Nessuno ha ospitato da altre strutture pazienti “guariti” ma ancora fortemente contagiosi. Nessuno ha mescolato personale, parenti e ospiti, una volta scoppiato il virus.
Cosa ha fatto, invece, la “ Verdi” lo racconta bene l’ex direttore di “La Repubblica” e “La Stampa” sul suo sito www.mariocalabresi.com. «Alla fine di febbraio, mentre al Trivulzio si discuteva sull’opportunità o meno di indossare le protezioni, la Casa di riposo per musicisti comprava sul mercato cinquemila mascherine e le distribuiva a tutto il personale e ai suoi settantuno ospiti. Ma la vera svolta per la Giuseppe Verdi arrivava domenica 8 marzo… Un’ospite, di 94 anni, che era ricoverata in ospedale, si era ammalata di Covid ed era morta, il marito, che poi sarebbe guarito, era stato contagiato andando a trovarla.
Non si potevano correre rischi, ci volevano scelte drastiche… Vietate le visite, gli incontri e ogni attività comune. Tutti gli ospiti dovevano restare tassativamente chiusi nelle loro camere, dove avrebbero ricevuto la colazione, il pranzo, la cena e la visita del medico ogni giorno. Da allora nessuno si è potuto muovere. Da allora, caso unico ed eccezionale, nessuno si è ammalato».
Non si potevano correre rischi, ci volevano scelte drastiche… Vietate le visite, gli incontri e ogni attività comune. Tutti gli ospiti dovevano restare tassativamente chiusi nelle loro camere, dove avrebbero ricevuto la colazione, il pranzo, la cena e la visita del medico ogni giorno. Da allora nessuno si è potuto muovere. Da allora, caso unico ed eccezionale, nessuno si è ammalato».
Non c’è stato bisogno di luminari della virologia o di genii che hanno tirato fuori dal cappello soluzioni alle quali nessuno poteva pensare.
È bastato usare il normale buonsenso, che altrove è mancato
E quella attenzione ai propri ospiti, per via dell’età soggetti fragili e a rischio, che dovrebbe essere la prima preoccupazione per chi si occupa di anziani.
Invece, purtroppo, stiamo parlando di una rara eccezione virtuosa, e non della normalità.
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