Il maestro Riccardo Muti delude i gufi della sinistra. Il celebre direttore d'orchestra, impegnato nel Don Giovanni di Mozart al Teatro Regio di Torino il prossimo 18 novembre, silenzia le critiche del coro contro il governo di Giorgia Meloni e mette in chiaro che lo stato "vergognoso" della musica e non solo, in Italia, non è colpa del centrodestra. Tutt'altro.
In una intervista alla Stampa, Muti alla domanda su quale sia lo stato di salute della cultura italiana risponde che "ci sono uomini di grande cultura che si battono per la cultura. La scuola però è tremendamente in discesa. Non è formativa, non è al passo dei tempi. Quando leggo i libri dei miei nipoti in prima media non li capisco. Sono infarciti di ideologia politica a seconda dell'insegnante o della scuola". Sulla polemica per il ministero dell'Istruzione ribattezzato della Scuola e del merito spiega che "tutti dobbiamo partire dalla stessa linea, il contrario sarebbe un'ingiustizia. Poi chi è dotato dalla sua natura raggiunge traguardi più elevati. Questo è il merito. Ma il merito non può essere imposto per legge dall'alto".
La situazione della musica, poi, è un problema "gravissimo: dobbiamo vergognarci. Abbiamo la più grande e lunga storia della musica del mondo. Monteverdi, Palestrina hanno influenzato tutto e noi calpestiamo questa tradizione unica". Anche qui c'entra la scuola: "Tutti dovrebbero esserne educati fin dalla materna. Vorrei sapere quanti tra senatori e deputati conoscono e si dedicano alla musica e alla lirica al di fuori delle inaugurazioni con lo smoking" è la stoccata ai politici che affollano ala prima della Scala ma poi dimenticano lirica, classica e balletto.
Sui tanti stranieri che dirigono i teatri lirici in Italia, afferma che da noi "c'è ancora una forma di servilismo antico, insito nell'italianità, di piegare il ginocchio allo straniero. Ci sono teatri in città, culle della cultura mondiale, dove il sovrintendente ignora la storia plurisecolare del teatro, del tessuto sociale e del popolo".
Dicevamo, dei governi. Secondo il quotidiano "i partiti di destra sono stati meno attenti alla cultura". "Ci sono uomini di cultura di destra validi - ribatte Muti - La sinistra ha avuto e avrà intellettuali ma in questi anni non ha fatto molto per la cultura diffusa. Tutte le mie critiche sono figlie di un periodo di conduzione da parte della sinistra".
Sul nuovo ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il direttore superstar ammette di non conoscerlo personalmente: "Starò a vedere. Spero che sappia ascoltare i veri uomini di cultura non per ricevere ordini ma per raccogliere consigli". Detto questo, Muti riserva un'altra delusione per il coro radical chic: con la destra c'è il rischio di un ritorno al fascismo? "Non bisogna confondere destra con fascismo. Tutti siamo antifascisti, tutti siamo contro le dittature. L'arte non può sorgere o svilupparsi sotto una dittatura anche se dalle dittature sono nati germogli meravigliosi come contrasto. Lasciamoli lavorare. Noto in questi giorni un'eccessiva violenza. Antitesi e tesi sono allo stesso modo importanti a patto che si arrivi alla sintesi. Se fanno a cazzotti, ne soffre il popolo", chiosa il direttore d'orchestra.
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