«Ho appena firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane, come previsto dal Nuovo Decreto Sicurezza - comunica il vicepremier matteo Salvini -. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti». A bordo dell’imbarcazione Ong, arrivata a poche miglia da Lampedusa nonostante il no del Viminale, 52 uomini salvati in mare 4 giorni fa: i volontari si sono rifiutati di traghettarli a Tripoli, non considerando lo scalo libico un porto sicuro.
Pronta la risposta di Mediterranea Saving Humans: «Il ministro dell’Interno ha comunicato da poco e con grande soddisfazione di aver firmato il divieto di entrata a Sea-Watch3, ma soprattutto alle donne, agli uomini e ai bambini che sono a bordo, soccorsi in acque internazionali mentre rischiavano la morte, in mare o nell’inferno libico. Sono un pericolo per la sicurezza dello Stato? No - scrive in una nota la rete delle associazioni italiane che, con Nave Mare Jonio, nei mesi scorsi ha monitorato il Mediterraneo centrale -. L’unico pericolo concreto per la democrazia e i diritti umani è rappresentato dall’uso illegale e illegittimo del potere, che mira a trasformare lo stato di diritto in stato di polizia». «Salvare vite umane non è un reato - conclude la nota -. Accanirsi contro persone innocenti, inermi, che chiedono aiuto è un crimine. Un crimine contro l’umanità».
Il muro contro muro Italia-Ue
La situazione rischia di trasformarsi in un muro contro muro non solo dal punto di vista giuridico e umanitario ma anche su quello politico con uno scontro diretto tra Italia e Ue. Il nuovo alt di Salvini - che è la prima traduzione in pratica al decreto sicurezza bis - fa seguito alla presa di posizione del vicepremier stesso di venerdì quando aveva detto che la Sea Watch è una nave «pirata» perché ha disobbedito alle indicazioni della Guardia Costiera libica; quest’ultima aveva indicato Tripoli come porto di sbarco per i migranti e Salvini ritiene che lì debbano fare ritorno i naufraghi soccorsi della ong. Ma subito dopo la portavoce della commissione europea Nathalie Bertaud ha smentito il vicepremier italiano: nessuna nave battente bandiera di uno stato Ue (la Sea Watch è registrata in Olanda) può riportare richiedenti asilo in Libia perché quest’ultimo è «porto non sicuro»: è infatti teatro di guerra e non garantisce il rispetto dei diritti umani.
Le sentenza del 2009
Questo stato di cose è garantito oggi dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui diritti umani e in più l’Italia è già stata sanzionata dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo proprio per aver rimandato in Libia (nel 2009, epoca dell’ultimo governo Berlusconi) un gruppo di migranti soccorsi in mare.
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