giovedì 24 novembre 2022

Giuli succede a Melandri. Ma attento a non partire con il piede sbagliato

 Ho letto da qualche parte di Giuli, giornalista di Libero, che succede alla Melandri, per decisione del ministro Sangiuliano e della Meloni.

 Quella qualifica è certamente riduttiva, perché  non è la testata per la quale lavora ad indicare la sua idoneità a guidare un Museo dedicato alle arti del Novecento.

 Giuli ha forse  migliori credenziali di quelle che aveva la Melandri, la quale però,  ma non per le credenziali, era passata prima dal Ministero della Cultura.  

 Dunque l'una e l'altro il grande salto l'hanno fatto per ragioni di appartenenza principalmente, e la Melandri come ricompensa della perdita dello scranno  in Parlamento e al dicastero della cultura. 

 A Giuli che non è da meno della Melandri, viene consegnato un MAXXI in ottima salute e comunque in condizioni migliori di quelle in cui la Melandri lo trovò ( così ha detto oggi la presidente uscente). 

 Il vertice del MAXXI, rappresentato, prima dalla Melandri ed ora da Giuli,   ha anche tre direttori artistici (per fortuna, per il MAXXI). I quali, a differenza del presidente, sono stati cooptati non per ragioni di appartenenza - che nelle due presidenze hanno prevalso, ribadiamolo - ma principalmente per le loro rispettive competenze.

 L'errore che Giuli non può e  non deve fare è licenziare, appena insediato, i direttori che, a buon bisogno e per correttezza, presenteranno al nuovo presidente le loro dimissioni; ma lui dovrà respingerle ed anzi pregarli di restare per continuare a fare bene - come sembra abbiano fatto fino ad oggi con la Melandri - il loro lavoro. 

 Per far capire ancor più chiaramente il nostro pensiero - che offriamo, non richiesti, al ministro Sangiuliano ed alla premier Meloni, qualora vogliano  dare una svolta vera ed efficace all'amministrazione nel paese - consideriamo che al posto della Melandri ci fosse stato uno, mettiamo, come Sgarbi, che non era al secondo mandato e perciò era anche ragionevole non affidargli anche il terzo e che fosse stato messo lì dal precedente governo. 

 Sangiuliano avrebbe avuto buone ragioni per mandarlo a casa? No, nessuna, perché quale che fosse stato l'indirizzo politico di Sgarbi ( nel caso specifico difficile da inquadrare, date le infinte giravolte) lui aveva le carte in regola per dirigere un Museo e per restarci.

 Mentre, invece, e qui cambiamo caso, la consulenza di Beatrice Venezi al ministero di Sangiuliano è nata esclusivamente dalla sua appartenenza partitica e perciò se il prossimo ministro del prossimo governo non di destra, decidesse di farne a meno, potrebbe tranquillamente farlo, anzi sarebbe opportuno che lo faccia, perché la Venezi, chiamata in virtù della sua attività di direttrice d'orchestra, deve ancora dimostrare  che sa fare ilo suo mestiere,  ed è stata scelta sbandierando la sua 'fama internazionale' CHE NON HA. Se lo mettano in testa sia Sangiuliano che la Meloni. 

Lo dice un critico che la Venezi non includerebbe certamente nell'albo che ha ventilato, anzi minacciato, di voler fare o proporre, parlando quasi da vice-ministro mentre è, tutto sommato, soltanto una consulente.

 Ripetiamo per l'ennesima volta che una come Lei, supportata da suo padre (ex dirigente nazionale di Forza Nuova, attivo professionalmente nel settore degli eventi e del made in Italy, ed ora a capo, proprietario, di una agenzia, dal nome curioso,  H20 promotion, che promuove sua figlia) e dalle sua innegabili doti,  fra le quali  brilla per assenza quella di direttrice d'orchestra, se fosse stata veramente brava chissà quale carriera avrebbe fatto, in una decina d'anni circa. E, invece, sta sempre al palo, anche se partecipa ad eventi che suo padre le procura perché è giovane, bella, elegante e ingioiellata, spigliata e basta,  che la espongono più di altre direttrici, anche italiane, più meritevoli perchè più brave nel loro mestiere.

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