Una nuova idolatria che ha per oggetto i giovani e la natura, alla quale si aggrappa una società che non credendo più in nulla si inventa le sue religioni? L’abbaglio ideologico di una generazione senza più valori certi? O un’onda passeggera, bella ma illusoria? Tutto può essere. Il fenomeno che abbiamo visto spuntare nelle piazze venerdì 15 marzo con le manifestazioni adolescenziali per il pianeta è talmente vasto e nuovo che all’indomani è doveroso aprire il tempo delle riflessioni. Nelle quali ci sta ogni contributo serio. Incluso, crediamo, quello di chi in piazza con i ragazzi ci è andato.
Per curiosità, o perché trascinato dai propri figli, interrogandosi su cosa si muove nel loro cuore. Per questo contravvengo eccezionalmente all’allergia verso gli articoli in prima persona per dare ordine ai miei appunti – già parzialmente condivisi su Facebook – raccolti seguendo le figlie in piazza (in realtà la dodicenne, con la scusa di prendermi cura di lei: le altre due, liceali, non avrebbero gradito il padre-custode).
Confesso dunque che, non fosse stato per le mie figlie, in piazza venerdì mattina a Milano per il clima non ci sarei andato. E mi sarei perso il grande spettacolo di una cosa nuova che, finalmente, sta forse sorgendo dove non avresti creduto. Una lezione, e tanti pensieri raccolti camminando, appuntati al volo e incrociati con esperienze giornalistiche sul campo tra Gmg, raduni ecclesiali giovanili, convegni a tema, e poi il Sinodo dell’ottobre scorso, la Giornata mondiale di Panama, e prima ancora l’incontro dell’agosto 2018 tra i giovani italiani e il Papa al Circo Massimo... Condivido qui le impressioni da strada, così come mi sono venute.
Strade & balconi. I ragazzi per due ore di strada da Cairoli a piazza Scala hanno invitato a gran voce gli adulti affacciati alle finestre a scendere giù con loro. L’immagine del Papa capovolta: loro protagonisti, i grandi a balconear.
Perché sorridi?. Gli adulti lungo i marciapiedi, e affacciati ovunque con i telefoni a riprendere lo spettacolo, avevano tutti sorrisi radiosi. Come per una gioia improvvisa e da lungo tempo non sperimentata. Come passasse un disarmato esercito di liberazione. L’abbiamo in casa, e non ce ne siamo accorti?
La vera domanda. Perché decine di migliaia di adolescenti hanno sentito l’irresistibile richiamo a esserci? Forse perché vogliono un futuro, vedono che rischiano di perderlo, e che sono gli adulti che gliel’hanno mangiato. Il clima è un’immagine proiettata del futuro che hanno paura di non avere. E non sono disposti ad accontentarsi di quel che avanza dalla nostra mensa. Ci siamo serviti, ma a loro cosa resta?
La password. La parola più declamata è "pianeta": non ci ho visto deragliamenti new age, o generiche istanze ecologiste (semmai una vaghezza ingenua quanto naturale: chiediamo forse a un sedicenne le soluzioni tecniche a questioni epocali?), ma il senso dell’appartenenza di tutti – tutti loro – a un unico destino, nel quale brulicano le stesse domande. E il pianeta allora appare come un altro nome del futuro: ci spetta, ma ce lo state consumando.
Locali e globali. Colpisce che una buona metà dei cartelli fosse scritta in inglese, e mancando una regia centrale alle marce è questo il segno del sentirsi dentro un popolo globale. Sanno come cosa ovvia di non appartenere solo alla loro scuola, a una città, all’Italia o a una parte politica o ideologica, ma al pianeta. Uno sguardo "nativo" che cambia tutto.
Faziosi alla larga. Salvo qualche slogan contro Salvini, presto caduto nel vuoto, è stata una manifestazione di "tutti per qualcosa" e non "contro". Mi attendevo inconsciamente un corteo con un’impronta già definita, col timore di sentirmi a disagio. Invece ho visto solo il desiderio contagioso di essere protagonisti di qualcosa.
Il tema. Il clima per i ragazzi è un’idea forte, unitaria, convincente, che con tutta evidenza attira e merita il loro impegno. Sbriciolate ideologie e militanze, hanno trovato una grande causa tutta loro. Trovarsi tanti, ovunque, per promuoverla li fa sentire per una volta capaci di "farcela", insieme.
Chi c’è dietro? Abituati a diffidare (e purtroppo a educarli a fare altrettanto), ci si ritrova a chiedersi se non ci sia una mano occulta che usa i nostri figli. Nessuno può esserne certo, i seguiti di questa storia sono ancora tutti da scrivere. Ma intanto osservo che non ci sono slogan uguali per tutti, comizi, o "portavoce". Ognuno esibisce il suo cartello in una corsa alla creatività personale, come a voler creare il proprio paragrafo di un racconto collettivo. Un contributo riconoscibile tra tutti. Individualismo? Semmai, la cultura social: io, in rete con tutti.
Quella luce. Ho avvertito nitidamente e con sorpresa l’eco di altre esperienze giovanili vissute dal vivo: le Gmg. Parole diverse, certo, ma la stessa coinvolgente euforia, e la medesima luce negli occhi. Sarebbe un errore pensare che si sbagliano, lasciandola spegnere.
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