Da quel poco che noi sappiamo, unito alla lunga esperienza sul campo, quel che scrive sul Fatto Quotidiano Gianni Barbacetto, a proposito del contestato ingresso dei Sauditi nel CdA della Scala, ci sembra fuori di ogni più verosimile previsione. Come anche fuori da ogni logica le sue riflessioni sul futuro assetto al vertice del Teatro milanese.
Innanzitutto Pereira non è al suo secondo mandato - come egli scrive con sicumera. Il suo mandato, il primo, scade il prossimo anno e, come in ogni teatro che si rispetti - e noi ci auguriamo che la Scala riesca a farsi rispettare anche in futuro - un amministratore entra già in teatro prima che inizi ufficialmente il suo mandato, affiancando il sovrintendente in scadenza. Dunque bene fa la Scala a pensarci per tempo, individuando il successore di Pereira.
Gli 'spicci' ai quali fa riferimento Barbacetto, in base ai quali l'Arabia ambirebbe ad un posto nel CdA sono 15 milioni di Euro. Certo in cinque anni, tre per anno, ma sono comunque una bella cifra, alla cui determinazione ha contribuito la prassi riguardante gli altri soci fondatori, fatta eccezione per la Cariplo che di milioni ne versa 10.
L'altro giorno abbiamo scritto che per molto molto molto meno: 1.200.000 Euro in tre anni, donati dai fratelli Bulgari a Santa Cecilia, uno dei fratelli, Nicola, è stato contraccambiato con un posto nel CdA.
Comunque 15 milioni di Euro seppure in cinque anni, non sono spicci. Se lo sono, come stima Barbacetto, provveda lo Staao o le Istituzioni pubbliche sul territorio a fornirli alla Scala, per mantenere la sua italianità. Curioso che Il Fatto sostenga la tesi del 'Cazzaro verde' ( se ci fossero dubbi chiariamo che ci riferiamo a Bullo-Salvini e, involontariamente al suo luogotenente l'avv. Fontana, rappresentato in CdA da Daverio, il quale - per volere del suo mandante - secondo Barbacetto, è contrario all'ingresso dei sauditi)
Paragonare i 15 milioni di Euro per entrare nella Scala, al Miliardo che ai Sauditi costa il Louvre nel loro paese (per trent'anni utilizzo del nome e prestito delle opere: poco più di 3 milioni di Euro ad anno) è come confondere mele e pere, meglio mele e cocomeri ( anche per un fatto di grandezza!). Si tratta di ordini di grandezza e generi del tutto diversi e dunque di diverso impegno finanziario e durata.
E poi, ripetiamo, lo Stato dia alla Scala, almeno alla Scala, ciò che lo Stato francese dà all'Opéra di Parigi che è cinque, sei volte o forse più ciò che Roma dà alla Scala.
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Milena Gabanelli su Data Room del Corriere della sera
L’Opera di Parigi incassa sui 100 milioni di euro l’anno di contributi statali, ed è gestito direttamente dal ministero della Cultura; in Germania i teatri sono quasi interamente finanziati dallo Stato, nella piccola Austria solo l’Opera di Vienna riceve 85 milioni ogni anno, e la Svizzera ne versa 80 al Teatro dell’Opera di Zurigo. Per avere un’idea del rapporto: la Scala di Milano, considerato nel mondo il teatro lirico numero uno, l’anno prossimo incasserà dallo Stato meno di 28 milioni.
Salvini, che in teatro non ha messo mai piede nè ha intenzione di farlo nei prossimi mesi ed anni, sa tutto questo?
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Per la successione, Barbacetto sa già come andranno le cose. Pereira s'è giocato la riconferma, perchè ha indispettito alcuni pezzi da novanta del CdA della Scala come sono Micheli, Sala e Daverio (per conto di Fontana). Basta con gli stranieri, inneggia anche Il Fatto, torni a guidare la Scala un italiano: Fuortes.
Sul cui operato noi abbiamo sempre nutrito dubbi, specie dopo quella sua assurda ricetta per far uscire l'Opera di Roma dallo stallo gestionale: 'esternalizzare orchestra e coro'. Sappiamo e confermiamo che lui ama le regie 'moderne'. Mentre, che ami davvero il melodramma non possiamo dirlo. E che sia quel grande amministratore che si dice, neanche questo possiamo dire.
Il buco economico che avrebbe dovuto risanare all'Opera di Roma, è ancora lì che attende di essere risanato. E, se non andiamo errati- e non andiamo! - proprio il Fatto, caro Barbacetto, ha puntato il dito contro Fuortes, accusandolo per la stessa ragione: non aver risanato i conti.
Fuortes evidentemente è nato sotto una buona stella. Quando è andato via da Musica per Roma - dove ha sempre avuto tutti i soldi che gli servivano per chiudere in pareggio i bilanci e in questo modo quasi tutti gli amministratori amministrano bene, diciamo così - sembrava che 'Musica per Roma' dovesse finire nella 'merda' senza di Lui. Così non è stato.
La sua esperienza a Bari è finita quando doveva ancora vedere quali frutti avrebbe portato la sua 'cura', e invece è venuto via prima, circondato dall'aura del 'salvatore', lasciando i problemi al successore.
Poi c'è stata anche Verona ed anche da lì è venuto via che ciò che avrebbe dovuto sanare non era ancora sanato.
E sempre, dovunque egli sia andato, la stampa ha elevato panegirici al suo operato.
Ora - e ricomincerebbe il balletto delle nomine nelle Fondazioni liriche - dovrebbe abbandonare Roma ed andare a Milano?
Così dice Barbacetto che ha evidentemente saputo - da Micheli e Bazoli, che hanno ricevuto l'incarico di cercare il successore di Pereira - che le altre candidature, o almeno quella di Ortombina è ormai caduta. E che oltre Fuortes, ci sarebbe anche il direttore musicale da sostituire, anch'egli italiano, al posto di Chailly.
Non sappiamo di che paese sia Barbacetto, mentre Riccardo Chailly è italiano, A DISPETTO DEL COGNOME, anzi milanese, e alla Scala è di casa: suo padre, Luciano, compositore è stato direttore artistico della Scala, ai tempi del giovane Claudio Abbado, al cui fianco il giovane Riccardo ha mosso i primi passi nel teatro.
E non ci risulta che sia sgradito ai milanesi, loggionisti scaligeri compresi.
Per quelli che Barbacetto vede già come direttori musicali alla
Scala. e cioè Pappano e Gatti, facciamo solo notare che il primo è impegnato fino al 2022 sia al Covent Garden che a Santa cecilia, ed il secondo ha appena accettato, dopo l'uscita discutibile ma traumatica dal Concertgebow, l'incarico di 'direttore musicale' all'Opera di Roma, concordato con Fuortes.
E perciò se simili cambiamenti dovessero intervenire nell'assetto generale dei vertici delle nostre fondazioni liriche e sinfoniche, se non si vuole produrre terremoti e penali da pagare, si dovrà attendere il 2022. Perciò questo scenario traumatico che si prospetterebbe anzitempo, è l'assicurazione firmata a Pereira per restare alla Scala almeno un altro biennio, anche annunciando con notevole anticipo - come si fa nei teatri che contano - chi succederà e a chi fra un paio d'anni. Anche indipendentemente dai QUATTRO SPICCI dei SAUDITI che spicci non sono.
Sala dopo aver lanciato accuse cotnro Fontana, presidente della regione, ha invitato tutti al silenzio e ad attendere la decisione del CdA Scala, che per casi come quello in discussione lunedì, deve essere unanime? Come fa Sala a pensare che si possa raggiungere l' unanimità nel Cda della Scala, se in esso siedono, otre Lui che lo presiede, rappresentanti dello Stato ( Micheli) che non sa che pesci prendere, a chi uddidire, perchè il Governo non ha una posizione unica sul caso in questione (come su tutto il resto!); e della Regione, con Fontana, a tutto servizio ed anche a tempo indeterminato di Salvini, il quale non vuole gli stranieri, tanto meno gli arabi in Scala, ma neanche in Italia. E dunque Philippe Daverio, a sua volta rappresentante di Fontana che agiosce e parla a nome di Salvini, non può che votare secondo ciò che vuole Fontana e che è quel che gli ordina Salvini.
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