Luigi Di Maio e Matteo Salvini lasciano Palazzo Chigi scuri in volto: la crisi di governo viene evocata da entrambi i partiti, come esito estremo dell'irrigidirsi delle posizioni. Giuseppe Conte, che ha promesso una decisione entro venerdì, per ora non parla. Anche se a vertice in corso fonti vicine al premier professano ottimismo: "ci riuscirà", porterà a casa la mediazione che ad ora sembra lontanissima.
A Palazzo Chigi hanno luogo due riunioni: la prima affronta la parte tecnica del dossier e vede la presenza, oltre che di Conte, dei vice, e del ministro Danilo Toninelli, di due squadre di "prof" portate nella sede del governo sia dal M5S che dalla Lega. I tecnici riuniti sono undici e tra questi il Movimento porta due membri della commissione che ha bocciato l'opera con l'analisi costi-benefici.
La Lega "risponde" con una sua squadra in cui figura Pierluigi Coppola, l'unico di quella commissione a non firmare le conclusioni volute dal professor Marco Ponti. Dopo oltre tre ore i tecnici lasciano Palazzo Chigi. Le bocche sono cucite ma il confronto, a quanto si sottolinea, sarebbe stato costruttivo. Poi, però, il vertice entra nella sua fase più delicata, quella politica.
Insieme a Conte, Di Maio, Salvini, Toninelli ci sono i due sottosegretari al Mit leghisti Armando Siri e Edoardo Rixi, il capogruppo M5S al Senato Stefano Patuanelli e il presidente della commissione Trasporti a Palazzo Madama Mauro Coltorti. Sulla fase più politica, a fine vertice, calerà un inusuale silenzio. I comunicatori interrompono i contatti. I vicepremier vanno via senza parlare.
Le posizioni restano quelle diametralmente opposte registrate prima della riunione. La Lega vuole un Sì senza più rinvii, anche a costo di chiamare i cittadini piemontesi a pronunciarsi con un referendum o di far decidere a un voto del Parlamento. Il M5s ha reso quella per il No la battaglia della 'vita' politica. Fughe in avanti, avvertono dall'una e dall'altra parte, rischiano di far cadere il governo.
La prima nottata di vertici "a oltranza" fa registrare uno stallo che sembra tradursi in un supplemento di analisi: si chiederà alla Francia un confronto sui criteri di finanziamenti all'opera, spiegano ufficiosamente fonti della maggioranza. E, sui bandi, al momento non ci sarebbe alcuna decisione: "aspettiamo le valutazioni giuridiche", viene spiegato. Ma lunedì 11 marzo il cda di Telt dovrà dare il via libera ai bandi. In gioco, ricorda la commissione Ue, ci sono 800 milioni di euro che, in caso di mancato avvio delle gare, l'Italia potrebbe perdere.
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