Semina paura e diffonde certezze. La paura la fa venire anche a chi non ce l'ha, in rapporto al tema, l'unico finora, che gli è tanto caro: l'immigrazione. Che genera paura perchè vuol dire delinquenza. E del resto anche i suoi atteggiamenti anche delle ultime ore sui 'porti italiani chiusi' per le navi delle onlus che salvano vite in mare, confermano questa visione.
D'altro canto Salvini non è mai sfiorato da un dubbio, lui ha tutto chiaro in testa, e ragiona, ma poco forse affatto, perchè capace solo di diffondere certezze che, come poi si vede, sono spesso fondate sul nulla. Il dubbio non appartiene alla sua persona e chi ce l'ha non può far parte della sua ideologia. Lui sa sempre che cosa fare su tutto, salvo poi a beccarsi contestazioni da ogni parte e anche dai suoi stessi alleati di governo i quali, per la regola: 'una volta a me ed una a te', si sentono in dovere di appoggiare alcune sue posizioni, quando stanno lì lì per chiedere altrettanto a Salvini per una loro di posizione.
Ora l'uno ora l'altro, i due al governo tirano fuori il contratto sottoscritto, ma non si capisce più con chi l'abbiano sottoscritto: con gli italiani o fra loro? E quando uno dei due tira fuori una iniziativa, se non condivisa dall'altro, subito la toppa: questo non c'è scritto nel contratto, le priorità sono altre. Un ritornello che a parti alterne, però, si scambiano.
Ma ci sono anche altri ritornelli che appartengono al ristretto, sebbene chiarissimo, vocabolario di Salvini 'il nero', ministro degli Interni e vice premier.
Abbiamo accennato qualche giorno fa al suo ritornello: 'la pacchia è finita' cantato un giorno sì e l'altro pure qualche volta a proposito ed altre a sproposito, ma quel ritornello - sempre di musica si tratta - ha un'alternativa: 'la musica è cambiata'. I due ritornelli qualche volta li canta uno dopo l'altro in rapida sequenza, così che la canzoncina diventa: 'la pacchia è finita, la musica è cambiata'.
Ma nel ricco vocabolario del ministro 'di paura', compaiono con impressionante frequenza, due espressioni, usate in alternativa a seconda dei casi. Dove le abbia apprese, o chi gliele abbia insegnate non possiamo dire con certezza, a meno che non vogliamo attribuirne la benemerenza ai corsi serali nelle scuole per 'recupero anni' che in gioventù avrebbe frequentato.
La prima che suona: "se non sei d'accordo dimettiti!", il ministro l'adopera con chi esprime dissenso dalle sue certezze, da ultimo con i sindaci che contestano il suo decreto 'sicurezza', da un pulpito che può essere quello dell'incarico istituzionale o in società pubbliche che dipendono dal governo e che Salvini tratta come fossero su proprietà.
La seconda, invece: "fatti eleggere e poi parli" Salvini la scaglia come un sasso contro chiunque, in pubblico, manifesti disaccordo con l'operato suo, del suo ministero e del governo. Nessuno può manifestare parere contrario al suo, se espresso pubbicamente, perchè irrita molto il ministro 'di paura' abituato a dettare ordini, come fa con i suoi fedelissimi. Insomma se non ci si candida alle elezioni e non si è votati, occorre tacere; almeno fino a quando non ci si presenta e si è eletti. Solo allora si acquista il diritto di parola e forse anche di critica, ma un pò meno.
Però, Salvini prende in considerazione la possibilità che, anche da eletti, si possono sparare cazzate?
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