Il dibattito non ancora concluso su ' Sauditi sì, Sauditi no' si arricchisce, allargandosi ad altri elementi, come la successione a Pereira ed anche a Chailly.
Nel caso del sovrintendente, il gioco sembra al ribasso. Nomi di 'piccoli' aspiranti compaiono ogni giorno nel borsino di Francesco Micheli, il barone rosso, membro del CdA al quale è stato affidato il compito di cercare per quando sarà, domani o dopodomani, il successore di Pereira, per affiancarglielo per qualche tempo. Di Micheli si ricorda la gloriosa e più recente impresa, riuscita sotto Renzi e d'accordo con Tosi: far sbarcare sua figlia Francesca Tartarotti, brava certamente, alla direzione generale dell'Arena di Verona, nell'era Tosi.
I nomi che si fanno degli italiani, fra i quali secondo Fontana, la mente che illumina la Regione Lombardia, dovrebbe cercarsi il prossimo sovrintendente della Scala - per la serie: basta con gli stranieri! - sarebbero Fuortes, Ortombina e, udite udite, Vergnano, trombato al Teatro Regio di Torino, dopo una permanenza secolare per due motivi che da soli dovrebbero già escluderlo dalla rosa dei candidati: non si è accorto del buco nel bilancio del teatro (perchè nessuno glielo ha detto'- è stata la sua giustificazione: imbarazzante); e stava ripetendo a Torino lo steso film scaligero con Noseda. Forse a Micheli il nome di Vergnano può averlo suggerito un amico comune, Enzo Restagno che con Micheli ha a lungo collaborato per il Festival Mito, al quale sono arrivati soldi anche dalla fondazione pubblica torinese governata dalla molto capace signora La Rotella, moglie di Vergnano. Italiano pure pure, ma addirittura trombato no!
Su Fuortes come su Ortombina ci siamo già espressi, per quanto possa valere il nostro parere, nei giorni scorsi. Ma è del tutto evidente che si gioca al ribasso, nonostante il parere di Daverio ( CdA Scala) convinto(?) che la dirigenza dei teatri italiani è all'avanguardia in Europa.
Ma allora se si vuole andare sull'usato sicuro, perchè non far tornare alla Scala Carlo Fontana, attuale presidente AGIS, che forse, avendo fatto tesoro degli errori passati, eviterebbe di commetterne di nuovi?
Ora il discorso sulla successione a Pereira s'è tirato dietro anche quello su Chailly, il cui contratto terminerebbe nel 2022 - anno fino al quale vorrebbe durare anche Pereira, per condurre in porto l'eventuale trattativa della successione anche a Chailly.
Siamo sicuri che Chailly, voglia cambiare aria dopo appena cinque anni, diventando il direttore rimasto meno di tutti sul podio della Scala, dopo che sia ad Amsterdam che a Lipsia c'è rimasto a lungo? Un milanese doc, dovrebbe andar via dopo il primo contratto, proprio dalla Scala?
E chi potrebbe arrivare al suo posto? Si dice Pappano, perchè no?
Anche lui nel 2022 sarebbe libero sia da Santa Cecilia che dal Govent Garden e forse medita di cambiar vita, optando per una più tranquilla meno faticosa e meno frenetica, e La Scala sarebbe il posto più sicuro ed anche più adatto ad uno come lui che ha l'opera nel sangue.
Ma i milanesi scalzerebbero Chailly per Pappano? Noi molte volte abbiamo ipotizzato la Scala con uno come Pappano, negli anni passati. Intanto potrebbe tornare a dirigere un'opera e sarebbe la prova generale per il suo sbarco 'stabile' a Milano. Ma abbiamo seri dubbi sull'uscita di Chailly, a meno che sia lui a voler cambiare aria.
Non sappiamo, anche se siamo convinti che per una eventuale successione a Chailly, Pappano sarebbe il candidato ideale.
Basta aspettare qualche mese e sia il successore a Pereira che, eventualmente, a Chailly, dovrebbero materializzarsi.
Intanto fermiamoci a osservare se i Sauditi entreranno o saranno fermati alla porta, con tante grazie!
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