Quattro regioni e una provincia non rispondono, chi per problemi organizzativi, chi per atteggiamenti culturali. La vaccinazione di maestri e professori, bidelli e amministrativi di scuola è alta - 84,85 per cento la prima dose, 75 per cento immunità completa - ma non è ancora distribuita nel Paese e, soprattutto, non in grado di garantire la didattica in presenza da metà settembre, avvio del prossimo anno scolastico.
Le regioni indietro per imperizia o volontà della classe docente sono Sicilia (43,24 per cento senza una dose) e, nell'ordine, Provincia di Bolzano, Liguria, Calabria e Sardegna: un terzo del personale scolastico, qui, è fuori protezione. Altri due territori, Umbria e Trentino, devono recuperare.
Il presidente dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha deciso di infilare la questione nel dibattito pubblico in modo chiaro: "Credo che l'obbligo vaccinale serva per il personale sanitario e anche per quello scolastico", ha detto. E poi ha spiegato: "Non so se si riuscirà ad estendere l'obbligo". Bonaccini ha dalla sua il partito, il Pd. Con il segretario Enrico Letta pronto a rivendicare: "Le vaccinazioni sono una priorità assoluta, invitiamo il governo a prendere iniziative stringenti. Le scuole", dice, "devono rimanere aperte".
Non prende posizione e rimanda a Palazzo Chigi - a sua volta prudente - il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, che da Pordenone ha detto: "C'è stata una risposta molto responsabile della classe docente e ne terremo conto". Di obbligo vaccinale per gli insegnanti, "questa settimana ne parleremo in Consiglio dei ministri e la decisione andrà presa dall'intero collegio", ha aggiunto. "Abbiamo da tempo messo la scuola in presenza come la nostra priorità assoluta".
Non è scontato che domani si parli del tema in Cdm, in verità. Il ministro della Salute Roberto Speranza, il parere più importante per il premier Draghi su questi temi, preferisce dare al governo 7-10 giorni di tempo per capire se la soglia vaccinati a ridosso di agosto, e a un mese e mezzo dall'apertura delle scuole, cresce. Poi, di fronte a un vuoto presente in troppe regioni, si potrà anche accelerare sulle restrizioni scolastiche.
Il "prof no vax" è un'immagine dura da digerire ma, da una parte, le defezioni sono soprattutto tra il personale Ata e, dall'altra, il problema centrale non è quello degli adulti docenti, ma dei giovani discenti. Fabiano Amati, presidente della commissione regionale Bilancio e Programmazione della Regione Puglia, illustra: "Solo nella nostra regione il 76 per cento dei ragazzi di età compresa tra i 12 e i 19 anni deve essere vaccinato con doppia dose entro metà settembre. Non c'è tempo da perdere, ogni giorno in più di Dad sarebbe un crimine contro il loro futuro. Non avrei esitazione a presentare una proposta di legge sull'obbligo vaccinale".
Mentre nel Paese si è superata la metà dei vaccinati (il 50,84 per cento ha completato il ciclo), Palazzo Chigi ha scelto di percorrere l'esperimento Speranza - 7-10 giorni di controllo dell'andamento delle vaccinazioni - anche perché La Lega e Forza Italia sono contrari. Nel mondo della scuola, invece, la posizione "obbligo vaccinale" trova sponde tra i provveditori - "la scuola è una comunità di persone e un'istituzione importante del Paese" - e gli stessi dirigenti scolastici.
Alfonso D'Ambrosio, preside dei plessi scolastici di Vo', provincia di Padova, dice: "Come extrema ratio sono favorevole, e credo di rappresentare il punto di vista di molti colleghi. Se la popolazione no vax a scuola dovesse restare intorno alle duecentomila unità, è impensabile togliere un numero così alto di docenti dall'insegnamento. In questo caso l'unica strada sarebbe il ricorso all'obbigo vaccinale. Se la popolazione scolastica non immunizzata dovesse restare sulle 30-40.000 persone, si potrebbero immaginare spostamenti di questi docenti ad altri compiti". Il sindacato, per voce di Francesco Sinopoli segretario della Flc Cgil, fa sapere: "L'obbligo non va escluso a priori, ma prima bisogna pensare a un Green Pass scolastico come strumento di incentivo".
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