Per Gianfranco Mariotti, abbastanza avanti negli anni, medico, e sovrintendente della Fondazione che gestisce il Rossini Opera Festival ( ROF), erano state fatte parecchie eccezioni, specie nel corso degli ultimi anni, e più precisamente da quando alcuni cambiamenti erano intervenuti nella fondazione, per farlo restare nel suo incarico, dandolo per insostituibile. Alcuni per cause naturali, come la morte di Alberto Zedda, al timone del festival come Mariotti da tempo immemorabile, ed altri per precisa posizione, come il benservito, tramite lettera, dopo tanti anni, dell'addetta stampa, Simona Barabesi - lo abbiamo segnalato alcuni giorni fa. Ed anche nella cda della Fondazione erano stati dimessi alcuni membri e cooptati dei nuovi, come Federica Tittarelli , un cognome assai noto nel pesarese.
Ci si era appellati anche alla Legge Madia per far capire a Mariotti che era ormai tempo di lasciare, visto che tale legge prevede che un pensionato possa avere un incarico, ma solo per pochi anni e non retribuito - mentre Mariotti era lì da un secolo, e percepiva, negli ultimi anni, un compenso di 160.000 Euro, pari a quello dei sovrintendenti di un teatro d'opera in Italia, dei meglio pagati, perchè alcuni percepiscono anche meno.
Nel frattempo tutta la famiglia Mariotti era entrata nell'impresa rossiniana, sia retribuita che gratis. Nella sovrintendenza lavorava a fianco del padre anche la figlia; l'ufficio stampa tolto a Simona Barabesi - che comunque era lì dagli stessi anni di Mariotti - è stato affidato ad un altro figlio; e sul podio s'è visto spesso suo figlio Michele, direttore che si sta facendo un bel nome e che è stabile a Bologna, e fra le voci spesso s'è ascoltata anche la moglie del direttore, la Peretyatko, soprano.Insomma un'intera famiglia a capo di una istituzione PUBBLICA.
Dunque perché allora non cambiare anche Mariotti, il capostipite, anche se alla vigilia delle celebrazioni rossiniane del 2018? Alla fine Mariotti stesso ha deciso di dimettersi, ma non possiamo giurare che non l'abbia fatto 'obtorto collo' ,per una decisione presa da altri e che gli è stata imposta. Ci piacerebbe sapere il parere della Aspesi che del sovrintendente e della famiglia, ogni anno, puntualmente, ha pubblicato il panegirico sul suo giornale.
In linea di principio, la permanenza in uno stesso incarico, anche se ben amministrato, per un periodo così lungo non è ammissibile nè accettabile, perchè crea legami, incrostazioni quando non anche deviazioni, che una istituzione pubblica non deve consentire; mentre consentito e normale lo sarebbe in una impresa a conduzione e proprietà famigliare, dove comunque le generazioni si avvicendano per dare nuova linfa all'impresa, forze ed idee nuove.
L'immobilismo tutto italiano fa sì che quando poi arriva qualcuno che dice di rottamare chi al potere sta da decenni, venga guardato con sospetto, come nel caso di Renzi.
Possibile mai che in un paese di 60 milioni di abitanti, dove coloro che lavorano nei vari settori sono 25 milioni circa, e le intelligenze numerose e di valore, non vi sia un sostituto degno di Granfranco Mariotti?
La stessa domanda ce la facciamo da tempo, anche per Paolo Baratta al timone della Biennale di Venezia da vent'anni, o per Valter Vergnano, sovrintendente a Torino da diciassette, o per la Istituzione Universitaria dei Concerti dove la famiglia Fortuna - capostipite,moglie e figlia- è a capo da oltre mezzo secolo. E potremmo fare anche altri esempi. Ci si dirà : ma se il sostituto è peggiore del sostituendo? La risposta è semplice: in un paese in cui il cambio generazionale è fatto normale, si avrà tempo per sostituire anche lui.
Nessun commento:
Posta un commento