"Ti comunico la mia autosospensione dal Pd fino a quando questa vicenda non sarà chiarita": lo scrive il deputato dem, Luca Lotti, in un post su Facebook in cui si rivolge direttamente al segretario del partito Nicola Zingaretti, rispondendo alle richieste di autosospensione giunte da alcuni dirigenti alla luce dell'inchiesta sulle nomine alle procure.
"Lo faccio non perché qualche moralista senza morale oggi ha chiesto un mio passo indietro. No. Lo faccio per il rispetto e l’affetto che provo verso gli iscritti del Pd, cui voglio bene e perché voglio dimostrare loro di non avere niente da nascondere e nessuna paura di attendere la verità", aggiunge Lotti.
Un passo indietro chiesto da molti
Lotti ha quindi ceduto alla richiesta di un passo indietro proveniente dalla maggioranza dem, una autosospensione per il tempo necessario perché si faccia chiarezza su quanto avvenuto nelle cene con l'ex presidente di Magistratura Democratica, Luca Palamara, il procuratore al centro dell'inchiesta sul mercato delle nomine che ha scosso la magistratura italiana, e con l'altro eletto del Pd, Cosimo Ferri.
Mercoledì il segretario del partito Nicola Zingaretti aveva rimarcato che "agli esponenti politici protagonisti di quanto è emerso non viene contestato alcun reato" stigmatizzando qualsiasi tentazione di processo mediatico e, tuttavia, aggiungendo che "il Pd non ha dato mandato a nessuno di occuparsi degli assetti degli uffici giudiziari. Il partito che ho in mente non si occupa di nomine di magistrati". Parole suonate alle orecchie di Lotti come un distinguo, una presa di distanza: "Anch'io faccio parte del 'suo' Pd e non ho il potere di fare nomine che, come noto, spettano al Csm".
Calenda attacca: "Comportamento inaccettabile"
Molto più duro Carlo Calenda, secondo il quale "quello di Luca Lotti non è affatto un comportamento normale. È al contrario inaccettabile da ogni punto di vista. A quale titolo e con quale scopo si concertano azioni riguardanti magistrati? Il Pd deve dirlo in modo molto più netto rispetto a quanto fatto fino ad ora".
Il timore è che l'inchiesta in corso possa vanificare gli sforzi del partito in direzione di una ripresa dei consensi, anche in virtù delle tensioni sempre presenti nel governo che potrebbero portare al precipitare verso elezioni anticipate. A prendere le difese dell'ex ministro il renziano Michele Anzaldi, che ricorda a Calenda le cene organizzate (e mai consumate) in nome dell'unità del partito: "Prima voleva ricucire, ora da neo eletto Pd polemizza ogni giorno con un collega di partito diverso. Basta qualche anticipazione di giornale per una condanna?"
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