Per chi è in vacanza nelle Marche, la regione ancora più famosa questa estate perché è quella del mister della Nazionale di calcio Roberto Mancini, è d'obbligo una tappa alla mostra « Perugino, il maestro di Raffaello», nelle Sale del Castellare del Palazzo Ducale, fino al 17 ottobre.
Curata da Vittorio Sgarbi, organizzata da Civita e Maggioli cultura, la mostra completa le celebrazioni per il cinquecentenario della morte di Raffaello e anticipa quelle per il Perugino.
Il Perugino, ovvero Pietro Vannucci (1448-1523), a Firenze era allievo Andrea del Verrocchio con Botticelli, Ghirlandaio e Leonardo, ha come riferimento i maestri fiamminghi. Nel 1481 la svolta: fu chiamato con Piero della Francesca a dirigere la decorazione della Cappella Sistina, tenendo aperte per due decenni le più rinomate botteghe d'arte italiane a Perugia e Firenze, dove emerge il genio precoce del giovane Raffaello.
Dopo una carrellata di artisti tardogotici del Quattrocento, per sottolineare il contesto in cui si muove l'artista, si passa alle opere di colleghi e allievi del Perugino, quali Giovanni Santi, padre di Raffello, Bartolomeo della Gatta, Pinturicchio e Signorelli.
Nella terza sezione le opere dello stesso Perugino, realizzate tra il XV e il XVI secolo, prima dell'arrivo a Firenze di Raffaello. Infine, una sala dedicata all'eredità artistica di Perugino, una sorta di «manierismo» peruginesco che si diffonderà oltre i confini regionali. In totale una ventina di opere.
Secondo il curatore della mostra, Vittorio Sgarbi, nel 1494 Perugino divenne il padre spirituale di Raffaello, a cui morì il padre giovanissimo, 11 anni. Per un periodo, dal 1496 al 1500, era difficile distinguere la mano di Perugino da quella di Raffaello, come nella Pala di Fano del 1497. Poi a 21 anni Raffaello diventa, sempre secondo Sgarbi, un pittore assoluto e lo Sposalizio della Vergine del 1504, una variazione di un quadro identico di Perugino, segna l'autonomia del genio.
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