martedì 11 giugno 2019

Il consigliere per l'energia di Matteo Salvini, Francesco Paolo Arata, è 'al gabbio'! Le accuse sono gravissime! Salvini dica il rosario per lui!

Due mesi dopo l’avviso di garanzia e le perquisizioni, finisce in manette Francesco Paolo Arata, il consulente per l’Energia del ministro Matteo Salvini. “Intestazione fittizia, con l’aggravante di mafia, corruzione e autoriciclaggio”, sono le contestazioni che gli vengono mosse dalla procura di Palermo e dalla Dia di Trapani. Per i suoi affari con Vito Nicastri, il “re” dell’eolico vicino all’entourage del latitante Matteo Messina Denaro, e per alcune mazzette che sarebbero state pagate a un dirigente regionale. Questa mattina, sono stati arrestati anche il figlio di Arata, Francesco, poi Vito Nicastri e suo figlio Manlio. Ai domiciliari, il dirigente Alberto Tinnirello, che è stato in servizio all’assessorato regionale all’Energia.


Dalle perquisizioni del 17 aprile scorso, sono emersi riscontri importanti alle ipotesi d’accusa, così la svolta nell’indagine, condotta dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal sostituto Gianluca De Leo. Questa mattina, gli investigatori hanno eseguito anche diversi sequestri di società che gestiscono impianti eolici.

Intanto, alla procura di Roma, prosegue l’altro filone dell’inchiesta, che vede indagati Arata e l’ex sottosegretario leghista Armando Siri, per una mazzetta da 30 mila euro, il prezzo di un emendamento che avrebbe dovuto aprire altri finanziamenti agli affari sull’eolico con Vito Nicastri. Di quella mazzetta Arata parlò a suo figlio Francesco e al figlio del “re” dell’eolico, Manlio (anche loro indagati) nel settembre scorso. E il fascicolo è passato per competenza territoriale nella Capitale: dopo la notizia dell’inchiesta, il presidente del Consiglio Conte ha dimissionato Siri, che non intendeva farsi da parte.
Le intercettazioni
Sono le parole di Francesco Paolo Arata, intercettate dalla Dia di Trapani, ad avere aperto uno scenario di affari e complicità.

“Io sono socio di Nicastri al 50 cento – diceva lui stesso a un amico avvocato – nella sostanza abbiamo un accordo societario, di co-partecipazione”. In un’altra intercettazione, con il figlio dell’imprenditore ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa, raccontava: “Nel 2015, ho dato 300 mila euro a tuo papà”. E, intanto, si vantava pure di aver sborsato diverse mazzette.

“Questi qua sono stati tutti pagati”, diceva con orgoglio al figlio Francesco mentre stava per entrare negli uffici della Regione Siciliana. Francesco Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia reclutato due anni fa da Salvini per stilare il programma della Lega, era davvero un gran dispensatore di mazzette. “Quanto gli abbiamo dato a Tinnarelli?”, sussurrava a proposito del dirigente che si occupava delle autorizzazioni per i parchi eolici, Alberto Tinnirello. “Quello è un corrotto”, diceva di un altro funzionario, Giacomo Causarano. “Un amico, una persona a noi vicina”.

A scorrere le ultime intercettazioni dell’inchiesta, emerge tutto l’orgoglio del tangentista che riesce a sbloccare quelli che lui chiama ostacoli, e invece sono le regole. Emerge anche una grave consapevolezza: Arata sapeva di fare affari in Sicilia con personaggi “a rischio”. Per le loro frequentazioni mafiose. Da una parte, Vito Nicastri; dall’altra, Francesco Isca, imprenditore oggi indagato per associazione mafiosa.

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