ll punto di vista è unanime: la maggioranza scricchiola. Il più esplicito è Libero che a tutta pagina titola “M5s e Lega non si tollerano più”. La Repubblica pone invece l’accento sul peso di uno degli attori in campo: “Salvini, qui comando io”. E tra i due contendenti, il Corriere della Sera sceglie di dare rilievo alla figura del premier, sottolineando “il richiamo di Conte ai ministri” litigiosi, chiedendo “più sobrietà e generosità”. E andando a intervistare il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, che al quotidiano di via Solferino dice a chiare lettere: “I 5 Stelle ci coprono di insulti, decidano se governare ancora con noi” (riferimento è, in particolare, alle assise di Verona sulla famiglia).
La Repubblica, per esempio, attribuisce al leader leghista questa frase che andrebbe ripetendo da giorni: “Per andare avanti serve un cambio di passo, non si tratta solo di un chiarimento”, spingendosi anche a dire che se così non fosse “potrebbe anche crollare tutto”, frasi, espressioni che sottolineerebbero con evidenza “lo stato di crisi endemica in cui ormai vive la maggioranza gialloverde”. Questo, dunque, sarebbe lo stato dell’arte dei rapporti interni al governo, “nonostante le immagini gioiose dell’incontro nella campagna fiorentina tra il premier Conte e l’uomo forte della maggioranza, Matteo Salvini, pochi credono che le crepe nel governo siano sanate.
E si capisce perché: le incomprensioni e le fratture non cominciano ieri, avendo a che fare solo in via marginale con il congresso veronese dei tradizionalisti” come analizza il notista politico Stefano Folli. Del resto Matteo Salvini si sente l’uomo forte della coalizione, sostenuto dai sondaggi e così “dopo le Europee vuole essere lui a prendere le decisioni nella maggioranza”.
Il Giornale scrive ad esempio che i gialloverdi sono “in piena crisi” ed elenca “le cinque bombe che spaccano il governo”, che sarebbero, “oltre alla famiglia, il recente accordo con la Cina; le grandi opere a cominciare dalla Tav; la visione antitetica su come rilanciare l’economia del paese: la flat tax per il Carroccio e il Reddito di cittadinanza per M5s. E infine la questione sulla quale è più probabile che l’esecutivo vada a schiantarsi ovvero l’Autonomia differenziata. L’ultimissimo scontro vede antagonisti il vicepremier Salvini e Vincenzo Spadafora, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e molto vicino al vicepremier Di Maio. Spadafora parla di ‘clima di odio’ e si scaglia contro il Congresso di Verona del quale Salvini è stato uno dei protagonisti. A Verona, dice Spadafora che ha la delega per le Pari Opportunità «è stato dato sfogo a una serie di istinti omofobi e razzisti di cui questo Paese non ha bisogno”.
Sul Corriere , come già segnalato, gli fa eco il ministro leghista della Famiglia Lorenzo Fontana, il quale attraverso un’intervista fotografa così lo stato dei rapporti della coalizione: “Ci accusano di essere nemici delle donne, ci danno dei fanatici, ci coprono di insulti quotidiani. Nell’ultimo mese sono stato più insultato dai 5 stelle che dalle opposizioni…». All’intervistatore che gli chiede se ci saranno conseguenze, il ministro risponde che “per quanto ci riguarda no, siamo sempre positivi e propositivi, ci sono tante cose da far e a nessuno interessano le polemiche. Però bisognerebbe chiederlo a loro. Forse non hanno più a cuore lo stare al governo del Paese… Che cosa dovrei pensare? È evidente che se qualcuno continua a provocare, significa che vuole una reazione”.
E tra le cose che al ministro hanno dato più fastidio, c’è “senza dubbio il fatto che ci abbiano dipinto come dei nemici delle donne, gente che le vorrebbe segregare in casa e togliere loro dei diritti. Ho persino letto una dichiarazione di Luigi Di Maio in cui diceva che qualcuno nega il tema della violenza sulle donne. Questo è un insulto deliberato. Difficile andare avanti a lavorare con chi ti insulta”. Ma nel colloquio con Il Messaggero il ministro aggiunge anche: “Tanti 5stelle con me”.
Ogni giorno che passa, sottolinea sempre di più la diversità genetica delle due forze che all’indomani del voto del 4 marzo di un anno fa hanno deciso, obtorto collo, di mettersi insieme per governare. Lo sottolinea il titolo de Il Fatto Quotidiano: “Adozioni, il nulla della Lega”, aprendo così un altro fronte di polemiche dopo le gaffe sulle competenze del ministro Fontana. Secondo il giornale diretto da Marco Travaglio, ministro e Lega anziché velocizzare le adozioni non hanno fatto “nessuna legge e finanziamenti pubblici tagliati”.
La situazione, però, è vieppiù che ingarbugliata. Perché se si dà adito alla lettura che ne fa La Stampa di Torino ci sarebbe un altro fronte e riguarderebbe propriamente il ministro dell’Economia: “Tria in rotta di collisione con i Cinquestelle dopo aver parlato di ‘crescita zero’ per l’Italia”. Tanto che al premier Conte viene attribuita questa espressione sull’affermazione di Tria: «Dimostra di non credere alla sua manovra». Premier a propria volta attaccato dalla Lega in quanto “non è più l’avvocato del popolo, ma solo dei grillini”. Una lettura condivisa anche da Il Giornale, che descrive in un lungo articolo “La metamorfosi di Conte: da mediatore a leader M5s” che lo fa fuoriuscire così da un ruolo super partes: “Fa da sponda ai grillini e sempre più spesso bacchetta il leghista”.
Ma se il primo ministro economico ammette che la crescita è zero e che “Non c’è più un euro”, come titola il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, è ancora La Stampa a rivelare un altro particolare che rischia di alimentare le tensioni nella maggioranza e nel governo: ovvero, che il ministro Tria è ora entrato “nel mirino dei grillini”, che stanno per sottoscrivere un’interrogazione contro di lui, a causa “dell’ingaggio del figliastro nell’azienda del compagno della collaboratrice assunta al Mef”. E “Di Maio, furibondo, accusa la donna di opporsi al dossier Alitalia che sta a cuore al Movimento 5 stelle”.
Così si legge sul quotidiano sabaudo: “Indizi di una guerra imminente. Gianluigi Paragone, al momento non proprio il grillino meno interessato alle questioni finanziarie, appunta su Facebook con sarcasmo: «Tutto a posto Tria?». Il senatore del M5S, che da giorni contro le resistenze di chi al Quirinale e nel governo non lo vuole alla presidenza della commissione di inchiesta sulle banche, allega due articoli apparsi ieri su La Verità e Il Fatto. Racconta una trama di presunte raccomandazioni, intrecci familiari e aziendali. Al centro c’è il ministro dell’Economia, il figlio della sua seconda moglie , Nicolò Ciapetti, e la consigliera del titolare di via XX Settembre, Claudia Bugno. La morale di questa storia è che il vicepremier Luigi Di Maio è furibondo con Tria, il M5S vuole la testa della Bugno, sta preparando una interrogazione parlamentare, e come, ha confidato il leader, «se non la manda via Tria avrà un bel problema con noi"
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