Chi come me lo ha conosciuto e con lui ha lavorato, in anni non recenti, al Cidim, dove ha espresso tutte le sue energie di ricercatore, lo ricorda con stima ed affetto, nonostante egli non fosse quel che si dice un 'compagnone'.
Non l'ho mai visto ridere di gusto, era serioso, ma la serietà che metteva nello studio ne riscattava le spigolosità del carattere. Era quasi sempre in disaccordo con la dirigenza del Cidim, e con il barone Agnello in particolare, che comunque lo stimava e perciò gli chiedeva di recare il supporto scientifico-economico alla vasta attività che quell'istituto un tempo più di oggi svolgeva. Ruggeri ha collaborato nche con altri istituti e studiosi, ne sono testimonianza i diversi volumi pubblicati a suo nome, relativi ad un settore che oggi si chiama 'economia della cultura' nel quale si è fatto le ossa anche il neo capo in testa della Rai, Fuortes, già sovrintendente dell'Opera di Roma.
Con lui e con Gisella Belgeri, ho curato, per incarico del Cidim, una ricerca sugli studi musicali post conservatorio, sulle cosiddette 'Accademie' preposte alla fascia di studi di perfezionamento, incaricate di avviare concretamente alla professione i giovani musicisti. Ricordo ancora grafici e tabelle, per me ma non per Marcello una ossessione, che ci inducevano a trarre conclusioni scientifiche, sulla base dei dati.
Quella ricerca sfociò poi in un convegno, sotto l'egida del Ministero dello spettacolo che lo ospitò in via della Ferratella e che vide la partecipazione di molta parte del mondo musicale, istituzioni e formazione. I risultati erano evidenti, ma come spesso accade, non se ne fece nulla di ciò che si sarebbe dovuto e potuto fare già allora.
In breve, si arrivò alla conclusione che in Italia i musicisti appena terminati gli studi in Conservatorio, non erano quasi mai pronti per affrontare la professione, e perciò occorreva creare nuove strutture o istituzionalizzare le esistenti per fare ciò.
Esistevano già l'Accademia di Santa Cecilia, l'unica riconosciuta dallo Stato, i cui corsi non avevano molto seguito, esisteva la Chigiana, che però aveva l'handicap di esistere stagionalmente ( d'estate), esisteva la Scuola di Musica di Fiesole che per la formazione orchestrale rappresentava un unicum in Italia, ed esisteva anche l'Accademia di Imola che in campo pianistico godeva già di un prestigio internazionale.
Non erano ancora sorte, per il canto, le Accademie presso i grandi teatri, come la Scala, ma esisteva già, per il violino, l'Accademia cremonese (Stauffer).
Quel convegno si proponeva di creare una rete, ufficialmente riconosciuta, per sopperire a ciò che i corsi dei Conservatori non riuscivano a dare.
Il più acceso avversario a questa creazione fu proprio Farulli che riteneva la sua scuola (Fiesole) come 'la più bella del reame' alla quale nessun altra poteva essere accostata. Non c'era Chigiana o Accademia pianistica che potevano essere al pari della scuola fiesolana. E perciò finì tutto in un nulla di fatto.
Con Marcelo mi sono visto, occasionalmente, altre volte dopo quel lavoro insieme, intorno agli anni Ottanta; poi solo qualche rara telefonata.
Adesso arriva la notizia della sua scomparsa, dopo una vita lunga ed intensa. A lui il mio debito di riconoscenza.
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