martedì 15 gennaio 2019

La Compagnia del cigno visto da 5,5 milioni di telespettatori, in crescita rispetto alla prima. E' vera storia?

Ieri l'abbiamo vista tutta anche noi, che alla prima puntata ci eravamo distratti dopo una metà della puntata. Perchè distratti alla prima puntata e inchiodati al televisore alla seconda? E' cambiata la storia e la sua rappresentazione? No. Siamo cambiati noi? Neppure. Una semplice curiosità per verificare se la prima impressione era confermata.  Volevamo in fondo vedere  che effetto faceva anche su di noi che ci attendevamo dell'altro, il seguito della fiction.

La quale, secondo noi, doveva essere una sorta di 'reality'  che ci mostrava come in certi campi, come quello musicale, il palcoscenico ed il successo si raggiungano con studio e lavoro  di anni. Dunque nulla a che vedere con i 'reality' tanto osannati  ed ambiti che in una sola stagione consegnano al mondo dello spettacolo tv  e delle adunate giovanili - ben noti quelli che recano la firma di Maria De Filippi - cantanti di canzonette, nella migliore delle ipotesi dei cantautori, o dei giovani ballerini acrobati.

  Noi ci attendevamo di vedere come lavorano in un Conservatorio - come quelli che abbiamo frequentato negli anni di insegnamento in quelle istituzioni - i giovani musicisti. Certo non pensavamo che essi fossero indenni da grandi passioni, amori, amicizie: sono giovani che aspirano a qualcosa di grande, ma non cessano di esser ragazzi ed adolescenti.

 La storia narrata dalla 'Compagnia del Cigno' sarebbe forse stata meglio rappresentata da un titolo diverso, magari la 'Compagnia dell'amore', perché la loro condizione di studenti di musica costretti a lavorare sodo per raggiungere alcuni risultati tecnici era in fondo parte quasi irrilevante della narrazione, se non fosse per il lavoro di insieme con quel direttore, bastardo - come lo soprannominano i ragazzi dell'orchestra - e qualche seduta di studio dei singoli, un gruppo dei quali
 si mettono insieme  per fare comitiva e che sono uniti, ahimè, anche da situazioni familiari non proprio esaltanti e normali.

 L'unica musica che si ascolta per intero, è quella delle non poche canzonette, cantate dai giovani che ad esse ricorrono per esprimere le loro ansie i problemi le passioni, mai le aspirazioni  di giovani musicisti. Per non parlare poi del direttore, bastardo, che fin dalle prima battute della fiction inonda lo schermo con i suoi travagli di uomo che, col senno di poi, vien da dire che riversa nei rapporti assolutamente fuori luogo e fuori misura con i giovani musicisti.  E se vogliamo dirla tutta, essendo così esigente, anzi 'bastardo', con i giovani in orchestra, noi possiamo essere esigenti con lui: perchè non ha studiato meglio la direzione di un ensemble che gli avrebbe evitato di fare la classica figura del 'pizzardone' che non sa dirigere?

 Insomma avremmo preferito che venisse fuori dalla fiction, seguitissima proprio per questa estraneità al mondo dei Conservatori, la narrazione di quel mondo, senza naturalmente togliere ai giovani  ciò che li caratterizza anche fuori dalle aule scolastiche.

 Mentre condividiamo pienamente lo spot a favore della ditta Fazioli, l'unica in Italia che si è imposta per i pianoforti nel mercato mondiale.

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