitano.
I due presidenti, ambedue con la medesima funzione di vigilanti, si sono però, bonariamente ed in segreto, spartiti i compiti.
Il presidente uscente, Mattarella, ha deciso di non mettere bocca sugli affari italiani, nonostante venga ogni tanto chiamato in causa da forze politiche e stampa; preferisce viaggiare - e viaggia molto - e intervenire sulle grandi questioni internazionali e sui futuri assetti mondiali; incontra capi di Stato e grandi personalità, manda telegrammi di congratulazioni e condoglianze, premia studenti, atleti, imprenditori, donne.
Il presidente entrante, Napolitano, invece parla quasi ogni giorno in pubblico, e non solo con la sua consorte in privato. Interviene sugli affari interni ma viaggia anche lui, perchè invitato da chi non dimentica ancora il ruolo di paciere che ha avuto nei tanti anni in cui abitava , anche di notte, al Quirinale, e che magari non si è accorta accorto del cambio della guardia o della diarchia tacitamente accettata.
Ora, ad esempio, è in partenza per Londra, dove è stato preceduto da Maria Elena (Boschi) che ha tenuto una lezione di politica, a parlamentari inglesi, che gli è valsa come 'dottorato' in legge, che non ha conseguito all'indomani della laurea, pressata dagli impegni di governo. Napolitano che lauree e dottorati honoris causa, ne ha ricevuti almeno uno per ogni capello che aveva in testa un tempo, ha fatto sapere che se rientrerà per domenica prossima, andrà a votare. Bravo.
No. Ha precisato, poi, che astenersi dal voto, disertandolo, è un diritto dei votanti al referendum, giacché la legge prevede il fattore 'quorum' per la sua validità. E così s'è assunto, da presidente entrante, il compito di dirimere la questione dell'astensione, sorta dopo i vari interventi del premier in favore, e quello altisonante e contrario del presidente della Consulta.
Il parere in favore dell'astensione ha fatto felice il premier ma ha mandato in bestia il presidente della Consulta, Grossi, terza carica dello Stato, in assenza delle altre due, ma non quando ci sono le altre due, e cioè il presidente entrante, Napolitano, ed il presidente del Senato, Grasso. In tale contingenza il presidente della Consulta, Grossi, conta un fico secco; e la stessa regola si applica anche a quello del Senato, Grasso, se non è dello stesso parere del primo, Napolitano, perché il voto di questi vale per due. E dunque Napolitano, presidente entrante, vince su tutti.
L'Arena di Verona si copre o no? Intanto potrebbe fallire o essere commissariata.
"Situazione
complessa" quella dell'Arena di Verona. Lo dice il ministro dei
beni culturali e turismo Dario Franceschini, che oggi a Roma ha
incontrato il sindaco Flavio Tosi per raccogliere la sua versione
sulla vicenda della crisi che ha colpito la fondazione lirica veneta
con la prospettiva della messa in liquidazione. Al termine del
colloquio, il ministro si è preso un momento di riflessione con
l'obiettivo di arrivare comunque ad una soluzione "in tempi
rapidi". L'allarme per la Fondazione Arena risale allo scorso 7
aprile quando Tosi, dopo il no dei lavoratori all'accordo sul
contenimento dei costi sancito dal referendum, aveva annunciato la
decisione, presa all'unanimità dal consiglio di indirizzo della
fondazione di cui lui è presidente, di mettere in liquidazione
l'ente lirico, con conseguente messa in mobilità dei 300 lavoratori.
Una decisione sulla quale l'ultima parola spetta però al ministero.
Siglato da Cgil, Cisl e in ultimo anche dalla Uil, l'accordo poi
bocciato dal referendum escludeva invece i licenziamenti, prevedendo
la 'gestione' di 60 esuberi con prepensionamenti e incentivi
all'esodo. Nessuna riduzione per il corpo di ballo, ma un taglio
netto del costo del personale per 4 milioni di euro. Una 'medicina'
necessaria, era stato spiegato, per poter accedere ai sostegni alle
Fondazioni lirico-sinfoniche in crisi previsti dalla cosiddetta
'legge Bray', e consentire la chiusura del bilancio in pareggio
tecnico. Quella dei lavoratori, aveva commentato a caldo Tosi, è
"una decisione sciagurata, che comporterà di conseguenza
l'azzeramento di tutti i posti di lavoro", aveva detto il
sindaco. Anche se questo non significa, aveva aggiunto, che salterà
la prossima stagione lirica estiva. "Se la richiesta verrà
accolta dal Mibact - aveva spiegato Tosi - dovrà essere definito un
altro strumento che organizzi in maniera più privatistica la
stagione estiva in Arena". La palla quindi è passata al
ministero. Due al momento, gli scenari possibili: oltre alla
liquidazione chiesta da Tosi, il commissariamento. (ANSA).
mercoledì 13 aprile 2016
Musica e Lirica in Italia. I numeri ' sommersi', presentati all'AGIS.
Sono oltre un milione e duecento
mila gli spettatori che nel 2014 hanno assistito ai concerti e agli
spettacoli (circa 7.500 repliche) realizzati dalle realtà del mondo
della lirica e della musica rappresentate dai teatri di tradizione,
dalle istituzioni concertistiche orchestrali, dai festival, dalle
società di concerto e dalle attività di lirica ordinaria. E’
questo uno dei dati emersi oggi nel corso della presentazione del
Quaderno, realizzato da Federmusica/Agis, La lirica e la musica
sommerse. Rapporto sulle Istituzioni liriche e musicali al di là
delle fondazioni lirico-sinfoniche che si è svolta a Roma presso la
Presidenza Nazionale dell’Agis. Il Quaderno (NEDEDIZIONI) esamina
gli aspetti relativi ai modelli giuridici di gestione,
all’organizzazione, alle tipologie contrattuali di lavoro e alla
contrattazione collettiva, ai risultati economico-finanziari, alla
domanda, all’offerta e alle strategie di promozione dei Teatri di
Tradizione, delle Istituzioni Concertistiche Orchestrali, dei
Festival di lirica e musicali, delle Società concertistiche, dei
Festival di jazz, delle attività di lirica ordinaria e delle Bande
musicali. Lo studio è stato realizzato sulla base di questionari
sottoposti alle realtà di spettacolo in esame. In particolare
risulta che le 11 istituzioni concertistico orchestrali (ICO) prese
in esame hanno realizzato circa 1300 repliche (1129 concerti e 168
recite liriche), registrando 494.567 spettatori, con un grado di
copertura dei posti a sedere del 57,6%. Sul fronte del campione di 13
teatri di tradizione sui 29 riconosciuti, sono state realizzate 204
recite liriche e 161 concerti, per 214.775 spettatori. Per quanto
riguarda il campione di 7 festival, sono stati realizzati 130
concerti e 22 recite liriche che hanno registrato 67.641 spettatori.
I dati illustrano inoltre un quadro positivo delle realtà esaminate,
caratterizzate da una gestione economico-finanziaria in equilibrio e
bilanci sani, e da strutture dotate di organizzazioni snelle e
funzionali. Con le risorse provenienti dal Fondo unico per lo
spettacolo, la prima fonte tra le entrate pubbliche delle ICO e dei
festival, viene coperto il 33,24% del costo totale delle ICO e il 30%
di quello dei festival. I contributi dei Comuni, la prima fonte tra
le entrate pubbliche dei teatri di tradizione, coprono il 27% del
costo totale dei teatri di tradizione. La presentazione di oggi è
stata aperta da Carlo Fontana, presidente Agis, che ha sottolineato
come i dati contenuti nel Quaderno evidenzino la vivacità e la
ricchezza di iniziativa delle attività liriche e musicali, pur nelle
difficoltà affrontate ogni giorno. Fontana ha inoltre annunciato che
in Agis si sta lavorando alla costituzione di una Federazione dello
spettacolo dal vivo che riunirà le diverse associazioni del settore
con l’obiettivo di interloquire in modo unitario e sempre più
propositivo con le Istituzioni. Anche Francesco Punzi, presidente di
Federmusica, ha sottolineato l’intraprendenza e il coraggio della
attività della lirica e della musica messe in evidenza dai dati
raccolti. Punzi ha parlato di un mondo estremamente variegato che
nella sua diversità porta avanti un lavoro indispensabile su tutto il territorio nazionale, consentendo
ai vari pubblici di assistere a spettacoli e concerti di altissima
qualità. Nel corso della presentazione sono intervenuti anche il
professore di diritto amministrativo all’Università Tor Vergata di
Roma, Eugenio Picozza, e il presidente del CLES - Centro di ricerche
e studi sui problemi del lavoro, dell’economia e dello sviluppo -
Alessandro F. Leon che hanno curato rispettivamente l’introduzione
alla parte sui modelli giuridici organizzativi e l’introduzione
alla parte sulla gestione economicofinanziaria, la domanda e
l’offerta. Picozza ha sottolineato l’importanza di fare rete con
le istituzioni, individuando in particolare nel mondo dell’Istruzione
un ottimo alleato, partendo dalle novità introdotte dal decreto
Buona Scuola che ha inserito i linguaggi del cinema e dello
spettacolo dal vivo nel piano triennale dell’offerta formativa
delle scuole. Leon ha invece evidenziato alcune delle qualità del
mondo della lirica e della musica emerse dal Quaderno, come la
capillare diffusione sul territorio e la grande capacità di
adattamento alle difficoltà. Tra i rappresentanti delle diverse
associazioni del settore, sono intervenuti Giuseppe Gherpelli,
presidente ATIT (teatri di tradizione), Marco Parri, presidente ICO
(istituzioni concertistico orchestrali), Francesco Maria Perrotta,
presidente Italiafestival, Alfonso Malaguti, presidente AIAC
(attività concertistiche), Claudio Lepore, presidente ANTAL (teatri
attività liriche), Gianni Pini, presidente I-Jazz (festival jazz
italiani), Francesco Pollice, presidente AIAM (attività musicali) e
Gino Vallerugo per l'AMBIMA( bande).
lunedì 11 aprile 2016
VITTORIA! DOPO 15 GIORNI il cassonetto è stato rimesso in piedi e svuotato. Ma allora Dio esiste! VIA NOMENTANA 905 ringrazia
Via Nomentana, il condominio del civico 905, ha organizzato per questa mattina, intorno alle 11, una pubblica manifestazione collettiva di ringraziamento alla Divina Provvidenza che, benché con i tempi eterni dell'aldilà, ha finalmente fatto sì che, di notte, come per miracolo, lontano dagli sguardi dei curiosi, quel cassonetto che giaceva putrido e fetente, da quindi giorni, pieno di immondizia fosse rimesso in piedi e svuotato.
A nulla erano valse le numerosissime telefonate di protesta partite all'indirizzo dell'AMA in questi quindici - QUINDICI ! - giorni o forse più, questa notte invece, quando ormai ogni speranza di soluzione era stata calpestata dai fatti, è accaduto ciò che nessuno più s'aspettava.
Finalmente ora abbiamo allontanato da via Nomentana 905 la colonia di topi che aveva fatto il nido e stava proliferando a vista d'occhio come l'immondizia che, riempito fino all'orlo il cassonetto, si posava per terra intorno a disegnare un' aiuola di schifezze, pericolosa per la salute.
A nulla erano valse le numerosissime telefonate di protesta partite all'indirizzo dell'AMA in questi quindici - QUINDICI ! - giorni o forse più, questa notte invece, quando ormai ogni speranza di soluzione era stata calpestata dai fatti, è accaduto ciò che nessuno più s'aspettava.
Finalmente ora abbiamo allontanato da via Nomentana 905 la colonia di topi che aveva fatto il nido e stava proliferando a vista d'occhio come l'immondizia che, riempito fino all'orlo il cassonetto, si posava per terra intorno a disegnare un' aiuola di schifezze, pericolosa per la salute.
Buonanotte, la musica vi aiuta. A proposito di SLEEP di Max Richter
L'avesse saputo in tempo sicuramente Giorgio Battistelli l'avrebbe incluso nel programma del suo FFF, il prossimo festival delle sperimentazioni contemporanee, quel singolare brano per pianoforte, archi, suoni elettronici e 400 brandine per gli spettatori, una ninna nanna suonata da Max Richter a questo nostro mondo frenetico, andato in scena qualche settimana fa a Berlino, e che Milano, da quel che si sa, potrebbe aver rubato a Roma, fregando sul tempo la Capitale.
La maratona fra suoni e sonno ha la durata di otto ore. Si comincia alle 21,30, in un casermone di cemento, vecchio manufatto industriale alla periferia di Berlino; dopo due ore si tirano fuori i pigiami - la partitura, esplicitamente, non prevede la nudità, mentre prescrive che la lingerie femminile debba essere castigata per evitare che agli insonni, stufi della musica, salti in testa di dedicarsi ad una ginnastica molto salutare - ci si mette comodi e scivola sotto le lenzuola da soli o in coppia, per dormire, beninteso. A mezzanotte esatta, Richter ed i suoi musicisti salgono sul palco - c'era proprio bisogno di imitare il rito stantio del concerto classico? - e cominciano. L'esecuzione avrà qualche pausa segnata in partitura; ma prima della musica i musicisti hanno dovuto studiare il modo per tenersi svegli durante la notte, mentre il pubblico dorme tranquillamente per nulla disturbato da Richter e dalla sua musica. Alle 7 i primi risvegli, tutti hanno facce sorridenti, gli archi rendono più dolce il risveglio. Alle 8 in punto - lo scherzo è durato anche troppo - i musicisti la fanno finita ed il pubblico esce per andare al lavoro.
Naturalmente interpellati dai giornalisti, i partecipanti si sono dichiarati soddisfatti ed hanno aggiunto che mai avevano, prima di allora, ascoltato una musica tanto rilassante, così rilassante che non l'hanno sentita affatto, essendo subito sprofondati nel mondo di Orfeo.
Adesso tutta Milano è elettrizzata dall'idea di poter per una notte dormire in un pubblico dormitorio mentre qualcuno suona una musica che mai ascolteranno.
E Richter ha promesso che non si fermerà. Ora farà un brano da eseguirsi nei cessi pubblici di durata più limitata, giusto il tempo per fare i bisogni; poi un secondo per le le docce comuni nelle caserme; ed un terzo da mischiare ai suoni che solitamente accompagnano una digestione pesante. E così tutta la giornata dell'uomo sarà insonorizzata. Resterà fuori, come ha promesso d'accordo con le aziende, solo il tempo del lavoro, pena l' annullamento delle sponsorizzazioni. Perchè anche per fare simili cazzate servono soldi.
La maratona fra suoni e sonno ha la durata di otto ore. Si comincia alle 21,30, in un casermone di cemento, vecchio manufatto industriale alla periferia di Berlino; dopo due ore si tirano fuori i pigiami - la partitura, esplicitamente, non prevede la nudità, mentre prescrive che la lingerie femminile debba essere castigata per evitare che agli insonni, stufi della musica, salti in testa di dedicarsi ad una ginnastica molto salutare - ci si mette comodi e scivola sotto le lenzuola da soli o in coppia, per dormire, beninteso. A mezzanotte esatta, Richter ed i suoi musicisti salgono sul palco - c'era proprio bisogno di imitare il rito stantio del concerto classico? - e cominciano. L'esecuzione avrà qualche pausa segnata in partitura; ma prima della musica i musicisti hanno dovuto studiare il modo per tenersi svegli durante la notte, mentre il pubblico dorme tranquillamente per nulla disturbato da Richter e dalla sua musica. Alle 7 i primi risvegli, tutti hanno facce sorridenti, gli archi rendono più dolce il risveglio. Alle 8 in punto - lo scherzo è durato anche troppo - i musicisti la fanno finita ed il pubblico esce per andare al lavoro.
Naturalmente interpellati dai giornalisti, i partecipanti si sono dichiarati soddisfatti ed hanno aggiunto che mai avevano, prima di allora, ascoltato una musica tanto rilassante, così rilassante che non l'hanno sentita affatto, essendo subito sprofondati nel mondo di Orfeo.
Adesso tutta Milano è elettrizzata dall'idea di poter per una notte dormire in un pubblico dormitorio mentre qualcuno suona una musica che mai ascolteranno.
E Richter ha promesso che non si fermerà. Ora farà un brano da eseguirsi nei cessi pubblici di durata più limitata, giusto il tempo per fare i bisogni; poi un secondo per le le docce comuni nelle caserme; ed un terzo da mischiare ai suoni che solitamente accompagnano una digestione pesante. E così tutta la giornata dell'uomo sarà insonorizzata. Resterà fuori, come ha promesso d'accordo con le aziende, solo il tempo del lavoro, pena l' annullamento delle sponsorizzazioni. Perchè anche per fare simili cazzate servono soldi.
La vergogna dell'AMA, denunciata al Corriere della sera , cronaca di Roma
Da oltre quindici giorni in via Nomentana davanti al civico 905, giace rovesciato un cassonetto dell'immondizia, quello dei rifiuti alimentari, aperto e carico di rifiuti. Lo ha lasciato cadere un camion, di quelli che svuotano i cassonetti, con una manovra certamente non corretta. E da allora nessuno è venuto a rimetterlo in piedi e svuotarlo.
All'AMA io come molti altri abitanti del civico 905 abbiamo telefonato protestando , più di una al giorno. Nulla è accaduto nel frattempo.
Questa mattina ho telefonato ai vigili di Roma Capitale. La risposta è stata che avrebbero fatto una segnalazione all'AMA. Quando ho fatto rilevare che sopra la fila di cassonetti affaccia il giardinetto di un asilo nido, nel quale i bambini sono tenuti al chiuso, a causa del terribile odore che emana da quel cassonetto, senza pensare al pericolo 'topi', mi è stato risposto che anche se non si vedono i topi ci sono già, dopo quindici giorni, fra i rifiuti fermentai e marci.
Un altro tentativo l'ho fatto subito dopo recandomi al vicino commissariato di polizia per sporgere denuncia contro l'AMA. La risposta è stata innanzitutto che l'esposto avrebbe potuto sortire qualche effetto nel giro di alcuni giorni, ma poi mi è stato anticipato che per fare l'esposto avrei dovuto attendere un bel po'. Ho salutato e me ne sono tornato a casa.
E così il cassonetto puzzolente e invaso dai topi giacerà lì per chissà quanti giorni ancora.
Al Commissario TRONCA denunciamo l'AMA.
Il Commissario del Comune di Roma ha emanato, qualche giorno fa, un decreto con il quale commina multe salatissime a chi dà da mangiare per strada a gatti ed altri animali, comprese ogni specie di volatili, ed a coloro i quali lasciano immondizia per strada, contribuendo così ad accrescere l'invasione dei topi, oltre che a deturpare il decoro della nostra città.
In Via NOMENTANA al civico 905, da QUINDICI GIORNI, giace a terra, aperto, pieno di immondizia, un bidone della spazzatura, per la precisione quello dell'umido, cioè a dire quello con gli scarti alimentari. Un camion che effettua la raccolta, nel caricarlo, l'ha fatto cadere e l'ha lasciato semipieno di immondizia a terra, dove giace da oltre quindici giorni.
Durante i quali i numerosi camion, che più volte al giorno effettuano lo svuotamento dei cassonetti, sicuramente non hanno segnalato all'AMA - che sarebbe dovuta intervenire per la rimozione dell'immondizia - l'inconveniente, non rientrando direttamente nei compiti degli operatori.
Da QUINDICI GIORNI, invece, al centralino dell'AMA sono pervenute, da parte dei condomini interessati, numerose telefonate - più di una al giorno - per segnalare l'inconveniente che, col passare dei giorni, produce fermentazione dei rifiuti, e, di conseguenza, un odore nauseabondo, creando le condizioni per lo sbarco dei topi.
A tutte le telefonate, dall'operatore AMA, è stata data la medesima risposta: segnaleremo l'inconveniente, ed , in seconda battuta, sollecitiamo l'intervento.
Oggi, ancora oggi, dopo QUINDICI GIORNI, intendiamo DENUNCIARE l'AMA che non ha provveduto ancora, nonostante il decreto di TRONCA, a rimuovere il cassonetto e risolvere l'inconveniente.
In Via NOMENTANA al civico 905, da QUINDICI GIORNI, giace a terra, aperto, pieno di immondizia, un bidone della spazzatura, per la precisione quello dell'umido, cioè a dire quello con gli scarti alimentari. Un camion che effettua la raccolta, nel caricarlo, l'ha fatto cadere e l'ha lasciato semipieno di immondizia a terra, dove giace da oltre quindici giorni.
Durante i quali i numerosi camion, che più volte al giorno effettuano lo svuotamento dei cassonetti, sicuramente non hanno segnalato all'AMA - che sarebbe dovuta intervenire per la rimozione dell'immondizia - l'inconveniente, non rientrando direttamente nei compiti degli operatori.
Da QUINDICI GIORNI, invece, al centralino dell'AMA sono pervenute, da parte dei condomini interessati, numerose telefonate - più di una al giorno - per segnalare l'inconveniente che, col passare dei giorni, produce fermentazione dei rifiuti, e, di conseguenza, un odore nauseabondo, creando le condizioni per lo sbarco dei topi.
A tutte le telefonate, dall'operatore AMA, è stata data la medesima risposta: segnaleremo l'inconveniente, ed , in seconda battuta, sollecitiamo l'intervento.
Oggi, ancora oggi, dopo QUINDICI GIORNI, intendiamo DENUNCIARE l'AMA che non ha provveduto ancora, nonostante il decreto di TRONCA, a rimuovere il cassonetto e risolvere l'inconveniente.
domenica 10 aprile 2016
In morte di Paola Galardi, farmacista a Sansepolcro, con la passione per la musica. Addio carissima amica mia
L'altro ieri, in forma strettamente privata, si sono svolti a Sansepolcro, i funerali di Paola Galardi, nata Baschetti, che una brutta ed ingiusta malattia, ci ha tolti, dopo il calvario, durato qualche anno, delle intermittenze continue fra speranze e delusioni, sopportato con forza, tenacia ed apparente leggerezza e superiorità. Farmacista di professione, la passione per la musica l'aveva spinta da molti anni a realizzare un concorso pianistico per aiutare i giovani a proseguire e perfezionarsi negli studi.
A noi, proprio per quella sua grande incondizionata passione per la musica piace qui ricordarla, anche perchè fu alla base della nostra conoscenza, a seguito della quale abbiano realizzato insieme almeno due bei progetti che vogliamo ricordare mettendo da parte la naturale commozione ed il dolore per la immatura scomparsa.
Ci eravamo conosciuti poco appresso la nostra uscita dalla direzione del Festival delle Nazioni di Città di Castello, nel 2004, dopo una sola edizione ben riuscita, che andò di traverso agli amministratori tifernati, nei quali il successo ottenuto aveva generato meschine invidiuzze ed il timore di perdere l'osso dal quale speravano di rosicchiare ancora quel pò di ciccia restante.
Da allora Paola si era adoperata per far nascere a Sansepolcro, la patria di Piero della Francesca, un festival, organizzando numerosi incontri con l'allora sindaco della cittadina; tutto andò in fumo, quando si era ormai ad un passo dalla sua realizzazione, per la cronica indecisione del primo cittadino.
Quella delusione non fece arretrare e scoraggiare Paola, che qualcosa, oltre il 'suo' concorso, voleva realizzare a tutti i costi. Noi invece sì, arretrammo, non avendo mai riposto eccessiva fiducia in coloro che governano. Paola ci coinvolse in due progetti, dei quali andiamo fieri.
Per i 120 anni della 'Filarmonica dei Perseveranti' di Sansepolcro, nel 2009, realizzammo insieme, per sua richiesta, una giornata di festa, noi per la parte artistica, lei per quella organizzativa, nella quale fu impossibile riscontrare smagliature, o il benchè minimo segno di disorganizzazione ed incapacità. Al suo occhio attento nulla sfuggiva. Per lei tutto o quasi si poteva fare e per quel che da Lei dipendeva, nessuno ostacolo era insormontabile.
La mattina organizzammo un incontro al Teatro Dante con i massimi vertici delle organizzazioni bandistiche e di musica popolare nazionali; poi la sfilata di una quindicina di bande che vennero a rendere omaggio alla sorella maggiore di Sansepolcro che aveva raggiunto il traguardo dei 120 anni, e il pomeriggio, nel bel teatro di Anghiari, un concerto di chiusura, assai singolare nel programma.
Paola dopo quel primo esperimento ben riuscito, intese proseguire nel proporre iniziative volte a dare alla sua città una notorietà anche musicale. E, ancora una volta, si diede tanto da fare presso la nuova amministrazione perché quell'antico progetto del festival naufragato avesse finalmente a realizzarsi. Non c'è riuscita per la ben nota crisi che ha offerto giustificazione a chiunque per qualsiasi progetto naufragato.
Ma, se un altro singolare progetto ebbe a realizzarsi, del quale purtroppo non ebbe a godersi i frutti a causa dell'affacciarsi minaccioso della malattia, fu per la sua incrollabile tenacia.
In occasione della celebrazione del millenario della fondazione di Sansepolcro, nel 2012, sotto l'ala protettrice della Resurrezione di Piero, nella sala museo dove troneggia, si eseguì il nuovo Quartetto per archi (Nono della serie) di Salvatore Sciarrino, appositamente commissionato dal Comune per l'occasione, preceduto dal racconto commovente, ad opera di Fabrizio Gifuni, del capitano inglese che per salvare l'affresco di Piero - 'la più bella pittura del mondo'- non bombardò la città, alla fine del secondo conflitto mondiale. Ma quel 29 settembre del 2012 Paola non era con noi a Sansepolcro. Il mostro l'aveva già minacciata, incatenandola ad un letto d'ospedale.
Del valore e della unicità di Paola, della sua determinazione e del suo stile, saremo ancor più coscienti ora che manca a tutti noi, ed al suo adorato Bruno ancora di più; perchè ciò che prima con Lei sembrava, semplice, normale, quasi naturale, senza di lei sarà d'ora in avanti assai complicato, quasi impossibile. Ciao, Paola.
A noi, proprio per quella sua grande incondizionata passione per la musica piace qui ricordarla, anche perchè fu alla base della nostra conoscenza, a seguito della quale abbiano realizzato insieme almeno due bei progetti che vogliamo ricordare mettendo da parte la naturale commozione ed il dolore per la immatura scomparsa.
Ci eravamo conosciuti poco appresso la nostra uscita dalla direzione del Festival delle Nazioni di Città di Castello, nel 2004, dopo una sola edizione ben riuscita, che andò di traverso agli amministratori tifernati, nei quali il successo ottenuto aveva generato meschine invidiuzze ed il timore di perdere l'osso dal quale speravano di rosicchiare ancora quel pò di ciccia restante.
Da allora Paola si era adoperata per far nascere a Sansepolcro, la patria di Piero della Francesca, un festival, organizzando numerosi incontri con l'allora sindaco della cittadina; tutto andò in fumo, quando si era ormai ad un passo dalla sua realizzazione, per la cronica indecisione del primo cittadino.
Quella delusione non fece arretrare e scoraggiare Paola, che qualcosa, oltre il 'suo' concorso, voleva realizzare a tutti i costi. Noi invece sì, arretrammo, non avendo mai riposto eccessiva fiducia in coloro che governano. Paola ci coinvolse in due progetti, dei quali andiamo fieri.
Per i 120 anni della 'Filarmonica dei Perseveranti' di Sansepolcro, nel 2009, realizzammo insieme, per sua richiesta, una giornata di festa, noi per la parte artistica, lei per quella organizzativa, nella quale fu impossibile riscontrare smagliature, o il benchè minimo segno di disorganizzazione ed incapacità. Al suo occhio attento nulla sfuggiva. Per lei tutto o quasi si poteva fare e per quel che da Lei dipendeva, nessuno ostacolo era insormontabile.
La mattina organizzammo un incontro al Teatro Dante con i massimi vertici delle organizzazioni bandistiche e di musica popolare nazionali; poi la sfilata di una quindicina di bande che vennero a rendere omaggio alla sorella maggiore di Sansepolcro che aveva raggiunto il traguardo dei 120 anni, e il pomeriggio, nel bel teatro di Anghiari, un concerto di chiusura, assai singolare nel programma.
Paola dopo quel primo esperimento ben riuscito, intese proseguire nel proporre iniziative volte a dare alla sua città una notorietà anche musicale. E, ancora una volta, si diede tanto da fare presso la nuova amministrazione perché quell'antico progetto del festival naufragato avesse finalmente a realizzarsi. Non c'è riuscita per la ben nota crisi che ha offerto giustificazione a chiunque per qualsiasi progetto naufragato.
Ma, se un altro singolare progetto ebbe a realizzarsi, del quale purtroppo non ebbe a godersi i frutti a causa dell'affacciarsi minaccioso della malattia, fu per la sua incrollabile tenacia.
In occasione della celebrazione del millenario della fondazione di Sansepolcro, nel 2012, sotto l'ala protettrice della Resurrezione di Piero, nella sala museo dove troneggia, si eseguì il nuovo Quartetto per archi (Nono della serie) di Salvatore Sciarrino, appositamente commissionato dal Comune per l'occasione, preceduto dal racconto commovente, ad opera di Fabrizio Gifuni, del capitano inglese che per salvare l'affresco di Piero - 'la più bella pittura del mondo'- non bombardò la città, alla fine del secondo conflitto mondiale. Ma quel 29 settembre del 2012 Paola non era con noi a Sansepolcro. Il mostro l'aveva già minacciata, incatenandola ad un letto d'ospedale.
Del valore e della unicità di Paola, della sua determinazione e del suo stile, saremo ancor più coscienti ora che manca a tutti noi, ed al suo adorato Bruno ancora di più; perchè ciò che prima con Lei sembrava, semplice, normale, quasi naturale, senza di lei sarà d'ora in avanti assai complicato, quasi impossibile. Ciao, Paola.
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Francesco Girondini costretto da Tosi a salvare l'Arena di Verona, che ora è messa in liquidazione coatta per fallimento
Quando un anno fa circa si trattò di nominare il nuovo sovrintendente dell'Arena di Verona, c'è stata una sollevazione generale contro il sovrintendente uscente, Francesco Girondini, definito dai più accomodanti : un incapace, convinti che neanche un secondo bacio di Tosi sarebbe riuscito a trasformarlo da rospo in principe azzurro. Si ricordi per per qualche anno Girondini è stato anche a capo dell'Associazione che riunisce le Fondazioni liriche italiane.
Tosi impartì l'ordine al consiglio di indirizzo dell'Arena di rinominare Girondini, il quale fu confermato con il voto unanime del consiglio salvo uno, che naturalmente non conta in democrazia, mentre contò, prevalendo, la volontà del sindaco che lo volle ad ogni costo, sicuro che avrebbe sanato il buco del bilancio - avvalendosi della Legge Bray - che ammontava a 25.000.000 di Euro, una cifra certo alta, ma che per i bilanci enormi della grande Arena sono quisquilie.
Ad un anno di distanza dalla sua riconferma, o poco più, Girondini ha dovuto alzare le mani in segno di resa, non riuscendo a ricorrere alla Legge Bray, perchè il risanamento non è roba per lui, in quanto non è riuscito a convincere i lavoratori della Fondazione ai piccoli sacrifici necessari per ottenere il beneficio della legge che concede prestiti a prezzi di favore con l'obbligo però, scritto e circostanziato, di avviare un piano di risanamento.
Ha minacciato licenziamenti, esuberi, aiutini per uscite anticipate, ma alla fine non è riuscito a combinare nulla, mentre il suo sponsor, Tosi, era occupato a procurarsi un progetto di copertura dell'Arena ( sperando inconsciamente di coprire anche la vergogna della scandalosa gestione della fondazione?) per utilizzare quell'enorme spazio durante tutto l'anno e per tutti gli usi possibili. Insomma un teatro storico affidato a mani barbare.
E alla fine, Girondini, il sovrintendente più pagato d'Italia( 250.000 Euro!), se Tosi non lo mette come commissario di se stesso per non fare emergere le infinite incapacità e forse anche le irregolarità della sua gestione areniana, esce di scena, costrettovi dalla sua stessa incapacità.
Che invece non hanno dimostrato in analoghe circostanze, dopo i passi falsi in partenza, nè Fuortes a Roma, il quale dopo quella pazza uscita della 'esternalizzazione' ha fatto marcia indietro trattando con orchestra ed altri lavoratori dell'Opera di Roma; nè Francesco Bianchi a Firenze, dove anche l'Opera del premier Renzi rischiava di finire allo stesso modo travolta dai debiti (in realtà, da qualche sussurro che emerge dal silenzio del nuovo teatro, si capisce che i lavoratori non sono del tutto convinti dei bilanci in ordine; temono lo siano solo in apparenza e che in ogni momento potrebbe scoppiare il bubbone).
Tosi getta acqua sul fuoco, assicurando che la prossima stagione estiva, per la quale da tempo ci sono prenotazioni da parte di tour operator, si svolgerà regolarmente con il calendario già noto, e sarà gestita dal Comune.
Ora, con tutto il credito che si vuole e si può fare a Tosi, si capisce che ci saranno dei contraccolpi negativi a seguito di questa vergognosa faccenda, alla quale , per responsabilità dello stesso Tosi, non s'è voluto porre rimedio, quando ancora si poteva e si doveva, affidando le redini dell'Arena ad altri più competenti e dalle capacità di gestione, anche sindacale, comprovate.
Tosi impartì l'ordine al consiglio di indirizzo dell'Arena di rinominare Girondini, il quale fu confermato con il voto unanime del consiglio salvo uno, che naturalmente non conta in democrazia, mentre contò, prevalendo, la volontà del sindaco che lo volle ad ogni costo, sicuro che avrebbe sanato il buco del bilancio - avvalendosi della Legge Bray - che ammontava a 25.000.000 di Euro, una cifra certo alta, ma che per i bilanci enormi della grande Arena sono quisquilie.
Ad un anno di distanza dalla sua riconferma, o poco più, Girondini ha dovuto alzare le mani in segno di resa, non riuscendo a ricorrere alla Legge Bray, perchè il risanamento non è roba per lui, in quanto non è riuscito a convincere i lavoratori della Fondazione ai piccoli sacrifici necessari per ottenere il beneficio della legge che concede prestiti a prezzi di favore con l'obbligo però, scritto e circostanziato, di avviare un piano di risanamento.
Ha minacciato licenziamenti, esuberi, aiutini per uscite anticipate, ma alla fine non è riuscito a combinare nulla, mentre il suo sponsor, Tosi, era occupato a procurarsi un progetto di copertura dell'Arena ( sperando inconsciamente di coprire anche la vergogna della scandalosa gestione della fondazione?) per utilizzare quell'enorme spazio durante tutto l'anno e per tutti gli usi possibili. Insomma un teatro storico affidato a mani barbare.
E alla fine, Girondini, il sovrintendente più pagato d'Italia( 250.000 Euro!), se Tosi non lo mette come commissario di se stesso per non fare emergere le infinite incapacità e forse anche le irregolarità della sua gestione areniana, esce di scena, costrettovi dalla sua stessa incapacità.
Che invece non hanno dimostrato in analoghe circostanze, dopo i passi falsi in partenza, nè Fuortes a Roma, il quale dopo quella pazza uscita della 'esternalizzazione' ha fatto marcia indietro trattando con orchestra ed altri lavoratori dell'Opera di Roma; nè Francesco Bianchi a Firenze, dove anche l'Opera del premier Renzi rischiava di finire allo stesso modo travolta dai debiti (in realtà, da qualche sussurro che emerge dal silenzio del nuovo teatro, si capisce che i lavoratori non sono del tutto convinti dei bilanci in ordine; temono lo siano solo in apparenza e che in ogni momento potrebbe scoppiare il bubbone).
Tosi getta acqua sul fuoco, assicurando che la prossima stagione estiva, per la quale da tempo ci sono prenotazioni da parte di tour operator, si svolgerà regolarmente con il calendario già noto, e sarà gestita dal Comune.
Ora, con tutto il credito che si vuole e si può fare a Tosi, si capisce che ci saranno dei contraccolpi negativi a seguito di questa vergognosa faccenda, alla quale , per responsabilità dello stesso Tosi, non s'è voluto porre rimedio, quando ancora si poteva e si doveva, affidando le redini dell'Arena ad altri più competenti e dalle capacità di gestione, anche sindacale, comprovate.
Le parole d'ordine della nuova stagione dell'Accademia di Santa Cecilia. Da soli non si va da nessuna parte. I direttori non hanno tempo per fermarsi a roma 4 giorni
E' stata presentata la prossima stagione sinfonica e cameristica della romana Accademia di Santa Cecilia- che, inspiegabilmente, non è ancora visibile sul sito dell'istituzione - dal nuovo sovrintendente, dall'Ongaro, e dal direttore musicale, Pappano, che ha confermato di aver allungato la sua permanenza a Londra (Covent Garden) fino alla stagione del 2020, mentre a Roma dovrebbe restare fino al 2019, salvo ripensamenti e precipitosi matrimoni definitivi.
Nessuna novità sugli artisti, specie fra i direttori ospiti: tutti stranieri come nella norma delle stagioni passate, gli stessi di sempre, compresi alcuni debutti di direttori praticamente sconosciuti, di cui sono pronti a raccontarci meraviglie. Nessun nuovo arrivo di direttori di gran nome di cui da tempo si invoca e viene promessa, invano, la presenza: lo staff dell'Accademia è troppo impegnato a dirigere il traffico esistente per andare a impelagarsi in territori che da tempo non frequenta, temendone insidie generate eventualmente dalla rottura di precedenti equilibri.
Per il secondo o terzo anno consecutivo, Pollini diserta, dopo decenni, la stagione ceciliana. Perchè?
Grandi novità, invece, sembrano esserci nelle parole d'ordine dell'Accademia. La prima, sputata dal sovrintendente: 'da soli ormai non si va da nessuna parte', per giustificare le numerose (due,in realtà, e le solite con qualche appendice) collaborazioni con altre istituzioni: la commissione congiunta a Peter Eotvos, dell'Accademia, della Scala, dell'Orchestra Rai e dell'Opera di Firenze; con Musica per Roma per 'Luglio suona bene'; con l'Opera di Roma per Bussotti e per l'offerta promozionale di quattro spettacoli fra Opera e Accademia; e con Romaeuropa per un'opera di Lucia Ronchetti per sole voci (commissionata, in verità, dal Massimo di Palermo; dunque collaborazione per l'ospitata a pochi giorni dalla prima siciliana che avverrà a metà ottobre).
La seconda parola d'ordine, lanciata da Antonio Pappano, doveva giustificare il cambio dei giorni dei concerti, sia sinfonici che cameristici: 'un direttore di nome non si può pretendere che resti a Roma per tre concerti quattro giorni', riposando la domenica, come avviene ancora oggi.
Pappano, forse a causa della sua non perfetta conoscenza della lingua italiana, non si è reso conto della volgarità e dozzinarietà della sua affermazione. I cavalieri dell'arte, i difensori della civiltà del bello, vogliono arrivare a Roma, fare tre prove al massimo (magari facendosi precedere da qualche assistente e limitandosi alla 'generale'), e poi dopo i tre concerti uno di seguito all'altro, via su un aereo per atterrare in un'altra piazza, dove fare nuovi... danni. Un meccanismo che va veloce, e che non ha più tempo per essere oleato a dovere. Per questo i concerti saranno di giovedì, venerdì, sabato. Mercoledì per i concerti da camera, nei quali si segnala l'impresa titanica di avviare l'esecuzione delle 100 e passa sinfonie di Haydn da qui al 2032... praticamente fino all'eternità, affidate ad Antonini sul podio dell'orchestra da camera di Basilea.
Il sovrintendente ha poi annunciato che a partire dall'anno prossimo, stagione 2017-18, prenderà il via un altro progetto che durerà fino al 2050 ( trecento anni dalla morte), e che prevede l'esecuzione integrale del catalogo di Bach; e, dalla stagione successiva quella del 2018-2019, un terzo dedicato a Mozart (esecuzione integrale della sua opera, che si concluderà nel 2091 ( terzo centenario della morte).
Invece, per gli anni prossimi sono state annunciate le inaugurazioni di stagione, dopo quella con il Fidelio ( ottobre 2016); per il 2017 si annuncia 'Il re Ruggero' di Szimanowski - che senso ha riprendere un lavoro che in Italia è stato già presentato, se ricordiamo bene, al Massimo di Palermo, alcuni anni fa senza che nulla a causa di quella ripresa accadesse di positivo all'opera - e, nel 2018 un omaggio a Bernstein con West Side Story.
Perciò non solo non si va da nessuna parte se si è soli; non solo dobbiamo stringere i tempi perchè il mondo corre, ma dobbiamo anche pensare al domani, e progettare per l'eternità. Quanto pensano di durare i dirigenti dell'Accademia? confidano così tanto nei progressi della medicina?
Nessuna novità sugli artisti, specie fra i direttori ospiti: tutti stranieri come nella norma delle stagioni passate, gli stessi di sempre, compresi alcuni debutti di direttori praticamente sconosciuti, di cui sono pronti a raccontarci meraviglie. Nessun nuovo arrivo di direttori di gran nome di cui da tempo si invoca e viene promessa, invano, la presenza: lo staff dell'Accademia è troppo impegnato a dirigere il traffico esistente per andare a impelagarsi in territori che da tempo non frequenta, temendone insidie generate eventualmente dalla rottura di precedenti equilibri.
Per il secondo o terzo anno consecutivo, Pollini diserta, dopo decenni, la stagione ceciliana. Perchè?
Grandi novità, invece, sembrano esserci nelle parole d'ordine dell'Accademia. La prima, sputata dal sovrintendente: 'da soli ormai non si va da nessuna parte', per giustificare le numerose (due,in realtà, e le solite con qualche appendice) collaborazioni con altre istituzioni: la commissione congiunta a Peter Eotvos, dell'Accademia, della Scala, dell'Orchestra Rai e dell'Opera di Firenze; con Musica per Roma per 'Luglio suona bene'; con l'Opera di Roma per Bussotti e per l'offerta promozionale di quattro spettacoli fra Opera e Accademia; e con Romaeuropa per un'opera di Lucia Ronchetti per sole voci (commissionata, in verità, dal Massimo di Palermo; dunque collaborazione per l'ospitata a pochi giorni dalla prima siciliana che avverrà a metà ottobre).
La seconda parola d'ordine, lanciata da Antonio Pappano, doveva giustificare il cambio dei giorni dei concerti, sia sinfonici che cameristici: 'un direttore di nome non si può pretendere che resti a Roma per tre concerti quattro giorni', riposando la domenica, come avviene ancora oggi.
Pappano, forse a causa della sua non perfetta conoscenza della lingua italiana, non si è reso conto della volgarità e dozzinarietà della sua affermazione. I cavalieri dell'arte, i difensori della civiltà del bello, vogliono arrivare a Roma, fare tre prove al massimo (magari facendosi precedere da qualche assistente e limitandosi alla 'generale'), e poi dopo i tre concerti uno di seguito all'altro, via su un aereo per atterrare in un'altra piazza, dove fare nuovi... danni. Un meccanismo che va veloce, e che non ha più tempo per essere oleato a dovere. Per questo i concerti saranno di giovedì, venerdì, sabato. Mercoledì per i concerti da camera, nei quali si segnala l'impresa titanica di avviare l'esecuzione delle 100 e passa sinfonie di Haydn da qui al 2032... praticamente fino all'eternità, affidate ad Antonini sul podio dell'orchestra da camera di Basilea.
Il sovrintendente ha poi annunciato che a partire dall'anno prossimo, stagione 2017-18, prenderà il via un altro progetto che durerà fino al 2050 ( trecento anni dalla morte), e che prevede l'esecuzione integrale del catalogo di Bach; e, dalla stagione successiva quella del 2018-2019, un terzo dedicato a Mozart (esecuzione integrale della sua opera, che si concluderà nel 2091 ( terzo centenario della morte).
Invece, per gli anni prossimi sono state annunciate le inaugurazioni di stagione, dopo quella con il Fidelio ( ottobre 2016); per il 2017 si annuncia 'Il re Ruggero' di Szimanowski - che senso ha riprendere un lavoro che in Italia è stato già presentato, se ricordiamo bene, al Massimo di Palermo, alcuni anni fa senza che nulla a causa di quella ripresa accadesse di positivo all'opera - e, nel 2018 un omaggio a Bernstein con West Side Story.
Perciò non solo non si va da nessuna parte se si è soli; non solo dobbiamo stringere i tempi perchè il mondo corre, ma dobbiamo anche pensare al domani, e progettare per l'eternità. Quanto pensano di durare i dirigenti dell'Accademia? confidano così tanto nei progressi della medicina?
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