Il compromesso adottato da Abbado - conservare la direzione musicale e abbandonare la direzione artistica - è una decisione ideale. Ideale nel senso che con la presenza di Abbado la qualità musicale delle produzioni scaligere, il costante controllo sull’orchestra, continueranno ad avere un "custode", un responsabile che non potrebbe offrire migliori garanzie di quelle già ampliamente confermate da un muslcista rigoroso e implacabile quale è, appunto, Abbado.
Per un direttore artistico autentico, soprattutto in un clima confuso e parrebbe quasi ostile come quello che fa da sfondo e da contorno alle attività musicali del nostro paese, ci sono mille assillanti problemi giornalieri da risolvere con esperienza, tempestività e improntitudine. La figura quindi di un musicista per squisito che sia, che "imposta" il cartellone, lo definisce ascoltando "troppe" persone, lasciandosi ipnotizzare da troppi demagoghi, per poi intraprendere una lunga "tournée" di concerti, non solo non è credibile ma non è neppure accettabile.
Fra gli errori di Abbado - "direttore artistico" - quello di aver concesso ampio credito sia allo smembramento (più distogliente che divulgativo) delle attività della Scala, sia all‘insediamento vessatorio di una "cultura" momemtanea e transitoria come tutto quanto sa d’"avanguardia" e non di approdo a rinnovamenti decisivi. Un grande teatro d’opera è luogo di approdi e non di sperimentazioni,
I "ministri dello spettacolo", comunque, vanno e vengono (con una velocità vertiginosa e con una casualità allarmante, con le loro "leggi" infrequentabili o inesistenti, con le loro "leggine" interlocutorie e distoglienti) e la Scala rimane lì, un po' ferita in superficie, un po' frastornata dai troppi "suggeritori", ma sempre in grado di proporci cose memorabili, da ostentare - tramite un Grassi, un Abbado, un Sicilani - una autorità ed una suggestione che si son fatti, ormai, proverbio.
Fra gli errori di Abbado - "direttore artistico" - quello di aver concesso ampio credito sia allo smembramento (più distogliente che divulgativo) delle attività della Scala, sia all‘insediamento vessatorio di una "cultura" momemtanea e transitoria come tutto quanto sa d’"avanguardia" e non di approdo a rinnovamenti decisivi. Un grande teatro d’opera è luogo di approdi e non di sperimentazioni,
I "ministri dello spettacolo", comunque, vanno e vengono (con una velocità vertiginosa e con una casualità allarmante, con le loro "leggi" infrequentabili o inesistenti, con le loro "leggine" interlocutorie e distoglienti) e la Scala rimane lì, un po' ferita in superficie, un po' frastornata dai troppi "suggeritori", ma sempre in grado di proporci cose memorabili, da ostentare - tramite un Grassi, un Abbado, un Sicilani - una autorità ed una suggestione che si son fatti, ormai, proverbio.
Franco Soprano
Arte difficile quella del direttore artistico. Ancor più difficile in anni che lo vedono inquisito in concomitanza con grandi spostamenti ai vertici di teatri ed istituzioni concertistiche.
A chi ci rivolgeremo dunque per avere notizie sulla difficile arte della programmazione musicale se tutti o quasi i nostri direttori artistici si sono votati al silenzio più completo su tutto - per non compromettersi anzitempo? - anche sui loro diritti e doveri?
Per agevolarci il compito ne abbiamo inventato uno: il direttore artistico ideale - con vizi e virtù comuni a tutti - un personaggio immaginario non ancora nato e che non potrà mai nascere. Il vantaggio dell’operazione sta nell’avere di fronte un personaggio che non ci inibisce innanzitutto e che inoltre risponde a tutte le nostre richieste. Nella nostra intevista-gioco si risponde con verità a tutto, pena il ritorno nel nulla.
Come si diventa direttori artistici?
Le strade sono infinite: si può avere alle spalle una carriera musicale ineccepibile, ma fa lo stesso anche se nasconde grosse falle, purché ben occultate. Si tollera anche la presenza di musicisti veri, compositori ad esempio, ed in Italia ve ne sono che occupano questa carica. Devo aggiungere però che qualcuno ha compiuto errori imperdonabili. Non appena tirato fuori dalla stanza della musa è stato colto da uno strano malore: la malattia del clan. Ha rispolverato i vari artisti di famiglia, ha costruito per loro degli altarini e li ha esposti, senza pudore alcuno, alla venerazione generale. Per farla breve, questi nostri compositori-direttori assumendo il loro incarico sembrano dapprima estranei ai giochi di potere ma, appena calati nel mondo degli uomini, non rispettano più le regole del gioco. Sinceramente preferisco dei manager ai musicisti.
Qual è l'età canonica per diventare direttori artistici?
Tra noi ci sono lattanti accanto a vegliardi: non è una questione d’età. Basta saperci fare.
Fare cosa?
Innanzi tutto la programmazione musicale da cui discende la scelta degli autori - per quelli contemporanei abbiamo un grandissimo potere, possiamo inventarli o distruggerli a nostro totale piacimento; il nostro gusto ma anche le nostre amicizie ci guidano nell’operazione - ma anche degli interpreti: dai solisti strumentali a quelli vocali. Permette una malignità? Sa di quel direttore artistico di un ente lirico che non sapeva distinguere un latrato da un do di petto? Negli enti lirici poi spetta al direttore artistico la scelta dei registi, dei costumisti, degli scenografi. Mi ha capito? Qui oltre che la musica sono in gioco interessi finanziari immensi. E tutto ciò nella strombazzata crisi finanziaria degli enti lirici.
Ma tutti i direttori artistici sono uguali, quanto a potere?
No, anche qui come in ogni campionato vi sono direttori di serie A, altri di serie B e poi quelli di C, D eccetera.
Come programmerebbe una stagione concertistica o lirica?
Come la programmerei è una domanda diversa da ‘come programmo di fatto'. Avendo anni a disposizione, farei dei piani ragionati sulle stagioni della musica. Le passerei in rassegna senza vietarmene nessuna, per offrire un panorama completo e rispondente alle realtà passate e presenti. Chiamerei interpreti idonei eccetera. Ma, in Italia, dove ci si scandalizza della sponsorizzazione musicale, non si sa mai se lo stato erogherà i contributi per l’anno seguente e quindi...
Cosa succede nella realtà?
Ci sono territori della musica che risultano impraticabili, perché macchiati di ideologie ormai tramontate. Se li includessi nelle mie scorribande musicali meriterei sicuramente accuse molto pesanti. Ma ci sono anche circuiti musicali ben definiti attraverso i quali occorre passare, pena l’essere messo fuori del gioco. Ed infine occorre accontentare coloro che mi sostengono, per non essere abbandonato a me stesso. Dimenticavo: c'è anche il pubblico da tener presente.
Com'è congegnato giuridicamente un ente musicale, concertistico o lirico?
Al vertice v'è il Presidente, carica questa solitamente ricoperta dal sindaco della città. Poi viene il Sovrintendente che è responsabile della gestione dell’ente ed infine il Direttore artistico che cura la compilazione dei programmi e la loro attuazione artistica: programmazione e produzione della musica. C’è un solo caso, in Italia, in cui questi compiti sono riuniti in una sola persona: l'Accademia di S. Cecilia. Il suo presidente è anche sovrintendente e direttore artistico della gestione autonoma dei concerti della stessa accademia. Il personaggio oggi più conteso dalle istituzioni musicali altro non è che "consulente della programmazione artistica" in tutto dipendente dal vero direttore e sovrintendente. In Italia vi sono infine casi in cui i direttori artistici cumulano nella loro persona anche la carica di direttore stabile dell’orchestra. Ma per la mia esperienza, devo dirle che preferisco queste due mansioni affidate a persone diverse.
Permette una domanda biricchina? Se avesse un parente musicista, ma potrebbe anche essere un figlio con identico cognome quindi, lo inserirebbe nel suo cartellone?
Lei è troppo ingenuo. Non sa quali acrobazie mi impongo perché l’esibizione di un mio parente e perché no anche di un mio figlio appaia fuori del mio diretto intervento e lontano mille miglia. Avendo più tempo a disposizione, potrei mostrarle come ogni tessera di questo "puzzle musicale" sembra al suo posto con spregiudicata naturalezza.
Ma perché non fa dei nomi?
A questo punto il nostro direttore artistico, guardandomi tra il minaccioso ed il divertito, scompare nel nulla.
Le strade sono infinite: si può avere alle spalle una carriera musicale ineccepibile, ma fa lo stesso anche se nasconde grosse falle, purché ben occultate. Si tollera anche la presenza di musicisti veri, compositori ad esempio, ed in Italia ve ne sono che occupano questa carica. Devo aggiungere però che qualcuno ha compiuto errori imperdonabili. Non appena tirato fuori dalla stanza della musa è stato colto da uno strano malore: la malattia del clan. Ha rispolverato i vari artisti di famiglia, ha costruito per loro degli altarini e li ha esposti, senza pudore alcuno, alla venerazione generale. Per farla breve, questi nostri compositori-direttori assumendo il loro incarico sembrano dapprima estranei ai giochi di potere ma, appena calati nel mondo degli uomini, non rispettano più le regole del gioco. Sinceramente preferisco dei manager ai musicisti.
Qual è l'età canonica per diventare direttori artistici?
Tra noi ci sono lattanti accanto a vegliardi: non è una questione d’età. Basta saperci fare.
Fare cosa?
Innanzi tutto la programmazione musicale da cui discende la scelta degli autori - per quelli contemporanei abbiamo un grandissimo potere, possiamo inventarli o distruggerli a nostro totale piacimento; il nostro gusto ma anche le nostre amicizie ci guidano nell’operazione - ma anche degli interpreti: dai solisti strumentali a quelli vocali. Permette una malignità? Sa di quel direttore artistico di un ente lirico che non sapeva distinguere un latrato da un do di petto? Negli enti lirici poi spetta al direttore artistico la scelta dei registi, dei costumisti, degli scenografi. Mi ha capito? Qui oltre che la musica sono in gioco interessi finanziari immensi. E tutto ciò nella strombazzata crisi finanziaria degli enti lirici.
Ma tutti i direttori artistici sono uguali, quanto a potere?
No, anche qui come in ogni campionato vi sono direttori di serie A, altri di serie B e poi quelli di C, D eccetera.
Come programmerebbe una stagione concertistica o lirica?
Come la programmerei è una domanda diversa da ‘come programmo di fatto'. Avendo anni a disposizione, farei dei piani ragionati sulle stagioni della musica. Le passerei in rassegna senza vietarmene nessuna, per offrire un panorama completo e rispondente alle realtà passate e presenti. Chiamerei interpreti idonei eccetera. Ma, in Italia, dove ci si scandalizza della sponsorizzazione musicale, non si sa mai se lo stato erogherà i contributi per l’anno seguente e quindi...
Cosa succede nella realtà?
Ci sono territori della musica che risultano impraticabili, perché macchiati di ideologie ormai tramontate. Se li includessi nelle mie scorribande musicali meriterei sicuramente accuse molto pesanti. Ma ci sono anche circuiti musicali ben definiti attraverso i quali occorre passare, pena l’essere messo fuori del gioco. Ed infine occorre accontentare coloro che mi sostengono, per non essere abbandonato a me stesso. Dimenticavo: c'è anche il pubblico da tener presente.
Com'è congegnato giuridicamente un ente musicale, concertistico o lirico?
Al vertice v'è il Presidente, carica questa solitamente ricoperta dal sindaco della città. Poi viene il Sovrintendente che è responsabile della gestione dell’ente ed infine il Direttore artistico che cura la compilazione dei programmi e la loro attuazione artistica: programmazione e produzione della musica. C’è un solo caso, in Italia, in cui questi compiti sono riuniti in una sola persona: l'Accademia di S. Cecilia. Il suo presidente è anche sovrintendente e direttore artistico della gestione autonoma dei concerti della stessa accademia. Il personaggio oggi più conteso dalle istituzioni musicali altro non è che "consulente della programmazione artistica" in tutto dipendente dal vero direttore e sovrintendente. In Italia vi sono infine casi in cui i direttori artistici cumulano nella loro persona anche la carica di direttore stabile dell’orchestra. Ma per la mia esperienza, devo dirle che preferisco queste due mansioni affidate a persone diverse.
Permette una domanda biricchina? Se avesse un parente musicista, ma potrebbe anche essere un figlio con identico cognome quindi, lo inserirebbe nel suo cartellone?
Lei è troppo ingenuo. Non sa quali acrobazie mi impongo perché l’esibizione di un mio parente e perché no anche di un mio figlio appaia fuori del mio diretto intervento e lontano mille miglia. Avendo più tempo a disposizione, potrei mostrarle come ogni tessera di questo "puzzle musicale" sembra al suo posto con spregiudicata naturalezza.
Ma perché non fa dei nomi?
A questo punto il nostro direttore artistico, guardandomi tra il minaccioso ed il divertito, scompare nel nulla.
Si possono chiedere anche i nomi ad un intervistato che si è già mostrato cosi generoso di notizie? Ed allora; addio, direttore!
Ciò che resta ora e per il futuro e la realtà della figura del "deus ex musica", con le sue alchimie, in barba ad ogni scienza. Della musica e solo della musica, per intenderci. Ma nella realtà accade anche che i direttori artistici agiscano con coscienza e, quel che più conta, con tanta tanta competenza.
Ciò che resta ora e per il futuro e la realtà della figura del "deus ex musica", con le sue alchimie, in barba ad ogni scienza. Della musica e solo della musica, per intenderci. Ma nella realtà accade anche che i direttori artistici agiscano con coscienza e, quel che più conta, con tanta tanta competenza.
Pietro Acquafredda
Nessun commento:
Posta un commento