Sì o No, non esiste il forse, aveva detto Matteo Salvini entrando a Palazzo Chigi per il vertice notturno sulla Tav. E' forse, invece, ancora, l'esito di cinque ore di confronto nel Governo sulla Torino-Lione, con le posizioni cristallizzate, con la Lega che vuole un Sì senza più rinvii, anche a costo di chiamare i cittadini piemontesi a pronunciarsi con un referendum o di far decidere a un voto del Parlamento, il M5s che vive quella per il No come la battaglia della 'vita' politica. Forse, perché, non c'è ancora una decisione né sul "se", né sul "come" fare il treno ad alta velocità.
Il Governo sembra prendere tempo: quel tempo che non ha quasi più. Perché è tempo di decidere sui bandi della Torino Lione, perché l'Europa fa trapelare che presto invierà una lettera molto dura, in cui segnalerà le violazioni dell'Italia, in caso di ritiro dal progetto Torino-Lione, e la perdita di circa 800 milioni di euro di finanziamenti. L'idea è chiedere - riferiscono fonti di maggioranza - un approfondimento giuridico sui bandi di Telt e un confronto alla Francia, con possibile vertice bilaterale, sui criteri di finanziamento dell'opera.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini, scrive l'Ansa in piena notte, lasciano Palazzo Chigi scuri in volto: la crisi di Governo viene evocata da entrambi i partiti, come esito estremo dell'irrigidirsi delle posizioni. Giuseppe Conte, che ha promesso una decisione entro venerdì, per ora non parla. Anche se a vertice in corso fonti vicine al premier professano ottimismo: "ci riuscirà", porterà a casa la mediazione che ad ora sembra lontanissima.
A Palazzo Chigi hanno luogo due riunioni: la prima affronta la parte tecnica del dossier e vede la presenza, oltre che di Conte, dei vice, e del ministro Danilo Toninelli, di due squadre di "prof" portate nella sede del Governo sia dal M5S che dalla Lega. I tecnici riuniti sono undici e tra questi il Movimento porta due membri della commissione che ha bocciato l'opera con l'analisi costi-benefici. La Lega "risponde" con una sua squadra in cui figura Pierluigi Coppola, l'unico di quella commissione a non firmare le conclusioni volute dal professor Marco Ponti. Dopo oltre tre ore i tecnici lasciano Palazzo Chigi. Le bocche sono cucite, ma il confronto, a quanto si sottolinea, sarebbe stato costruttivo. Poi, però, il vertice entra nella sua fase più delicata, quella politica. Insieme a Conte, Di Maio, Salvini, Toninelli ci sono i due sottosegretari al Mit leghisti Armando Siri e Edoardo Rixi, il capogruppo M5S al Senato Stefano Patuanelli e il presidente della commissione Trasporti a Palazzo Madama Mauro Coltorti.
Al termine, il silenzio. I comunicatori interrompono i contatti. I vicepremier vanno via senza parlare. Non si ha ad ora notizia neanche di un aggiornamento del vertice: Giuseppe Conte ha già diramato una sua agenda quotidiana molto fitta e alle 19.30 è convocato a Chigi un Consiglio dei ministri, che potrebbe essere nuova sede di confronto. Le posizioni restano quelle diametralmente opposte registrate prima della riunione. Fughe in avanti, avvertono dall'una e dall'altra parte, rischiano di far cadere il governo. Sui bandi, al momento non ci sarebbe alcuna decisione: "aspettiamo le valutazioni giuridiche", viene spiegato. Ma lunedì 11 marzo il cda di Telt dovrà dare il via libera ai bandi. In gioco, ricorda la commissione Ue, ci sono 800 milioni di euro che, in caso di mancato avvio delle gare, l'Italia potrebbe perdere.
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