Quasi giornalmente, Travaglio o chi per lui, sul Fatto quotidiano, bacchetta tutti i giornali - in particolar modo i 'giornaloni' che sulla Raggi - la poverina, sempre nei pasticci ed in perenne disgrazia amministrativa - fanno titoloni, mentre sul sindaco di Milano, Sala, pur egli indagato per Expo, mettono quattro righe a pag. 20.
Come hanno fatto ancora oggi per segnalare l'ultima anomalia riguardante la Raggi, tutti: giornaloni e giornalini, ad eccezione de Il Fatto quotidiano, per il quale evidentemente l'ultimo incidente della giunta Raggi riguardante il bilancio del 2016, non è da prendere in seria considerazione. Altrimenti non avrebbe fatto un titolino a pag. 9 o giù di lì, avendone 20 appena, in un piccolo riquadro, che sembra avvalorare la tesi dei Cinquestelle, sposata senza riserve da Travaglio.
E accaduto, infatti che ieri il bilancio consolidato del 2016 non abbia ottenuto l'approvazione del Comitato dei Revisori contabili del Comune di Roma (OREF), accusato di non essere un comitato 'tecnico' ma politico. Mentre lo era, proprio per la Raggi, appena due anni fa quando quello stesso Comitato si fece sentire nella gestione Marino, per un caso analogo. Stessa posizione dell'assessore livornese Lemmetti, che giudica quel parere come alcuni cittadini disinvolti giudicano il rosso dei semafori, un semplice consiglio, di cui si può tener conto ma anche no. Per Lemmetti e la giunta capitolina il parere 'tecnico dell' OREF non è vincolante' .
Curioso poi, che nella stessa pagina del Fatto quotidiano, insistendo sulla tesi della stampa di regime: 'stampa e regime' a caratteri cubitali, campeggi una foto della Raggi, con fascia tricolore, ed articolone di contorno nel quale lei spiega che ai pm non ha detto il falso, sulla nomina del Marra n.2, quando disse che quella nomina fu decisa da lei e dal suo assessore. Dunque anche l'accusa resistente, quella di 'falso', entro breve cadrà e i giornaloni si meriteranno una bella dose di fischi anche dal Fatto quotidiano
sabato 30 settembre 2017
venerdì 29 settembre 2017
SOS. La stampa 'amica' corre in soccorso di Carlo Fuortes
Carlo
Fuortes, evidentemente, non è abituato ad avere 'mala stampa' ( la
stampa, cioè, che scrive male di lui e delle sue gestioni, quando è
il caso) e non considera neppure tale possibilità; e allora, quando ciò accade, per
rimediare, chiama in soccorso la 'stampa amica' per il consueto
'bollettino di vittoria'. A Giuseppe Videtti che gli teneva il
microfono del Venerdì ( La repubblica) e gli faceva anche da
'bordone', ha potuto dire tutto quello che voleva senza che il
microfonista potesse intervenire per precisare, correggere, incalzare
il più invidiato e conteso sovrintendente italiano, che il mondo ci
invidia e che volentieri ci ruberebbe. Ma lui no, resta qui, per la
gioia nostra e la gloria del melodramma.
Ora
che c'è lui, l'Opera di Roma non ha più bisogno - ha dichiarato -
di continue trasfusione di soldi freschi, come nel passato, perché
lui i conti li sa tenere in ordine. Che altro deve fare un
amministratore, con la fama di risanatore? Perchè allora lamentarsi,
non più tardi di qualche mese fa, della riduzione di finanziamenti
del Comune, a seguito della quale - lui disse- aveva cancellato, a
malincuore(?) il festival di teatro contemporaneo (FFF) e mandato a
casa Battistelli che proprio per quel Festival risultava nella pianta
organica del teatro?
Ribadisce
che 'ama la lirica, che gli fa battere il cuore e che da sempre
aveva desiderato dirigere un teatro, dai tempi dei successi
all'Auditorium'.
Contro
il quale, invece, lancia qualche stupida frecciatina: contro
l'amministratore delegato spagnolo, per colpa di Marino – qui casca
l'asino dell'internazionale Fuortes - ed una programmazione che non è
più quella di una volta. Dimenticando di dire, con il silenzio
complice di Videtti, che l'ultima stagione del complesso romano
costruito da Piano, affidato alla sua direzione (quando ancora teneva
il piede in due scarpe - auditorium e opera - e Noriega non aveva di
fatto ancora programmato nulla ha fatto acqua: è stata, per il
bilancio la stagione peggiore) e che la programmazione attuale non è
poi così differente da quella delle sue passate gestioni (quando i
sindaci amici facevano ogni anno trasfusioni di soldi freschi, a
seconda delle condizioni del bilancio, per chiuderlo sempre in pari o
in leggero attivo) e che, infine – ma questo mai e poi mai avrebbe
potuto ammetterlo – la stagione passata, compresa quella estiva,
HA CHIUSO IL BILANCIO IN NETTO ATTIVO, anche l'Auditorium, con un
aumento del pubblico considerevole.
A
seguire alcuni estratti dei più recenti nostri post riguardanti
Fuortes, e le sue gestioni, non a parole, ma attraverso i numeri
Successo
della stagione all'Arena di Verona 2017, sotto il commissario
Fuortes.
NUMERI
- Dei
posti disponibili, ogni sera, della vasta platea, 13.000 circa,
mediamente ne sono stati occupati intorno agli 8.000, lasciandone
vuoti 5.000 appena a sera che, moltiplicati per 48 serate, fa 240.000
posti circa invenduti per tutta la stagione, superati di gran lunga
da quelli venduti: 380.000 circa.
Rispetto
alla stagione precedente, disastrosa, l'incremento è stato del 2,8
% circa.
L'unica
serata che ha fatto un quasi flop è stata quelle in cui veniva
eseguita la IX Sinfonia di Beethoven, che ha totalizzato
circa 7.000 biglietti venduti, con il positivo risultato di non veder
pigiati gli spettatori come nelle altre sere, quando erano mediamente
8.000. Insomma con metà Arena vuota si respirava a pieni polmoni.
- Gli
incassi hanno registrato un incremento rispetto al 2016 del 3% circa,
attestandosi quest'anno intorno ai 22 milioni e 600 mila circa. Nelle
48 serate di spettacolo, l'incasso medio è stato di 470.000 Euro
circa, con l'eccezione in negativo della serata della celebre ultima
Sinfonia beethoveniana, quando l'incasso è stato di poco
superiore ai 250.000 Euro circa.
L'Opera
di Roma del sovrintendente Fuortes a Caracalla 2017
NUMERI
Quest'anno
Caracalla ha superato ogni record di incasso, aumentando le
entrate del 23%, e il pubblico del 25,5%, salito da 61.650 dell'anno
scorso, ai 77.600 di quest'anno; quasi 16.000 in più -
ha
dichiarato il sovrintendente Carlo Fuortes.
(Tanto
per fare un paragone, l'anno scorso 'Luglio suona bene'
all'Auditorium registrò il più basso indice di riempimento della
cavea, registrando appena 77.000 spettatori, stando al comunicato
ufficiale di Musica per Roma. Ora la cavea ha una capienza inferiore
a Caracalla, poco più di 3000 posti, e dunque se le serate sono
stati pari di numero, quota 77.000 è il minimo mai registrato
all'Auditorium; mentre Fuortes lo presenta come un record per
Caracalla; mentre record sarebbe se il pubblico si attestasse intorno
a 100.000 o più. Dunque anche questa resoconto di fine estate di
Fuortes non convince).
Fuortes,
che è un tecnico specializzato nell'economia della cultura e che i
conti come anche i paralleli con il passato dovrebbe saperli fare,
non dice che l'anno scorso a Caracalla ci sono state 25 serate,
contro le 29 di quest'anno, dunque con una disponibilità di
16.000 posti in più, quest'anno:
praticamente
coincide con l'aumento di pubblico registrato a Caracalla ora. Si
dovrebbe quindi dire che il pubblico di quest'anno è stato apri a
quello dell'anno scorso, e che l'aumento è semplicemente il
risultato delle 4 serate in più.
Nella
stagione Caracalla 2016 si sono avute 25 serate, con una
disponibilità di 100.000 posti circa; ne risultarono occupati - a
detta di Fuortes che ha paragonato la stagione presente a
quella passata, 61.850, il che vuol dire che 38.150 restarono, nelle
25 serate, vuoti, cioè a dire 1.500 circa a sera, facendo una media.
Quest'anno,
che secondo quel che dice Fuortes, è stato battuto ogni record, per
le 29 serate i posti disponibili erano complessivamente 110.000. Ne
sono risultati occupati, sempre secondo il sovrintendente, 77.600;
perciò complessivamente sono rimasti vuoti 32.400 posti, facendo una
media: oltre 1000 posti a sera sui 4000 disponibili, sono rimasti
invenduti.
Allora
quale grande differenza con l'estate 2016? Nessuna. Quest'anno 1000
posti circa invenduti ogni sera, l'anno scorso 1500 circa. Un
miglioramento c'è stato, e di questo saremmo felici a parità di
numero di spettacoli che quest'anno sono aumentati di quattro unità.
Ma
quella platea dovrebbe essere piena ogni sera; ed invece, anche
quest'anno non lo è stata. Speriamo che il sovrintendente mediti
sulle sue sbandierate 'vittorie di pirro/fuortes'.
Se
poi vogliamo soffermarci in particolare sugli incassi, anche in
questo caso i conti di Fuortes non tornano.
Ha
dichiarato che quest'anno Caracalla ha incassato circa 780.000 Euro
in più dell'anno scorso, quando aveva incassato circa 3.340.000
Euro, mentre quest'anno circa 4.120.000.
Ed
ha specificato che il successo di stagione estiva si è avuto con
Carmen,
che ha fatto incassare 1.200.000 Euro, dunque 120.000 Euro circa, di
media, per ciascuna delle 10 serate.
Ma
se le altre 19 serate hanno fatto incassare all'incirca 3.000.000 di
Euro, vorrà dire che ciascuna di quelle serate ha fatto arrivare
nelle casse dell'Opera più di 150.000 Euro a sera. Naturalmente
parliamo sempre di una media. E allora il successo di Caracalla
2017, quanto a incassi, non è stata Carmen,
ma
qualunque altro spettacolo ( opera, balletto, extra) di Caracalla
2017. Prima di sparare cifre, Fuortes rifaccia bene i conti, magari
aiutandosi con una calcolatrice che sicuramente sarebbe molto più
precisa ed esatta di lui.
Opera di Roma 2106-17. Previsioni per Caracalla 2017
NUMERI
A
stagione estiva 2017 appena iniziata, un terzo dei biglietti
disponibili, attenendoci sempre alle strombazzate di Fuortes, sarebbe
stato venduto. Staremo a vedere se ugual sorte toccherà anche agli
altri due terzi - e noi saremmo i primi a gioirne, ma non per
Fuortes, ma per il Teatro dell'Opera - che potranno finalmente far
cantar vittoria, a battaglia finita, a Fuortes. Il quale solitamente,
a distanza ravvicinata, per non raccontare anche di perdite e ferite,
non pubblica mai il suo bollettino di guerra, mentre lo fa sempre
molto tempo dopo, contando anche sulla scarsa memoria o benevolenza
dei suoi ascoltatori, come fa anche con il bilancio
del teatro.
Del
quale bilancio il commissario governativo preposto al fondo 'salva
teatri', ha scritto cose non proprio lusinghiere, nell'ultima sua
relazione di qualche mese fa. Fuortes s'è difeso, con il bilancio
chiuso in pareggio, ma con il festival contemporaneo saltato, e con
il buco pregresso che pian pianino ripianerà. Ammesso che riesca a
far aumentare il pubblico, anche attraverso le sue 'operacamion', e
diminuire le spese, mantenendo alta la produttività del teatro. Ed anche la qualità . A quando il direttore musicale ? Con Gatti si sta
ripetendo ciò che accadde con Muti. Anche lui non ha voluto
accettare nessun incarico stabile e viene solo ad inauguarare le
stagione da un paio d'anni. Intanto - sia detto per inciso - che
aspetta Fuortes a togliere dal sito del teatro Muti con
quell'incarico che fa ridere: Direttore onorario a vita?
Intanto
ha cancellato il festival di teatro contemporaneao (FFF: sembrerebbe
una burla, se non fosse un acronimo) che gli costava intorno al
milione di Euro (giustificandolo con il diminuito finanziamento del
Campidoglio, perciò nessun risparmio); ha cancellato il nuovo
allestimento previsto per l'opera Un romano a Marte di
Montalti-Compagno, ed ha cancellato dalla direzione artistica anche
Giorgio Battistelli (strano che dopo le dichiarazioni di Fuortes:
"non avrei dovuto assumerlo', Battistelli non si sia fatto
sentire, replicando pubblicamente) ed anche i suoi concerti,
risparmiando anche in questo caso, forse, altri due o trecento mila
Euro in tutto, o forse più. Non è granché, per ripianare un debito
di una sessantina di milioni, ma da una parte, prima o poi, occorre
cominciare.
Se
pensa di rifarsi con le repliche e il noleggio dell'allestimento
della costosissima Traviata,
messa
in scena da Sofia Coppola con i costumi di Valentino, finge di non
sapere che un allestimento costoso come quello è stato ( quasi due
milioni di Euro il costo complessivo - una enormità - che per legge
non dovrebbe essere consentito!) prima che si ripaghi e cominci a
rendere, occorre che ne passi di tempo.
Se l'assessore Luca Bergamo avesse occhi per guardare, orecchie per ascoltare e naso per sentire il puzzo generale...
E' intervenuto lui, l'assessore Luca Bergamo che viene dalle file della sinistra e perciò in apparenza più credibile, per difendere la Raggi e la sua amministrazione dall' accanimento, presunto, della stampa contro l'amministrazione romana, accanimento ancora più feroce, secondo Bergamo, all'indomani della notizia del rinvio a giudizio della sindaca, per falso ( sulla questione delle nomine per la quale è stata scagionata da un altro reato, l'abuso di ufficio). Ma Bergamo dimentica volutamente i sostenitori o fiancheggiatori della Raggi, sempre nella stampa, contro ogni evidenza e con tutta la benevolenza possibile, come ha sempre fatto il giornale di Travaglio, che , oggi, comincia a vacillare.
Ieri, a poche ore dalla notizia, nel salotto della Gruber, ha parlato il 'ragioner' Bonafede, incaricato dal Movimento di controbattere al 'conto della serva', che oggi, dopo un anno e mezzo dal loro insediamento, i cittadini romani fanno ai Cinquestelle, relativamnete all' amministrazione della Capitale.
Bonafede, prima di Bergamo, ha chiesto a tutti di avere ancora fiducia, sulla parola, sul caos rifiuti, ad esempio che, in tre anni, per merito dei Cinquestelle sarà risolto. Ed ha insistito sulla correttezza dei Cinquestelle, che sono diversi dai tutti gli altri partiti; che questa richiesta di 'rinvio' della Procura di Roma, metterebbe in dubbio. La Raggi spiegherà alla Procura la storia e tutto si risolverà in una bolla di sapone, ha detto. E l'emergenza 'rifiuti' non è che una delle tante che oggi ammorbano la Capitale - ieri glielo ha detto a brutto muso l'attrice Anna Foglietta a Bonafede, sempre nel salotto di Gruber, presentando il suo film Contagio sui mali romani passati, ed anche presenti.
Ma per tornare a Bergamo che stigmatizza l'accanimento della stampa contro i 'diversi' del Movimento, sarebbe assai più interessante se spiegasse, per le competenze che lo riguardano più direttamente ( la 'ricrescita culturale' come noi da sempre andiamo ironizzando) alcune cose:
1.che ne è del Teatro Valle, chiuso da anni, più volte annunciato in procinto di essere riaperto, mentre invece i lavori non sono neppure cominciati;
2.come ha trasformato l'Estate romana, risolta a dare elemosine (elettorali!!!) a tutti i municipi, perché la cultura deve essere popolare, senza nessuna attenzione alla qualità delle proposte;
3. perché la buffonata del Capodanno che, a Roma e solo a Roma, Bergamo ha voluto che non si celebrasse alla mezzanotte, ma dalle 3 in avanti del primo giorno del nuovo anno e sui ponti del Tevere...
E qui chiediamo ragione a Bergamo di altri problemi della Capitale, visto il suo secondo ruolo di Vice sindaco:
1. In attesa che l'emergenza rifiuti venga risolta - per Bonafede in tre anni - che fanno i Romani? La monnezza se la mangiano? La buttano direttamente al Tevere, o la portano, specie i pensionati che hanno tanto tempo libero, sotto casa della Raggi degli assessori Montanari e Bergamo?
Alcuni slarghi con i cassonetti danno di Roma l'immagine di una città in guerra, bombardata: cassonetti che non stanno neanche in piedi, che vomitano monnezza, perchè non viene regolarmente raccolta, e topi, piccioni e perfino gabbiani che ringraziano. Mentre i cittadini si turano il naso per non sentire il puzzo nauseabondo.
2. E il caos dei trasporti, con il concordato di Atac?
3. E l'emergenza idrica?
4. E la manutenzione delle strade e degli impianti ( acqua, luce, gas) di pubblico servizio?
5. E l'abbandono generale di tutti i polmoni verdi della città, con alcuni parchi e ville storiche invasi dalla sterpaglie? Dobbiamo attendere che venga fatto il bando, entro la fine dell'anno, per nuovi giardinieri e responsabili, uno per ciascun parco o villa?
Chi vive a Roma o la visita semplicemente per qualche giorno si rende immediatamente conto della rovina - non le rovine storiche - della città, per il cui decoro ora, meritoriamente, si muovono singoli cittadini o associazioni private ( ultimamente anche le guide turistiche si sono impegnate a fare pulizia nelle aree in prossimità dei monumenti).
Possiamo anche fermarci, ma l'elenco è ancora molto lungo. Bergamo, ma prima ancora la Raggi, deve sapere e capire che l'onestà, fondamentale, ma sbandierata eccessivamente ( un pò facile per chi fino all'altro ieri non ha avuto potere, in futuro staremo a vedere!), non basta per governare una città. Occorre efficienza e tempestività. E finora la Raggi e tutto il suo gabinetto non ha saputo proporre soluzioni ai problemi, e s'è limitata a far sapere che nel giro di mesi se non di anni saranno risolti questo o quel problema. La politica degli annunci. Troppo comodo; nel frattempo cosa fare?
Ieri, a poche ore dalla notizia, nel salotto della Gruber, ha parlato il 'ragioner' Bonafede, incaricato dal Movimento di controbattere al 'conto della serva', che oggi, dopo un anno e mezzo dal loro insediamento, i cittadini romani fanno ai Cinquestelle, relativamnete all' amministrazione della Capitale.
Bonafede, prima di Bergamo, ha chiesto a tutti di avere ancora fiducia, sulla parola, sul caos rifiuti, ad esempio che, in tre anni, per merito dei Cinquestelle sarà risolto. Ed ha insistito sulla correttezza dei Cinquestelle, che sono diversi dai tutti gli altri partiti; che questa richiesta di 'rinvio' della Procura di Roma, metterebbe in dubbio. La Raggi spiegherà alla Procura la storia e tutto si risolverà in una bolla di sapone, ha detto. E l'emergenza 'rifiuti' non è che una delle tante che oggi ammorbano la Capitale - ieri glielo ha detto a brutto muso l'attrice Anna Foglietta a Bonafede, sempre nel salotto di Gruber, presentando il suo film Contagio sui mali romani passati, ed anche presenti.
Ma per tornare a Bergamo che stigmatizza l'accanimento della stampa contro i 'diversi' del Movimento, sarebbe assai più interessante se spiegasse, per le competenze che lo riguardano più direttamente ( la 'ricrescita culturale' come noi da sempre andiamo ironizzando) alcune cose:
1.che ne è del Teatro Valle, chiuso da anni, più volte annunciato in procinto di essere riaperto, mentre invece i lavori non sono neppure cominciati;
2.come ha trasformato l'Estate romana, risolta a dare elemosine (elettorali!!!) a tutti i municipi, perché la cultura deve essere popolare, senza nessuna attenzione alla qualità delle proposte;
3. perché la buffonata del Capodanno che, a Roma e solo a Roma, Bergamo ha voluto che non si celebrasse alla mezzanotte, ma dalle 3 in avanti del primo giorno del nuovo anno e sui ponti del Tevere...
E qui chiediamo ragione a Bergamo di altri problemi della Capitale, visto il suo secondo ruolo di Vice sindaco:
1. In attesa che l'emergenza rifiuti venga risolta - per Bonafede in tre anni - che fanno i Romani? La monnezza se la mangiano? La buttano direttamente al Tevere, o la portano, specie i pensionati che hanno tanto tempo libero, sotto casa della Raggi degli assessori Montanari e Bergamo?
Alcuni slarghi con i cassonetti danno di Roma l'immagine di una città in guerra, bombardata: cassonetti che non stanno neanche in piedi, che vomitano monnezza, perchè non viene regolarmente raccolta, e topi, piccioni e perfino gabbiani che ringraziano. Mentre i cittadini si turano il naso per non sentire il puzzo nauseabondo.
2. E il caos dei trasporti, con il concordato di Atac?
3. E l'emergenza idrica?
4. E la manutenzione delle strade e degli impianti ( acqua, luce, gas) di pubblico servizio?
5. E l'abbandono generale di tutti i polmoni verdi della città, con alcuni parchi e ville storiche invasi dalla sterpaglie? Dobbiamo attendere che venga fatto il bando, entro la fine dell'anno, per nuovi giardinieri e responsabili, uno per ciascun parco o villa?
Chi vive a Roma o la visita semplicemente per qualche giorno si rende immediatamente conto della rovina - non le rovine storiche - della città, per il cui decoro ora, meritoriamente, si muovono singoli cittadini o associazioni private ( ultimamente anche le guide turistiche si sono impegnate a fare pulizia nelle aree in prossimità dei monumenti).
Possiamo anche fermarci, ma l'elenco è ancora molto lungo. Bergamo, ma prima ancora la Raggi, deve sapere e capire che l'onestà, fondamentale, ma sbandierata eccessivamente ( un pò facile per chi fino all'altro ieri non ha avuto potere, in futuro staremo a vedere!), non basta per governare una città. Occorre efficienza e tempestività. E finora la Raggi e tutto il suo gabinetto non ha saputo proporre soluzioni ai problemi, e s'è limitata a far sapere che nel giro di mesi se non di anni saranno risolti questo o quel problema. La politica degli annunci. Troppo comodo; nel frattempo cosa fare?
giovedì 28 settembre 2017
La Commissione di Vigilanza parlamentare - Fico presidente, Anzaldi segretario - bacchetta la Rai
La morte di Bortolotto ed il suo ricordo, hanno ieri distolto la nostra attenzione da un fatto abbastanza importante del quale abbiamo già parlato alla vigilia della ripresa di Che tempo che fa del plurimilionario Fabio Fazio, detto 'Fabbio', del quale oggi dobbiamo necessariamente parlare.
Vi abbiamo detto dei contenuti del cosiddetto 'Atto di indirizzo' che la Commissione di Vigilanza parlamentare Rai aveva inviato alla televisione pubblica, per ottenerne qualche suggerimento - mentre la Rai lo aveva stravolto, per non incorrere in molte sanzioni. I contenuti, riassumendo, erano i seguenti:
1. in una medesima trasmissione uno stesso agente non poteva piazzare più di due artisti;
2. le agenzie non potevano produrre spettacoli e trasmissioni ma anche fiction nelle quali lavoravano suoi artisti ;
3, gli artisti non potevano avere interessi diretti nelle agenzie che li rappresentavano, nè potevano, nel caso li avessero, produrre i loro spettacoli ( valeva la stessa regola precedente per gli agenti).
4. infine la questione dei cachet che nella tv pubblica non potevano superare certi tetti, come vergognosamente accade per alcune star.
La Rai, invece, alla fine dell'estate ha rimandato indietro quel documento alla Commissione di Vigilanza parlamentare, stravolgendolo. Per il semplice fatto che essa, nelle, condizioni in cui si trovava, contravveniva a tutte le indicazioni della Vigilanza, prima fra tutte quella di limitare il potere degli agenti, alcuni pochi in particolare, in Rai.
E' dovuto intervenire il soottosegretario Giacomelli per mettere fine al tira e molla perchè altrimenti i contratti dovevano essere ridiscussi e gli agenti messi fuori anche forzatamente ed alcune trasmissioni bloccate.
Senonchè, nonostante l'intervento di Giacomelli, quell'Atto di indirizzo, è stato successivamente approvato senza eccessive modifiche e inviato nuovamente alla Rai, perchè ne tenga conto, anche in previsione del prossimo 'contratto di servizio' che la televisione pubblica sottoscrive con il Ministero dell'economia, che scadrà nei primi mesi del prossimo anno, quando scadrà anche il Cda della Rai, e forse solo allora si riuscirà anche a trovare un posto per la Gabanelli , il cui incarico è stato rimandato di almeno un anno dai vertici giornalistici della Rai ( Maggioni e Orfeo) e ci saranno le elezioni politiche. Dall'anno prossimo le cose potrebbero cambiare; ed, anzi, sarebbe più che opportuno che cambiassero.
Non si poteva intervenire già, mettendo un po' di ordine, senza attendere l'anno prossimo? Certamente sì - prendere o lasciare - per i trasgressori. Senonchè, erroneamnete, si è tirato in ballo il fatto che le leggi o disposizioni non possono essere retroattive. Le stesse ragioni addotte per non toccare i vitalizi passati (in verità non si sono toccati neanche quelli futuri!). Non ascoltando il parere autorevole del costituzionalista Ainis, il quale ha spiegato che la non retroattività può essere invocata in caso di questioni di carattere penale ( non si può condannare uno per un fatto/reato passato, quando viene approvata una nuova, successiva legge che lo sanziona). Ma fatta eccezione per l'ambito penale - dove se ne comprendono le ragioni della incostituzionalità - per tutti gli altri ambiti, amministrativi compresi, la Costituzione non c'entra.
Dunque anche sulla Rai si sarebbe potuti intervenire, in corsa. Certo creando qualche problema. del quale però non si può dare la colpa al legislatore, bensì a chi quei problemi , coscientemente, li ha creati. Nel caso specifico, anche rimandando di qualche settimana l'esordio della trasmissione di Fazio, e mettendo un freno alle mire occupazionistiche di Beppe Caschetto, agente anche di Fazio, e di alcuni altri.
E per questo la stessa Commissione di Vigilanza ha invitato il Governo ad intervenite sulla questione, mettendo ordine nell'universo radio televisivo, per non creare evidenti disparità fra la Rai e le altre reti private. Sebbene la natura della Rai sia diversa da tutte le altre, per la sua funzione di servizio pubblico, per il canone ecc...
Vi abbiamo detto dei contenuti del cosiddetto 'Atto di indirizzo' che la Commissione di Vigilanza parlamentare Rai aveva inviato alla televisione pubblica, per ottenerne qualche suggerimento - mentre la Rai lo aveva stravolto, per non incorrere in molte sanzioni. I contenuti, riassumendo, erano i seguenti:
1. in una medesima trasmissione uno stesso agente non poteva piazzare più di due artisti;
2. le agenzie non potevano produrre spettacoli e trasmissioni ma anche fiction nelle quali lavoravano suoi artisti ;
3, gli artisti non potevano avere interessi diretti nelle agenzie che li rappresentavano, nè potevano, nel caso li avessero, produrre i loro spettacoli ( valeva la stessa regola precedente per gli agenti).
4. infine la questione dei cachet che nella tv pubblica non potevano superare certi tetti, come vergognosamente accade per alcune star.
La Rai, invece, alla fine dell'estate ha rimandato indietro quel documento alla Commissione di Vigilanza parlamentare, stravolgendolo. Per il semplice fatto che essa, nelle, condizioni in cui si trovava, contravveniva a tutte le indicazioni della Vigilanza, prima fra tutte quella di limitare il potere degli agenti, alcuni pochi in particolare, in Rai.
E' dovuto intervenire il soottosegretario Giacomelli per mettere fine al tira e molla perchè altrimenti i contratti dovevano essere ridiscussi e gli agenti messi fuori anche forzatamente ed alcune trasmissioni bloccate.
Senonchè, nonostante l'intervento di Giacomelli, quell'Atto di indirizzo, è stato successivamente approvato senza eccessive modifiche e inviato nuovamente alla Rai, perchè ne tenga conto, anche in previsione del prossimo 'contratto di servizio' che la televisione pubblica sottoscrive con il Ministero dell'economia, che scadrà nei primi mesi del prossimo anno, quando scadrà anche il Cda della Rai, e forse solo allora si riuscirà anche a trovare un posto per la Gabanelli , il cui incarico è stato rimandato di almeno un anno dai vertici giornalistici della Rai ( Maggioni e Orfeo) e ci saranno le elezioni politiche. Dall'anno prossimo le cose potrebbero cambiare; ed, anzi, sarebbe più che opportuno che cambiassero.
Non si poteva intervenire già, mettendo un po' di ordine, senza attendere l'anno prossimo? Certamente sì - prendere o lasciare - per i trasgressori. Senonchè, erroneamnete, si è tirato in ballo il fatto che le leggi o disposizioni non possono essere retroattive. Le stesse ragioni addotte per non toccare i vitalizi passati (in verità non si sono toccati neanche quelli futuri!). Non ascoltando il parere autorevole del costituzionalista Ainis, il quale ha spiegato che la non retroattività può essere invocata in caso di questioni di carattere penale ( non si può condannare uno per un fatto/reato passato, quando viene approvata una nuova, successiva legge che lo sanziona). Ma fatta eccezione per l'ambito penale - dove se ne comprendono le ragioni della incostituzionalità - per tutti gli altri ambiti, amministrativi compresi, la Costituzione non c'entra.
Dunque anche sulla Rai si sarebbe potuti intervenire, in corsa. Certo creando qualche problema. del quale però non si può dare la colpa al legislatore, bensì a chi quei problemi , coscientemente, li ha creati. Nel caso specifico, anche rimandando di qualche settimana l'esordio della trasmissione di Fazio, e mettendo un freno alle mire occupazionistiche di Beppe Caschetto, agente anche di Fazio, e di alcuni altri.
E per questo la stessa Commissione di Vigilanza ha invitato il Governo ad intervenite sulla questione, mettendo ordine nell'universo radio televisivo, per non creare evidenti disparità fra la Rai e le altre reti private. Sebbene la natura della Rai sia diversa da tutte le altre, per la sua funzione di servizio pubblico, per il canone ecc...
Mario Bortolotto. Critico, intellettuale e uomo double face
Bortolotto se ne è andato ieri; aveva novant'anni. Proprio ieri, abbiamo ripescato una foto che lo ritraeva con il 'Mario' veneziano, Messinis, suo amico, in occasione dei festeggiamenti in Laguna per gli ottant'anni dell'altro. En passant, ci siamo anche detti: chissà che fine avrà fatto. Da molto non lo vedevamo. E oggi apprendiamo la notizia della sua morte, avvenuta, guarda caso, ieri. Strane coincidenze.
Qualche settimana fa abbiamo letto la lunga intervista che Gnoli gli aveva fatto per Repubblica, senza che ne ricevessimo una bella impressione. Bortolotto sembrava stanco, financo scocciato e anche cinico - non era una novità il suo cinismo; del resto, non era da lui nascondere sentimenti, stati d'animo o giudizi anche severi su chicchessia. Altre volte lo sguardo, la sua proverbiale distrazione o disinteresse da esibire quando qualcosa non gli garbava, sposata al silenzio, raccontava più di qualunque parola.
E oggi, di proposito, abbiamo voluto leggere quello che hanno scritto o dichiarato alcuni esponenti od amici che l'hanno nel tempo conosciuto semplicemente o frequentato. Fra i primi Alessio Vlad, che Il Foglio ha mandato ad intervistare, con il quale dubitiamo altamente che Bortolotto si sia lasciato andare a confidenze e a discussioni sulle sue scelte musicali, senza per questo mancare di cortesia verso un esponente del mondo musicale, a maggior ragione perchè della città in cui viveva e il cui teatro, l'Opera, egli frequentava, se interessato alla programmazione.
Sicuramente altri avrebbero potuto dire o scrivere di lui, specie quel gruppetto di ex giovanotti che per anni sono stati suoi amici anche 'di merende' e che gli facevano, affettuosamente e disinteressatamente, da chauffeur.
Pensiamo a Guido Zaccagnini e Pietro Gallina, i fedelissimi, il più recente Jacopo Pellegrini, e qualche altro. Ha avuto Bortolotto un strettissima amica, Giovanna Lomazzi, gran signora, con la quale faceva anche viaggi in ogni parte, ma che viene sempre interpellata solo quando si parla della Callas, anch' ella sua amica, che da molti anni vive e lavora al nord e quindi ha diradato la sua frequentazione con Bortolotto, ma sul quale però molto potrebbe raccontare del privato.
Leggendo i giornali di oggi abbiamo anche appreso che l' Adelphi dell'amico Calasso, sta preparando, per i primi mesi del 2018, una raccolta di scritti 'sparsi' o dispersi ( e ritrovati), perchè la produzione di Bortolotto, stante la sua pigrizia, è stata negli anni assai vasta.
Anche per Piano Time, che inventammo e dirigemmo negli anni Ottanta ( 1983-1989, ne uscimmo agli inizi del 1990), Bortolotto scrisse saggi straordinariamente acuti (su tutti, uno riguardante l'opera di Richard Strauss, ed un secondo sulla discografia di Boulez) e pagine fulminanti, come quella suggerita da una dichiarazione su Maderna dello stesso Boulez, breve ma che metteva la parola fine alle tante discussioni sul Maderna 'compositore' ( intitolata: Quell'elefante leggerissimo ) - che, secondo Boulez, era inesistente, o quasi, per la lacunosità e la impossibile decifrazione. Era, insomma, il suo, il caso di una mente che andava più veloce della penna, come Boulez pensava anche di Cage, con la differenza che la mente di Cage era velocissima, e la mano in qualche modo le stava dietro, quella di Maderrna non altrettanto.
Quella acutissima pagina, motivata dalla dichiarazione che proprio noi avevamo raccolto (Bortolotto non voleva crederci, specie quando seppe e gli confermammo che Boulez aveva parlato così lucidamente, a Villa Medici, da noi interpellato sull'argomento, durante una pausa da più importanti lavori) Bortolotto l'ha almeno un'altra volta pubblicata, sul Foglio, riprendendola dalla rivista stampata, perchè l'originale di quello, come di altri articoli che non sappiamo se ripubblicati, battuto a macchina con le correzioni ed aggiunte a mano, lo conserviamo noi gelosamente. Ancora. E saremmo anche felici ed onorati di fornirli alla Casa editrice Adelphi per la prossima collezione di articoli. Sull'assenza di errori nelle pagine stampate su Piano Time, possiamo mettere la mano sul fuoco, perchè gli articoli di Bortolotto, dopo la normale correzione di redazione, venivano supervisionati da noi stessi, per evitare telefonate sgradite con le quali ci bacchettava per qualche refuso - la lettura, decifrazione e ribattitura dei suoi articoli non erano lavoro facile. ( Piano Time di refusi ne aveva, ma oggi alcuni quotidiani nazionali ne hanno in quantità superiore. E' il progresso, signori!)
Come arrivò a Piano Time Bortolotto? Un solo particolare non ricordiamo bene e cioè se prima ne parlammo, per averlo fra i nostri collaboratori, con Guido Zaccagnini che lo frequentava abitualmente, come abbiamo detto, perchè facesse da nostro ambasciatore, o se il suo approdo a Piano Time fu anteriore alla venuta di Zaccagnini, per nostra chiamata, a lavorare in redazione( Una specie di serpentello in seno, benchè innocuo, che noi facemmo crescere! Mentre, ricordiamo bene, Lui ci parlò e fece conoscere un compositorino di belle speranze, Michele Dall'Ongaro, al quale facemmo scrivere qualcosa, e che poi è diventato, dopo il suo approdo a Radio Tre,il datore di lavoro dell'amico Guido)
Una cosa però la ricordiamo con precisione. Dopo che ci aveva promesso che avrebbe cominciato a collaborare, GRATUITAMENTE sia chiaro, ma il quando e il come non era stato ancora concordato, ci invitò nella sua casa di Trastevere, perché faccia a faccia il direttore della rivista, gli spiegasse cosa si attendeva da lui. Quell'incontro, lungo, fu il più affabile e rilassato - Bortolotto metteva ansia a tutti anche con i suoi silenzi - dei tanti che negli anni successivi avemmo con lui fuori casa, a concerto o all'opera, o anche semplicemente a telefono.
Ci accordammo che lui poteva scrivere di qualunque argomento, e che i suoi articoli mensili, regolari, finivano in una rubrica intitolata: La pagina di Bortolotto. Ricordiamo anche che ci prese gusto, tanto che più di una volta, oltre la consueta rubrica, ci mandò qualche saggio; uno, in particolare, di una ventina di cartelle su Richard Strauss, del quale scrisse anche in occasione dell'uscita della bella monografia di Quirino Principe; tra noi e Principe ci fu qualche screzio, per colpa di Bortolotto, perchè quella sua recensione non era proprio ciò che fra collaboratori di una medesima rivista ci si aspetterebbe. Una recensione attenta e minuziosa, nella quale faceva le pulci, egli nella parte del 'pedante', a qualche inesattezza del precisissimo Principe. Perfino antipatico fu quella volta.
Ci chiese, una volta, di avere dall'editore che lo distribuiva in Italia la partitura del Saint Francois di Messiaen, andato in scena in quegli anni, senza spiegarci la ragione. Noi, naturalmente gliela procurammo e facemmo recapitare quella partitura, monumentale ed ingombrante, speranzosi che ne sarebbe venuto fuori un saggio per la nostra rivista. L'opera era andata in scena a Salisburgo. Ma sinceramente non ricordiamo che cosa ne venne fuori. Forse nulla. Ma con lui, lo sapevamo, inutile insistere, occorreva attendere che lui decidesse di scrivere, anche se non era in quegli anni occupatissimo e impegnato con altri giornali. Piano Time fu l'unica rivista per la quale scriveva.
In anni recenti lo abbiamo rivisto ancora appoggiato al suo bastone, qualche convenevole e nulla più, con lui noi non avevamo più la familiarità di una volta, come invece l'hanno mantenuta Zaccagnini o, di lontano, Gallina, che negli anni recenti, nei mesi freddi, l'ospitava in Brasile, dove Pietro s'era trasferito stabilmente. E dove lui ci andava molto volentieri, oltre che per la mitezza del clima e la familiarità con Pietro, anche per la sua passione per la musica sudamericana, per i suoi ritmi.
Perchè il teorico dell'avanguardia musicale italiana aveva il suo doppio nell'estimatore della musica caraibica, come dell'operetta, che amava immensamente e più della musica che aveva spiegato nel suo Fase seconda, a metà anni Sessanta, facendosi innumerevoli nemici. Nella cerchia dei 'bortolottiani' della prima ora, fedeli nei secoli - anche perchè la sua frequentazione, più della sua amicizia , arricchiva chi ne era capace di coglierne i frutti, sono entrati col tempo anche altri. E non sempre disinteressatamente da ambo le parti.
Stiamo pensando a quel 'compositorino di belle speranze 'di un tempo, oggi assiso sulla poltrona più importante dell'Accademia di S. Cecilia, per anni gran manovratore della musica in radio (Rai), e in ragione di tale incarico, in grado di contribuire alla fortuna o sfortuna di compositori, magari anche con l'ausilio teorico di Bortolotto. Di lui leggemmo proprio sul Foglio, anni fa, un panegirico spropositato, in occasione di alcune esecuzioni di sue musiche, accanto a quelle dei grandi americani del nostro secolo, alla Biennale veneziana, dove Bortolotto era regolarmente presente come ospite, per il suo passato di esegeta, più che per il presente. Ricordiamo che scrisse: ho scoperto uno dei più grandi compositori dei nostri tempi; il suo nome è Michele Dall'Ongaro. Come se non lo conoscesse da prima, lui e la sua musica. Anche perchè a Radio Tre egli aveva fatto importanti cicli di trasmissioni, commissionatigli dallo stesso grande compositore, che, diversamente da noi per Piano Time, gli erano state sicuramente ben retribuite, come meritava del resto. Ma quel panegirico era talmente esagerato che solo chi non conosceva il cinismo di Bortolotto poteva prenderlo sul serio. Lo stesso Bortolotto, scrivendolo, si sarà divertito un mondo e riso a crepapaelle.
Qualche settimana fa abbiamo letto la lunga intervista che Gnoli gli aveva fatto per Repubblica, senza che ne ricevessimo una bella impressione. Bortolotto sembrava stanco, financo scocciato e anche cinico - non era una novità il suo cinismo; del resto, non era da lui nascondere sentimenti, stati d'animo o giudizi anche severi su chicchessia. Altre volte lo sguardo, la sua proverbiale distrazione o disinteresse da esibire quando qualcosa non gli garbava, sposata al silenzio, raccontava più di qualunque parola.
E oggi, di proposito, abbiamo voluto leggere quello che hanno scritto o dichiarato alcuni esponenti od amici che l'hanno nel tempo conosciuto semplicemente o frequentato. Fra i primi Alessio Vlad, che Il Foglio ha mandato ad intervistare, con il quale dubitiamo altamente che Bortolotto si sia lasciato andare a confidenze e a discussioni sulle sue scelte musicali, senza per questo mancare di cortesia verso un esponente del mondo musicale, a maggior ragione perchè della città in cui viveva e il cui teatro, l'Opera, egli frequentava, se interessato alla programmazione.
Sicuramente altri avrebbero potuto dire o scrivere di lui, specie quel gruppetto di ex giovanotti che per anni sono stati suoi amici anche 'di merende' e che gli facevano, affettuosamente e disinteressatamente, da chauffeur.
Pensiamo a Guido Zaccagnini e Pietro Gallina, i fedelissimi, il più recente Jacopo Pellegrini, e qualche altro. Ha avuto Bortolotto un strettissima amica, Giovanna Lomazzi, gran signora, con la quale faceva anche viaggi in ogni parte, ma che viene sempre interpellata solo quando si parla della Callas, anch' ella sua amica, che da molti anni vive e lavora al nord e quindi ha diradato la sua frequentazione con Bortolotto, ma sul quale però molto potrebbe raccontare del privato.
Leggendo i giornali di oggi abbiamo anche appreso che l' Adelphi dell'amico Calasso, sta preparando, per i primi mesi del 2018, una raccolta di scritti 'sparsi' o dispersi ( e ritrovati), perchè la produzione di Bortolotto, stante la sua pigrizia, è stata negli anni assai vasta.
Anche per Piano Time, che inventammo e dirigemmo negli anni Ottanta ( 1983-1989, ne uscimmo agli inizi del 1990), Bortolotto scrisse saggi straordinariamente acuti (su tutti, uno riguardante l'opera di Richard Strauss, ed un secondo sulla discografia di Boulez) e pagine fulminanti, come quella suggerita da una dichiarazione su Maderna dello stesso Boulez, breve ma che metteva la parola fine alle tante discussioni sul Maderna 'compositore' ( intitolata: Quell'elefante leggerissimo ) - che, secondo Boulez, era inesistente, o quasi, per la lacunosità e la impossibile decifrazione. Era, insomma, il suo, il caso di una mente che andava più veloce della penna, come Boulez pensava anche di Cage, con la differenza che la mente di Cage era velocissima, e la mano in qualche modo le stava dietro, quella di Maderrna non altrettanto.
Quella acutissima pagina, motivata dalla dichiarazione che proprio noi avevamo raccolto (Bortolotto non voleva crederci, specie quando seppe e gli confermammo che Boulez aveva parlato così lucidamente, a Villa Medici, da noi interpellato sull'argomento, durante una pausa da più importanti lavori) Bortolotto l'ha almeno un'altra volta pubblicata, sul Foglio, riprendendola dalla rivista stampata, perchè l'originale di quello, come di altri articoli che non sappiamo se ripubblicati, battuto a macchina con le correzioni ed aggiunte a mano, lo conserviamo noi gelosamente. Ancora. E saremmo anche felici ed onorati di fornirli alla Casa editrice Adelphi per la prossima collezione di articoli. Sull'assenza di errori nelle pagine stampate su Piano Time, possiamo mettere la mano sul fuoco, perchè gli articoli di Bortolotto, dopo la normale correzione di redazione, venivano supervisionati da noi stessi, per evitare telefonate sgradite con le quali ci bacchettava per qualche refuso - la lettura, decifrazione e ribattitura dei suoi articoli non erano lavoro facile. ( Piano Time di refusi ne aveva, ma oggi alcuni quotidiani nazionali ne hanno in quantità superiore. E' il progresso, signori!)
Come arrivò a Piano Time Bortolotto? Un solo particolare non ricordiamo bene e cioè se prima ne parlammo, per averlo fra i nostri collaboratori, con Guido Zaccagnini che lo frequentava abitualmente, come abbiamo detto, perchè facesse da nostro ambasciatore, o se il suo approdo a Piano Time fu anteriore alla venuta di Zaccagnini, per nostra chiamata, a lavorare in redazione( Una specie di serpentello in seno, benchè innocuo, che noi facemmo crescere! Mentre, ricordiamo bene, Lui ci parlò e fece conoscere un compositorino di belle speranze, Michele Dall'Ongaro, al quale facemmo scrivere qualcosa, e che poi è diventato, dopo il suo approdo a Radio Tre,il datore di lavoro dell'amico Guido)
Una cosa però la ricordiamo con precisione. Dopo che ci aveva promesso che avrebbe cominciato a collaborare, GRATUITAMENTE sia chiaro, ma il quando e il come non era stato ancora concordato, ci invitò nella sua casa di Trastevere, perché faccia a faccia il direttore della rivista, gli spiegasse cosa si attendeva da lui. Quell'incontro, lungo, fu il più affabile e rilassato - Bortolotto metteva ansia a tutti anche con i suoi silenzi - dei tanti che negli anni successivi avemmo con lui fuori casa, a concerto o all'opera, o anche semplicemente a telefono.
Ci accordammo che lui poteva scrivere di qualunque argomento, e che i suoi articoli mensili, regolari, finivano in una rubrica intitolata: La pagina di Bortolotto. Ricordiamo anche che ci prese gusto, tanto che più di una volta, oltre la consueta rubrica, ci mandò qualche saggio; uno, in particolare, di una ventina di cartelle su Richard Strauss, del quale scrisse anche in occasione dell'uscita della bella monografia di Quirino Principe; tra noi e Principe ci fu qualche screzio, per colpa di Bortolotto, perchè quella sua recensione non era proprio ciò che fra collaboratori di una medesima rivista ci si aspetterebbe. Una recensione attenta e minuziosa, nella quale faceva le pulci, egli nella parte del 'pedante', a qualche inesattezza del precisissimo Principe. Perfino antipatico fu quella volta.
Ci chiese, una volta, di avere dall'editore che lo distribuiva in Italia la partitura del Saint Francois di Messiaen, andato in scena in quegli anni, senza spiegarci la ragione. Noi, naturalmente gliela procurammo e facemmo recapitare quella partitura, monumentale ed ingombrante, speranzosi che ne sarebbe venuto fuori un saggio per la nostra rivista. L'opera era andata in scena a Salisburgo. Ma sinceramente non ricordiamo che cosa ne venne fuori. Forse nulla. Ma con lui, lo sapevamo, inutile insistere, occorreva attendere che lui decidesse di scrivere, anche se non era in quegli anni occupatissimo e impegnato con altri giornali. Piano Time fu l'unica rivista per la quale scriveva.
In anni recenti lo abbiamo rivisto ancora appoggiato al suo bastone, qualche convenevole e nulla più, con lui noi non avevamo più la familiarità di una volta, come invece l'hanno mantenuta Zaccagnini o, di lontano, Gallina, che negli anni recenti, nei mesi freddi, l'ospitava in Brasile, dove Pietro s'era trasferito stabilmente. E dove lui ci andava molto volentieri, oltre che per la mitezza del clima e la familiarità con Pietro, anche per la sua passione per la musica sudamericana, per i suoi ritmi.
Perchè il teorico dell'avanguardia musicale italiana aveva il suo doppio nell'estimatore della musica caraibica, come dell'operetta, che amava immensamente e più della musica che aveva spiegato nel suo Fase seconda, a metà anni Sessanta, facendosi innumerevoli nemici. Nella cerchia dei 'bortolottiani' della prima ora, fedeli nei secoli - anche perchè la sua frequentazione, più della sua amicizia , arricchiva chi ne era capace di coglierne i frutti, sono entrati col tempo anche altri. E non sempre disinteressatamente da ambo le parti.
Stiamo pensando a quel 'compositorino di belle speranze 'di un tempo, oggi assiso sulla poltrona più importante dell'Accademia di S. Cecilia, per anni gran manovratore della musica in radio (Rai), e in ragione di tale incarico, in grado di contribuire alla fortuna o sfortuna di compositori, magari anche con l'ausilio teorico di Bortolotto. Di lui leggemmo proprio sul Foglio, anni fa, un panegirico spropositato, in occasione di alcune esecuzioni di sue musiche, accanto a quelle dei grandi americani del nostro secolo, alla Biennale veneziana, dove Bortolotto era regolarmente presente come ospite, per il suo passato di esegeta, più che per il presente. Ricordiamo che scrisse: ho scoperto uno dei più grandi compositori dei nostri tempi; il suo nome è Michele Dall'Ongaro. Come se non lo conoscesse da prima, lui e la sua musica. Anche perchè a Radio Tre egli aveva fatto importanti cicli di trasmissioni, commissionatigli dallo stesso grande compositore, che, diversamente da noi per Piano Time, gli erano state sicuramente ben retribuite, come meritava del resto. Ma quel panegirico era talmente esagerato che solo chi non conosceva il cinismo di Bortolotto poteva prenderlo sul serio. Lo stesso Bortolotto, scrivendolo, si sarà divertito un mondo e riso a crepapaelle.
mercoledì 27 settembre 2017
Papa Francesco ha molti nemici. Troppi per un solo papa
Adesso non ricordiamo bene quanti nemici abbiano avuti altri pontefici che si sono segnalati per le aperture, soprattutto morali, verso l'uomo. A cominciare da Papa Giovanni XXIII che con il Concilio Vaticano II sparigliò gruppi di credenti e teologi. I documenti del Concilio, ancora oggi in parte inosservati, crearono vero scompiglio.
Ci colpì allora una frase che risuonò nelle navate di San Pietro durante una seduta plenaria dei padri conciliari: temo una chiesa che ha un solo teologo - e il riferimento era a San Tommaso d'Aquino, teologo e filosofo sommo. Al cui ascolto, qualcuno, un eminente teologo cattolico, aggiunse: Lutero, se fosse oggi qui, gioirebbe.
Negli anni successivi anche Giovanni Paolo II ebbe molti nemici, ma nessuno come Papa Francesco che di nemici, armati fino ai denti, ne ha un esercito. Nel quale militano, oltre alle gerarchie che più d'una volta si sono fatte sentire, anche laici che nessun titolo avrebbero per unire la loro voce al coro, nel quale si sono impegnate a cantare, non per 'inimicizia verso Francesco', ma per 'amore verso la Chiesa' che, secondo loro, stanno difendendo dalla deriva che Papa Francesco le sta facendo prendere. Fra essi un ex banchiere vaticano ( Gotti Tedeschi) - che non si comprende a quale titolo parli di questioni di natura morale - ed anche qualche seguace di un celebre incallito tradizionalista come mons. Lefebvre. I loro appunti riguardano soprattutto questioni di carattere morale affrontate d Francesco, dalle prese di posizione sui divorziati alla sua caritatevole mano tesa verso, ad esempio agli omosessuali: ' chi sono io per giudicare...' disse ai giornalisti nel corso di un viaggio.
Sarebbe interessante che l'esercito dei suoi oppositori, nelle cui file si sono arruolati volontariamente anche alcuni giornalisti famosi (Ferrara, Socci ) ci facesse sapere cosa pensa della omosessualità nella Chiesa che, come si sa, è diffusissima. Di questo non parlano, e per fortuna stanno zitti anche su un altro problema che tocca purtroppo da vicino il clero ed anche la gerarchia, la pedofilia, contro la quale Francesco sta conducendo una guerra dura. Come risulta anche dalle molte conversazioni che , da quando è Roma, Francesco ha intrapreso con un altro noto giornalista, Scalfari, laico, ma divenuto addirittura suo amico ed anche confidente.
E ci dicessero anche perchè verso alcuni pontefici siano stati tanto indulgenti, guarda caso quelli apprezzati soprattutto per la difesa, a qualunque costo, della dottrina (da Benedetto XVI a Paolo VI) - che anche Papa Francesco conduce - e con poca apertura verso il mondo, e verso l'uomo per il quale la dottrina è stata confezionata. Se non ci si mette nella prospettiva che vuole l'uomo e la sua salvezza al centro, la dottrina perde peso e significato.
In questa disputa si scontrano due diverse concezioni del ruolo del Papa di Roma: intransigente conservatore e difensore delle regole anche teologiche; o pastore misericordioso e caritatevole degli uomini affidati alle sue cure.
Ci colpì allora una frase che risuonò nelle navate di San Pietro durante una seduta plenaria dei padri conciliari: temo una chiesa che ha un solo teologo - e il riferimento era a San Tommaso d'Aquino, teologo e filosofo sommo. Al cui ascolto, qualcuno, un eminente teologo cattolico, aggiunse: Lutero, se fosse oggi qui, gioirebbe.
Negli anni successivi anche Giovanni Paolo II ebbe molti nemici, ma nessuno come Papa Francesco che di nemici, armati fino ai denti, ne ha un esercito. Nel quale militano, oltre alle gerarchie che più d'una volta si sono fatte sentire, anche laici che nessun titolo avrebbero per unire la loro voce al coro, nel quale si sono impegnate a cantare, non per 'inimicizia verso Francesco', ma per 'amore verso la Chiesa' che, secondo loro, stanno difendendo dalla deriva che Papa Francesco le sta facendo prendere. Fra essi un ex banchiere vaticano ( Gotti Tedeschi) - che non si comprende a quale titolo parli di questioni di natura morale - ed anche qualche seguace di un celebre incallito tradizionalista come mons. Lefebvre. I loro appunti riguardano soprattutto questioni di carattere morale affrontate d Francesco, dalle prese di posizione sui divorziati alla sua caritatevole mano tesa verso, ad esempio agli omosessuali: ' chi sono io per giudicare...' disse ai giornalisti nel corso di un viaggio.
Sarebbe interessante che l'esercito dei suoi oppositori, nelle cui file si sono arruolati volontariamente anche alcuni giornalisti famosi (Ferrara, Socci ) ci facesse sapere cosa pensa della omosessualità nella Chiesa che, come si sa, è diffusissima. Di questo non parlano, e per fortuna stanno zitti anche su un altro problema che tocca purtroppo da vicino il clero ed anche la gerarchia, la pedofilia, contro la quale Francesco sta conducendo una guerra dura. Come risulta anche dalle molte conversazioni che , da quando è Roma, Francesco ha intrapreso con un altro noto giornalista, Scalfari, laico, ma divenuto addirittura suo amico ed anche confidente.
E ci dicessero anche perchè verso alcuni pontefici siano stati tanto indulgenti, guarda caso quelli apprezzati soprattutto per la difesa, a qualunque costo, della dottrina (da Benedetto XVI a Paolo VI) - che anche Papa Francesco conduce - e con poca apertura verso il mondo, e verso l'uomo per il quale la dottrina è stata confezionata. Se non ci si mette nella prospettiva che vuole l'uomo e la sua salvezza al centro, la dottrina perde peso e significato.
In questa disputa si scontrano due diverse concezioni del ruolo del Papa di Roma: intransigente conservatore e difensore delle regole anche teologiche; o pastore misericordioso e caritatevole degli uomini affidati alle sue cure.
martedì 26 settembre 2017
Fango sull'Università, come su molte altre istituzioni in Italia
Concorsi per professori universitari, amministratori di istituzioni pubbliche culturali e non, e per membri di commissioni ministeriali ecc... veniamo solo ora a scoprire, dopo gli arresti eccellenti e l'indagine della Procura di Firenze, che in Italia sono truccati?
Non c'è campo che sfugga a tale mannaia. Chi ha un pò di potere intende amministrarlo mai secondo le regole, anzi in loro dispregio, e, per aumentarlo, si associa ad altri farabutti, fino a creare un cartello, una vera e propria 'cupola' di potere i cui tentacoli è impossibile recidere e neutralizzare.
A questo schifo si aggiunge anche l'altro illecito che vede avvantaggiati, in ogni carica od incarico, figli, fratelli, sorelle, mogli, amanti. Con un record assoluto, ricordato in questi giorni, dell'ex rettore della Sapienza che non contento di aver assunto come professori ordinari sua moglie e sua figlia, ha trovato modo di asumere anche suo figlio. E meno male che in Italia di figli se ne fanno pochi, mentre di contro oltre la moglie chi ha potere ha almeno una o due amanti, insieme o una dopo l'altra, da sistemare. Di questi giorni è anche la notizia che la Regione Lazio ha compensato lautamente, collaboratori 'di famiglia ' per ricerche che sono risultate essere frutto del classico 'copia e incolla'.
Ognuno di noi può raccontare storie a riguardo, solo che nessuno di noi o pochissimi, nella migliore delle ipotesi, possono dirsi fieri di non aver ubbidito a tale legge non scritta, quando ne hanno avuto la possibilità.
Il flagello dei baroni universitari fa il paio con i politici; i quali, gli uni e gli altri, specie in tempo di crisi, provvedono a creare posti per la propria famiglia, di sangue o mafiosa, senza vergogna.
Quando anche un altissimo dirigente ministeriale, come un direttore generale - tanto per fare un esempio che molte volte, in questo blog, abbiamo ricordato - ha bisogno di trovare un posto per sua moglie, fresca di nozze e proveniente da una delle più influenti famiglie italiane, vuol dire che il pudore la moralità, la correttezza istituzionale ed il MERITO e la COMPETENZA non stanno più di casa in Italia, e il paese è alla frutta.
Per fermarci all'Università, abbiamo più volte segnalato la presenza in cattedra di personaggi assunti a professori, anche temporanei, per via di un incarico di prestigio (per il quale tante volte sono stati indagati e condannati per cattiva amministrazione), nella stessa università della città dove operavano, mai fuori dove non li conosce nessuno neanche per le gesta che, se in presenza, avrebbero potuto lontanamente giustificare tali incarichi.
Ora sarebbe necessario che a questi farabutti che hanno gettato fango sull'Università venisse inibito di insegnare - perchè serva di lezione a tutti - e che la magistratura proseguisse nella sua indagine allargandola a tutta l'Università, dove più che altrove, deve contare il Sapere e la sua trasmissione ai giovani. SENZA ECCEZIONE.
Non c'è campo che sfugga a tale mannaia. Chi ha un pò di potere intende amministrarlo mai secondo le regole, anzi in loro dispregio, e, per aumentarlo, si associa ad altri farabutti, fino a creare un cartello, una vera e propria 'cupola' di potere i cui tentacoli è impossibile recidere e neutralizzare.
A questo schifo si aggiunge anche l'altro illecito che vede avvantaggiati, in ogni carica od incarico, figli, fratelli, sorelle, mogli, amanti. Con un record assoluto, ricordato in questi giorni, dell'ex rettore della Sapienza che non contento di aver assunto come professori ordinari sua moglie e sua figlia, ha trovato modo di asumere anche suo figlio. E meno male che in Italia di figli se ne fanno pochi, mentre di contro oltre la moglie chi ha potere ha almeno una o due amanti, insieme o una dopo l'altra, da sistemare. Di questi giorni è anche la notizia che la Regione Lazio ha compensato lautamente, collaboratori 'di famiglia ' per ricerche che sono risultate essere frutto del classico 'copia e incolla'.
Ognuno di noi può raccontare storie a riguardo, solo che nessuno di noi o pochissimi, nella migliore delle ipotesi, possono dirsi fieri di non aver ubbidito a tale legge non scritta, quando ne hanno avuto la possibilità.
Il flagello dei baroni universitari fa il paio con i politici; i quali, gli uni e gli altri, specie in tempo di crisi, provvedono a creare posti per la propria famiglia, di sangue o mafiosa, senza vergogna.
Quando anche un altissimo dirigente ministeriale, come un direttore generale - tanto per fare un esempio che molte volte, in questo blog, abbiamo ricordato - ha bisogno di trovare un posto per sua moglie, fresca di nozze e proveniente da una delle più influenti famiglie italiane, vuol dire che il pudore la moralità, la correttezza istituzionale ed il MERITO e la COMPETENZA non stanno più di casa in Italia, e il paese è alla frutta.
Per fermarci all'Università, abbiamo più volte segnalato la presenza in cattedra di personaggi assunti a professori, anche temporanei, per via di un incarico di prestigio (per il quale tante volte sono stati indagati e condannati per cattiva amministrazione), nella stessa università della città dove operavano, mai fuori dove non li conosce nessuno neanche per le gesta che, se in presenza, avrebbero potuto lontanamente giustificare tali incarichi.
Ora sarebbe necessario che a questi farabutti che hanno gettato fango sull'Università venisse inibito di insegnare - perchè serva di lezione a tutti - e che la magistratura proseguisse nella sua indagine allargandola a tutta l'Università, dove più che altrove, deve contare il Sapere e la sua trasmissione ai giovani. SENZA ECCEZIONE.
domenica 24 settembre 2017
Vandali e barbari in azione. Fuori i nomi. Chi li conosce li eviti!
Due casi negli ultimi giorni, uno a Milano e l'altro nel Salento.
Nel quadrilatero della moda milanese, nella strada delle grandi boutique, uno str... parcheggia la sua Ferrari in un posto in cui non doveva - ma lui evidentemente ha pensato che essendo proprietario di una Ferrari poteva tutto! - tanto da creare problemi ad un ragazzo con disabilità che non riusciva ad uscire agevolmente dalla macchina, guidata da suo padre. Il quale padre ha tentato di far capire allo str... che lì non poteva stare, e, al colmo dell'educazione, lo ha invitato almeno a spostare quel bolide. A spostarlo di poco. Niente da fare.
Dello str... in questione s'è saputo che è un imprenditore che risiede a Lugano e Milano, che ha da poco superato la cinquantina, e che ha avuto problemi con la giustizia per ragioni anche fiscali. Ma ciò che non si è riusciti a sapere è il suo nome. I giornali - come al solito squisiti d'animo! - per ragioni di privacy, hanno pubblicato le sole iniziali, inibendo ai cittadini, d'ora in avanti, e prima che finisca dietro le sbarre per qualche reato grave, di evitarlo, conoscendo il suo nome.
Vandali in azione nel Salento, dove è stato allestito un campo di ulivi sperimentale, onde saggiare una possibile cura per debellare la terribile malattia che sta distruggendo uno dei panorami più caratteristici della Puglia ed anche uno dei suoi prodotti di eccellenza: l'olio.
In quel campo sperimentale è stata adottata, impiantandola, la tecnica dell'innesto di alcune varietà di ulivi sulle piante secolari ammalate, per scoprire se ve ne è qualcuna capace di resistere a quella malattia, fermando il terribile flagello.
Fra breve quegli innesti verranno esaminati e chissà che non abbiano prodotto il rimedio per guarire gli ulivi da quella 'mosca' distruttrice.
Senonchè, proprio l'altro ieri s'è scoperto che un altro str... o forse più d'uno - la loro qualifica non cambia se sono in azione a Milano e nel Sud Italia - hanno sradicato e spezzato quegli innesti. Fortunatamente non tutti, ma danneggiando senza ragione se non quella vandalica, l'attesa sperimentazione.
Anche di questi in azione nel Salento, non si conoscono i nomi. Peccato. Perchè se si conoscessero - e nel caso di Milano anche la targa del bolide - uno alla Ferrari del barbaro milanese gli buca tutte e quattro le gomme, e al vandalo salentino gli taglia subito le mani, impedendogli di fare ancora danni.
Nel quadrilatero della moda milanese, nella strada delle grandi boutique, uno str... parcheggia la sua Ferrari in un posto in cui non doveva - ma lui evidentemente ha pensato che essendo proprietario di una Ferrari poteva tutto! - tanto da creare problemi ad un ragazzo con disabilità che non riusciva ad uscire agevolmente dalla macchina, guidata da suo padre. Il quale padre ha tentato di far capire allo str... che lì non poteva stare, e, al colmo dell'educazione, lo ha invitato almeno a spostare quel bolide. A spostarlo di poco. Niente da fare.
Dello str... in questione s'è saputo che è un imprenditore che risiede a Lugano e Milano, che ha da poco superato la cinquantina, e che ha avuto problemi con la giustizia per ragioni anche fiscali. Ma ciò che non si è riusciti a sapere è il suo nome. I giornali - come al solito squisiti d'animo! - per ragioni di privacy, hanno pubblicato le sole iniziali, inibendo ai cittadini, d'ora in avanti, e prima che finisca dietro le sbarre per qualche reato grave, di evitarlo, conoscendo il suo nome.
Vandali in azione nel Salento, dove è stato allestito un campo di ulivi sperimentale, onde saggiare una possibile cura per debellare la terribile malattia che sta distruggendo uno dei panorami più caratteristici della Puglia ed anche uno dei suoi prodotti di eccellenza: l'olio.
In quel campo sperimentale è stata adottata, impiantandola, la tecnica dell'innesto di alcune varietà di ulivi sulle piante secolari ammalate, per scoprire se ve ne è qualcuna capace di resistere a quella malattia, fermando il terribile flagello.
Fra breve quegli innesti verranno esaminati e chissà che non abbiano prodotto il rimedio per guarire gli ulivi da quella 'mosca' distruttrice.
Senonchè, proprio l'altro ieri s'è scoperto che un altro str... o forse più d'uno - la loro qualifica non cambia se sono in azione a Milano e nel Sud Italia - hanno sradicato e spezzato quegli innesti. Fortunatamente non tutti, ma danneggiando senza ragione se non quella vandalica, l'attesa sperimentazione.
Anche di questi in azione nel Salento, non si conoscono i nomi. Peccato. Perchè se si conoscessero - e nel caso di Milano anche la targa del bolide - uno alla Ferrari del barbaro milanese gli buca tutte e quattro le gomme, e al vandalo salentino gli taglia subito le mani, impedendogli di fare ancora danni.
Che tempo che fa... nulla di nuovo nel salotto domenicale di Fazio, ora su Rai 1
E' ripreso ieri, ma trasferito sulla prima rete Rai, il consueto appuntamento domenicale di Fabio Fazio, detto 'Fabbio'. Non senza qualche fibrillazione, nelle settimane passate, quando si temeva - o ci si auspicava, a seconda delle posizioni - che potesse addirittura saltare. Mai dubitato che a Fabbio i soldi che chiedeva, la Rai non glieli avrebbe dati, perchè non poteva essere additata come l'Attila di uno dei pochi programmi 'intelligenti' - come l'aveva definito donna Franca, quand'era al Quirinale - fra mille tutti uguali e asfissianti in cui o si canta, o si balla, o si cucina o si imita, dai tempi di Marconi. Fabbio invece è di un altro pianeta.
Prima parte.
Ospiti illustri: per la 'ripartenza' - termine assai usato, anche a sproposito, quanto cacofonico - nientemeno che Morricone che non lo schiodi anche se gli fai capire che la sta tirando tropo per le lunghe, lui va per la sua strada e niente lo ferma; il duo comico Favino-Fiorello, e la solita canzonaccia modaiola - nel caso Siamo l'esercito del selfie, un capolavoro! - neanche fosse la Nona sinfonia dei tempi nostri, e l'amen finale che, anche con il cambio di rete, è riservato alla sempre sboccacciata, ma un pò più castigata, di Lucianina.
Unica gradita novità, con qualche brivido di comicità, il doppio intervento (col messaggio video e al telefono) di Fiorello, che ha annunciato: forse torno in Rai. Forse sulla prima rete, dove si è stabilito Fabbio, al quale però chiede se lo pagano bene, riecevendone, con un fil di voce per il timore del fisco, risposta positiva.
Seconda parte.
In questa versione, le cose vanno per le lunghe, ancora più della terza rete. Che tempo che fa tira fuori il tavolo attorno alla quale Fabbio fa sedere la solita compagnia di giro, con pochi ospiti a sorpresa in ogni puntata, da affiancare a quelli fissi, alcuni dei quali, soprattutto Marzullo, ha letteralmente sfiancato!
Questa sera ci sarà la puntata del 'lunedì', la puntata 'tardona', che, come Fabbio ha anticipato, avrà, in apertura, ospite Crozza, il suo carissimo amico che forse è già stanco dell'esilio nell' etere affollatissimo di canali e programmi. Vuoi mettere Rai 1?
Insomma il format , di domenica o lunedì, resta lo stesso, quel che è cambiato è la rete che lo trasmette - da Rai 3 a Rai 1, ed il costo per la Rai. al conduttore, all'autore, al proprietario del format, al produttore, che è sempre Fabbio, e che è enormemente aumentato con grande gioia di Fabbio che finalmente, dopo essersi assicurata una tranquilla vecchiaia ed una pensione al di sopra del 'minimo' fra quattro anni - come ha minacciato - potrà dedicarsi all'agricoltura. E ne avrà di lavoro, visto che con i soldi che ha guadagnato s'è già comprata mezza riviera. Ma voi ci credete che se ne andrà?
Prima parte.
Ospiti illustri: per la 'ripartenza' - termine assai usato, anche a sproposito, quanto cacofonico - nientemeno che Morricone che non lo schiodi anche se gli fai capire che la sta tirando tropo per le lunghe, lui va per la sua strada e niente lo ferma; il duo comico Favino-Fiorello, e la solita canzonaccia modaiola - nel caso Siamo l'esercito del selfie, un capolavoro! - neanche fosse la Nona sinfonia dei tempi nostri, e l'amen finale che, anche con il cambio di rete, è riservato alla sempre sboccacciata, ma un pò più castigata, di Lucianina.
Unica gradita novità, con qualche brivido di comicità, il doppio intervento (col messaggio video e al telefono) di Fiorello, che ha annunciato: forse torno in Rai. Forse sulla prima rete, dove si è stabilito Fabbio, al quale però chiede se lo pagano bene, riecevendone, con un fil di voce per il timore del fisco, risposta positiva.
Seconda parte.
In questa versione, le cose vanno per le lunghe, ancora più della terza rete. Che tempo che fa tira fuori il tavolo attorno alla quale Fabbio fa sedere la solita compagnia di giro, con pochi ospiti a sorpresa in ogni puntata, da affiancare a quelli fissi, alcuni dei quali, soprattutto Marzullo, ha letteralmente sfiancato!
Questa sera ci sarà la puntata del 'lunedì', la puntata 'tardona', che, come Fabbio ha anticipato, avrà, in apertura, ospite Crozza, il suo carissimo amico che forse è già stanco dell'esilio nell' etere affollatissimo di canali e programmi. Vuoi mettere Rai 1?
Insomma il format , di domenica o lunedì, resta lo stesso, quel che è cambiato è la rete che lo trasmette - da Rai 3 a Rai 1, ed il costo per la Rai. al conduttore, all'autore, al proprietario del format, al produttore, che è sempre Fabbio, e che è enormemente aumentato con grande gioia di Fabbio che finalmente, dopo essersi assicurata una tranquilla vecchiaia ed una pensione al di sopra del 'minimo' fra quattro anni - come ha minacciato - potrà dedicarsi all'agricoltura. E ne avrà di lavoro, visto che con i soldi che ha guadagnato s'è già comprata mezza riviera. Ma voi ci credete che se ne andrà?
Per Di Maio un plebiscito di 30.000 voti. E Grillo, l'ex comico, fa lo sbruffone
La designazione di Di Maio, candidato premier per i Cinquestelle, doveva essere un bagno nella democrazia della rete. Ma più che un bagno, si è trattato di una vera e propria immersione, col rischio di annegare. Nientemeno che in 30.000 hanno votato la sua designazione a premier; e siccome ciascuno vale un voto, Grillo ha dato il suo che vale più di tutti e quanto valgono tutti insieme.
A coloro che da tempo vanno dicendo ai Cinquestelle che è arrivata l'ora di crescere, di cambiare, anche in previsione - dio ci scampi e liberi - di un loro futuro governo del paese (nei governi 'locali' hanno già dato), Di Maio ha detto che il suo mandato non contempla il cambiamento dei Cinquestelle, ma del paese, dell'Italia che vuole ripulire come sta facendo la Raggi a Roma, dove ha cambiato il volto della città liberandola dai rifiuti dai topi, dai gabbiani ed anche dai cinghiali e che ora si appresta a liberarla anche da quella stronza di zanzara che sta colpendo i poveri cittadini. Tempo qualche settimana ed anche questo problema sarà risolto, come tutti gli altri.
E subito i biografi incaricati hanno licenziato in rete il curriculum 'vitae et studiorum' del candidato premier, professione giornalista pubblicista, da quando aveva vent'anni. Il suo professore di filosofia fra i primi, attesta, dopo aver giurato sulla Costituzione che che il 31enne Cinquestelle era un allievo modello, gli piaceva la filosofia, con una predilezione per Hegel - quello delle vacche, secondo Baricco - ed anche per i 'congiuntivi': non ne sbagliava uno! poi la storia dell'Università si è interrotta, ma come si può pretendere da uno che ha impegni politici come di Di Maio che si prepari anche agli esami? Lui si è laureato sul campo, con buona pace di De Luca, il governatore campano, che l'ha definito 'mezzapippa'.
Nel mentre Di Maio annunciava che prossimamente renderà nota la squadra di governo - ed oggi i giornali hanno già fatto i nomi di un direttorio - una sorta di consiglio della corona stellare - che dovrebbe affiancare la 'reggenza' del debuttante premier, Fico, non l'albero o il frutto, ma il presidente della Commissione di vigilanza Rai, pentastellato scontento, ha finto consenso al candidato premier, ma poi s'è dileguato per non farsi leggere in viso il dissenso più totale verso la linea di comportamento di Grillo e del suo 'rasputin', casaleggio jr. Ma poi, incalzato dai giornalisti, ha detto chiaramente che alla carica di quasi segretario del partito, lui si candida, non intende tirarsi indietro, e non intende lasciarlo anche quello a Di Maio, non come non avrebbe voluto ma è stato costretto a fare dalla ditta, per la candidatura che ha incoronato, con plebiscito di 30.000 voti, Di Maio.
E Grillo? L'ex comico, dopo aver annunciato che dei 140.000 circa iscritti alla piattaforma e quindi idonei ad esprimere il loro voto, la percentuale dei votanti era stata inferiore appena al 30% circa, dunque plebiscitaria per la rete dei Cinquestelle, s'è messo a fare lo sbruffone, come più volte ha fatto nei giorni scorsi ancora con i giornalisti, ai quali aveva detto che li avrebbe mangiati volentieri per poi vomitarli e ai quali, a Rimini, dopo la proclamazione del candidato Di Maio, ha distribuito bigliettoni - falsi, non quanto la democrazia del suo movimento.
A coloro che da tempo vanno dicendo ai Cinquestelle che è arrivata l'ora di crescere, di cambiare, anche in previsione - dio ci scampi e liberi - di un loro futuro governo del paese (nei governi 'locali' hanno già dato), Di Maio ha detto che il suo mandato non contempla il cambiamento dei Cinquestelle, ma del paese, dell'Italia che vuole ripulire come sta facendo la Raggi a Roma, dove ha cambiato il volto della città liberandola dai rifiuti dai topi, dai gabbiani ed anche dai cinghiali e che ora si appresta a liberarla anche da quella stronza di zanzara che sta colpendo i poveri cittadini. Tempo qualche settimana ed anche questo problema sarà risolto, come tutti gli altri.
E subito i biografi incaricati hanno licenziato in rete il curriculum 'vitae et studiorum' del candidato premier, professione giornalista pubblicista, da quando aveva vent'anni. Il suo professore di filosofia fra i primi, attesta, dopo aver giurato sulla Costituzione che che il 31enne Cinquestelle era un allievo modello, gli piaceva la filosofia, con una predilezione per Hegel - quello delle vacche, secondo Baricco - ed anche per i 'congiuntivi': non ne sbagliava uno! poi la storia dell'Università si è interrotta, ma come si può pretendere da uno che ha impegni politici come di Di Maio che si prepari anche agli esami? Lui si è laureato sul campo, con buona pace di De Luca, il governatore campano, che l'ha definito 'mezzapippa'.
Nel mentre Di Maio annunciava che prossimamente renderà nota la squadra di governo - ed oggi i giornali hanno già fatto i nomi di un direttorio - una sorta di consiglio della corona stellare - che dovrebbe affiancare la 'reggenza' del debuttante premier, Fico, non l'albero o il frutto, ma il presidente della Commissione di vigilanza Rai, pentastellato scontento, ha finto consenso al candidato premier, ma poi s'è dileguato per non farsi leggere in viso il dissenso più totale verso la linea di comportamento di Grillo e del suo 'rasputin', casaleggio jr. Ma poi, incalzato dai giornalisti, ha detto chiaramente che alla carica di quasi segretario del partito, lui si candida, non intende tirarsi indietro, e non intende lasciarlo anche quello a Di Maio, non come non avrebbe voluto ma è stato costretto a fare dalla ditta, per la candidatura che ha incoronato, con plebiscito di 30.000 voti, Di Maio.
E Grillo? L'ex comico, dopo aver annunciato che dei 140.000 circa iscritti alla piattaforma e quindi idonei ad esprimere il loro voto, la percentuale dei votanti era stata inferiore appena al 30% circa, dunque plebiscitaria per la rete dei Cinquestelle, s'è messo a fare lo sbruffone, come più volte ha fatto nei giorni scorsi ancora con i giornalisti, ai quali aveva detto che li avrebbe mangiati volentieri per poi vomitarli e ai quali, a Rimini, dopo la proclamazione del candidato Di Maio, ha distribuito bigliettoni - falsi, non quanto la democrazia del suo movimento.
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MUSICA , RAI: c'era una volta un agente... e ve ne sono ancora oggi che fanno il 'buono e cattivo tempo'
Tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta circolava in Italia un agente molto chiacchierato che rappresentava parecchi big della musica classica. Difficile ignorarlo anche per la sua buffa mole e per un cognome inzeppato di consonanti ( era originario dell'Est Europa); e che si faceva notare soprattutto per altre ragioni : nella sua agenzia, che aveva la residenza fiscale a Montecarlo, figuravano molti big , di quelli di prima fascia assoluta mondiale, per i quali lui riusciva a strappare chachets al di sopra del mercato.
Aveva di fatto drogato, anzi avvelenato il mercato della musica in Italia. Per i suoi artisti da noi richiedeva cachets superiori a tutti gli altri, e forse anche superiori a quelli che riusciva a farsi dare all'estero ( ma questo non lo sappiamo con esattezza). E glieli davano. Si disse allora, quando nella sua rete erano caduti anche alcuni esponenti di spicco dell'organizzazione musicale italiana, che alcuni di loro avevano interessi nella sua agenzia (magari erano proprietari di quote sotto altro nome); ma quest'ultima cosa non si è mai dimostrata. E per di uno di essi, il più chiacchierato ma anche il principe dei direttori artistici, forse non era assolutamente vero, con il senno di poi, essendo morto malandato, quasi nell'indigenza, nonostante che terminasse la sua carriera ancora in servizio (alla Fenice di Venezia).
A quell'agente tanto chiacchierato capitò anche qualche incidente, come quello con i Berliner, in occasione di una loro tournée prima affidatagli e poi subito sfilatagli. E la ragione era solo una: soldi . Ricordiamo male o forse no come andarono le cose? Quell'agente aveva pattuito una cifra per la tournée, sulla cifra pattuita aveva fatto una bella 'cresta', e quando i Berliner vennero a saperlo gliela tolsero. Come si vede non era un apostolo e missionario della musica come ha sempre tentato di farsi accreditare, Era un mercante, per giunta spregiudicato.
Non serve aggiungere che i big della musica facevano a gara per entrare nella sua agenzia. Anche loro non erano apostoli, erano soltanto molto bravi, o considerati tali, e perciò in grado di farsi strapagare; poi l'agente provvedeva a fargli pagare meno tasse, a causa della sua vantaggiosa residenza fiscale.
Quando l'agente venne smascherato e trattato per quel che era, si mise ad organizzare festival o manifestazioni 'chiavi in mano', per le quali offriva i suoi musicisti, l'idea, il programma della serata ecc... Ricordiamo uno spettacolo , davvero scandaloso, da lui proposto alle Terme di Caracalla, con l'Opera di Roma, e che aveva a soggetto forse Cristoforo Colombo. 'Una cagata pazzesca', avrebbe detto Paolo Villaggio, alla quale assistettero anche notabili del mondo politico ( gli stessi che ancora oggi sperano di nascondere i loro panni sporchi facendosi vedere in giro in circostanze più accettabili!Non facciamo nomi).
Di quell'agente, un lupo ammantato da agnello, avevano bisogno soprattutto i provinciali, i quali erano disposti a pagare per figurare. Ed anche questo contribuì a far lievitare i cachets. Senonché ad un certo punto la situazione divenne troppo scandalosa e l'agente a gambe levate dovette riparare nella sua residenza fiscale. Non che sia del tutto sparito, perchè anche oggi c'è chi ha bisogno di lui, magari solo per farsi bello con nomi altisonanti, strapagati, ma al suo strapotere si mise un freno.
Oggi, nella musica, ci sono ancora agenti come quello di cui vi stiamo parlando? Certo che ve ne sono. Uno soprattutto, americano, con rappresentanze ovunque, che ha nella sua agenzia molti big che molla con altri (comprimari) con la formula: 'prendere o lasciare '. E, come quell'agente, organizza tournée internazionali e pure manifestazioni singole e interi festival. Perchè anche l'agente americano, come quello monegasco, tiene a dire che lui fa quel lavoro per amore della musica, essendo stato anche lui musicista (come quello monegasco), poi costrettovi dalle circostanze della vita. Noi,, naturalmente apparteniamo a quella sparuta schiera di cronisti che non ha mai creduto ad una sola parola dell'uno e dell'altro.
In Rai la musica non cambia. Vi sono due , massimo tre agenti che fanno in tutte le reti televisive e nelle fiction il buono e cattivo tempo. Hanno nelle loro agenzie alcuni big, molti comprimari, gruppi di autori, e sono titolari anche di case di produzione, con quote riservate anche alle loro galline dalle uova d'oro, che si fanno pagare due o tre volte i loro prodotti.
In questi giorni se ne parla per il programma di Fabio Fazio, Che tempo che fa, passato dalla terza alla rima rete della Rai, per il quale un agente fornisce conduttore, partecipanti, autori, produzione, format...Che altro?
Un parlamentare del PD, segretario della Commissione di Vigilanza Rai, che parla più spesso a sproposito, una volta che ha detto una cosa giusta è stato messo in minoranza. Aveva proposto un 'ATTO DI INDIRIZZO' per mettere fine a tutte queste anomalie ed allo strapotere , in generale, degli agenti; glielo hanno bocciato, anche quelli del suo partito, per bocca di Giacomelli, ed anche perchè se fosse stato approvato, il programma di Fazio non sarebbe potuto andare in onda, perchè contravveniva a tutte le regole, a cominciare dal cachet del conduttore-autore-proprietario del format e produttore.
Ora una domanda sorge spontanea, come direbbe Antonio Lubrano: perchè lo strapotere di pochi esterni nell'azienda culturale più importante del paese? La risposta non può che essere una, assai simile a quella che ci si dava all'epoca per l'agente monegasco. La pochezza dei dirigenti, la loro pigrizia, il dispregio totale delle intelligenze e forze che lavorano in Rai ed il sospetto - come ai tempi del nostro agente - che vi sia anche dell'altro, che forse non si vuole far venire alla luce.
Per queste ragioni il codice di comportamento formulato e proposto da Anzaldi non verrà mai approvato. Fino al prossimo caso o scandalo; e comunque non prima di quattro anni, quando 'Fabbio' ha promesso che si ritirerà a coltivare i campi.
Aveva di fatto drogato, anzi avvelenato il mercato della musica in Italia. Per i suoi artisti da noi richiedeva cachets superiori a tutti gli altri, e forse anche superiori a quelli che riusciva a farsi dare all'estero ( ma questo non lo sappiamo con esattezza). E glieli davano. Si disse allora, quando nella sua rete erano caduti anche alcuni esponenti di spicco dell'organizzazione musicale italiana, che alcuni di loro avevano interessi nella sua agenzia (magari erano proprietari di quote sotto altro nome); ma quest'ultima cosa non si è mai dimostrata. E per di uno di essi, il più chiacchierato ma anche il principe dei direttori artistici, forse non era assolutamente vero, con il senno di poi, essendo morto malandato, quasi nell'indigenza, nonostante che terminasse la sua carriera ancora in servizio (alla Fenice di Venezia).
A quell'agente tanto chiacchierato capitò anche qualche incidente, come quello con i Berliner, in occasione di una loro tournée prima affidatagli e poi subito sfilatagli. E la ragione era solo una: soldi . Ricordiamo male o forse no come andarono le cose? Quell'agente aveva pattuito una cifra per la tournée, sulla cifra pattuita aveva fatto una bella 'cresta', e quando i Berliner vennero a saperlo gliela tolsero. Come si vede non era un apostolo e missionario della musica come ha sempre tentato di farsi accreditare, Era un mercante, per giunta spregiudicato.
Non serve aggiungere che i big della musica facevano a gara per entrare nella sua agenzia. Anche loro non erano apostoli, erano soltanto molto bravi, o considerati tali, e perciò in grado di farsi strapagare; poi l'agente provvedeva a fargli pagare meno tasse, a causa della sua vantaggiosa residenza fiscale.
Quando l'agente venne smascherato e trattato per quel che era, si mise ad organizzare festival o manifestazioni 'chiavi in mano', per le quali offriva i suoi musicisti, l'idea, il programma della serata ecc... Ricordiamo uno spettacolo , davvero scandaloso, da lui proposto alle Terme di Caracalla, con l'Opera di Roma, e che aveva a soggetto forse Cristoforo Colombo. 'Una cagata pazzesca', avrebbe detto Paolo Villaggio, alla quale assistettero anche notabili del mondo politico ( gli stessi che ancora oggi sperano di nascondere i loro panni sporchi facendosi vedere in giro in circostanze più accettabili!Non facciamo nomi).
Di quell'agente, un lupo ammantato da agnello, avevano bisogno soprattutto i provinciali, i quali erano disposti a pagare per figurare. Ed anche questo contribuì a far lievitare i cachets. Senonché ad un certo punto la situazione divenne troppo scandalosa e l'agente a gambe levate dovette riparare nella sua residenza fiscale. Non che sia del tutto sparito, perchè anche oggi c'è chi ha bisogno di lui, magari solo per farsi bello con nomi altisonanti, strapagati, ma al suo strapotere si mise un freno.
Oggi, nella musica, ci sono ancora agenti come quello di cui vi stiamo parlando? Certo che ve ne sono. Uno soprattutto, americano, con rappresentanze ovunque, che ha nella sua agenzia molti big che molla con altri (comprimari) con la formula: 'prendere o lasciare '. E, come quell'agente, organizza tournée internazionali e pure manifestazioni singole e interi festival. Perchè anche l'agente americano, come quello monegasco, tiene a dire che lui fa quel lavoro per amore della musica, essendo stato anche lui musicista (come quello monegasco), poi costrettovi dalle circostanze della vita. Noi,, naturalmente apparteniamo a quella sparuta schiera di cronisti che non ha mai creduto ad una sola parola dell'uno e dell'altro.
In Rai la musica non cambia. Vi sono due , massimo tre agenti che fanno in tutte le reti televisive e nelle fiction il buono e cattivo tempo. Hanno nelle loro agenzie alcuni big, molti comprimari, gruppi di autori, e sono titolari anche di case di produzione, con quote riservate anche alle loro galline dalle uova d'oro, che si fanno pagare due o tre volte i loro prodotti.
In questi giorni se ne parla per il programma di Fabio Fazio, Che tempo che fa, passato dalla terza alla rima rete della Rai, per il quale un agente fornisce conduttore, partecipanti, autori, produzione, format...Che altro?
Un parlamentare del PD, segretario della Commissione di Vigilanza Rai, che parla più spesso a sproposito, una volta che ha detto una cosa giusta è stato messo in minoranza. Aveva proposto un 'ATTO DI INDIRIZZO' per mettere fine a tutte queste anomalie ed allo strapotere , in generale, degli agenti; glielo hanno bocciato, anche quelli del suo partito, per bocca di Giacomelli, ed anche perchè se fosse stato approvato, il programma di Fazio non sarebbe potuto andare in onda, perchè contravveniva a tutte le regole, a cominciare dal cachet del conduttore-autore-proprietario del format e produttore.
Ora una domanda sorge spontanea, come direbbe Antonio Lubrano: perchè lo strapotere di pochi esterni nell'azienda culturale più importante del paese? La risposta non può che essere una, assai simile a quella che ci si dava all'epoca per l'agente monegasco. La pochezza dei dirigenti, la loro pigrizia, il dispregio totale delle intelligenze e forze che lavorano in Rai ed il sospetto - come ai tempi del nostro agente - che vi sia anche dell'altro, che forse non si vuole far venire alla luce.
Per queste ragioni il codice di comportamento formulato e proposto da Anzaldi non verrà mai approvato. Fino al prossimo caso o scandalo; e comunque non prima di quattro anni, quando 'Fabbio' ha promesso che si ritirerà a coltivare i campi.
venerdì 22 settembre 2017
Cartolina dall'Arena di Verona. E' stata vera gloria l'estate operistica nel grande anfiteatro? Saluti
Cari amici,
innanzitutto voglio dirvi che Verona cerca il nuovo sovrintendente dell'Arena. Non si sa ancora se il nuovo sindaco, Sboarina, terrà Polo; intanto resta il commissario Fuortes, e c'è pure la direttora generale Tartarotti, come anche un 'vice' direttore artistico, Sobrino - vice di chi ? Ai box si starebbe scaldando Cecilia Gasdia, ma non si sa se sarà presa in considerazione dal sindaco: Lei ci conta, anche perchè è stata capolista di una compagine che lo ha appoggiato alle elezioni; ma si sta scaldando per correre come direttore artistico o sovrintendente? Non si sa ancora in queste ore, ciò che si sa è che in ambedue i ruoli sarebbe al debutto in un incarico di responsabilità artistica o amministrativa in una istituzione piena di guai.
Intanto ecco i numeri del grande successo della stagione appena conclusa:
- Dei posti disponibili, ogni sera, della vasta platea, 13.000 circa, mediamente ne sono stati occupati intorno agli 8.000, lasciandone vuoti 5.000 appena a sera che, moltiplicati per 48 serate, fa 240.000 posti circa invenduti per tutta la stagione, superati di gran lunga da quelli venduti: 380.000 circa.
Rispetto alla stagione precedente, quella disastrosa, l'incremento è stato del 2,8 % circa.
L'unica serata che ha fatto un quasi flop è stata quelle in cui veniva eseguita al IX Sinfonia di Beethoven, che ha totalizzato circa 7.000 biglietti venduti, con il positivo risultato di non veder pigiati gli spettatori come nelle altre sere, quando erano mediamente 8.000. Insomma con metà Arena vuota si respirava a pieni polmoni.
- Gli incassi hanno registrato un incremento rispetto al 2016 del 3% circa, attestandosi quest'anno intorno ai 22 milioni e 600 mila circa. Nelle 48 serate di spettacolo, l'incasso medio è stato di 470.000 Euro circa, con l'eccezione in negativo della serata della celebre ultima Sinfonia beethoveniana, quando l'incasso è stato di poco superiore ai 250.000 Euro circa.
-L'ultima notizia positiva, una volta registrati i successi clamorosi di botteghino e posti venduti, riguarda la stagione prossima, quella del 2018, quando le serate saranno una in meno di quest'anno, 47 e non 48, e si svolgerà dal 22 giugno al 1 settembre. I titoli rappresentati, cinque in tutto, saranno: Carmen, in apertura, con la regia di De Ana, in un nuovo allestimento; di De Ana sarà anche la regia dell Barbiere di alcuni anni fa; due opere con la regia di Zeffirelli (Aida, Turandot) e Nabucco, con la regia di Bernard. Anche la prossima stagione si preannuncia come un ulteriore grande successo.
Saluti dall'Arena che, fra breve, si godrà il meritato risposo di due mesi, a seguito della chiusura per risparmio, concessa da Fuortes ai dipendenti affaticati.
innanzitutto voglio dirvi che Verona cerca il nuovo sovrintendente dell'Arena. Non si sa ancora se il nuovo sindaco, Sboarina, terrà Polo; intanto resta il commissario Fuortes, e c'è pure la direttora generale Tartarotti, come anche un 'vice' direttore artistico, Sobrino - vice di chi ? Ai box si starebbe scaldando Cecilia Gasdia, ma non si sa se sarà presa in considerazione dal sindaco: Lei ci conta, anche perchè è stata capolista di una compagine che lo ha appoggiato alle elezioni; ma si sta scaldando per correre come direttore artistico o sovrintendente? Non si sa ancora in queste ore, ciò che si sa è che in ambedue i ruoli sarebbe al debutto in un incarico di responsabilità artistica o amministrativa in una istituzione piena di guai.
Intanto ecco i numeri del grande successo della stagione appena conclusa:
- Dei posti disponibili, ogni sera, della vasta platea, 13.000 circa, mediamente ne sono stati occupati intorno agli 8.000, lasciandone vuoti 5.000 appena a sera che, moltiplicati per 48 serate, fa 240.000 posti circa invenduti per tutta la stagione, superati di gran lunga da quelli venduti: 380.000 circa.
Rispetto alla stagione precedente, quella disastrosa, l'incremento è stato del 2,8 % circa.
L'unica serata che ha fatto un quasi flop è stata quelle in cui veniva eseguita al IX Sinfonia di Beethoven, che ha totalizzato circa 7.000 biglietti venduti, con il positivo risultato di non veder pigiati gli spettatori come nelle altre sere, quando erano mediamente 8.000. Insomma con metà Arena vuota si respirava a pieni polmoni.
- Gli incassi hanno registrato un incremento rispetto al 2016 del 3% circa, attestandosi quest'anno intorno ai 22 milioni e 600 mila circa. Nelle 48 serate di spettacolo, l'incasso medio è stato di 470.000 Euro circa, con l'eccezione in negativo della serata della celebre ultima Sinfonia beethoveniana, quando l'incasso è stato di poco superiore ai 250.000 Euro circa.
-L'ultima notizia positiva, una volta registrati i successi clamorosi di botteghino e posti venduti, riguarda la stagione prossima, quella del 2018, quando le serate saranno una in meno di quest'anno, 47 e non 48, e si svolgerà dal 22 giugno al 1 settembre. I titoli rappresentati, cinque in tutto, saranno: Carmen, in apertura, con la regia di De Ana, in un nuovo allestimento; di De Ana sarà anche la regia dell Barbiere di alcuni anni fa; due opere con la regia di Zeffirelli (Aida, Turandot) e Nabucco, con la regia di Bernard. Anche la prossima stagione si preannuncia come un ulteriore grande successo.
Saluti dall'Arena che, fra breve, si godrà il meritato risposo di due mesi, a seguito della chiusura per risparmio, concessa da Fuortes ai dipendenti affaticati.
giovedì 21 settembre 2017
Come dicevamo, il vero scandalo resta Fabio Fazio, detto Fabbio - come ha dimostrato, ancora ieri, la discussione in Vigilanza
La commissione di vigilanza avrebbe dovuto discutere, approvare e portare in aula un regolamento - non sappiamo in quale forma legislativa - second la quale Fazio non sarebbe potuto andare in onda nè avrebbe potuto firmare il suo contratto multiforme che lo compensa per molte voci, alcune delle quali vergognose, come la presentazione, la produzione, il format; insomma, per tutte.
Si voleva fermare lo strapotere degli agenti, nello specifico Caschetto al quale Fazio nella stagione passata, in occasione del suo compleanno, ha fatto gli auguri in diretta, con una improntitudine davvero impressionante. La star appartenente ad una agenzia non poteva tirarsi appresso altri rappresentati dalla medesima agenzia- si voleva approvare. Ora quella norma va a puttane.
Come ci va anche l'altra che prevedeva che una star non poteva appaltare la realizzazione del suo programma ad una società di cui egli era proprietario in toto o socio.
Per non dire anche degli alti, scandalosi compensi, quelli di Fazio in primis.
Fossero passate quelle norme, Fazio non sarebbe potuto andare in onda perchè da solo, ed in coppia con il suo agente, le contravveniva tutte in blocco. E' dovuto intervenire Giacomelli, che nel caso specifico giocava nel ruolo amico del giaguaro, per salvare capra (Fazio) e cavoli ( i suoi affari e quelli di Caschetto e di OFFicina), a spese dei contrubuenti.
Non sarebbe stato meglio che Fabio Fazio, detto Fabbio, si fosse ritirato, lasciando tutti con un palmo di naso, a coltivare i suoi investimenti e il suo uliveto - sicuramente avrà anche quello - in Liguria?
Si voleva fermare lo strapotere degli agenti, nello specifico Caschetto al quale Fazio nella stagione passata, in occasione del suo compleanno, ha fatto gli auguri in diretta, con una improntitudine davvero impressionante. La star appartenente ad una agenzia non poteva tirarsi appresso altri rappresentati dalla medesima agenzia- si voleva approvare. Ora quella norma va a puttane.
Come ci va anche l'altra che prevedeva che una star non poteva appaltare la realizzazione del suo programma ad una società di cui egli era proprietario in toto o socio.
Per non dire anche degli alti, scandalosi compensi, quelli di Fazio in primis.
Fossero passate quelle norme, Fazio non sarebbe potuto andare in onda perchè da solo, ed in coppia con il suo agente, le contravveniva tutte in blocco. E' dovuto intervenire Giacomelli, che nel caso specifico giocava nel ruolo amico del giaguaro, per salvare capra (Fazio) e cavoli ( i suoi affari e quelli di Caschetto e di OFFicina), a spese dei contrubuenti.
Non sarebbe stato meglio che Fabio Fazio, detto Fabbio, si fosse ritirato, lasciando tutti con un palmo di naso, a coltivare i suoi investimenti e il suo uliveto - sicuramente avrà anche quello - in Liguria?
Più ITALIA (serie e film) nei palinsesti radio televisivi, vorrebbe Franceschini. Perchè non fa altrettanto per la MUSICA?
Barricate di tutte le emittenti radio televisive italiane, dalla Rai a Fox, contro Franceschini che starebbe per far varare dal governo un Decreto legge che imporrebbe, per quote, addirittura doppie rispetto a quelle vigenti, e obbligatorie, gli investimenti in opere italiane ed europee, delle emittenti televisive. Alle quali, di conseguenza, devono riservare adeguato spazio nella loro programmazione, dove ora primeggiano i prodotti americani.
In una lettera di protesta, le emittenti redio televisive, capeggiate dalla Rai, fanno notare che esiste già una quota di prodotti italiani ed europei e che tale quota non si può aumentare, per due ragioni. La prima è che il pubblico preferirebbe ( loro dicono: preferisce) film e serie americani, e assai meno gli uni e le altre italiani; e la seconda sarebbe( loro scrivono: è) che i prodotti italiani sono più costosi.
Franceschini si difende portando a modello il caso della Francia, dove le percentuali dei prodotti francesi sono della stessa misura, se non maggiore, che il ministro vorrebbe introdurre (imporre per legge) in Italia.
Le emittenti rispondono che il modello francese non può essere né importato né imitato in Italia, per la semplice ragione che i nostri cugini hanno un pubblico doppio del nostro e gli investimenti pubblici nel settore sono il quadruplo di quelli italiani. Avrà capito Franceschini il senso della lettera? Dacci più soldi e noi ti daremo più quote, ma se le risorse stanno al palo, scordati di pretendere quote maggiori delle presenti che sono già abbastanza alte, nella loro visione.
Nei fatti oggi al cinema ed alle serie italiani ed europei viene solitamente riservata, dalle emittenti italiane la 'seconda' serata. Franceschini vorrebbe imporre per decreto che a quegli stessi prodotti sia riservata la 'prima' serata.
Attualmente le emittenti televisive sono obbligate ad investire nei prodotti 'made in Italy' il 10% del loro fatturato annuale, Franceschini vorrebbe portare tale percentuale al 20% . E per la Rai, in particolare, la percentuale che oggi è già al 15, dovrebbe arrivare nel giro di due anni, al 30%.
Franceschini, detto in cifre, vorrebbe che gli investimenti che oggi si aggirano sui 700 milioni di Euro circa, passassero a 1,2 miliardi circa a regime nel 2019 con un incremento di 500 milioni circa che le emittenti ritengono assolutamente insostenibile. Chi non si attiene, sarà raggiunto da sanzioni abbastanza gravose, e superiori anche a quelle comminate a chi viola, nelle trasmissioni, la tutela dei minori.
Ah, le quote! Franceschini vorrebbe imporre alle emittenti radiotelevisive italiane quote che ci sembrano assai simili a quelle 'rosa'. In ogni istituzione pubblica ci deve essere uno spazio riservato alle donne che per troppo tempo, pur essendo maggioranza nel paese, sono state sempre trattate come fossero 'minoranza', specie negli incarichi di vertice. Le quote, purtroppo, fanno sempre una brutta impressione, anche quando sembrano essere l'unico modo per riformare un sistema che fatica a modernizzarsi. Anche perchè non è che le donne - che secondo Riccardo Muti, in base alla sua esperienza, ritiene siano 'più attrezzate' degli uomini che salgono sul podio: ma che avrà voluto dire? - rappresentano di per sé, a seconda delle quote, la modernità o meno di un paese ecc...
Comunque noi che da molti anni ci battiamo per una presenza maggiore di artisti italiani nelle istituzioni musicali del nostro paese, dovremmo applaudire Franceschini ed invitarlo a fare altrettanto in campo musicale; se non ad applicare le stesse percentuali, quantomeno la medesima logica; perché anche il settore musicale, è bene ricordarlo, senza il finanziamento pubblico, per quanto al di sotto di molte altre nazioni europee, non potrebbe sopravvivere, neppure esistere.
Nel caso delle istituzioni musicali, abbiamo tante volte dimostrato che non esistono quote riservate agli italiani e che in molte stagioni, anche di istituzioni importanti, gli artisti italiani quasi sono esclusi del tutto. Come è possibile?
Negli anni passati, ma in quelli più recenti, ricordiamo di aver fatto e proposto un esame dettagliato di alcune stagioni musicali; come ad esempio, quelle di Santa Cecilia e dell'Orchestra Nazionale della Rai, rilevando in tutta evidenza che in quei cartelloni la presenza di artisti italiani era quasi pari allo zero; dove perciò una quota intorno al 20% sarebbe quantomeno auspicabile e sacrosanta.
Le istituzioni, interpellate sulla questione, hanno sempre risposto che gli artisti stranieri sono sempre più bravi e quindi da preferire, ed oltretutto costano meno degli italiani. Ambedue le affermazioni sono state puntualmente smentite da gente del mestiere, che ha assicurato che gli artisti italiani sono bravi quanto, se non più degli artisti stranieri e costano meno o al pari dei loro colleghi. Dunque sbugiardati!
Ma allora perché si continua a tenerli alla larga dai cartelloni italiani finanziati con soldi pubblici?
Le ragioni possono essere, e sono, tante. Innanzitutto - è bene dirlo senza timore - potrebbero esserci strani traffici fra direzioni artistiche ed agenzie di rappresentanza e case discografiche. E' calunnioso pensare che girino mazzette o ci siano interessi di genere diverso da quello artistico e musicale?
C'è poi la pochezza di molti direttori artistici, incapaci di valutare le qualità di un musicista che si presentasse ad un'audizione, e per questo si fidano ciecamente - non potendo fare altrimenti - delle agenzie, le quali non essendo istituzioni di beneficienza badano ai c... propri. C'è un mercanteggiamento fra agenzie e istituzioni: ti dò la star ma ti devi prendere anche il comprimario, ed alle mie condizioni. E, già che ci siamo, ti prendi l'artista che ti dò io e prendi anche il suo programma (il massimo nelle tournée).
Ma c'è anche la storia che il cognome straniero fa sempre più effetto di uno italiano, e se giovane ancor di più; se poi si tratta di una musicista femmina, anche carina oltre che brava, non c'è storia.
Per queste ed altre ragioni si verifica anche che un giovane artista appena laureato in un concorso internazionale, se straniero arriva come un razzo nelle nostre sale, se invece è un italiano: gli si fa fare una trafila deprimente e sfiancante.
Se non credete a quello che vi stiamo dicendo, domandatelo a Mario Brunello, vincitore di concorso a Mosca, snobbato in Italia. Oggi è onnipresente, se l'è meritato e sudato, ovvio; ma all'epoca della vittoria, noi allora direttore di Piano Time, fummo forse l'unico a difenderlo a spada tratta, invitando le istituzioni musicali italiana a dargli lo spazio che tale vittoria prestigiosissima gli meritava. Anche Brunello dovette attendere.
Ci sono anche casi strani, dove le capacità di un artista, sembrano avallate e moltiplicate da episodi ed elementi che riguardano la sua vita privata, come nel caso di un pianista iraniano che va raccontando ogni volta la sua storia di esule, ed anche per questo è presente nei cartelloni delle istituzioni italiane, con una operazione di marketing ben architettata ed anche riuscita.
Noi non vogliamo spingerci a dire che in Italia si deve fare come in Francia, dove gli artisti francesi, hanno nelle istituzioni musicali una specie di monopolio; ma senza arrivare al monopolio, sarà possibile domandare , forse anche pretendere, che i nostri artisti non siano praticamente esclusi in patria? Che ne dice Franceschini?
In una lettera di protesta, le emittenti redio televisive, capeggiate dalla Rai, fanno notare che esiste già una quota di prodotti italiani ed europei e che tale quota non si può aumentare, per due ragioni. La prima è che il pubblico preferirebbe ( loro dicono: preferisce) film e serie americani, e assai meno gli uni e le altre italiani; e la seconda sarebbe( loro scrivono: è) che i prodotti italiani sono più costosi.
Franceschini si difende portando a modello il caso della Francia, dove le percentuali dei prodotti francesi sono della stessa misura, se non maggiore, che il ministro vorrebbe introdurre (imporre per legge) in Italia.
Le emittenti rispondono che il modello francese non può essere né importato né imitato in Italia, per la semplice ragione che i nostri cugini hanno un pubblico doppio del nostro e gli investimenti pubblici nel settore sono il quadruplo di quelli italiani. Avrà capito Franceschini il senso della lettera? Dacci più soldi e noi ti daremo più quote, ma se le risorse stanno al palo, scordati di pretendere quote maggiori delle presenti che sono già abbastanza alte, nella loro visione.
Nei fatti oggi al cinema ed alle serie italiani ed europei viene solitamente riservata, dalle emittenti italiane la 'seconda' serata. Franceschini vorrebbe imporre per decreto che a quegli stessi prodotti sia riservata la 'prima' serata.
Attualmente le emittenti televisive sono obbligate ad investire nei prodotti 'made in Italy' il 10% del loro fatturato annuale, Franceschini vorrebbe portare tale percentuale al 20% . E per la Rai, in particolare, la percentuale che oggi è già al 15, dovrebbe arrivare nel giro di due anni, al 30%.
Franceschini, detto in cifre, vorrebbe che gli investimenti che oggi si aggirano sui 700 milioni di Euro circa, passassero a 1,2 miliardi circa a regime nel 2019 con un incremento di 500 milioni circa che le emittenti ritengono assolutamente insostenibile. Chi non si attiene, sarà raggiunto da sanzioni abbastanza gravose, e superiori anche a quelle comminate a chi viola, nelle trasmissioni, la tutela dei minori.
Ah, le quote! Franceschini vorrebbe imporre alle emittenti radiotelevisive italiane quote che ci sembrano assai simili a quelle 'rosa'. In ogni istituzione pubblica ci deve essere uno spazio riservato alle donne che per troppo tempo, pur essendo maggioranza nel paese, sono state sempre trattate come fossero 'minoranza', specie negli incarichi di vertice. Le quote, purtroppo, fanno sempre una brutta impressione, anche quando sembrano essere l'unico modo per riformare un sistema che fatica a modernizzarsi. Anche perchè non è che le donne - che secondo Riccardo Muti, in base alla sua esperienza, ritiene siano 'più attrezzate' degli uomini che salgono sul podio: ma che avrà voluto dire? - rappresentano di per sé, a seconda delle quote, la modernità o meno di un paese ecc...
Comunque noi che da molti anni ci battiamo per una presenza maggiore di artisti italiani nelle istituzioni musicali del nostro paese, dovremmo applaudire Franceschini ed invitarlo a fare altrettanto in campo musicale; se non ad applicare le stesse percentuali, quantomeno la medesima logica; perché anche il settore musicale, è bene ricordarlo, senza il finanziamento pubblico, per quanto al di sotto di molte altre nazioni europee, non potrebbe sopravvivere, neppure esistere.
Nel caso delle istituzioni musicali, abbiamo tante volte dimostrato che non esistono quote riservate agli italiani e che in molte stagioni, anche di istituzioni importanti, gli artisti italiani quasi sono esclusi del tutto. Come è possibile?
Negli anni passati, ma in quelli più recenti, ricordiamo di aver fatto e proposto un esame dettagliato di alcune stagioni musicali; come ad esempio, quelle di Santa Cecilia e dell'Orchestra Nazionale della Rai, rilevando in tutta evidenza che in quei cartelloni la presenza di artisti italiani era quasi pari allo zero; dove perciò una quota intorno al 20% sarebbe quantomeno auspicabile e sacrosanta.
Le istituzioni, interpellate sulla questione, hanno sempre risposto che gli artisti stranieri sono sempre più bravi e quindi da preferire, ed oltretutto costano meno degli italiani. Ambedue le affermazioni sono state puntualmente smentite da gente del mestiere, che ha assicurato che gli artisti italiani sono bravi quanto, se non più degli artisti stranieri e costano meno o al pari dei loro colleghi. Dunque sbugiardati!
Ma allora perché si continua a tenerli alla larga dai cartelloni italiani finanziati con soldi pubblici?
Le ragioni possono essere, e sono, tante. Innanzitutto - è bene dirlo senza timore - potrebbero esserci strani traffici fra direzioni artistiche ed agenzie di rappresentanza e case discografiche. E' calunnioso pensare che girino mazzette o ci siano interessi di genere diverso da quello artistico e musicale?
C'è poi la pochezza di molti direttori artistici, incapaci di valutare le qualità di un musicista che si presentasse ad un'audizione, e per questo si fidano ciecamente - non potendo fare altrimenti - delle agenzie, le quali non essendo istituzioni di beneficienza badano ai c... propri. C'è un mercanteggiamento fra agenzie e istituzioni: ti dò la star ma ti devi prendere anche il comprimario, ed alle mie condizioni. E, già che ci siamo, ti prendi l'artista che ti dò io e prendi anche il suo programma (il massimo nelle tournée).
Ma c'è anche la storia che il cognome straniero fa sempre più effetto di uno italiano, e se giovane ancor di più; se poi si tratta di una musicista femmina, anche carina oltre che brava, non c'è storia.
Per queste ed altre ragioni si verifica anche che un giovane artista appena laureato in un concorso internazionale, se straniero arriva come un razzo nelle nostre sale, se invece è un italiano: gli si fa fare una trafila deprimente e sfiancante.
Se non credete a quello che vi stiamo dicendo, domandatelo a Mario Brunello, vincitore di concorso a Mosca, snobbato in Italia. Oggi è onnipresente, se l'è meritato e sudato, ovvio; ma all'epoca della vittoria, noi allora direttore di Piano Time, fummo forse l'unico a difenderlo a spada tratta, invitando le istituzioni musicali italiana a dargli lo spazio che tale vittoria prestigiosissima gli meritava. Anche Brunello dovette attendere.
Ci sono anche casi strani, dove le capacità di un artista, sembrano avallate e moltiplicate da episodi ed elementi che riguardano la sua vita privata, come nel caso di un pianista iraniano che va raccontando ogni volta la sua storia di esule, ed anche per questo è presente nei cartelloni delle istituzioni italiane, con una operazione di marketing ben architettata ed anche riuscita.
Noi non vogliamo spingerci a dire che in Italia si deve fare come in Francia, dove gli artisti francesi, hanno nelle istituzioni musicali una specie di monopolio; ma senza arrivare al monopolio, sarà possibile domandare , forse anche pretendere, che i nostri artisti non siano praticamente esclusi in patria? Che ne dice Franceschini?
martedì 19 settembre 2017
Il vero scandalo non è Veronica Oliva, ma Fabio Fazio, detto 'Fabbio'
Nella nostra quotidiana puntatina all'edicola sotto casa, oltre i soliti quotidiani, ci siamo fatti convincere dalla copertina, ad acquistare anche un noto settimanale, sulla quale campeggiava, un titolone: 'Per questa donna Fazio è nella bufera', settimanale che mai e poi mai avremmo comprato per il resto dei servizi.
La copertina ritrae anche Fazio in compagnia di una giovane donna, Veronica Oliva, che è fra le autrici di 'Che tempo che fa' e lo è stata anche delle trasmissioni extra di Fazio. Della quale, altri settimanali, specializzati in gossip e rivelazione sui vip e sulle persone del loro circondario, hanno scritto che aveva iniziato come 'guardarobiera' della trasmissione di Fazio, e che poi aveva scalato tutti i gradini intermedi fino a raggiungere, e a stabilirvisi, quello di 'autore'. I giornali accennano anche ad altro, e cioè che fra Fabbio e la Veronica ci sia del tenero, e che il mega contratto che Lei ha sottoscritto con la società Officina CHE PRODUCE IL PROGRAMMA, è di proprietà anche di Fabbio, il quale le assegna la bella cifra di 300.000 Euro circa, superiore anche a quello del direttore generale Rai, Mario Orfeo.
Avesse lavorato in Rai, dipendente o in qualunque altra maniera, ancor più se collaboratrice, appena superata la cifra di 80.000 Euro come compenso, il suo nome figurava nell'elenco dei dipendenti e collaboratori, di pubblico dominio. Ma lì il suo nome non c'è. Dunque se anche percepisce quel compenso - non male, direbbe Selvaggia Lucarelli che un compenso simile ambirebbe ricevere dal Fatto Quotidiano, ma Travaglio e Padellaro fanno orecchie da mercante; e per questo ha chiesto a Fazio di arruolarla fra i suoi autori, pagandola anche meno, ma non di tanto, di Veronica Oliva - il compenso glielo dà la società produttrice che è anche di Fazio. Fabbio un corno, perchè la società si fa pagare il prodotto dalla Rai, e se lo fa pagare profumatamente - per poter compensare anche profumatamente la Oliva?
Ora non è scandaloso che una ragazza, partita come guardarobiera sia diventata, applicandosi ed applicandosi, autrice del programma nel quale si era introdotta, con un lavoro fra i più umili.
Non sarebbe il primo caso e neppure l'ultimo. Conoscete la diva del canto Anna Netrebko, bella brava e strapagata? Lei, da giovane, tanto era l'amore per l'opera, che per entrare al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, s'era fatta assumere come donna delle pulizie. Ed oggi è una diva dei teatri d'opera, dal cachet stellare.
E non è neppure scandaloso che fra lei e Fabbio, qualora fosse vero, sia scoccato l'amore. beati loro. Come non lo è neanche il suo compenso, che possiamo almeno definire generoso?
LO scandalo, quello vero è Fabbio che riesce sempre a farsi dare, dai dirigenti consenzienti e di manica larga ma con i soldi pubblici Rai, quello che vuole, non vergognandosi lui che poi fa il moralista e predicatore, dal suo pulpito della domenica sera. Quello è il vero scandalo, e la giustificazione che lui si fa pagare per quello che vale e secondo il mercato, è una giustificazione del c... . Peggio ancora fanno coloro che le sue richieste esosissime ed anche un pò scandalose assecondano, nel finto timore che il giovanotto dalle uova d'oro - più per il suo pollaio che per quello della televisione pubblica - vada a deporle altrove. E tutto per quell'altra idiota storia del political correct di cui Fabbio si ritiene essere l'incarnazione.
La copertina ritrae anche Fazio in compagnia di una giovane donna, Veronica Oliva, che è fra le autrici di 'Che tempo che fa' e lo è stata anche delle trasmissioni extra di Fazio. Della quale, altri settimanali, specializzati in gossip e rivelazione sui vip e sulle persone del loro circondario, hanno scritto che aveva iniziato come 'guardarobiera' della trasmissione di Fazio, e che poi aveva scalato tutti i gradini intermedi fino a raggiungere, e a stabilirvisi, quello di 'autore'. I giornali accennano anche ad altro, e cioè che fra Fabbio e la Veronica ci sia del tenero, e che il mega contratto che Lei ha sottoscritto con la società Officina CHE PRODUCE IL PROGRAMMA, è di proprietà anche di Fabbio, il quale le assegna la bella cifra di 300.000 Euro circa, superiore anche a quello del direttore generale Rai, Mario Orfeo.
Avesse lavorato in Rai, dipendente o in qualunque altra maniera, ancor più se collaboratrice, appena superata la cifra di 80.000 Euro come compenso, il suo nome figurava nell'elenco dei dipendenti e collaboratori, di pubblico dominio. Ma lì il suo nome non c'è. Dunque se anche percepisce quel compenso - non male, direbbe Selvaggia Lucarelli che un compenso simile ambirebbe ricevere dal Fatto Quotidiano, ma Travaglio e Padellaro fanno orecchie da mercante; e per questo ha chiesto a Fazio di arruolarla fra i suoi autori, pagandola anche meno, ma non di tanto, di Veronica Oliva - il compenso glielo dà la società produttrice che è anche di Fazio. Fabbio un corno, perchè la società si fa pagare il prodotto dalla Rai, e se lo fa pagare profumatamente - per poter compensare anche profumatamente la Oliva?
Ora non è scandaloso che una ragazza, partita come guardarobiera sia diventata, applicandosi ed applicandosi, autrice del programma nel quale si era introdotta, con un lavoro fra i più umili.
Non sarebbe il primo caso e neppure l'ultimo. Conoscete la diva del canto Anna Netrebko, bella brava e strapagata? Lei, da giovane, tanto era l'amore per l'opera, che per entrare al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, s'era fatta assumere come donna delle pulizie. Ed oggi è una diva dei teatri d'opera, dal cachet stellare.
E non è neppure scandaloso che fra lei e Fabbio, qualora fosse vero, sia scoccato l'amore. beati loro. Come non lo è neanche il suo compenso, che possiamo almeno definire generoso?
LO scandalo, quello vero è Fabbio che riesce sempre a farsi dare, dai dirigenti consenzienti e di manica larga ma con i soldi pubblici Rai, quello che vuole, non vergognandosi lui che poi fa il moralista e predicatore, dal suo pulpito della domenica sera. Quello è il vero scandalo, e la giustificazione che lui si fa pagare per quello che vale e secondo il mercato, è una giustificazione del c... . Peggio ancora fanno coloro che le sue richieste esosissime ed anche un pò scandalose assecondano, nel finto timore che il giovanotto dalle uova d'oro - più per il suo pollaio che per quello della televisione pubblica - vada a deporle altrove. E tutto per quell'altra idiota storia del political correct di cui Fabbio si ritiene essere l'incarnazione.
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lunedì 18 settembre 2017
Candidato premier 'cinquestelle' Luigi Di Maio: non so se ridere o piangere - l'ha bollato Giampaolo Pansa
Ieri sera, invitato nel salotto televisivo de La7 dalla padrona di casa Lilli Gruber, per presentare il suo nuovo libro, Giampaolo Pansa, richiesto di esprimere un parere sull'attuale momento politico e prima ancora sulla candidatura di Luigi Di Maio, rispondeva, senza mezzi termini: non so se ridere o piangere, o se ridere e piangere insieme. Per la 'pochezza' del candidato Cinquestelle. E per la buffonata delle primarie, relative alla sua candidatura, per le quali si sono ritirati, richiamati all'ordine dell'ex comico fondatore, tutti gli altri candidati forti - in un movimento assai debole! - e cioè Fico e Di Battista, lasciando a competere a Di Maio la candidatura, semplici comparse che non faranno ombra né al candidato designato prima delle primarie, e né alla decisione del padre padrone del movimento, l'ex comico Grillo, proprio nel momento in cui sembra svoltare verso i partiti tradizionali, con la differenza che nel partito di Grillo chi comanda ancora è Grillo e solo lui. Peggio pure di Berlusconi che, a differenza di Grillo, per contare ha sempre pagato.
Grillo, intanto, per far dimenticare il suo attuale momento critico che lo vede dimenarsi come un serpentello cui hanno tagliato la coda, gira in Sicilia con un risciò, in compagnia del candidato governatore, fa pendere dalla finestra del suo albergo romano, delle lenzuola legate, come fanno i carcerati nei tentativi di fuga ( lui o tutti i candidati alle primarie? il 'comunicatore' del Movimento, tale Cozzolino, addottorato all'Università 'estiva' di Miami Beach, non l'ha precisato), e va pronunciando frasi e slogan che inducono al riso (amaro!), nel tentativo di distogliere i cittadini dal riflettere sulla tragicità del momento per il suo movimento; che, a dispetto di tutto, sembra premiato, come purtroppo sembra - ma non ci fideremmo poi tanto - dai sondaggi e dalle 'promesse' di voto che settimanalmente i vari telegiornali offrono al paese; e che gli altri esponenti del suo Movimento al governo delle varie municipalità dimostrino la loro incapacità e quindi dovrebbero mettere sull'avviso che i Cinquestelle al governo del paese, con tutti i difetti degli altri partiti, sarebbero una vera tragedia nazionale. Una iattura, dalla quale chissà se riuscirà poi a tirarsi fuori, il paese .
Mette pensiero il fatto che dopo l'esempio disastroso del governo della Capitale, da parte di una Cinquestelle, i sondaggi li diano per vincenti, dopo che in 15 mesi dal loro insediamento in Campidoglio NON HANNO ANCORA RISOLTO L'EMERGENZA RIFIUTI, e riducendo Roma peggio dei precedenti amministratori. Una discarica a cielo aperto, paradiso di piccioni e gabbiani, con i cassonetti che immancabilmente cintinuino a vomitare monnezza, che solo Grillo non vede, con la faccia di c... che può avere un buffone che , solo in palcoscenico, può inventarsi una realtà inesistente - mentre lui lo fa giù dal palcoscenico. La prossima volta che gira per la città si affacci, ad esempio, in Via Nomentana, all'altezza del palazzo di vetro dell'INAIL e vedrà che gli sembrerà di trovarsi, in viaggio vacanza, a Beirut, bombardata e piena di rifiuti.
Panza ha avuto parole durissime, anche parlando dell'attuale momento politico e sociale, quando ha fatto calare il gelo nello studio televisivo, profetizzando che il paese è sull'orlo di una guerra civile; e precisando, che non si meraviglierebbe se prossimamente qualcuno scendesse in piazza non in corteo per protestare, ma con i fucili per sparare.
Padellaro e Damilano, e la stessa Gruber, hanno replicato che non vedono un tale pericolo imminente, e che il nostro paese alla fine si fa scivolare addosso qualsiasi situazione anche grave. Pansa ha risposto: risentiamoci fra qualche tempo. Perché, nonostante alcuni dati dovrebbero far sperare sull'efficacia della cura da cavallo somministrata al paese che sembra stia uscendo dalla crisi, i benefici di tale meno negativa situazione non arrivano ancora a tutti i cittadini, con stipendi e pensioni fermi, con consumi al palo, e con la fiducia nel futuro che è pari a zero, specie nelle giovani generazioni, tuttora afflitte, drammaticamente, dalla disoccupazione.
Chi metterebbe alla guida di un paese in una situazione ancora fluida fra crisi e timida ripresa, come l'Italia, uno come Di Maio che non ha nè arte nè parte, e che sembra un clone perfetto della Raggi, più manichino della sindaca ma incompetente ed incapace quanto Lei?
I Cinquestelle, almeno fino ad ora, saranno pure, per la maggior parte, onesti, ma se sono 'mezzepippe'- come ha definito acutamente ma alla sua maniera, il governatore De Luca, la coppia Di Maio, Di Battista - meglio allora tutti gli altri, anche se nella maggior parte ladri, ai quali comunque si si spera che un domani si arrivi a tagliare le mani, ma che, di fronte alle emergenze, saprebbero cosa fare.
Grillo, intanto, per far dimenticare il suo attuale momento critico che lo vede dimenarsi come un serpentello cui hanno tagliato la coda, gira in Sicilia con un risciò, in compagnia del candidato governatore, fa pendere dalla finestra del suo albergo romano, delle lenzuola legate, come fanno i carcerati nei tentativi di fuga ( lui o tutti i candidati alle primarie? il 'comunicatore' del Movimento, tale Cozzolino, addottorato all'Università 'estiva' di Miami Beach, non l'ha precisato), e va pronunciando frasi e slogan che inducono al riso (amaro!), nel tentativo di distogliere i cittadini dal riflettere sulla tragicità del momento per il suo movimento; che, a dispetto di tutto, sembra premiato, come purtroppo sembra - ma non ci fideremmo poi tanto - dai sondaggi e dalle 'promesse' di voto che settimanalmente i vari telegiornali offrono al paese; e che gli altri esponenti del suo Movimento al governo delle varie municipalità dimostrino la loro incapacità e quindi dovrebbero mettere sull'avviso che i Cinquestelle al governo del paese, con tutti i difetti degli altri partiti, sarebbero una vera tragedia nazionale. Una iattura, dalla quale chissà se riuscirà poi a tirarsi fuori, il paese .
Mette pensiero il fatto che dopo l'esempio disastroso del governo della Capitale, da parte di una Cinquestelle, i sondaggi li diano per vincenti, dopo che in 15 mesi dal loro insediamento in Campidoglio NON HANNO ANCORA RISOLTO L'EMERGENZA RIFIUTI, e riducendo Roma peggio dei precedenti amministratori. Una discarica a cielo aperto, paradiso di piccioni e gabbiani, con i cassonetti che immancabilmente cintinuino a vomitare monnezza, che solo Grillo non vede, con la faccia di c... che può avere un buffone che , solo in palcoscenico, può inventarsi una realtà inesistente - mentre lui lo fa giù dal palcoscenico. La prossima volta che gira per la città si affacci, ad esempio, in Via Nomentana, all'altezza del palazzo di vetro dell'INAIL e vedrà che gli sembrerà di trovarsi, in viaggio vacanza, a Beirut, bombardata e piena di rifiuti.
Panza ha avuto parole durissime, anche parlando dell'attuale momento politico e sociale, quando ha fatto calare il gelo nello studio televisivo, profetizzando che il paese è sull'orlo di una guerra civile; e precisando, che non si meraviglierebbe se prossimamente qualcuno scendesse in piazza non in corteo per protestare, ma con i fucili per sparare.
Padellaro e Damilano, e la stessa Gruber, hanno replicato che non vedono un tale pericolo imminente, e che il nostro paese alla fine si fa scivolare addosso qualsiasi situazione anche grave. Pansa ha risposto: risentiamoci fra qualche tempo. Perché, nonostante alcuni dati dovrebbero far sperare sull'efficacia della cura da cavallo somministrata al paese che sembra stia uscendo dalla crisi, i benefici di tale meno negativa situazione non arrivano ancora a tutti i cittadini, con stipendi e pensioni fermi, con consumi al palo, e con la fiducia nel futuro che è pari a zero, specie nelle giovani generazioni, tuttora afflitte, drammaticamente, dalla disoccupazione.
Chi metterebbe alla guida di un paese in una situazione ancora fluida fra crisi e timida ripresa, come l'Italia, uno come Di Maio che non ha nè arte nè parte, e che sembra un clone perfetto della Raggi, più manichino della sindaca ma incompetente ed incapace quanto Lei?
I Cinquestelle, almeno fino ad ora, saranno pure, per la maggior parte, onesti, ma se sono 'mezzepippe'- come ha definito acutamente ma alla sua maniera, il governatore De Luca, la coppia Di Maio, Di Battista - meglio allora tutti gli altri, anche se nella maggior parte ladri, ai quali comunque si si spera che un domani si arrivi a tagliare le mani, ma che, di fronte alle emergenze, saprebbero cosa fare.
domenica 17 settembre 2017
L'Istituzione Universitaria del Concerti di Roma punta alla CONTAMINAZIONE. Fra gli artisti ospiti, ci sono anche ITALIANI
L'Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, che da oltre settant'anni dispensa musica a studenti e professori della Sapienza, profusa dalle mani delle famiglia Fortuna - dal padre fondatore alla moglie e figlia che l'hanno ereditata come bene di famiglia - ha presentato il suo nuovo cartellone. I giornali hanno segnalato, ovviamente, le novità di quest'anno: per la programmazione la CONTAMINAZIONE di generi, artisti...
Noi, da tempo, nemici di questo ignobile termine e della tecnica che sottintende, ci chiediamo perché tirarla in ballo questa CONTAMINAZIONE, quando basterebbe dire, ignorandola e cassandola dal proprio vocabolario, più comprensibilmente che la programmazione spazia dalla classica, al jazz, alla videomusica - assicurata all'Istituzione romana dalla presenza nel suo comitato artistico di un luminare come Nicola Sani, attivo, per l'evidente doppio dono celeste dell'ubiquità ed instancabilità, anche a Bologna, Siena, Parma, Venezia ecc... - offrendo all'Università romana un panorama di quanto, in ambito musicale, si produce nel mondo.
Intanto la IUC (l'acronimo della Istituzione romana) pensa che la grande tradizione musicale non basti alla formazione dei giovani, e forse pensa anche bene, se si limitasse a toccare con la programmazione anche la musica del Novecento storico e più avanti ancora. Arrivando perfino a lambire la musica di oggi, vita la presenza di Nicola Sani, campione nel genere.
Invece, tirando in ballo la 'contaminazione' , la IUC vuole etichettare alcuni esperimenti come quello che quest'anno vede Elio (quello delle 'Storie tese' e delle sopracciglia triple) incaricato di ridurre il Flauto magico mozartiano. Perché Elio e perché il capolavoro mozartiano deve essere affidato a quelle amni, alla moda, ma banalizzanti?
Semplicemente a seguito del suo Figaro, analoga operazione sul Barbiere rossiniano - che immaginiamo anche la IUC abbia ospitato negli anni scorsi - e della Storia dell'opera, della quale lui è il presentatore, pubblicata da 'Anthos produzioni' di Maite Bulgari, e dalla Rai, in collaborazione con 'La Repubblica' che abbiamo visto su Rai 5, una sola puntata, desistendo immediatamente per la pochezza dell'operazione, anche stantia e vecchia nella impostazione e per le modalità.
Certamente la CONTAMINAZIONE non riguarda anche la nuova composizione che Ennio Morricone (membro del comitato artistico della IUC) ha dedicato al 'sempreverde 'Duo Canino- Ballista'.
E dopo tanta CONTAMINAZIONE e l'elenco sterminato di artisti stranieri, alcuni al debutto romano, ancora sconosicuti se non altro per ragioni anagrafiche, perchè troppo giovani, i giornali - ai quali evidentemente il termine piace molto,troppo - aggiungono, per placare gli animi, che 'ci sono anche artisti italiani' che, per lo più, MANCANO alla IUC, come a Santa Cecilia e in molte altre istituzioni FINANZIATE DALLO STATO. E buttano lì un gruppo, ma esiguo, di nomi, altisonanti per la maggior parte, i quali per non togliere spazio agli immigrati della musica, vengono ad esibirsi in gruppo, una o due serate in tutto. Grazie IUC!
Noi, da tempo, nemici di questo ignobile termine e della tecnica che sottintende, ci chiediamo perché tirarla in ballo questa CONTAMINAZIONE, quando basterebbe dire, ignorandola e cassandola dal proprio vocabolario, più comprensibilmente che la programmazione spazia dalla classica, al jazz, alla videomusica - assicurata all'Istituzione romana dalla presenza nel suo comitato artistico di un luminare come Nicola Sani, attivo, per l'evidente doppio dono celeste dell'ubiquità ed instancabilità, anche a Bologna, Siena, Parma, Venezia ecc... - offrendo all'Università romana un panorama di quanto, in ambito musicale, si produce nel mondo.
Intanto la IUC (l'acronimo della Istituzione romana) pensa che la grande tradizione musicale non basti alla formazione dei giovani, e forse pensa anche bene, se si limitasse a toccare con la programmazione anche la musica del Novecento storico e più avanti ancora. Arrivando perfino a lambire la musica di oggi, vita la presenza di Nicola Sani, campione nel genere.
Invece, tirando in ballo la 'contaminazione' , la IUC vuole etichettare alcuni esperimenti come quello che quest'anno vede Elio (quello delle 'Storie tese' e delle sopracciglia triple) incaricato di ridurre il Flauto magico mozartiano. Perché Elio e perché il capolavoro mozartiano deve essere affidato a quelle amni, alla moda, ma banalizzanti?
Semplicemente a seguito del suo Figaro, analoga operazione sul Barbiere rossiniano - che immaginiamo anche la IUC abbia ospitato negli anni scorsi - e della Storia dell'opera, della quale lui è il presentatore, pubblicata da 'Anthos produzioni' di Maite Bulgari, e dalla Rai, in collaborazione con 'La Repubblica' che abbiamo visto su Rai 5, una sola puntata, desistendo immediatamente per la pochezza dell'operazione, anche stantia e vecchia nella impostazione e per le modalità.
Certamente la CONTAMINAZIONE non riguarda anche la nuova composizione che Ennio Morricone (membro del comitato artistico della IUC) ha dedicato al 'sempreverde 'Duo Canino- Ballista'.
E dopo tanta CONTAMINAZIONE e l'elenco sterminato di artisti stranieri, alcuni al debutto romano, ancora sconosicuti se non altro per ragioni anagrafiche, perchè troppo giovani, i giornali - ai quali evidentemente il termine piace molto,troppo - aggiungono, per placare gli animi, che 'ci sono anche artisti italiani' che, per lo più, MANCANO alla IUC, come a Santa Cecilia e in molte altre istituzioni FINANZIATE DALLO STATO. E buttano lì un gruppo, ma esiguo, di nomi, altisonanti per la maggior parte, i quali per non togliere spazio agli immigrati della musica, vengono ad esibirsi in gruppo, una o due serate in tutto. Grazie IUC!
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sabato 16 settembre 2017
Marco Travaglio ha visto giusto su Virginia Raggi e sui suoi disastri romani. Altro che ironia
Adesso che Di Maio, obtorto collo (che sceneggiata!), ha deciso di accettare la candidatura a premier, per il suo movimento, candidatura che lo porterà anche a reggere le sorti del partito - ma non si criticava Renzi perchè da premier guidava anche la segreteria del PD? - vien da convincersi che i guai non vengono mai da soli. Non bastava Raggi, ci voleva anche Di Maio? L'unica speranza è che il popolo degli elettori si ravveda e non faccia l'ulteriore tragico errore di mettere, dopo Roma, anche l'Italia, nelle mani di un perfetto incapace, alle prime armi con l'amministrazione pubblica, non di una città ma del paese. Dio ce ne scampi!
Ma adesso che il pericolo Di Maio è ancora lontano e ci sarebbe tempo per scongiurarlo, vogliamo fermarci alla Raggi, che Travaglio nei giorni scorsi ha difeso a spada tratta contro tutti quelli che vorrebbero ritenerla responsabile di tutti i mali di Roma passati e presenti, compreso - ironizzava il giornalista - un eventuale futuro assalto di cavallette e l' invasione dei dinosauri.
Per le cavallette ed anche per i dinosauri Travaglio ha buon gioco a difendere la Raggi. Ma, per quasi tutto il resto tirato in ballo, con acuta ironia, no.
Ieri s'è venuto a sapere, dopo la paventata epidemia del morso della zanzara tigre che sta colpendo, in modo particolare nel Lazio, ed anche a Roma, ma che si teme colpirà ancora fino a quando il clima non diventerà freddo, che l'assessore Montanari, ad aprile quando si doveva prevenire, non ha dato seguito alla normale disinfestazione, per il timore di nuocere all'ambiente. Cioè quei disinfettanti che gli avvisi affissi nei vari condomini, che a loro volta praticano la disinfestazione in spazi privati, assicurano non essere nocivi per le persone, lo sarebbero, secondo la assessora alla monnezza, per l'ambiente. Fatto sta che la mancata generale disinfestazione pubblica ha fatto sì che le larve con il clima caldo si schiudessero e facessero uscire le temibili zanzare.
La Raggi non ha ascoltato neanche il primo allarme nei primi giorni di settembre, quando la si invitava a provvedere con urgenza, anche se troppo tardi, alla disinfestazione. Lei ha atteso una settimana, consentendo ad altre zanzare di volare libere e mordere gli ignari incolpevoli cittadini.
La disinfestazione da sola non basta, Travaglio; occorre anche che i cassonetti per la raccolta dei rifiuti vengano regolarmente svuotati e disinfettati per evitare, dopo le zanzare, anche i ratti che ora girano indisturbati a pascersi nella monnezza.
Travaglio, scherzi ed ironia a parte, dovrebbe spiegare perchè non dovremmo attribuire alla Raggi la responsabilità - che è sua e solo sua - di questi disastri.
Il direttore del Il Fatto Quotidiano che ieri si è improvvisato critico musicale del suo giornale, per il concerto di Bocelli al Colosseo, dove naturalmente era ospite: due ore di bellezza, ha scritto, dimostrando di non avere nessuna contezza del dozzinale spettacolo (perchè non ha chiesto a Isotta di scriverne?), avrebbe dovuto prestare ascolto al lapsus di Bocelli, il quale nell'Inno a Roma di Puccini, avrebbe cantato, se abbiamo sentito bene, rivolto al 'Sole che sorge,: non vedrai nessuna cosa al mondo peggior ( maggior, dice il testo originale) di Roma, sotto la Raggi. Alla quale, presente al concerto, sono sicuramente fischiate le orecchie
Ma adesso che il pericolo Di Maio è ancora lontano e ci sarebbe tempo per scongiurarlo, vogliamo fermarci alla Raggi, che Travaglio nei giorni scorsi ha difeso a spada tratta contro tutti quelli che vorrebbero ritenerla responsabile di tutti i mali di Roma passati e presenti, compreso - ironizzava il giornalista - un eventuale futuro assalto di cavallette e l' invasione dei dinosauri.
Per le cavallette ed anche per i dinosauri Travaglio ha buon gioco a difendere la Raggi. Ma, per quasi tutto il resto tirato in ballo, con acuta ironia, no.
Ieri s'è venuto a sapere, dopo la paventata epidemia del morso della zanzara tigre che sta colpendo, in modo particolare nel Lazio, ed anche a Roma, ma che si teme colpirà ancora fino a quando il clima non diventerà freddo, che l'assessore Montanari, ad aprile quando si doveva prevenire, non ha dato seguito alla normale disinfestazione, per il timore di nuocere all'ambiente. Cioè quei disinfettanti che gli avvisi affissi nei vari condomini, che a loro volta praticano la disinfestazione in spazi privati, assicurano non essere nocivi per le persone, lo sarebbero, secondo la assessora alla monnezza, per l'ambiente. Fatto sta che la mancata generale disinfestazione pubblica ha fatto sì che le larve con il clima caldo si schiudessero e facessero uscire le temibili zanzare.
La Raggi non ha ascoltato neanche il primo allarme nei primi giorni di settembre, quando la si invitava a provvedere con urgenza, anche se troppo tardi, alla disinfestazione. Lei ha atteso una settimana, consentendo ad altre zanzare di volare libere e mordere gli ignari incolpevoli cittadini.
La disinfestazione da sola non basta, Travaglio; occorre anche che i cassonetti per la raccolta dei rifiuti vengano regolarmente svuotati e disinfettati per evitare, dopo le zanzare, anche i ratti che ora girano indisturbati a pascersi nella monnezza.
Travaglio, scherzi ed ironia a parte, dovrebbe spiegare perchè non dovremmo attribuire alla Raggi la responsabilità - che è sua e solo sua - di questi disastri.
Il direttore del Il Fatto Quotidiano che ieri si è improvvisato critico musicale del suo giornale, per il concerto di Bocelli al Colosseo, dove naturalmente era ospite: due ore di bellezza, ha scritto, dimostrando di non avere nessuna contezza del dozzinale spettacolo (perchè non ha chiesto a Isotta di scriverne?), avrebbe dovuto prestare ascolto al lapsus di Bocelli, il quale nell'Inno a Roma di Puccini, avrebbe cantato, se abbiamo sentito bene, rivolto al 'Sole che sorge,: non vedrai nessuna cosa al mondo peggior ( maggior, dice il testo originale) di Roma, sotto la Raggi. Alla quale, presente al concerto, sono sicuramente fischiate le orecchie
Rai News 24 non potrà mai competere con Sky Tg 24
Attentato a Londra dell'altro ieri mattina. Servizi in tutta la giornata dell'attentato ed anche ieri, quando viene data la notizia dell'arresto a Dover, mentre tentava di imbarcarsi per fuggire in Francia, di un diciottenne, ritenuto sospetto, anzi molto sospetto. A Londra viene innalzato il livello dell'allerta, si temono attentati 'imminenti'.
E fin qui i due canali News sembrano combattere ad armi quasi pari.
Stamattina, domenica 17 settembre, ore 6.45, invece...
Sky Tg 24. Ampio servizio da Londra per gli ulteriori aggiornamenti. Si cercano tuttora complici ma i riflettori su quel ragazzo rivelano altro, come dichiara, in una particolareggiata intervista, una sua vicina di casa. La prima notizia, inquietante è che il diciottenne una quindicina di giorni fa era stato messo al gabbio e poi - perchè? - subito liberato.
Rai News 24. Il giornalista in studio dà notizia degli aggiornamenti, il 'sottopancia' ripete qualche novità, come quella del suo arresto, mentre tentava di fuggire, e poi viene annunciato il servizio da Londra, della corrispondente della rete Rai.
La quale corrispondente attacca: l'attentato di ieri ... dunque Rai News 24 alle 6.45 di oggi, domenicia 17 settembre, non ha ancora avuto la corrispondenza aggiornata sul giovane arrestato e rimanda in onda quella di ieri, dove si indugia sul fatto che la polizia, anzi il capo dell'antiterrorismo ha annunciato che l'allerta era massima, che le indagini anche dopo l'arresto del giovane proseguivano ecc...
Insomma il canale diretto da Di Bella, con tutti i giornalisti e corrispondenti in dotazione, ma che sicuramente in casi eccezionali può, anzi deve, usufruire dei contributi di altri corrispondenti Rai, dorme ed attende che si faccia pieno giorno per importunare il suo, la sua, corrispondente mandandolo/a a vedere che succede per aggiornare i suoi telespettatori.
Perchè i corrispondenti di Sky Tg 24 devono arrivare sempre prima dei loro colleghi di Rai News 24?
Per dare al canale Rai la sveglia, almeno per questo, Milena Gabanelli poteva essere più che utile.
E fin qui i due canali News sembrano combattere ad armi quasi pari.
Stamattina, domenica 17 settembre, ore 6.45, invece...
Sky Tg 24. Ampio servizio da Londra per gli ulteriori aggiornamenti. Si cercano tuttora complici ma i riflettori su quel ragazzo rivelano altro, come dichiara, in una particolareggiata intervista, una sua vicina di casa. La prima notizia, inquietante è che il diciottenne una quindicina di giorni fa era stato messo al gabbio e poi - perchè? - subito liberato.
Rai News 24. Il giornalista in studio dà notizia degli aggiornamenti, il 'sottopancia' ripete qualche novità, come quella del suo arresto, mentre tentava di fuggire, e poi viene annunciato il servizio da Londra, della corrispondente della rete Rai.
La quale corrispondente attacca: l'attentato di ieri ... dunque Rai News 24 alle 6.45 di oggi, domenicia 17 settembre, non ha ancora avuto la corrispondenza aggiornata sul giovane arrestato e rimanda in onda quella di ieri, dove si indugia sul fatto che la polizia, anzi il capo dell'antiterrorismo ha annunciato che l'allerta era massima, che le indagini anche dopo l'arresto del giovane proseguivano ecc...
Insomma il canale diretto da Di Bella, con tutti i giornalisti e corrispondenti in dotazione, ma che sicuramente in casi eccezionali può, anzi deve, usufruire dei contributi di altri corrispondenti Rai, dorme ed attende che si faccia pieno giorno per importunare il suo, la sua, corrispondente mandandolo/a a vedere che succede per aggiornare i suoi telespettatori.
Perchè i corrispondenti di Sky Tg 24 devono arrivare sempre prima dei loro colleghi di Rai News 24?
Per dare al canale Rai la sveglia, almeno per questo, Milena Gabanelli poteva essere più che utile.
Dieci domande ( come già a Berlusconi e Boschi) a...Fabio Fazio, detto 'Fabbio', sono troppe. Basterebbe una sola
Aveva cominciato La Repubblica di Ezio Mauro la quale, ai tempi dei numerosi scandali in cui venne coinvolto, a torto o ragione, pose a Silvio Berlusconi dieci domande, rispondendo alle quali si sarebbe salvata l'anima, come assicurava il quotidiano romano. Berlusconi non rispose e preferì dannarsela, l'anima.
Ha fatto la stessa cosa, in tempi più recenti Il Fatto Quotidiano diretto da Travaglio; che dieci domande dieci ha rivolto alla ministra Maria Elena Boschi, sul 'salvataggio ' cosiddetto di Banca Etruria e sui suoi buoni uffici in favore della banca presso l'allora ad di Unicredit, come l'accusò De Bortoli. Anche la ministra, come il cavaliere ha preferito non rispondere, fottendosene delle conseguenze, tanto lei è rimasta 'zarina' anche in assenza dello zar (Matteo) e nel nuovo consiglio di 'reggenza', quello con Gentiloni a capo, è pure salita di grado.
Temiamo che la stessa sorte, toccata alle dieci domande più dieci rivolte a Berlusconi e Boschi, ora toccherà alle dieci domande che proprio oggi, Selvaggia Lucarelli pone dalle pagine del giornale di Travaglio a Fabio Fazio, detto 'Fabbio'. In sintesi la giornalista chiede al collega un pò di trasparenza sui suoi guadagni in Rai, quest'anno e per i prossimi quattro, sempre con il suo programma, trasferito anzi promosso e perciò anche meglio pagato, a Rai 1, del quale è autore, conduttore, proprietario del format - la Lucarelli ironizza sul 'format': uno o più ospiti seduti in poltrona od intorno ad un tavolo e lui, 'Fabbio' che intervista. E' questo un format per il quale Fabbio percepisce alcune centinaia di migliaia di Euro l'anno? - e proprietario, per il 50%, della società che lo produce (Officina), e perciò percettore finale per tutte queste voci e forse anche per altre.
Fabbio non risponderà, non inviterà mai Selvaggia neanche come ospite, perchè ha osato Lei porre le domande all'intervistatore per eccellenza, né potrà mai dar seguito alla richiesta della giornalista di essere accolta fra i suoi autori che, si illude la Lucarelli, anche loro siano ben pagati.
Sicuramente anche lì, Fabbio riesce a far risparmiare alla Rai, prendendo i suoi collaboratori fra gli allievi dei suoi corsi universitari. Insegna anche all'Università? Comunicazione televesiva o Economia aziendale?
Vediamo se a noi tocca sorte migliore della Lucarelli, ponendo a 'Fabbio' una sola domanda? Perchè ha promesso di dedicarsi al lavoro dei campi fra quattro anni, quando uscirà definitivamente dagli schermi televisivi? La domanda è: perchè non lo ha fatto ora? Non ha ancora abbastanza soldi per assicurarsi una vecchiaia tranquilla? Non ha messo a frutto i miliardi che si fece dare dalla tv che ora si chiama La7, senza aver mai lavorato?Prese i soldi e scappò! Lei di soldi ne ha guadagnati tanti, senza rischiare mai nulla , perchè sempre le hanno dato ciò che chiedeva - come potevano rifiutarsi di premiare economicamente la tv intelligente?
Lei, 'Fabbio', ha preso la stessa malattia di Renzi il nostro ex premier, quella di promettere anzitempo qualcosa che sa bene che non manterrà, perchè fra quattro anni si inventerà una storia per cui sarà costretto a restare, a grande richiesta, e a rimandare l'uscita di scena.
'Fabbio', Lei non è tra quelli che un giorno sì e l'altro pure si accalora parlando con persone solitamente sue coetanee del lavoro dei giovani che in Italia non c'è?
Allora sia bravo, dia un segno. Per mettere a tacere tutte le voci sul suo carattere ligure, attaccato ai soldi, molli la tv subito e così libera un posto per qualche giovane bravo che certamente ci sarà in Italia. O pensa che con Lei la stirpe si è esaurita?
E se lo farà Lei, Fabbio, tanto stimato ed ascoltato, vedrà che altri la seguiranno, del mondo dei dinosauri che, prima di lei, avevano promesso che si sarebbero ritirati al compimento degli ottanta, non dei settanta, e, invece, continuano imperterriti a parlare di lavoro giovanile che in Italia manca, ed a lavorare ancora anche in tv, profumatamente retribuiti. Sicuramente allora, per non essere da meno, seguiranno il suo esempio, non so... Piero Angela, Corrado Augias ed altri di cui al momento non ricordiamo, per colpa dell'età, la nostra, i nomi.
Ha fatto la stessa cosa, in tempi più recenti Il Fatto Quotidiano diretto da Travaglio; che dieci domande dieci ha rivolto alla ministra Maria Elena Boschi, sul 'salvataggio ' cosiddetto di Banca Etruria e sui suoi buoni uffici in favore della banca presso l'allora ad di Unicredit, come l'accusò De Bortoli. Anche la ministra, come il cavaliere ha preferito non rispondere, fottendosene delle conseguenze, tanto lei è rimasta 'zarina' anche in assenza dello zar (Matteo) e nel nuovo consiglio di 'reggenza', quello con Gentiloni a capo, è pure salita di grado.
Temiamo che la stessa sorte, toccata alle dieci domande più dieci rivolte a Berlusconi e Boschi, ora toccherà alle dieci domande che proprio oggi, Selvaggia Lucarelli pone dalle pagine del giornale di Travaglio a Fabio Fazio, detto 'Fabbio'. In sintesi la giornalista chiede al collega un pò di trasparenza sui suoi guadagni in Rai, quest'anno e per i prossimi quattro, sempre con il suo programma, trasferito anzi promosso e perciò anche meglio pagato, a Rai 1, del quale è autore, conduttore, proprietario del format - la Lucarelli ironizza sul 'format': uno o più ospiti seduti in poltrona od intorno ad un tavolo e lui, 'Fabbio' che intervista. E' questo un format per il quale Fabbio percepisce alcune centinaia di migliaia di Euro l'anno? - e proprietario, per il 50%, della società che lo produce (Officina), e perciò percettore finale per tutte queste voci e forse anche per altre.
Fabbio non risponderà, non inviterà mai Selvaggia neanche come ospite, perchè ha osato Lei porre le domande all'intervistatore per eccellenza, né potrà mai dar seguito alla richiesta della giornalista di essere accolta fra i suoi autori che, si illude la Lucarelli, anche loro siano ben pagati.
Sicuramente anche lì, Fabbio riesce a far risparmiare alla Rai, prendendo i suoi collaboratori fra gli allievi dei suoi corsi universitari. Insegna anche all'Università? Comunicazione televesiva o Economia aziendale?
Vediamo se a noi tocca sorte migliore della Lucarelli, ponendo a 'Fabbio' una sola domanda? Perchè ha promesso di dedicarsi al lavoro dei campi fra quattro anni, quando uscirà definitivamente dagli schermi televisivi? La domanda è: perchè non lo ha fatto ora? Non ha ancora abbastanza soldi per assicurarsi una vecchiaia tranquilla? Non ha messo a frutto i miliardi che si fece dare dalla tv che ora si chiama La7, senza aver mai lavorato?Prese i soldi e scappò! Lei di soldi ne ha guadagnati tanti, senza rischiare mai nulla , perchè sempre le hanno dato ciò che chiedeva - come potevano rifiutarsi di premiare economicamente la tv intelligente?
Lei, 'Fabbio', ha preso la stessa malattia di Renzi il nostro ex premier, quella di promettere anzitempo qualcosa che sa bene che non manterrà, perchè fra quattro anni si inventerà una storia per cui sarà costretto a restare, a grande richiesta, e a rimandare l'uscita di scena.
'Fabbio', Lei non è tra quelli che un giorno sì e l'altro pure si accalora parlando con persone solitamente sue coetanee del lavoro dei giovani che in Italia non c'è?
Allora sia bravo, dia un segno. Per mettere a tacere tutte le voci sul suo carattere ligure, attaccato ai soldi, molli la tv subito e così libera un posto per qualche giovane bravo che certamente ci sarà in Italia. O pensa che con Lei la stirpe si è esaurita?
E se lo farà Lei, Fabbio, tanto stimato ed ascoltato, vedrà che altri la seguiranno, del mondo dei dinosauri che, prima di lei, avevano promesso che si sarebbero ritirati al compimento degli ottanta, non dei settanta, e, invece, continuano imperterriti a parlare di lavoro giovanile che in Italia manca, ed a lavorare ancora anche in tv, profumatamente retribuiti. Sicuramente allora, per non essere da meno, seguiranno il suo esempio, non so... Piero Angela, Corrado Augias ed altri di cui al momento non ricordiamo, per colpa dell'età, la nostra, i nomi.
venerdì 15 settembre 2017
Da Pavarotti a Bocelli. Dall'Arena di Verona al Colosseo. La solita minestra scipita e riscaldata
Verrebbe da dire, rubando il titolo ad uno dei più banali show televisivi di imitatori ( ormai la tv propone giornalmente da settimane canzoni e imitazioni, con una ricchezza e varietà inaudite) 'tale e quale show'. Cambiano i protagonisti: prima Pavarotti ( in effigie) e poi Bocelli in carne ed ossa; cambia la cosiddetta 'location' ( che merda di termine!): dall'arena veronese a quella romana, ma la solfa è sempre la stessa. Un presentatore, appena venuto via dai 'bagni della versiliana' da una parte, una signora, che gioca ancora a fare la ragazza, con capelli lunghi e completamente sbracciata, mentre avrebbe fatto meglio a coprirsele, oltre che tirata in faccia dall'altra. Ma l'uno e l'altra con la propria scuderia di autori che, a fine programma, viene ringraziata - non si capisce per quale lavoro - con il prammatico, ma ridicolo: ringrazio i MIEI AUTORI.
E, nel mezzo, la solita sfilata in arena di nani, ballerine e canterini che si esibiscono nel circo televisivo - mancano solo i leoni pronti ad azzannarli - con una accozzaglia di brani, preceduti da insulse introduzioni, puntellate da immancabili flash su volti noti, seduti in platea; dall'una e dall'altra parte, la 'prezzemolina' Mantovani, vedova Pavarotti, che quest'anno s' è dimessa ( ?) da qualunque incarico, per seguire personalmente le infinite celebrazioni del decennale della morte del tenorissimo.
Dall'una e dall'altra parte la solita contaminazione (ma non è un termine che al solo pronunciarlo genera qualche epidemia?) di generi, di cantanti, al punto da produrre una vera confusione in chi guarda lo spettacolo da casa: ma Bocelli non avrebbe fatto meglio a cantare canzonette, lasciando ad altri il resto, a quegli stessi che, invece, hanno cantato canzonette e potevano meglio figurare interpretando altri repertori? Per non dire poi del bel figlio grande di Bocelli - Matteo - un bel manichino che ha cantato tutto 'ingolato' e che, giusto il consiglio del padre, se vuol proseguire, farebbe bene a studiare per impostare tecnicamente la voce.
Al Colosseo, con la rabbia dei leoni che guardavano il palcoscenico e ruggivano fintamente dai megaschermi, andando su e già per le gradinate senza poter azzannare nessuno, si sono visti cantanti ( soprano) e strumentisti ( violinista) belle e giovani, diversamente non salivano su quel palcoscenico, dove pure s'è fatta vedere, spiritosa e sciolta, una irriconoscibile Sharon Stone ( in 'Basic instinct' non era certamente lei, quanto meno non era quella di ieri sera), e poi anche i 'sempre verdi' Elton John, che ha tenuto la scena per una mezz'oretta suonando e cantando, dopo aver dichiarato la sua stima incondizionata per Bocelli. E c'era anche Renato Zero, che ha iscritto di diritto Bocelli nella lista dei 'sorcioni'.
Della leggenda (?) del rock, di lontane origini italiane, Steven Tyler (Aerosmith), non possiamo dire se non che, per quanto ci siamo sforzati, non abbiamo capito se stava bene o meno. Anche i '2 Cellos' hanno fatto la loro figuretta e poi tutti insieme a cantare IMAGINE, con cui si è conclusa la serata, al centro della quale va citata la JuniOrchestra ed il Coro dell'Accademia di S.Cecilia; diretti dal podio, con qualche alternanza, da Serio, e da un altro direttore che, di fatto, ha retto buona parte della serata, ma che non è stato né citato né ringraziato, chiamato per nome.
Ma prima Bocelli ha riproposto, come omaggio alla città che aveva ospitato la sua serata benefica, il celebre Inno a Roma di Puccini, cantando il quale, per un lapsus, ha detto rivolgendosi al sole con le parole dell'inno pucciniano: tu non vedrai nessuna cosa al mondo PEGGIOR di Roma - e la sindaca Raggi, seduta in platea, ha avuto un brivido e s'è guadata intorno per vedere se riusciva a scorgere il responsabile del disastro romano di cui Bocelli accusava.
L'unica ragione che ci ha consolati della noiosissima, stantia serata, è stato il pensiero che per l'occasione venivano raccolti fondi destinati alla ricostruzione di una scuola nelle zone del terremoto del centro Italia e per i progetti che la fondazione del tenore persegue ad Haiti.
Nonostante ciò, restiamo sempre dell'idea che la concessione di certi spazi - dal Colosseo al Palatino al Foro, ma potremmo citare molti altri casi anche solo a Roma - deve essere preceduta dalla attenta valutazione della QUALITA' del contenuto che si vuole proporre. E che, in tutta evidenza, il sovrintendente Prosperetti (che, notizia di questi giorni, propone un patto fra istituzioni per evitare a Roma la rovina) non ha capito come avrebbe dovuto.
Fosse dipeso da noi sia il Colosseo, che il Palatino che il Foro (due estati fa, a conclusione del Giubileo straordinario) non l'avremmo concesso. Ma, si sa, noi non siamo Franceschini e neanche Prosperetti. E men che meno Virginia Raggi, per fortuna.
E, nel mezzo, la solita sfilata in arena di nani, ballerine e canterini che si esibiscono nel circo televisivo - mancano solo i leoni pronti ad azzannarli - con una accozzaglia di brani, preceduti da insulse introduzioni, puntellate da immancabili flash su volti noti, seduti in platea; dall'una e dall'altra parte, la 'prezzemolina' Mantovani, vedova Pavarotti, che quest'anno s' è dimessa ( ?) da qualunque incarico, per seguire personalmente le infinite celebrazioni del decennale della morte del tenorissimo.
Dall'una e dall'altra parte la solita contaminazione (ma non è un termine che al solo pronunciarlo genera qualche epidemia?) di generi, di cantanti, al punto da produrre una vera confusione in chi guarda lo spettacolo da casa: ma Bocelli non avrebbe fatto meglio a cantare canzonette, lasciando ad altri il resto, a quegli stessi che, invece, hanno cantato canzonette e potevano meglio figurare interpretando altri repertori? Per non dire poi del bel figlio grande di Bocelli - Matteo - un bel manichino che ha cantato tutto 'ingolato' e che, giusto il consiglio del padre, se vuol proseguire, farebbe bene a studiare per impostare tecnicamente la voce.
Al Colosseo, con la rabbia dei leoni che guardavano il palcoscenico e ruggivano fintamente dai megaschermi, andando su e già per le gradinate senza poter azzannare nessuno, si sono visti cantanti ( soprano) e strumentisti ( violinista) belle e giovani, diversamente non salivano su quel palcoscenico, dove pure s'è fatta vedere, spiritosa e sciolta, una irriconoscibile Sharon Stone ( in 'Basic instinct' non era certamente lei, quanto meno non era quella di ieri sera), e poi anche i 'sempre verdi' Elton John, che ha tenuto la scena per una mezz'oretta suonando e cantando, dopo aver dichiarato la sua stima incondizionata per Bocelli. E c'era anche Renato Zero, che ha iscritto di diritto Bocelli nella lista dei 'sorcioni'.
Della leggenda (?) del rock, di lontane origini italiane, Steven Tyler (Aerosmith), non possiamo dire se non che, per quanto ci siamo sforzati, non abbiamo capito se stava bene o meno. Anche i '2 Cellos' hanno fatto la loro figuretta e poi tutti insieme a cantare IMAGINE, con cui si è conclusa la serata, al centro della quale va citata la JuniOrchestra ed il Coro dell'Accademia di S.Cecilia; diretti dal podio, con qualche alternanza, da Serio, e da un altro direttore che, di fatto, ha retto buona parte della serata, ma che non è stato né citato né ringraziato, chiamato per nome.
Ma prima Bocelli ha riproposto, come omaggio alla città che aveva ospitato la sua serata benefica, il celebre Inno a Roma di Puccini, cantando il quale, per un lapsus, ha detto rivolgendosi al sole con le parole dell'inno pucciniano: tu non vedrai nessuna cosa al mondo PEGGIOR di Roma - e la sindaca Raggi, seduta in platea, ha avuto un brivido e s'è guadata intorno per vedere se riusciva a scorgere il responsabile del disastro romano di cui Bocelli accusava.
L'unica ragione che ci ha consolati della noiosissima, stantia serata, è stato il pensiero che per l'occasione venivano raccolti fondi destinati alla ricostruzione di una scuola nelle zone del terremoto del centro Italia e per i progetti che la fondazione del tenore persegue ad Haiti.
Nonostante ciò, restiamo sempre dell'idea che la concessione di certi spazi - dal Colosseo al Palatino al Foro, ma potremmo citare molti altri casi anche solo a Roma - deve essere preceduta dalla attenta valutazione della QUALITA' del contenuto che si vuole proporre. E che, in tutta evidenza, il sovrintendente Prosperetti (che, notizia di questi giorni, propone un patto fra istituzioni per evitare a Roma la rovina) non ha capito come avrebbe dovuto.
Fosse dipeso da noi sia il Colosseo, che il Palatino che il Foro (due estati fa, a conclusione del Giubileo straordinario) non l'avremmo concesso. Ma, si sa, noi non siamo Franceschini e neanche Prosperetti. E men che meno Virginia Raggi, per fortuna.
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