Un giorno sì e l'altro pure, per l'intraprendenza di Riccardo Lenzi, L'Espresso pubblica interviste a celebri musicisti, e Tony Pappano è certamente uno di questi. Non ricordiamo quante interviste al noto direttore abbiamo già letto a firma Lenzi, ultimamente. In esse ci ha soprattutto colpito l'uso di un particolare neologismo tanto caro al giornalista, riferito al direttore che lui ama chiamare 'conduttore', e la cui azione egli coniuga con il verbo 'condurre' - quello in uso per i mezzi di trasporto - piuttosto che con il vetusto 'dirigere'.
Grandi notizie mai. O quasi. Ad esempio nell'intervista di ieri ( la cui occasione era l'apertura, fine settembre, ormai nota e illustrata per filo e per segno, della grande mostra a Londra sul teatro d'opera) l'unica notizia era che nel 2020 Pappano ha deciso di lasciare il Covent Garden, mentre l'anno seguente, 2021, non sa - almeno così dice a Lenzi, ma lui sa già cosa farà - se fare altrettanto con Santa Cecilia, per rimettersi a girare il mondo come una trottola, sull'esempio di tanti suoi colleghi di pari grado per notorietà.
Niente notizie ma qualche reticenza. Ad una precisa domanda su quale musica 'per il teatro' preferisca, se quella di Battistelli, più popolare, o di Sciarrino più elitaria, lui ci ha pensato un po' ed ha risposto: 'non mi pronuncio, sono amico di ambedue'. Salomonico? Opportunista?
Ciò che invece abbiamo trovato di nuovo ma assolutamente disdicevole, perchè volgare e fuori luogo è la grande foto che illustra l'intervista - che immaginiamo fornita dall'Accademia e della quale non è indicato l'autore - che mostra il noto direttore seduto su una poltrona, in una rossa platea vuota, con i piedi sulla poltrona nella fila davanti alla sua. E' una postura assunta di proposito, trattandosi di una foto posata, nella quale il direttore guarda nell'obiettivo; quella foto non gli è stata rubata mentre si rilassava a casa sua - dove comunque non è consigliato, e non dovrebbe essere consentito dalla buona creanza mettere i piedi con tutte le scarpe (da ginnastica, per giunta come nella foto dell'Espresso), sopra poltrone o tavoli o divani. E comunque mai in pubblico, dove appare volgare e disdicevole; mentre secondo Pappano e il fotografo avrebbe dovuto suscitare simpatia, essere insomma spiritosa. All'americana?
Noi, di regola non censuriamo le foto, nè vogliamo cominciare ora; ci basta, ove necessario, censurare le parole.
I rarissimi casi in cui lo abbiamo fatto, era perchè le foto stesse volevano, di proposito, provocare la nostra reazione. Lo abbiamo fatto, ad esempio, con Allevi, Giovanni, per quelle stupide foto in cui si siede sul pianoforte. In quel caso ci siamo spinti anche ad augurare che il pianoforte si rivoltasse contro di lui, visto che provava fisicamente a calpestarlo, come a nostro parere, fa già, simbolicamente, con la sua musica.
Non intendiamo spingerci al punto in cui era arrivato un nostro amico che inveiva contro Bernstein quando nelle sue lezioni di musica televisive, osava calpestare, camminandoci sopra, ma a fini didattici, le partiture delle sinfonie beethoveniane. Come si permette quel bifolco, inveiva, rosso in viso.
Non non osiamo tanto, ma nell'era dell'immagine, ci sentiamo autorizzati a censurare una foto, se sconveniente, com'è quella di Pappano sull'Espresso. Un direttore d'orchestra o un qualunque personaggio pubblico si fa fotografare in altro modo. Mai come ha fatto Pappano.
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