lunedì 14 novembre 2022

Riccardo Muti. Vi raccontiamo come lo conoscemmo, presumendo che possa interessarvi

 Esattamente 40 anni fa,  aprile del 1983, usciva il primo numero del mensile Piano Time, che noi avevamo progettato dalla prima all'ultima pagina e che avremmo diretto per i successivi sette anni, allontanandoci per dissidi con l'editore, ad aprile del 1990 (quello di marzo di quell'anno fu l'ultimo numero della rivista da noi confezionato).

 Non serve aggiungere che Piano Time fu, negli anni della nostra direzione ma non solo per questo, la rivista più prestigiosa ed ascoltata in Italia, oltre che la più innovativa,  sia per la sua articolazione che per le collaborazioni di  assoluto rilievo,   e per le iniziative editoriali e musicali assunte.

Non ricordiamo in quale  precisa occasione, ma ertamente nei primi mesi di uscita di Piano Time, facemmo la conoscenza di Vincenzo Vitale, l'adorato maestro napoletano di Riccardo Muti.

 E non ricordiamo neppure  se avvenne prima o dopo l'uscita su Piano Time, di un ritratto indimenticabile che Vitale fece di  Carlo Zecchi, in occasione di un ampio servizio dedicato al musicista, con testimonianze  anche di Zubin Mehta e Daniel Barenboim che, con Claudio Abbado, erano stati suoi allievi all'Accademia Chigiana di Siena. Ciò che soprese i lettori di Piano Time fu che quel panegirico di Zecchi, ben argomentato e non 'd'occasione', era firmato da un noto pianista e didatta come Vitale, che tutti ritenevano 'l'anti Zecchi'. Onore al valore.

 Insomma in  quei primi mesi di uscita di Piano Time conoscemmo Vincenzo Vitale (Forse in occasione di una sua conferenza al Conservatorio di Santa Cecilia? Forse). Aveva sfogliato la rivista e si complimentò con noi, aggiungendo che eravamo riusciti a fare ciò che lui avrebbe voluto fare da sempre, senza riuscirci. E cioè fare una rivista dedicata, in prevalenza, al pianoforte, e  con la qualità della nostra.

 L'incontro con Muti, mediato da Vitale, avvenne a Roma, in occasione di uno degli ultimi  suoi concerti, se non l'ultimo, nella Capitale, ospitato nell'Auditorium di Via della Conciliazione. A quel concerto del suo famoso allievo era presente Vitale. Lo salutammo e lui ci chiese se conoscevamo o avessimo mai incontrato Muti di persona. Alla nostra risposta negativa, ci disse di seguirlo. Raggiungemmo in sala Cristina Muti, la moglie del maestro; ci presentò a Lei e poi insieme salimmo nel camerino del direttore per presentarci anche a lui e salutarlo. Gli chiedemmo naturalmente una intervista, ci promise che alla prima occasione sarebbe stato felice di farla. 

Lasciando l'Auditorium, Vitale ci diede il suggerimento di rivolgerci per qualunque cosa, a Cristina, perchè 'è Lei che comanda'. A Cristina Muti noi non ci siamo mai rivolti, sebbene molte volte l'abbiamo incontrata. L'ultima, a Salisburgo, dopo Karajan, in occasione del concerto di Muti a ferragosto, in cui diresse il 'Requiem tedesco' di Brahms. La incontrammo, salutammo e la seguimmo in camerino: 'venga, maestro, mio marito sarà contento di salutarla'. Nel camerino di Muti c'era Isotta ed anche Satragni, insieme ad altri, amici ed ammiratori; poco dopo giunse anche la signora Karajan che disse al maestro che suo marito lo ritemeva il miglior direttore del Requiem brahmsiano. Muti, non sapeva se  esserne lusingato o... intanto, da napoletano verace, fece gli scongiuri.

Poi l'incontro con intervista a L'Aquila. e,  successivamente, molti altri incontri a Roma, negli anni di sua permanenza all'Opera, ed anche dopo. 

 In quegli anni ricevemmo da lui una  telefonata, l'unica, ma lunga e molto affettuosa, nella quale ci esprimeva la sua stima e l'apprezzamento per ciò che avevamo scritto di lui in quegli anni su Il Giornale.

 Andando indietro nel tempo, agli ultimi anni di sua permanenza alla Scala, c'è una immagine di Riccardo Muti che non possiamo dimenticare e che aveva come sfondo il concerto celebrativo, a Roma nel 2003, per i 700 anni della' Sapienza', nell'Aula Magna dell'Università. Quel concerto coincise con una protesta molto dura degli studenti contro l'allora rettore, e rischiò di saltare. Corrado Augias, che in  quell'occasione faceva il gran cerimoniere, non riuscì a placare gli animi degli studenti. Ci riuscì dopo Muti. Con la musica poi, e poche m suadenti parole prima, il grande direttore ammansì gli intenti bellicosi degli studenti ed il concerto  alla fine ebbe luogo.

 Durante la trattativa che durò a lungo, forse in un momento di quiete apparente,  e prima che il concerto avesse luogo, ci recammo nel retropalco dell'Aula Magna. E lì vedemmo Muti, seduto, da solo, impaziente, visibilmente provato ed anche un pò offeso; i suoi orchestrali erano altrove, sparsi nei corridoi del rettorato, non intorno a lui. Scambiammo qualche parola, esprimemmo il nostro dispiacere nel vederlo coinvolto in una situazione, di cui era vittima senza colpa, lo salutammo e lo lasciammo lì seduto, quasi rannicchiato e solitario. Un segno premonitore del successivo dissidio con l'orchestra della Scala che lo porterà alle dimissioni?

Subito dopo la sua uscita dall'Opera, dieci anni dopo quel concerto, abbiamo incontrato altre volte Muti, e gli abbiamo chiesto se immaginava un giorno o l'altro un suo ritorno all'Opera, magari per un semplice concerto. La sua risposta è stata sempre il silenzio, anche dopo che gli facevamo notare che  il suo nome era presente sul sito del Teatro con la qualifica di 'direttore onorario a vita', qualifica che a noi è sempre apparsa come un quasi insulto, oltre che ridicola.

 E così, dopo la Scala, in Italia sono diventati due i teatri con le cui orchestre Muti non vorrà tornare a lavorare: Milano e Roma, che nei periodo di di sua permanenza  erano 'le migliori orchestre d'Italia' (per quella dell'Opera di Roma, in particolare, lo ha detto molto spesso in quegli anni). 

Adesso le migliori orchestre italiane sono altre, quelle che  dirige o ha diretto, dopo quella dell'Opera, e cioè Firenze, Palermo, Torino ( dove, fra breve, dirigerà il Don Giovanni mozartiano, con la regia di sua figlia Chiara). E forse l'elenco negli anni si allungherà ancora, magari rinnegando  anche le ultime, se le cose non andranno per il verso che Muti vorrà a Firenze come a Palermo e  a Torino.

  

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