Compagnia della buona radio
Un tempo, nella benedetta era democristiana, profitti e ricavi radiofonici ( per diritto d’autore, a seguito di trasmissione ) venivano spartiti fra editori secondo percentuali che, seppur discutibili, assicuravano ad autori ed editori il pane e ad alcuni anche il companatico.
Tale criterio di distribuzione/divisione fra autori, a seconda del peso delle rispettive case editrici, riguardava soprattutto la musica contemporanea: dalle trasmissioni radio, più che da ogni altra fonte, i compositori traevano mezzi di sussistenza, per via dei diritti d’autore. Per una esemplificazione approssimativa (ma non tanto), se a Casa Ricordi apparteneva il 50% delle musiche trasmesse, alla Sonzogno il 20%, a tutti gli altri il restante 30% ( per essere chiari: a Curci, Edipan, BMG ecc..). Poi le case editrici, a loro volta, distribuivano i proventi fra i propri compositori, assicurando a taluni solo il pane, ad altri anche caviale e champagne, anche se caviale e champagne se lo potevano permettere pochissimi.
Certo non si andava tanto per il sottile, nessuno stava lì a discutere quale opera trasmettere, ma le percentuali grosso modo venivano rispettate; gli editori le contrattavano direttamente con la Rai, e le eccezioni dovevano essere compensate in breve tempo. Non era il migliore dei mondi possibili, ma almeno i musicisti non venivano solitamente gettati sul lastrico.
Ora Radio Tre resta ancora l’unico canale radiofonico pagatore, per il settore classico, ma di regole sembra non ve ne siano più. Qualche editore è scomparso dalla scena ( Edipan), qualcun altro invece sì è fatto avanti ( come Rai Trade, omonima casa editrice della consociata Rai); ma chi decide quale autore trasmettere, lo fa seguendo criteri a dir poco ‘personali’, comunque di pubblica inutilità. Ed un compositore, che per puro caso, è il responsabile della programmazione musicale, primeggia su tutti quanto a presenze. Leggete di un collegamento da un teatro di periferia ( geografica, soltanto)? vi domandate il perché , la risposta potrebbe essere che a breve, toccherà sorbirvi anche un pezzo da concerto da quel teatro periferico del compositore/programmatore; c’è un piccolo festival a Radio Tre? quel festival programma anche un suo pezzo da camera; un grande festival di musica contemporanea è gratificato da collegamenti continui? c’è anche una ‘commissione’ per lui ; collegamenti frequenti da un altro festival intitolato ad un grande nume del passato che ha per guida un letterato? Ci tocca la sorpresa di una di quelle cose che chiamano ‘melologo’ od opera ‘à la manière de…’ del nostro autore, su libretto del letterato suddetto; un altro melologo ci tocca anche e per la medesima ragione, dall’arena più grande del mondo; e il Prix Italia, ca va sans dire, poteva sottrarsi al battesimo di un’opera, ‘radiofonica’ naturalmente. del nostro grande compositore? Anche in un Festival che celebra Sinopoli, dove è accasata la ciurma di Radio Tre, radiotrasmesso manco a dirlo, c’è lui, il grande compositore: presenta un’azione scenica in coppia con un suo assiduo compagno di giochi. Speriamo di essere stati completi, per lo meno per quel che riguarda gli ultimi tempi; se non lo siamo stati non ce ne voglia il grande compositore, rimedieremo in un’altra occasione. In tutti i casi, è ovvio, si tratta di semplici coincidenze.
Ci sono, naturalmente, alcune eccezioni. Per esempio, la musichetta di inizio e fine di quasi tutte le rubriche di Radio Tre non è del nostro grande compositore, bensì del defunto Luciano Berio ( più esattamente di Schubert). Ma a Schubert non andrà una lira, mentre a Berio ed ai suoi eredi un vitalizio, vita natural durante (degli eredi). A proposito perché non toglie quella redditizia musichetta e ne mette una sua, il grande compositore?
Titoli di coda. Abbiamo scritto del Teatro di Cagliari, delle Settimane del Teatro Olimpico di Vicenza, del Festival di Musica della Biennale, del Festival Pergolesi di Jesi, dell’Arena di Verona, del Festival Sinopoli di Taormina; Michele Dall’Ongaro è il nome del celebre compositore. ( P.A.)
*******
Questo scrivemmo su Music@ (marzo-aprile 2008). Nel settembre dello stesso anno Michele Dall’Ongaro, ci fece causa (civile) perché si ritenne diffamato, chiedendoci danni per 100.000 Euro ed altri 30.000 Euro per danno esistenziale. Nell’atto di citazione, Dall’Ongaro chiamò in causa anche il Conservatorio 'Casella', in quanto editore della rivista. Dalla sentenza, appena resa pubblica, riproduciamo alcuni passaggi cruciali.
Questo scrivemmo su Music@ (marzo-aprile 2008). Nel settembre dello stesso anno Michele Dall’Ongaro, ci fece causa (civile) perché si ritenne diffamato, chiedendoci danni per 100.000 Euro ed altri 30.000 Euro per danno esistenziale. Nell’atto di citazione, Dall’Ongaro chiamò in causa anche il Conservatorio 'Casella', in quanto editore della rivista. Dalla sentenza, appena resa pubblica, riproduciamo alcuni passaggi cruciali.
Il 27 novembre 2013 il giudice del Tribunale dell’Aquila, dott. Antonella Camilli, ha emesso la seguente sentenza. Per il Conservatorio: ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva per gli effetti dell’art.12 della legge 47/48 e comunque respinge integralmente le domande di parte attrice ( Dall’Ongaro) in quanto infondate in fatto e in diritto”. Per quel che ci riguarda, in quanto direttore di Music@ ed autore del breve ‘foglio d’album’ ( pag.31 di Music@, marzo-aprile 2008) intitolato ‘Compagnia della buona radio’, respinge altresì la citazione in giudizio, perché infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata”.
Quanto alla chiamata in causa del Conservatorio, il giudice dichiara che è "illegittima, perché la legge ( art.57 della legge sulla stampa) configura la responsabilità diretta del direttore e dell’autore, giammai dell’editore che deve, pertanto, essere dichiarato non legittimato passivamente nel presente giudizio".
Per il direttore ed autore del pezzo, il giudice afferma: per quanto concerne il merito della controversia, si rileva che "da una attenta lettura dell’articolo di cui a pag.31 della rivista detta, emerge chiaramente che il diritto di critica è stato esercitato in modo corretto, in quanto il convenuto Acquafredda, in qualità di autore nonché di direttore della richiamata rivista, con l’articolo pubblicato, ha utilizzato espressioni non denigratorie, lesive dell’onore e della reputazione dell’attore" (Dall’Ongaro)
Perciò conclude:
1. Dichiara il difetto di legittimazione passiva del Conservatorio di Musica;
2. Respinge la domanda;
3. Condanna l’attore ( Dall’Ongaro) a rimborsare ai convenuti le spese del presente giudizio, rispettivamente nella misura complessiva di Euro 2.000,00, oltre accessori per legge previsti, ai sensi del decreto n.140 del 2012.
L’Aquila 27 novembre 2013. Dott. Antonella Camilli
P.S.
Se chi di dovere avesse dato ascolto e corso alla nostra denuncia oggi Michele dall'Ongaro non sarebbe seduto sulla poltrona più alta dell'Accademia di Santa Cecilia - quella di Presidente-Sovrintendente - per arrivare alla quale il suo precedente incarico a Radio 3 rappresentò il trampolino di lancio gestito ad esclusivo proprio vantaggio, affatto per la musica, i musicisti e gli ascoltatori della radio pubblica (P.A.)
***
E Legga anche quel che scrivevano alcuni Accademici illustri di dall'Ongaro prima della sua elezione, con l'appoggio di Bruno Cagli
L'anonimo estensore della lettera-accusa indica i due punti principali dell'ascesa di Dall'Ongaro: RAI e parentela con Abbado. Questa seconda fu la credenziale che Guido Zaccagnini, suo fidatissimo amico e nostro collaboratore ai tempi della nostra direzione di Piano Time, usò con noi, chiedendoci che lo ammettessimo fra i collaboratori della rivista. Lo facemmo scrivere, allora, di un progetto che stava curando appunto con un Abbadino, Daniele. E successivamente - ahi noi! - pubblicammo anche un suo 'Foglio d'album' per pianoforte: per aiutare un giovane compositore. Lui allora era un semplice collaboratore di Radio3, come lo eravamo anche noi, dunque non aveva ancora lo strapotere che ha avuto dai tempi di Roberta Carlotto che l'ha incaricato di gestire la musica cosiddetta seria in seno alla radio. E lui l'ha fatto, e come che l'ha fatto. Siamo stati sempre convinti, alla luce dei fatti, che senza la RAI, Dall'Ongaro sarebbe rimasto un compositore come tanti ve ne sono in Italia, e di cui pochissimi parlano. Ma avendo la responsabilità delle musiche da trasmettere a Radio 3, non è difficile immaginare quante volte quel suo potere sia stato esercitato come moneta di scambio, palese ma anche tacita, sia con singoli musicisti, che con istituzioni musicali, ottenendo - anche senza richiederle esplicitamente - esecuzioni dagli uni e commissioni dalle altre: gli uni invitati poi, come ricompensa, a suonare nei concerti che ha organizzato, sotto l'egida di Radio 3( i calendari , ad esempio dei Concerti del Quirinale, offrono numerosi esempi) e le altre registrando e mandando in onda le rispettive produzioni. I casi che si potrebbero citare sono centinaia, e in parte sono stati anche documentati da noi, nella memoria difensiva presentata contro la sua chiamata in giudizio per calunnia, rigettata in toto dal tribunale dell'Aquila.
P.S.
Se chi di dovere avesse dato ascolto e corso alla nostra denuncia oggi Michele dall'Ongaro non sarebbe seduto sulla poltrona più alta dell'Accademia di Santa Cecilia - quella di Presidente-Sovrintendente - per arrivare alla quale il suo precedente incarico a Radio 3 rappresentò il trampolino di lancio gestito ad esclusivo proprio vantaggio, affatto per la musica, i musicisti e gli ascoltatori della radio pubblica (P.A.)
***
E Legga anche quel che scrivevano alcuni Accademici illustri di dall'Ongaro prima della sua elezione, con l'appoggio di Bruno Cagli
Il caso dall'Ongaro e lo strapotere che il presidente Cagli gli ha concesso, preparando la sua successione - ne siamo sicuri, come siamo proprio sicuri che Cagli lascerà anzitempo il suo incarico? - sono argomenti ricorrenti nelle lettere dell'estate 2013 scagliate a mò di macigni contro l'Accademia, da illustri membri dello storico consesso, per segnalarne malcostume e irregolarità. In particolare, due delle cinque lettere sottolineano la strabiliante ingiustificata ascesa di dall'Ongaro senza mezzi termini.
In una lettera, non firmata, per paura di ritorsioni, si legge:
"Trovo inelegante e inopportuno come il Presidente sta preparando la sua successione nel segno della continuazione con un imbarazzante appoggio all’onnipresente Dall’Ongaro che con la sua spropositata ambizione ci è stato presentato come “persona affidabile e utile, nipote di Claudio Abbado e dirigente Rai… e quindi porta un po’ di denaro nelle casse dell’Accademia” ( queste sono parole tue, Presidente).
Ai miei tempi si diventava Accademici per meriti artistici e non perché si è nipoti di… o dirigenti Rai. No, caro Bruno, questa volta non ti seguo. Hai aperto le porte dell’Accademia a politici e imprenditori per restare ben radicato sulla tua poltrona e rimango basito quando vedo alcuni Accademici che ti applaudono per quello che hai fatto. E’ paradossale!"
L'anonimo estensore della lettera-accusa indica i due punti principali dell'ascesa di Dall'Ongaro: RAI e parentela con Abbado. Questa seconda fu la credenziale che Guido Zaccagnini, suo fidatissimo amico e nostro collaboratore ai tempi della nostra direzione di Piano Time, usò con noi, chiedendoci che lo ammettessimo fra i collaboratori della rivista. Lo facemmo scrivere, allora, di un progetto che stava curando appunto con un Abbadino, Daniele. E successivamente - ahi noi! - pubblicammo anche un suo 'Foglio d'album' per pianoforte: per aiutare un giovane compositore. Lui allora era un semplice collaboratore di Radio3, come lo eravamo anche noi, dunque non aveva ancora lo strapotere che ha avuto dai tempi di Roberta Carlotto che l'ha incaricato di gestire la musica cosiddetta seria in seno alla radio. E lui l'ha fatto, e come che l'ha fatto. Siamo stati sempre convinti, alla luce dei fatti, che senza la RAI, Dall'Ongaro sarebbe rimasto un compositore come tanti ve ne sono in Italia, e di cui pochissimi parlano. Ma avendo la responsabilità delle musiche da trasmettere a Radio 3, non è difficile immaginare quante volte quel suo potere sia stato esercitato come moneta di scambio, palese ma anche tacita, sia con singoli musicisti, che con istituzioni musicali, ottenendo - anche senza richiederle esplicitamente - esecuzioni dagli uni e commissioni dalle altre: gli uni invitati poi, come ricompensa, a suonare nei concerti che ha organizzato, sotto l'egida di Radio 3( i calendari , ad esempio dei Concerti del Quirinale, offrono numerosi esempi) e le altre registrando e mandando in onda le rispettive produzioni. I casi che si potrebbero citare sono centinaia, e in parte sono stati anche documentati da noi, nella memoria difensiva presentata contro la sua chiamata in giudizio per calunnia, rigettata in toto dal tribunale dell'Aquila.
Si accenna poi ad un altro fatto della gestione Cagli, contraddicendo ciò che egli va ripetendo ancora oggi, e cioè che è riuscito a tener lontani i politici dall'Accademia. Evidente falsità, visto che nel consiglio di amministrazione ha fatto entrare oltre Gianni Letta - che altro è se non il più influente dei politici? - un gruppo di mammasantissima del grande mondo imprenditoriale, assolutamente estranei al mondo musicale, e che lui, Cagli, di conseguenza, può manovrare - e manovra - come vuole.
Anche il cardinal Bartolucci, nella sua seconda lettera del settembre 2013, cita espressamente il 'caso Dall'Ongaro'. Ma prima riporta anche un giudizio di Cagli su Battistelli, all'epoca suo contendente nell'elezione alla carica di Presidente. Cagli, riferisce Bartolucci, ha detto che "Battistelli non era capace “nemmeno di organizzare un concerto” per cui con lui l'Accademia sarebbe precipitata in chissà quale catastrofica situazione.
E poi viene al caso Dall'Ongaro.
"Per coscienza riformulo espressamente la richiesta ai sensi e per gli effetti della legge che consente l’ "accesso agli atti", con la motivazione di voler comprendere i dubbi da molti verbalmente sollevati circa un possibile conflitto di interesse e/o incompatibilità esistenti, quale ad esempio quella eventuale del collega Michele dall' Ongaro che, a prescindere dalla stima che merita, è stato eletto Consigliere d'Amministrazione e Vice Presidente pur conservando i numerosi ruoli - a dire di molti confliggenti - che ricopre in ambito musicale (tra gli altri Sovrintendente dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e Responsabile della Programmazione Musicale di RAI Radio-Tre). Poiché alcuni colleghi si sono lamentati con me riguardo a ventilate altre deleghe recentemente attribuite allo stesso Maestro e, pare, ulteriormente confliggenti, desidero documentarmi su quanto accaduto nelle ultime assemblee. Il nostro Statuto - sull'osservanza del quale vigila il Collegio dei Revisori - prevede infatti l'astensione per il consigliere di amministrazione che ha rapporti di dipendenza con persone ed enti che possano avere interessi in conflitto con quelli della Fondazione (art. 7)".
Il tasto è sempre quello: 'sono Radio 3'. Quel tasto lo suona lui presentandosi, e lo suonano i suoi protettori nel caso di credenziali. Lui non può presentarsi: sono Michele Dall'Ongaro; in pochi gli darebbero ascolto. Alla stessa maniera con cui lui non dà affatto ascolto a chi non conta e non potrebbe giovargli.
Non siamo contro la naturale voglia dei singoli di crescere professionalmente e di raggiungere traguardi sempre più alti, a patto che la voglia smodata di crescere sia accompagnata da dimostrazioni di capacità. Dall'Ongaro quali importanti traguardi professionali può vantare, oltre Radio 3, la madre di tutte le sue fortune, per salire al comando dell'Accademia di Santa Cecilia?
A proposito della sua 'spropositata ambizione', citata nella prima lettera, ci mette inquietudine, l'aver appreso che il suo giorno di nascita precede di ventiquattr'ore il nostro (di alcuni anni prima, ovviamente). Ma poi ci consoliamo pensando che l'oroscopo non la racconta giusta, e che da un anno all'altro anche le caratteristiche desunte dagli astri mutano, con il movimento degli stessi. Meno male!
Nessun commento:
Posta un commento