Questi giorni si parla molto della giovane violinista bolognese, Laura Marzadori, perchè è in uscita un suo romanzo, diciamo 'autobiografico, e perchè ieri sera ha accompagnato un cantante al Festival di Sanremo. Per quest'ultimo caso, i commenti, come era da attendersi, non sono stati postivi.
Ma non è la prima volta, e non sono queste le uniche due ragioni per cui si parla di Lei. Se ne parlò quando vinse il concorso come 'spalla' della Scala, a 25 anni - giovane, per di più giovane ed anche carina che non guasta, ma soprattutto brava ( a differenza di un'altra giovane donna assurta agli onori della cronaca, ma non per la sua bravura, Beatrice Venezi) - e prima ancora, al momento della sua vittoria, a 16 anni, in un importante concorso violinistico ( Vittorio Veneto), e poi anche, di recente, per il fatto che Lei frequenti i social.
Ciò che la riguarda direttamente ma che Lei non sa e so solo io, si riferisce, invece, ad un episodio del passato, poco dopo la sua vittoria a Vittorio Veneto, e di segno opposto ai precedenti.
Per una decina d'anni, dal 2004 in poi, mi sono occupato - i lettori di questo blog lo sanno già - per incarico della Rai del Concerto di Capodanno dalla Fenice, trasmesso da Rai 1. Il mio incarico riguardava principalmente, anche se non esclusivamente, la formulazione del programma di quel concerto, a seguito del quale ho suggerito in più occasioni, alla direzione artistica del teatro, anche alcuni interpreti. Come feci nel caso sia di Roberto Abbado che anche di Massimo Quarta, per l'unica edizione in cui accanto ai vari brani vocali, ne venne eseguito uno paganiniano.
Bene, all'indomani del successo della Marzadori a Vittorio Veneto - ciò accadeva dopo la partecipazione di Quarta - suggerimmo ad Ortombina di invitare la giovane violinista al concerto. La risposta fu no, e le ragioni non del tutto sconosciute, la più importante delle quali era la sua nazionalità. Se fosse stata straniera, ugualmente brava ed ugualmente giovane, forse Ortombina non si sarebbe opposto e noi avremmo trovato un brano violinistico adatto alla circostanza ed a Lei. Anni dopo avremmo potuto dire ad Ortombina: ti ricordi della Marzadori? hai saputo che ha vinto il concorso come 'spalla' alla Scala? Ma non lo facemmo anche per non infierire e soprattutto per carità umana.
Che vuol dire questo? Semplicemente che gli italiani non vengono mai prima degli altri, anche nella musica ( lo abbiamo rilevato ancora qualche settimana fa, per un concerto alla Scala, diretto da Chailly, al quale ha invitato un giovane violinista del nord Europa, mentre ancora nel teatro milanese non era stato invitato il vincitore del 'Paganini, l'italiano Giuseppe Gibboni. Perchè, ci siamo chiesti?).
Senza aver nulla da spartire con i diktat ideologici di Salvini, noi da sempre ci siamo battuti per questa causa, specie quando ad ogni inizio di stagione abbiamo visto i cartelloni delle nostre istituzioni pieni zeppi di nomi stranieri, in ogni campo, e gli italiani quasi del tutto assenti. E, prova del nove per quello che stiamo dicendo, il fatto che nelle due stagioni emergenziali, causa pandemia, i cartelloni sono tornati ad essere pieni di nomi italiani, con la assicurazione dei vertici delle istituzioni - assicurazioni necessarie quanto ipocrite- che gli artisti italiani invitati erano bravi quanto quelli stranieri se non addirittura più bravi.
A proposito di violinisti italiani, fa fede una dichiarazione che raccolsi da Salvatore Accardo per una mini inchiesta sull'argomento che effettuai per un mensile. Accardo mi disse: quasi tutti i violinisti delle più giovani generazioni sono stati miei allievi a Cremona o Siena e in altre accademie. Posso testimoniare non solo che gli italiani sono altrettanto bravi, ma che alcuni lo sono ancora di più degli stranieri. Ed anche che la formazione culturale dei violinisti italiani è quasi sempre superiore agli altri. E fece i nomi della Tifu , della Marzadori e di qualche altra violinista, in quel caso tutte donne (credo di aver ripreso quel mio articolo in questo blog).
Ma allora perchè finita la pandemia, gli italiani sono nuovamente spariti dai cartelloni delle nostre più importanti istituzioni musicali? I vertici non ce lo hanno spiegato.
Per questo ho avanzato spesso qualche dubbio, anzi sospetto. Il sospetto cioè che vi siano interessi di altro tipo in queste scelte, oltre il peso di certe agenzie che contrattano le presenze dei loro rappresentati alla stregua di un mercato. Offrono un nome di prima grandezza, a patto che si prendano, se vogliono quello, anche qualche scartina. Lo scandalo del Regio di Torino, sotto il sovrintendente Graziosi, ha dato corpo ai miei sospetti che purtroppo non è possibile tradurre in accuse precise, mancando di dati.
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