venerdì 28 giugno 2019

Votano Tutti contro Tutti ; nessuno a favore di qualcuno, neanche della Scala

Mettiamola così la decisione del CdA della Scala sulla nomina del prossimo sovrintendente del Teatro.

 Il CdA, dopo aver sentito la relazione-proposta di Sala - Sala non Scala - vota all'unanimità la nomina di Meyer, con la sola eccezione di Squinzi padrone di Mapei che con Pereira ha finanziato l'approdo della Scala in aeroporto. Dunque il CdA vota compatto perché Pereira vada via al termine del suo mandato ( salvo concedergli una piccola proroga - poco più di un anno); e, solo indirettamente per Meyer nuovo sovrintendente. Insomma un voto contro Pereira e non a  favore di Meyer che i soloni del CdA conoscono solo di nome, giàcchè è già tanto se mettono piede in teatro  una seconda volta l'anno oltre Sant'Ambrogio, figurarsi se conoscono la Staatsoper di Vienna , il suo cartellone,  le caratteristiche della  programmazione artistica, il finanziamento statale che lì costituisce buona parte  del budget.

 Insomma per tutti Pereira, finito il mandato, deve sloggiare. E' davvero così? Non proprio. Perchè la richiesta di Pereira era di andar via non dopo un secondo mandato, ma assieme a Chailly,  il cui contratto termina il 2022.
 Ma quanto deve restare ancora Pereira? Il capolavoro diplomatico l'ha compiuto Sala - non la Scala, che non è mai stata in cima ai pensieri del suo CdA. 
 Resta fino a giugno del 2021 quando termina il suo mandato di sindaco, anche perché comunque Meyer resta a Vienna fino a giugno del prossimo anno, quando scade il suo contratto, dopo di che affiancherà per un anno circa Pereira, in uscita, dopo un anno da giugno 2020.

Perchè tutti compatti, salvo due, hanno votato contro il secondo mandato a Pereira, e per una estensione di  poco più di dodici mesi del suo mandato?  Insomma,tutto purchè vada via. 

Questa la posizione del CdA nei confronti di Pereira. Ma anche questo compromesso non è piaciuto a due anime nobili e fini intellettuali del CdA, il noto banchiere Francesco Micheli, e il critico d'arte Philippe Daverio. 

 Non è piaciuto a Micheli che, dal concorso pianistico omonimo, al Festival MiTo alla presidenza del Conservatorio milanese ecc... ecc... ha voluto  far capire a tutti che lui  conta nel mondo della musica, oltre che in quello della finanza, sperando alla fine di fare lui il sovrintendente o, nel peggiore dei casi,  di votare uno che lui possa manovrare. Del resto se è riuscito a far fare carriera di amministratrice 'musicale' a sua figlia Francesca, dal Maggio Fiorentino all'Arena di Verona ( sotto la gestione  commissariale Fuortes che, forse anche per questo, il banchiere  avrebbe voluto alla Scala), perchè non aspirare in prima persona alla più alta poltrona delle fondazioni liriche in Italia: la Scala?

E non è piaciuto neanche a Daverio dopo che Pereira lo ha sbugiardato - per non dire di peggio - sul caso dei soldi dell'Arabia saudita. Ma come, gli ha detto pubblicamente Pereira, prima dici che quei soldi sono come una manna piovuta dal deserto nella casse della Scala e poi, non appena chi ti ha messo in CdA, cioè Fontana ( che uddidisce a sua volta al 'ministro della paura'), ti dice senza mezzi termini, che ti eri preso troppa libertà con quell'affermazione, fai marcia indietro?
 Essere svergognato pubblicamente da Pereira non è andato giù a Daverio il quale per vendetta  ha votato contro la sua permanenza.

Della Scala interessa a qualcuno in questa storia di avvicendamenti?  Boh!

C'è infine il caso della Bartoli, la quale per dimostrare solidarietà a Pereira ha pensato di poter dettare legge nell'amministrazione della Scala come se  il teatro fosse di sua proprietà, e dalla quale ora si attende, dopo la proroga per dodici mesi circa dell'incarico a Pereira , la decisione di tornare a cantare, per mantenere gli impegni assunti almeno fino a giugno del 2021, quando da un anno circa, in quella sovrintendenza regneranno due  signori: Pereira che per andar via prende tempo, e Meyer che per di insediarsi  se la prende comoda. In quell'anno di interregno la Bartoli che farà? 
La cosa interessa solo ai fini della cronaca e non perché i destini del teatro milanese siano legati alla decisione della Bartoli - e questo lo sa anche la cantante, anche quando fa la voce grossa (non in palcoscenico!)

Noi scommettiamo che all'uscita del prossimo disco, anche con Meyer sovrintendente,  Cecilia Bartoli tornerà a cantare - sempre che ancora canti - alla Scala, ubbidendo alla dura legge del mercato e agli ordini della sua casa discografica?    

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