domenica 19 aprile 2020

Giornali, attenti al titolo!


A noi i titoli giornalistici ad effetto, quando sono indovinati pur fantasiosi, stile 'Il Manifesto' tanto per intenderci, piacciono molto.
 Ne abbiamo apprezzati tanti, nel corso dei nostri 40 anni  di onorato lavoro giornalistico, e qualche volta  ci siamo riusciti anche noi.  Uno per tutti: La Scala del Paragone, titolammo sulla copertina di Piano Time, all'indomani del passaggio del testimone da Claudio Abbado a Riccardo Muti. 
Ma non ci sono mai piaciuti quelli, pur ad effetto ma tirati per il collo, come ad esempio vedevamo giornalmente  ad Agorà (Rai 3), quando era condotta da Greco. O quelli che volutamente hanno giocato su volgarità da bar dello sport di periferia, come quelli che il comm. Feltri aveva usato contro la sindaca di Roma in difficoltà : La patata bollente della sindaca Raggi.

 Non è che a fronte di simili difetti, siamo costretti a farci comunque piacere titoli banali e privi di qualunque briciolo di fantasia o invenzione - come spessissimo abbiamo denunciato da questo blog, relativamente ai titoli che il Trovaroma, settimanale di Repubblica confeziona regolarmente per le notizie di carattere musicale, senza che nulla sia cambiato anche dopo l'arrivo di Verdelli alla direzione gel giornale.

Ieri sul settimanale D di Repubblica ci siamo imbattuti in due titoli, che non condividiamo,  ma per altre ragioni, destinati alle rubriche di due notissimi e bravissimi giornalisti: Conchita De Gregorio e Federico  Rampini. Avercene tanti come loro!

Come avevano  titolato  le loro rubriche? Ecco. Per la De Gregorio: "Tutti raccontano che cos'hanno imparato in queste settimane. Io, forse, niente: tutto ciò che già sapevo non si poteva mettere in pratica, non c'era il tempo, nè lo spirito del tempo. Ma di una cosa sono grata: delle lezioni di hip hop di mio figlio".

Questo titolo con annesso avvio dell'articolo, laddove sembrava ragionare dei massimi sistemi, partorisce poi il classico 'topolino dalla montagna'. Ma forse l'hip hop che le ha insegnato il figlio, serve a farci capire che  in momenti drammatici come quelli che attraversiamo acquistano senso anche piccoli insignificanti fatti della vita quotidiana. Solo così ha per noi un senso. E comunque appartiene a quella titolistica che dopo averci fatto pregustare la rivelazione di qualcosa di importante, ci delude con una banalità qualsiasi.

Per un'altra ragione il titolo della rubrica di Rampini non ci è piaciuto. Ed ha a che fare con le citazioni, anche quando se ne potrebbe fare  meno. Questo il titolo: Per cinquant'anni ho praticato yoga solo per il benessere psicofisico che mi dava.  Ma Mircea Eliade mi ha insegnato che il vero praticante deve 'morire a questa vita per rinascere'. Nella reclusione di questi tempi ci sto riflettendo". Dove  sembra che un giorno Mircea Eliade, recatosi a casa di Rampini, e vedendolo praticare Yoga, gli abbia detto ecc...

Quelli che, ad ogni piè sospinto, tirano fuori una citazione ci fanno rabbia e, di conseguenza,  ci fanno rabbia anche i titoli  nei quali si pratica lo stesso sport. Ma forse  ciò dipende dal fatto che noi non ricordiamo  una sola parola, men che meno  intere espressioni delle tante che abbiamo letto, ad eccezione  di quelle lontanissime e conosciutissime dei nostri anni di scuola, che ricordiamo   a malapena, come : 'tanto va la gatta al lardo/ che ci lascia lo zampino' , attaccato ai Rampini /che ha messo il padroncino'. Non ci saremo mica sbagliati, questa volta?

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