I violini Stradivari suonavano così bene per una colla animale applicata al legno? È, in sintesi, l’ipotesi lanciata da un prestigioso studio pubblicato sulla rivista scientifica Analytical Chemistry, frutto di una collaborazione del consorzio dell’Europa centro-orientale CERIC-ERIC con Elettra Sincrotrone Trieste.
Specificatamente i violini Stradivari sono stati analizzati con nano-microscopia a infrarossi che ha svelato, sulla superficie esterna del legno, la presenza di un trattamento a base proteica, con ogni probabilità una colla animale a base di collagene o caseina, probabilmente pennellata sul legno e poi parzialmente assorbita dallo stesso. La colla influenzava il suono dello strumento, conferendogli quell’inconfondibile chiarezza.
La prima autrice della ricerca è Chiaramaria Stani, collaboratrice scientifica del Consorzio Centro Europeo delle Infrastrutture di Ricerca (CERIC) nell’area dei beni culturali. Fondato dalla Commissione Europea nel 2014, il Consorzio offre a ricercatori e industrie un unico punto di accesso a oltre 50 tecniche e laboratori in otto Paesi dell’Europa centro-orientale per la ricerca multidisciplinare a livello micro- e nano-metrico nei campi dei materiali avanzati, dei biomateriali e delle nanotecnologie.
Le analisi sono state svolte su due violini prodotti da Stradivari, il Toscano (1690), custodito presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma, e il San Lorenzo (1718), conservato a Tokyo sotto la cura del restauratore ed estimatore Sota Nakazawa.
“Da diversi anni gli esperti del settore dibattono sull’impiego da parte di Stradivari di uno strato preparatorio interposto tra la vernice e il legno, al fine di uniformare la superficie di quest’ultimo”, riporta Giacomo Fiocco, co-autore della ricerca.
In precedenza, le analisi di microscopia a infrarossi svolte presso la linea di luce SISSI del Sincrotrone Elettra avevano fatto ipotizzare la presenza di materiale organico applicato direttamente sul legno, al di sotto degli strati di vernice. Tuttavia, non era stato possibile accertare con esattezza la sua natura chimica.
Tra gli autori figura anche Lisa Vaccari, responsabile della linea di luce SISSI di Elettra, la quale afferma: “Grazie all’applicazione delle tecniche avanzate disponibili presso il nostro laboratorio è stato possibile ottenere risultati straordinari su campioni estremamente complessi, dimostrando le potenzialità delle metodologie applicate e aprendo nuovi scenari per lo studio dei beni culturali”.
L’accesso alle strumentazioni scientifiche presso Elettra 2 Sincrotrone Trieste, sito in AREA Science Park, è stato reso possibile grazie a un bando del Consorzio Centro Europeo delle Infrastrutture di Ricerca (CERIC), di cui Elettra è partner italiano.
“Non siamo ancora in grado di definire in modo univoco la tecnica costruttiva del maestro cremonese, ma grazie a questo lavoro abbiamo fatto un sostanziale passo in avanti nel comprendere come Stradivari costruisse i suoi incredibili strumenti” conclude Marco Malagodi, responsabile scientifico del Laboratorio Arvedi di Diagnostica Non Invasiva dell’Università di Pavia e co-autore dello studio.
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