Non è affatto soddisfatta la ministra Teresa Bellanova delle decisioni del Consiglio dei ministri sulla Fase 2: “Ci aspettavamo onestamente un’operazione più coraggiosa: si poteva, si doveva osare di più” dice in un’intervista a la Repubblica nella quale puntualizza: “fino a quando non ci sarà il vaccino la situazione non cambierà di molto”. Per poi indicare la strada che “non è continuare a chiudere ma saper convivere col virus”.
La titolare del dicastero dell’Agricoltura sostiene infatti che se il punto è la distanza sociale e i dispositivi di sicurezza, “allora bisognerà lavorare su quelli”, e cioè “garantire una nuova organizzazione del lavoro in sicurezza, nuove modalità per il trasporto pubblico” ma “non si può continuare a bloccare il sistema produttivo” perché “ogni giorno di chiusura comporta una perdita di competitività per il sistema Paese” e “molte aziende rischiano di non riaprire e altre di farlo con meno dipendenti”. “Quelle che operano nell’export stanno già perdendo quote di produzione, a vantaggio di altre all’estero” assicura Bellanova, che chiosa: “Prolungare la chiusura aumenta il danno” mentre qui è necessario ridurlo.
Poi la ministra passa ai voti e ai giudizi sui provvedimenti adottarti dal governo nella giornata di domenica: “Bene l’asporto dal 4 maggio. Ma il primo giugno per la ristorazione e i bar è tardi. Così per i negozi. Troppo in là il 18 maggio: se riavvi le industrie ma tieni chiusi i terminali di vendita, per cosa lavorano quelle aziende, per il magazzino? Si gira a vuoto”, assicura la ministra renziana.
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