giovedì 28 aprile 2016

Panegirici fuori luogo per ricordare musicisti scomparsi. Ora è il turno di Giuseppe Sinopoli, 15 anni dopo la sua morte


Riproduciamo qui un breve nostro articolo uscito su Suono ( giugno 2003), all'indomani della morte di Luciano Berio, perché ci sembra sia in perfetto equilibrio nella valutazione dei meriti professionali ed umani, ma anche di demeriti professionali e, ancor di più, umani del noto musicista.
Avevamo già scritto per 'Il Giornale' un articolo, all'indomani della sua morte, sui difficili ed anche  poco civili rapporti che egli ebbe con la città di Roma. 
Questi due articoli ci sono venuti in mente oggi, quando per ricordare la morte prematura di Giuseppe Sinopoli, il 20 aprile del 2001, a Berlino, mentre dirigeva, si stendono panegirici del direttore nei quali non trovano posto gli errori ed i cambiamenti di idee e valutazione, in taluni casi opportunistici, che ebbe a manifestare nella gestione del 'potere' a Roma,  prima direttore dell'Orchestra del'Accademia di Santa Cecilia e poi del Teatro dell'Opera (come quando a seguito di un incarico prestigioso a Londra, dichiarò  che lasciava Roma( Santa Cecilia) perché non aveva la Capitale un auditorium degno di questo nome. Vero, però poi quando tornò a dirigere  a  Roma, lo fece al Teatro Olimpico,  niente più che una grande sala cinematografica. E allora?)
Certamente non fu un interprete banale, e neanche un musicista dalla personalità ininfluente - noi lo ricordiamo, oltre che per la sua intelligenza ed acutezza, anche per quel suo sguardo inquietante che  ti penetrava -  ma molti errori commise nelle sue funzioni dirigenziali, con qualche appendice discutibile anche in quelle di direttore.
 E le  une e gli altri - come nessuno fa oggi, purtroppo -  anche in quell'occasione non mancammo di sottolineare. Per questo, leggendo oggi  i vari ingiustificati panegirici non ci sentiamo di condividerli. Al contrario, condividiamo gli auguri  ad un suo figlio che apprendiamo sta intraprendendo la carriera di compositore. Gli auguriamo un futuro radioso che avrebbe sicuramente inorgoglito  il suo celebre papà. 


E’ morto Luciano Berio, il 27 maggio 2003. Aveva 78 anni. Era nato il 24 ottobre del 1925 ad Oneglia, nello stesso paesino del quale era originario Natta, segretario dell’ex PCI, e nel quale per un periodo aveva esercitato la professione di maestro, il futuro
Duce del Fascismo, Benito Mussolini, per il quale il padre di Berio simpatizzerà. Questi ricordi affiorarono alla mente di Berio, al cadere dei suoi settant’anni, nel corso di una tormentata intervista.
Con la morte di Berio il mondo musicale perde un protagonista assoluto e di grande valore. Compositore prolifico e genuino, artigiano fantasioso dei suoni, senza preclusioni, intellettuale e pensatore di razza, polemista acuto e convincente…nulla mancava alla sua consacrazione come uno dei geni della storia musicale del ventesimo secolo. Il più dotato fra i musicisti che emersero prepotentemente dopo la seconda guerra mondiale. Il più dotato ma anche il più esigente, forse più di Stockhausen e Boulez, perché a Stockhausen pesa quell’aura sacrale, mentre Boulez insegue con troppo accanimento l’utopia
teorica.
Non che a Berio fosse estranea dagli orizzonti l’utopia; ma l’utopia che egli inseguiva era l’utopia dei suoni, e la perseguiva attraverso i suoni stessi; riuscendo ad aprire agli altri, inoltrandovisi per primo e con orecchio infallibile, i cammini futuri della musica. Questo è stato Berio. E lo è stato in ogni singola sua opera, in quelle destinate agli strumenti solisti, come in quelle cameristiche e sinfoniche, ed anche nelle non poche destinate al teatro - troppi i titoli per uno che dichiarava che i teatri bisognava chiuderli. Non è sospetto tutto ciò?
Negli ultimi anni la sua produzione ha recato segni inconfondibili di un abbraccio troppo stretto con il passato. Numerosi i completamenti’, i ‘rifacimenti’, le ‘reinvenzioni’ gli ‘sfruttamenti’. Per alcuni segno che Berio, iconoclasta sommo, si riconosceva
ora figlio e fratello della musica, di tutta la musica; per altri un cedimento inaccettabile per un musicista intransigente, allettato forse dalle sirene del mercato.
Per capire come Berio abbia lasciato un sigillo in tutti i campi nei quali si è mosso come musicista, non si possono non ricordare anche le bellissime, acute e modernissime – sembrano fatte ieri - trasmissioni fatte tanti anni fa per la Rai. Sarebbe ora che i dirigenti di Viale Mazzini le ritrasmettessero a futura memoria.
Negli ultimi anni della sua vita , segnati dalla grave malattia che l’ha condotto alla morte, non pago della pioggia fittissima di riconoscimenti di università ed istituzioni culturali di mezzo mondo, Berio aveva accettato di esercitare il potere in prima persona,
assumendo l’incarico di Presidente- Sovrintendente a Santa Cecilia. Per questo incarico s’era battuto per mesi, non essendo la sua candidatura ben accetta a molti dei suoi elettori.
E così abbiamo conosciuto anche un altro Berio, l’uomo che amministra con spregiudicatezza ed anche arroganza il potere enorme concentrato nelle sue mani. Di questo Berio noi non abbiamo amato ed ammirato praticamente nulla. Quest’ altra persona vogliamo presto dimenticare per non sporcare il Berio musicista, conosciuto ed apprezzato di lontano
persona vogliamo presto dimenticare per non sporcare il Berio musicista, conosciuto di lontano.

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