La quarta ondata di contagi da coronavirus è arrivata, come dimostrano e come molti esperti temevano? «Speriamo sia solo un colpo di coda — commenta Fabrizio Pregliasco, virologo, docente all’Università Statale di Milano —. Comunque è una situazione in linea con quello che già è successo in altri Paesi, mentre noi vivevamo una sorta di luna di miele».
In che senso «luna di miele»? «Noi siamo stati chiusi più a lungo: chi ha riaperto prima, come Spagna e Portogallo, ha visto risalire i contagi già nelle settimane scorse. E poi c’è stata quell’“eclissi di coscienza”, durante i festeggiamenti per la vittoria dell’Italia nell’Europeo di calcio, che ha favorito la diffusione del virus».
A proposito di contagio: dove si nascondono i rischi? «Va ribadito un concetto: che ogni contatto fra persone può potenzialmente rappresentare un rischio di contagio, anche se basso. Anche i vaccinati (che nell’88% dei casi sono al riparo dall’infezione) in alcuni casi possono essere portatori del virus, nonostante la carica ridotta, e trasmetterlo agli altri» (ecco perché molti esperti, come il virologo americano Anthony Fauci, continuano a raccomandare l’uso della mascherina, ndr). Questo non fa che sottolineare l’importanza della vaccinazione per ridurre il più possibile la circolazione del virus.
Molti, però, sono ancora esitanti, e non parliamo dello zoccolo duro dei no vax. Perché questa esitazione? «Molto è da attribuire a una sorta di cacofonia dell’informazione. È passata, per esempio, l’idea che i vaccini siano sperimentali e che alcuni possano interferire con il nostro Dna. Ma non è così. Le tecnologie che hanno permesso di mettere a punto i preparati a Rna (come Pfizer, ndr) e quelli a vettore virale (tipo AstraZeneca, ndr) sono allo studio da anni. E questa confusione informativa continua». Si spieghi meglio.
«Per esempio, l’Ema ha dato indicazioni per la vaccinazione nei giovani a partire dai 12 anni. Alcuni Paesi, però, come la Germania o la Svezia, vaccinano, al momento, soltanto i ragazzi più fragili, in attesa di avere maggiori dati sugli effetti collaterali (sono descritti casi molto rari di miocardite fra i più giovani, ndr), mentre in Italia si seguono le indicazioni dell’Ema. Vaccinare i giovani, comunque, è fondamentale per la riapertura delle scuole». E i docenti? «Li paragonerei agli operatori sanitari, soprattutto coloro che hanno a che fare con i bimbi più piccoli. Io sarei per l’obbligo della vaccinazione».
Non pensa che una certa resistenza alla vaccinazione sia dovuta anche alla paura degli effetti collaterali? «Gli effetti collaterali più importanti, come ad esempio i casi di trombosi con il vaccino AstraZeneca nelle donne giovani o quelli di miocardite con il vaccino Pfizer nei giovani, sono molto rari. E accettabili se si considerano i danni che la malattia comporta». Però sono abbastanza frequenti i disturbi minori come la febbre, che può arrivare anche a temperature oltre i 39 gradi, i dolori ossei e muscolari, la stanchezza. Situazioni che creano qualche diffidenza. Non è d’accordo? «Anche da questo punto di vista occorre tranquillizzare.
Tutti i vaccini possono dare qualche effetto collaterale: di quelli anti-Covid si sente parlare molto perché tantissime persone ricevono il vaccino. Sono disturbi che si risolvono nel giro di un giorno o due ( qui la spiegazione nel dettaglio, ndr)». A cosa vanno attribuiti? «Allo stato di infiammazione che si crea quando il sistema immunitario comincia a reagire al vaccino, producendo anticorpi e attivando le sue cellule di difesa». Secondo uno studio appena pubblicato, l’efficacia del vaccino
Pfizer diminuisce dopo 6 mesi. Occorre cominciare a pensare alla terza dose? «Israele (che aveva già segnalato questa situazione, ndr) sta cominciando a somministrarla agli ultrasessantenni. Le decisioni future dipenderanno dall’andamento dei contagi e dalla disponibilità dei preparati. E potrebbero sollevare qualche problema etico dal momento che buona parte del mondo non è ancora vaccinata».
Si discute molto di green pass. Al di là di considerazioni politiche, ha una ragione d’essere dal punto di vista sanitario? «Il green pass è un elemento che può rendere un contesto più sereno e diminuisce il rischio di contagio, anche se non lo azzera».
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