Crolla la spesa in cultura, turismo bloccato, ma si legge di più. Il Rapporto Federculture 2021
Crollo della spesa in cultura e ricreazione degli italiani, blocco di fatto del turismo, drastiche diminuzioni per musei, teatri, concerti: la realtà del 2020 fotografata dal 17° Rapporto Annuale Federculture 2021 Impresa Cultura era ciò che tutti si aspettavamo dall’anno dell’emergenza Covid. Oggi, il mondo della cultura, dopo i diciotto mesi più difficili che il paese ricordi dal dopoguerra a oggi, conta i danni provocati dai provvedimenti per contrastare il coronavirus, ma è pronto anche a progettare e ripartire secondo Federculture che ieri, a Roma, e per l’esattezza a Palazzo Massimo, ha presentato il rapporto 2021, realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo e con partner istituzionali Istituto per il Credito Sportivo e Intesa Sanpaolo
L’edizione 2021 del volume offre un ampio quadro rappresentativo dei nuovi scenari culturali, sociali ed economici determinati dal Covid e attraverso saggi e approfondimenti, come sempre accompagnati e supportati da dati aggiornati, affronta gli aspetti legati all’attualità e alle problematiche emerse con forza nella fase congiunturale, spingendo però la riflessione anche alle strategie che dovranno guidare la nuova, impegnativa stagione di ripartenza che si prospetta per il settore culturale e per il paese tutto.
I dati: crollano i consumi culturali, ma aumentano i lettori
Lo scenario del 2020 è veramente quello dell’“annus horribilis” che già dodici mesi fa si paventava. Gli indicatori, infatti, sono tutti negativi: la spesa delle famiglie italiane per cultura e ricreazione crolla a 56 miliardi di euro complessivi (era di oltre 73 miliardi nel 2019), un valore che riporta al 2000, vent’anni fa, quando la stessa voce era appunto di uguale entità. A livello di spesa media mensile il calo registrato è del 26%, la voce di spesa per ricreazione, spettacoli e cultura passa da 127 a 93 euro al mese, con le sottovoci pacchetti vacanza e servizi ricreativi e culturali che perdono rispettivamente il 56,8% e il 37,3%. A livello territoriale, si registrano le note differenze tra Nord e Sud del paese dove si riscontrano i valori di spesa più bassi, ma per quanto riguarda il 2020 in un contesto di calo generalizzato che riguarda tutte le regioni. I valori di diminuzione della spesa sono mediamente superiori al 25%, ma è più evidente nel Sud della penisola, in particolare in Basilicata, Sicilia, Puglia, Sardegna, con però alcuni dati meno attesi, come il calo del 33% in Veneto e del 32% in Toscana. Nel 2020, le regioni che hanno speso mediamente di più sono state Emilia Romagna (134,19), Trentino-Alto Adige (130,07), Lombardia (120,22), Friuli-Venezia Giulia (118,32) e Umbria (111,10), mentre i gradini più bassi della classifica sono occupati da Basilicata (43,37), Puglia (43,88), Calabria (50,78), Sicilia (54,01) e Molise (61,90).
Non sorprende che siano negativi anche tutti gli indicatori relativi alla partecipazione e fruizione culturale dei cittadini in tutti gli ambiti con diminuzioni a due cifre: tra le più alte i concerti e il teatro -23%, i musei -14%. Altrettanto evidente è la diminuzione registrata nel settore dello spettacolo dal vivo, dove tutti gli indicatori (numero di spettacoli, presenze, ingressi, spesa del pubblico) segnano variazioni negative oltre il 70%. In questo quadro così netto c’è però un elemento positivo: l’andamento dei dati sulla lettura. I mesi di confinamento e il contingentamento di altre attività hanno fatto probabilmente riavvicinare, dopo anni di continui cali, gli italiani ai libri. La quota di lettori (almeno un libro l’anno) è infatti nel 2020 aumentata del 3,5%, risalendo a un valore che non si registrava da sei anni. Un aumento che si registra in particolare tra i bambini di età 6-10 anni, e nelle fasce di adulti tra i 25 e i 44 anni e che riguarda tutte le tipologie di lettura e di acquisti dal libro di carta tradizionale agli e-book. L’aumento dei lettori e degli acquisti è testimoniato anche dai dati del Rapporto Cepell che evidenzia una crescita in particolare per i libri su supporti elettronici e-book, che in particolare tra marzo 2020, prime fasi del lockdown, e ottobre 2020 hanno contribuito per il 2% alla crescita complessiva degli acquisti di libri.
Nell’analisi dei dati sulla lettura emerge un altro elemento di valutazione estremamente interessante: la corrispondenza tra abitudine alla lettura e partecipazione culturale in generale. Dalla tabella per regioni si evince chiaramente come nei territori con maggiore percentuale di lettori ci siano anche le più alte percentuali di cittadini che fruiscono di attività culturali. Le regioni dove si legge di più sono Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, mentre in fondo alla classifica troviamo Sicilia, Campania, Calabria, Puglia e Molise.
Come per il consumi culturali così per il turismo la pandemia e le conseguenti limitazioni agli spostamenti e il confinamento hanno causato un drastico calo dei flussi nazionali ed internazionali. Le “assenze” di turisti peraltro penalizzano in particolar modo i musei: i siti statali segnano un -75,6%. Il turismo vede una perdita di 27 miliardi (-61%) in termini di spesa dei turisti stranieri, i cui arrivi scendono da 65 a 16 milioni segnando un -74%. Di pari passo con i flussi segna una forte contrazione anche la spesa turistica: quella degli stranieri nel nostro paese era nel 2019 pari a 44,3 miliardi di euro peraltro con un trend di crescita molto positivo almeno decennale. Nel 2020 il dato è di appena 17,3 miliardi di euro una perdita secca di 27 miliardi pari ad una diminuzione del 61%, calo più accentuato al Centro Italia dove raggiunge il -71,6%.
I sostegni alle imprese
Un quadro netto, dunque, che Federculture ha voluto approfondire sondando, per il secondo anno consecutivo, gli enti e le imprese della cultura attraverso un’indagine sul campo mirata a far emergere gli impatti della crisi, ma anche le aspettative e le prospettive per la ripresa. E i risultati parlano chiaro di una crisi che ha colpito duramente: il 62% delle imprese dichiara impatti sul proprio bilancio fino al 60%, per il 12% l’impatto è anche superiore a questa soglia, con conseguenti ripercussioni anche sull’organizzazione del lavoro, circa il 70% ha fatto ricorso a Cig o Fis, e sulle attività largamente riconvertite al digitale per mantenere la vicinanza almeno virtuale con il pubblico tenuto lontano da chiusure e restrizioni (il 41% dei rispondenti ha avuto una riduzione del pubblico fino al 50%, il 37% tra il 50 e il 75% e il 21% oltre il 75%).Ma gli enti e le aziende culturali riconoscono anche che sono state attuate misure di sostegno al settore: vi ha fatto ricorso la totalità delle grandi imprese e più dell’80% sia di imprese medio-piccole che medio-grandi. Tra le imprese di piccole dimensioni, il 67% ha beneficiato dei sostegni. E il giudizio sugli stessi è in buona misura positivo: il 54% ha ritenute le misure adeguate seppure rivolte solo a fronteggiare l’emergenza, mentre poco più del 7% le valuta adeguate ma con criteri e procedure di accesso complesse. Il 12% dei rispondenti le considera sufficienti e il 26% insufficienti.
Il mondo della cultura, dunque, è pronto e già in fase di ripartenza, ma auspica una nuova fase di azioni decise e certe per favorire la ripresa e migliorare il futuro del settore: più del 70% dei rispondenti ritiene sarebbe opportuno rendere detraibili per i cittadini le spese per i consumi culturali; oltre la metà pensa si dovrebbe estendere la possibilità di utilizzo dell’Art bonus ed investire in formazione, professionalità e competenze, ma sono considerati prioritari anche gli investimenti in innovazione tecnologica e produzione digitale e il rafforzamento di reti di collaborazione territoriale e settoriale.
Le dichiarazioni
“Il 2020 e, possiamo dire oggi, anche larga parte del 2021 sono stati anni terribili per il mondo della cultura, per tutto il Paese e per tutti noi”, ha commentato Andrea Cancellato, presidente di Federculture. “La crisi, i suoi effetti, le politiche di rilancio, ci hanno fatto capire che non è più tempo di piccoli passi ma di decisi movimenti e iniziative innovative per la promozione della partecipazione culturale. Uno fra questi è quello della leva fiscale, da utilizzare in più direzioni: verso il consumo culturale che deve poter essere reso detraibile, con il duplice scopo di consentire un maggior accesso alla cultura e di incentivare una sana “competizione” per accogliere sempre più visitatori nei musei o spettatori nei teatri e nei cinema; ancora, attraverso l’unificazione delle aliquote Iva che non devono vedere differenze tra libri, dischi, concerti, mostre, spettacoli, opere d’arte, ecc; verso il finanziamento privato alla cultura; verso una nuova grande committenza pubblica nei confronti delle arti contemporanee, utilizzando in modo innovativo la legge del 2% sulle Opere Pubbliche, da tempo disattesa e per la ripresa della quale molto presto presenteremo una proposta articolata proprio in vista dei grandi investimenti pubblici in campo infrastrutturale previsti dal Recovery Plan. Ma ci sono molti altri nodi che devono essere definitivamente sciolti come il completamento della Riforma del Terzo Settore, soprattutto nella parte fiscale, e l’avvio dell’operatività delle normative e provvidenze a sostegno delle imprese creative e culturali; il tema della ’governance’ e della managerialità della gestione della cultura, quello del ’contratto unico per i lavoratori della cultura’. Abbiamo immaginato la cultura come nuovo ’welfare’ del Pese. Non sarà un’impresa facile ma riguarda tutti. Il nostro impegno sarà totale”.
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