Nei rapporti Cina -Russia, comanda la Cina ( da Il Giornale, di Roberto Fabbri)
Nonostante la situazione instabile nel mondo, la Cina rimane impegnata a sviluppare le relazioni con la Russia». In questa frase, che il capo della diplomazia di Pechino Wang Yi ieri in visita a Mosca ha rivolto al suo omologo russo Sergei Lavrov, ci sono tutte le contraddizioni dell'attuale rapporto tra due Paesi a parole uniti da un'alleanza d'acciaio. Bisogna tener presente che, nella comunicazione diplomatica cinese, le sfumature hanno grande importanza. Quando Wang cita la «situazione instabile», certamente fa riferimento all'attuale complessa fase delle relazioni internazionali, ma soprattutto allude al problema del conflitto in Ucraina: un problema causato dal suo alleato russo e che deve essere risolto. Ed è per questo che poi aggiunge «rimane impegnata» e non ad esempio «è più che mai impegnata»: vuole rendere il senso di una oggettiva difficoltà che la guerra sta provocando. In pratica, come lo stesso Wang ha ripetuto, Cina e Russia continueranno a sostenersi reciprocamente dimostrandosi «più forti delle pressioni», ma non si tratta di un'alleanza militare (affermazione discutibile: in queste ore sono in corso manovre navali congiunte russo-cinesi cui partecipa tra le polemiche anche il Sud Africa).
L'inviato di Xi Jinping ha quindi insistito con Putin e Lavrov sulla volontà cinese di «creare le condizioni per un negoziato di pace». La Cina dice di puntare a soluzione politica al conflitto, ma lo farà alle sue condizioni ed è facile prevedere che Xi pretenderà di collegare il punto più interessante per Kiev e i suoi alleati occidentali la disponibilità a negoziare per il rispetto dell'integrità territoriale dell'Ucraina con la pretesa cinese di considerare Taiwan, che Pechino vuole annettere entro pochi anni, una propria questione interna: nel linguaggio diplomatico cinese, «il rispetto dell'integrità territoriale della Cina». Ovvio che questa idea verrà rispedita al mittente dall'Occidente.
Sgombrato il campo dalle illusioni, rimangono i fatti. Il principale è che Cina e Russia continueranno ad agire d'intesa per il loro vero obiettivo comune: quello di sovvertire l'attuale ordine internazionale basato sull'egemonia americano/europea. Lo ha detto nel solito diplomatichese Lavrov («Coesione e intenzione di difendere gli interessi reciproci nel rispetto della legge internazionale e del ruolo centrale dell'Onu»), lo ha ribadito Wang a Putin («Lavoriamo insieme per la stabilità mondiale. Le relazioni tra Russia e Cina non sono dirette contro Paesi terzi, ma non cedono nemmeno alle loro pressioni»). Qui c'è un'altra sfumatura da cogliere: Pechino non accetta ordini americani sul livello del suo sostegno a Mosca, ma rifiuta l'accusa di essere un fornitore di armi a Putin.
Da questo viaggio, che secondo indiscrezioni sarà seguito in aprile da quello di Xi a Mosca in corso di preparazione, si ricava la sensazione che la relazione speciale russo-cinese sia sempre più sbilanciata a favore di Pechino. Rispetto a un anno fa, quando alla vigilia dell'invasione dell'Ucraina Putin volò in Cina per mostrare al mondo la novità di un'alleanza tra potenze autocratiche definita «ferrea e senza limiti», è Putin a essersi indebolito sia strategicamente (non è in grado di vincere la guerra) che economicamente: le sanzioni occidentali e il fallimento del ricatto energetico ai nostri danni lo stanno costringendo a svendere gas e petrolio alla Cina e ad altri Paesi più o meno neutrali come l'India. Xi, però, vuol tenere un piede anche in quel mondo globalizzato che intende cambiare nel lungo termine (i nostri soldi gli servono), mentre la Russia ne è stata estromessa. Alla lunga, questa fondamentale differenza accentuerà il dato di fatto di un'alleanza diseguale, con una Cina più forte che applicherà alla Russia il trattamento che Putin vuol imporre oggi all'Ucraina: quello riservato a una colonia.
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