A un anno dall’inizio del conflitto a tutto campo in Ucraina si fatica ancora a intravedere spiragli di pace nella tormentata ex repubblica sovietica. Un punto di svolta potrebbe raggiungersi domani, giorno in cui sono attesi sia il discorso del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, direttamente da Varsavia, dove si recherà in visita ufficiale, sia quello sullo stato della nazione di Vladimir Putin.
Nel frattempo, grazie all’analista di politica internazionale Giorgio Cella, autore di ’Storia e geopolitica della crisi ucraina’, passiamo in rassegna le quattro piattaforme di pace (ucraina, russa, occidentale e cinese) che fungeranno da teste di ponte per i futuri negoziati. Anche se "molto, se non tutto, si deciderà dall’evolversi militare sul campo degli equilibri tra le forze di Kiev e di Mosca", rimarca l’esperto di geopolitica.
Il presidente ucraino Zelensky ha presentato un piano di pace in dieci punti, tra i quali la previsione di Stati garanti per evitare escalation e l’imputazione della Russia per crimini internazionali. "Il decalogo, se troverà sponde definitive in Europa – spiega l’analista Cella –, pone condizioni stringenti per il Cremlino. Kiev vuole ristabilire i confini antecedenti all’invasione, compreso il Donbass. Quanto alla Crimea, dipenderà dall’evolversi del conflitto sul campo. Zelensky deve vedersela anche con un’opinione pubblica sempre più ostile a qualsiasi cessione di sovranità".
Per il professor Cella in questi ultimi mesi "Mosca è stata abbastanza flessibile sulle sue linee rosse: ha minacciato di considerare attacchi al proprio territorio nazionale gli eventuali raid nelle zone ucraine conquistate militarmente, ma, una volta persa Kherson, non ha dato seguito alle minacce". È il segnale di una chiara difficoltà militare dei russi che al tavolo delle trattative punteranno a tenersi stretti il Donbass (gli oblast di Donetsk e Luhansk) e la Crimea invasa nel 2014. Sul destino degli altri oblast ucraini occupati, Putin potrebbe aprire a qualche tipo di compromesso.
L’Occidente, a trazione statunitense, è impegnato in un’azione di "logoramento delle forze russe sul campo e di contenimento delle ambizioni revansciste e neoimperialiste condotte da Mosca". Quanto alle prospettive di pace, continua l’esperto di geopolitica Cella, Washington in linea di principio "resta ancorata al suo storico impegno di non riconoscere alcun allargamento territoriale 'manu militari'". Di conseguenza l’Occidente spingerebbe per un ritorno dell’Ucraina ai suoi confini originali. Tuttavia, ad ora "non possono escludersi eventuali compromessi".
La guerra in Ucraina, secondo Cella, rappresenta "un vantaggio strategico" per Pechino, considerando che "gli Stati Uniti hanno dovuto concentrare forze e attenzione dall'Asia Pacifico al Vecchio Continente". Ma la Cina, che è una potenza economica globale, non ha interesse ad avere un prolungamento del conflitto che finisce per indebolire l’economia globale. Pertanto Xi vuole presentarsi come arbitro per un futuro negoziato di pace. Il recente richiamo cinese al rispetto della sovranità nazionale suona male all’orecchio dell’alleato russo della Cina.
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