mercoledì 27 marzo 2019

Il diritto d'autore e i giganti del web. Tutta la legislazione relativa a tale diritto, sacrosanto, andrebbe ripensata e rivista

Il dibattito sul diritto d'autore non ha certo preso il via oggi, con la discussione sul rapporto con i giganti della rete. Ad esempio, la norma, che tutela anche gli eredi di un autore è stata, non molti anni fa, resa molto benevola nei  loro confronti,  per qualunque campo di espressione, con l'estensione della protezione a 70 anni, quasi tre generazioni di persone che vivono o lucrano sull'ingegno del loro congiunto, talvolta anche senza meriti ed anzi spesso danneggiandone l'immagine, il nome ed anche l'opera.

 Ieri Piovani ha voluto sintetizzare la sua soddisfazione per l'approvazione della direttiva europea così: la rivoluzione francese ha sancito il diritto d'autore, non facciamo che la rivoluzione del governo del cambiamento la cancelli.

Il dibattito sul diritto d'autore, già molti anni fa, è stato  molto acceso anche in Italia. Numerose le prese di posizione e le iniziative editoriali di rottura (spartiti venduti a 1 lira per protesta contro l'esosità della musica scritta e a difesa della libera circolazione della musica e delle opere dell'ingegno in generale) di Liliana Pannella, con dibattiti e convegni, cui anche Radio radicale diede voce (noi stessi vi partecipammo attivamente, sposando pienamente le tesi della Pannella).

Quelle discussioni misero in evidenza il cortocircuito che il             sacrosanto riconoscimento del diritto d'autore innescava. Curiosamente, il diritto che intendeva tutelare gli autori  creava ostacoli alla diffusione delle loro opere, per gli alti costi dovuti per le loro esecuzioni in campo musicale, e così il diritto per l'autore poteva trasformarsi in  diritto contro l'autore.  Ciò che si pagava , ad esempio, per eseguire le opere mettiamo  di Strawinsky, otteneva l'effetto opposto a quello desiderato: rendeva cioè le esecuzioni di quelle opere più rare per l'eccessivo costo del diritto d'autore.

 Non solo, dopo la morte di un autore, si dimostrò all'epoca, la maggiore diffusione della sua opera (ad esempio in letteratura) coincideva con la fine del diritto d'autore. Insomma per un grande autore, alla scadenza del diritto che allora era di 50 anni e fu poi portato a 70, le sue opere  erano maggiormente vendute e diffuse. 
E che la protezione del diritto d'autore, post mortem, sia stata estesa a 70 anni, è un altro elemento che andrebbe ridiscusso. e, caso mai, ristretto nuovamente. 

Perchè gli eredi, che molto spesso non hanno neanche un  briciolo del talento del proprio congiunto, sono i  difensori meno adatti dell'opera che si intenderebbe proteggere, intenti  quasi esclusivamente a garantirsi i proventi relativi. E, in tutta sincerità, 70 anni, che vogliono dire all'incirca tre generazioni, al giorno d'oggi, sono davvero troppi.

Si disse allora, per giustificare tale periodo, che un autore lasciava ai suoi eredi i suoi beni - le sue opere - alla stessa maniera con cui una qualunque persona lascia beni mobili ed immobili ai suoi eredi. Non venne però presa in considerazione una differenza sostanziale. Gli eredi di un qualunque cittadino devono  darsi da fare perchè i beni ereditati non vadano in malora, almeno questo; gli eredi di un autore, devono solo attendere l'arrivo dei bollettini delle società preposte che gli comunicano l'ammontare periodico dei diritti. E non  si dice che spesso gli autori, almeno quelli che possono vantare un discreto gruzzolo da diritti, in vita hanno acquistato beni e dunque ai loro eredi lasciano anche beni materiali, oltre quelli immateriali. 

Per capirci,   autori come Morricone, Rota, Mogol ecc... per restringere il campo alla musica, lasceranno oltre una montagna di diritti d'autore che gli eredi  percepiranno fino a 70 dopo la loro morte - il più tardi possibile - anche investimenti di ogni genere che  hanno fatto in vita con i proventi del diritto d'autore.

 Basterebbe questo semplice esempio  per  capire che la legge sul diritto d'autore non va cancellata, ma certamente ripensata.

 La direttiva europea appena approvata non tocca questo punto fondamentale, ma si limita a  dare indicazioni - che poi devono essere recepiti dai singoli paesi - sullo sfruttamento delle opere dell'ingegno - quali che siano, comprese quelle relative all'informazione, ai contenuti giornalistici - non più gratuito dai giganti della rete.

Per questo gli oppositori alla direttiva europea hanno gridato all'attentato alla libertà di  informazione, non tenendo conto dei pericoli della informazione  senza filtri dei giganti della rete, e dei relativi guadagni che gli stessi giganti ricavano dallo sfruttamento di opere che essi non producono ma distribuiscono e per i quali  hanno lauti ricavi da abbonamenti e pubblicità. E questo  non va.

 Bastano queste poche riflessioni per capire che il tema è complesso ed andrebbe ridiscusso da cima a fondo, dopo aver ottenuto una giusta vittoria sui giganti della rete 

Nessun commento:

Posta un commento