Via gli studenti stranieri dalle università britanniche. È l'ipotesi che si profila all'orizzonte, contenuta nel piano del governo inglese di Rishi Sunak, determinato a ridurre l'eccesso migratorio che ultimamente ha toccato cifre record. Il primo ministro sta infatti considerando di restringere l'ammissione degli studenti stranieri soltanto ai migliori atenei, eliminando tutti i potenziali iscritti ai corsi di laurea di livello minore. Non solo, il ministro degli Interni Stella Braverman pensa di mettere un limite anche al numero di membri della famiglia che questi studenti di solito si portano nel Paese. Secondo i dati diffusi dall'Ufficio Nazionale di Statistica ben 504mila persone sono entrate nel Regno Unito tra il giugno del 2021 e lo stesso mese del 2022, un balzo dovuto non tanto all'immigrazione illegale quanto all'accoglimento delle persone provenienti dall'Ucraina e da Hong Kong e agli studenti extracomunitari. Questi ultimi costituiscono la fetta più consistente dell'immigrazione di lungo termine pari al 39% del totale. Di qui la decisione del governo conservatore britannico di correre ai ripari mettendo anche un tetto massimo al numero di studenti stranieri che in futuro potranno avere accesso alle università del Paese.
Una prospettiva che non piace per nulla alle autorità dei vari atenei che, messi in ginocchio dalla pandemia e dalla Brexit, hanno sempre contatto sugli introiti derivanti dalle iscrizioni degli studenti provenienti dall'estero per rimpinguare le loro casse. Molti università rischiano di andare in bancarotta se il governo decidesse di concretizzare il suo piano, soprattutto quelli situati nelle regioni più povere del Paese. «Allo stato attuale per la maggior parte delle università i corsi in cui sono iscritti gli studenti inglesi sono in perdita e queste perdite vengono coperte dalle iscrizioni degli studenti internazionali - ha spiegato alla Bbc Brian Bell, docente di Economia al King's College di Londra - se l'accesso di questi studenti dovesse venir ridotto al minimo, non so veramente come gli atenei potranno tirare avanti». Secondo Bell, in questo caso a sopravvivere sarebbero soltanto istituzioni prestigiose come quelle di Londra, Cambridge e Oxford, ma per quelle situate in città come Newcastle, nel nord dell'Inghilterra o in Scozia, sarebbe un vero disastro, rischierebbero di chiudere i battenti. «Se veramente il governo vuole che tutti abbiano le medesime opportunità, allora dovrebbe preoccuparsi di non danneggiare i suoi atenei - ha aggiunto Bell - non si tratta soltanto di una politica dell'immigrazione, ma anche di una strategia nel settore dell'istruzione che potrebbe indurre ad ulteriori aumenti nelle tasse d'iscrizione». L'aumento delle tasse diverrebbe infatti l'unico strumento a disposizione delle autorità universitarie per finanziarie le perdite.
Un portavoce di Downing Street per il momento non ha voluto fornire ulteriori dettagli sul piano del governo. «È chiaro che le nostre università ci stanno a cuore e che faremo il possibile per supportarle - si è limitato a commentare il portavoce- alcune di queste sono tra le migliori al mondo e l'esecutivo ha sempre agito nel miglior interesse del Paese». I timori ad ogni modo rimangono forti, vista la crisi di fondi in cui versa il settore universitario. Mancano i docenti e quelli esistenti sono scesi spesso in sciopero, negli ultimi due anni per chiedere maggiori risorse che le università non sono attualmente in grado di garantire.
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