L'incontro con questa bella rivista, dove l'editore italiano che le dava il nome non influiva poi così tanto, come accade con tanti 'house organ', è avvenuto a seguito del suo acquisto - la sola annata 1957 ben rilegata - su una bancarella di libri vecchi. L'abbiamo sfogliata attentamente notandone alcune caratteristiche: pochi articoli, qualche saggio in ogni numero, e poi la lunga serie delle corrispondenze italiane ed estere, nelle quali ovviamente autori e pubblicazioni di Casa Ricordi avevano un posto privilegiato; non mancavano le cronache radiofoniche, seguite queste ultime dal catalogo aggiornato delle edizioni milanesi.
Nel numero di dicembre leggiamo di una conferenza stampa che non abbiamo timore a definire storica, quella di Menotti che annuncia per l'estate successiva l'avvio del Festival dei Due mondi, nella Spoleto da poco scoperta e che vantava addirittura due teatri, uno piccolo, il Caio Melisso ( in piazza Duomo, da restaurare, essendo stato adibito a sala cinematografica fino a quel momento) ed il Teatro Nuovo dalla capienza più che soddisfacente, oggi Teatro Menotti. Il festival, in quella prima edizione sarebbe durato ben cinque settimane. Menotti annunciava di voler rappresentare l'Otello di Rossini, anche se qualche perplessità (per ragioni economiche) gliela creava lo stuolo di tenori richiesti. Dunque la cosiddetta 'renaissance rossiniana' attribuita a Pesaro, avrebbe potuto avere un precedente a Spoleto.( L'Otello di Rossini, anche per i cinque tenori non approderà mai a Spoleto). Per l'inaugurazione, il 5 giugno 1958, si optò per il Macbeth di Verdi, direttore Schippers, regista Visconti. In programma altre quattro titoli fra classici e contemporanei, serate di balletto, teatro,concerti e poi mostre ecc...
Menotti, patron e demiurgo del festival, si circondò, per i settori in cui la programmazione si articolava, di personalità di grande rilievo; a loro era demandata la proposta del cartellone. Un'idea abbastanza interessante per venire incontro - spiegò Menotti - ai tanti artisti e critici che assai spesso dicono come avrebbero loro fatto questo o quel festival. Menotti li mise alla prova ( Un esperimento simile si fece anche al Maggio Fiorentino negli anni Ottanta, quando due successive edizioni furono rispettivamente affidate - lo ricordiamo bene- a Berio e D'Amico).
Ma il festival aveva anche altri intenti, primo fra tutti quello di mettere a confronto artisti europei e 'del nuovo mondo' ed anche giovani artisti con artisti ormai collaudati. E la storia del festival sta a dimostrare la validità di tante intuizioni del musicista italo-americano, Menotti. Mentre quella recente, recentissima del festival ha preso un'altra diversa strada - che, finchè piacerà a chi governa il festival e la città, sarà perseguita - sebbene molto distante da quella del fondatore.
Tornando a RICORDIANA, sullo stesso ultimo numero del 1957, appare un saggio di Furtwaengler sui criteri da seguire nella formulazione di un programma da concerto, da tempo tradotto in italiano del quale però noi avevamo perso la memoria. Il grande direttore distingue un programma 'da leggersi' da uno 'da ascoltarsi', sostenendo a ragione che molti programma bellissimi ed interessanti da leggersi sulla carta, risultano poi noiosi all'ascolto; oppone qualche obiezione ai programmi 'a tema' ; suggerisce una sequenza 'tipo' da seguire nella proposta dei vari brani, consiglia di non emarginare la musica contemporanea nei circoli esclusivi di festival e stagioni ad hoc ed altre pillole di saggezza. Fra le quali però non ci pare vi fosse anche quella di non sovraccaricare il pubblico con più opere poderose in una stessa serata, della cui inopportunità noi siamo convinti da sempre.
Nelle stesse pagine di RICORDIANA 1957 vi sono anche interessantissimi scritti di Gavazzeni, uno particolarmente analitico di Luciano Berio sulla 'Musica elettronica', ed anche non poche curiosità, come quella dell'invenzione del cosiddetto 'crescendo rossiniano,' la cui paternità va riconosciuta ad un oscuro musicista di Masserano, Piero Mercandetti, detto il Generali, morto nel 1832, all'età di 59 anni- come ricorda una lapide posta sulla facciata del Municipio della cittadina.
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