sabato 26 maggio 2018

Festival di Spoleto , Festival di Ferrara

E Ferrara non è la città, ma il cognome di Giorgio, fratello di Giulianone, da molti anni e per molti altri ancora  al timone del Festival, inventato  e diretto fino alla morte da Gian carlo Menotti .

Giorgio Ferrara, marito di Adriana Asti, ha ripreso fiato, in relazione alla sua carriera, dopo che andò a dirigere l'Istituto di cultura italiano a Parigi, per meriti propri e nessuna spintarella, dove fece sbarcare una cerchia di intellettuali, artisti, giornalisti, soprattutto teatranti, veri e presunti, dei quali, da quel momento in poi, si è sempre circondato, anche a Spoleto, approdo successivo a quello parigino.

 Da quando è arrivato a Spoleto, fra due ali di folla plaudente per lo sbarco, ancor prima che mostrasse la mercanzia in vendita, tutta la sua azione ha mirato a cancellare l'impronta del fondatore del festival, il vecchio Menotti, la cui memoria è stata distrutta prima che da Ferrara dal figlio adottivo del musicista, un incapace, senza genio.
Neanche la festa menottiana che ogni anno scandiva lo scorrere del tempo al Festival, in coincidenza del suo compleanno, esiste più.  Lui di Menotti ha cancellato perfino la memoria, per metterci la sua.

Al punto che l'anno scorso, un film sul festival costruito con il noto regista francese suo sodale in diverse avventure, Jacquot, alcune delle quali hanno coinvolto anche la celebre attrice sua moglie, Adriana Asti, non era che la celebrazione del suo approdo spoletino e la narrazione - lui narratore di se stesso, patetico - dei suoi trionfi.

 E il Festival di Spoleto, già di Menotti, è diventato anno dopo anno Festival di Ferrara. Spazio al teatro, che è il terreno che conosce ed ha praticato, ridimensionamento della musica; sostituzione del piacere della scoperta che era uno dei pallini di Menotti che guardava anche alle giovani generazioni, con il ritrovo dei soliti nomi. Al punto che quest'anno, appresa la notizia che Bob Wilson 'non poteva', presenterà comunque uno spettacolo, nato nel suo laboratorio.

 Non gli è bastato fare il direttore artistico, ha voluto strafare anche nella regia, attribuendosi da tre anni a questa parte le regie - l'ultima criticatissima, strampalata - delle opere mozartiane 'italiane' inaugurali, e quest'anno  anche della nuova opera commissionata a Silvia Colasanti, Minotauro, della quale lui è anche librettista. Perchè? Perchè la compositrice romana l'ha "colpito al cuore"! Felice lui.

Ha stravolto anche alcuni appuntamenti classici del festival, come il Concerto in Piazza, a chiusura della rassegna, per il quale  ha scelto un oratorio, in forma però semiscenica, per mostrarci anche lì una celebre attrice, Marion  Cotillard, nelle vesti di Giovanna d'Arco.

 E i concerti che erano al tempo di Menotti un terreno di scoperta di talenti di ogni parte del mondo? Lì, avendo speso tutti i soldi - che non sono pochi; s'è fatto fare anche una legge speciale, e bene ha fatto! - con le celebrità ed i giornalisti amici, e non avendo voglia di viaggiare e scovare, chiama studenti dei conservatori vicini.

Com'era bello il Festival di Spoleto (di Menotti), ora di Ferrara (Giorgio).


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