Non c'è dubbio che è così. Se si fa una radiografia di tutti i governanti italiani, fermiamoci qui per intanto, il risultato è sconfortante. Ogni giorno un nuovo ladro, ogni giorno un nuovo sprovveduto, ogni giorno un nuovo imbroglione, un nuovo incapace. Solo in questo il mondo della politica non smette di meravigliarci riservandoci sorprese quasi giornaliere. Sempre nel peggio. Per il resto non c'è mai una novità e noi ci siamo talmente abituati che non ci facciamo neanche più caso.
Che cosa non fanno e non farebbero per accaparrarsi qualche voto in più; al punto da giustificare quelle indegne gazzarre che fanno ogni giorno anche in Parlamento, con il 'senso di responsabilità' che la scelta popolare impone loro, per il periodo del mandato pubblico. Pensa se non avessero neanche questo senso di responsabilità.
Vogliamo poi estendere il discorso uscendo di confini nazionali?
Che occorre pensare dei governanti di ogni parte, anche di quelli sovranazionali, per l'indifferenza con cui stanno (non stanno) affrontando il problema del terrorismo islamico? Oltre le frasi di indignazione e condanna non fanno altro. Anzi taluni governi, di qua e di là dell'oceano, pensano sia più utile, per la loro sporca politica, stare alla finestra, o non intervenire più in Siria per fermare anche il massacro di quel macellaio di Assad, perchè anche il macellaio può far comodo, se si assume tacitamente il compito di fermare l'avanzata dei terroristi. Se poi ammazza come in un macello, bombarda con bombe chimiche chissenefrega, finchè non viene a farlo a casa nostra, si scanni a casa sua lui ed i suoi avversari. Neppure quando vengono colpiti, come in Tunisia, cittadini europei si muove foglia. Ci si ferma alla condanna ed alla prevenzione, parlare di repressione, anche armata come sarebbe ormai necessario, sembra una bestemmia; i governanti con grande senso della moralità, mai e poi mai prenderebbero le armi per andare a combattere e debellare il nemico ora che può contare soltanto su alcune migliaia di militanti.
E il caso Grecia? Le banche ed i cattivi governi hanno ridotto un popolo allo stremo, alla fame addirittura alla miseria - si parla di ospedali che non hanno più farmaci per curare ammalati!!!! nella cosiddetta civilissima Europa. E non ancora contenti, chiedono sacrifici per salvare i crediti di banche e Stati , affamando ancora di più il popolo che in ogni caso, in ogni tempo ed in ogni nazione, è l'unico che paga i sempre frequenti errori di chi governa. E, nel caso della Grecia, l'FMI e l'Europa non vogliono sentire ragioni. La Grecia deve scomparire, questo è, in fondo, ciò che vogliono, sapendo che si tratta davvero di un pericolo, il quale potrebbe avere influssi negativi anche sulla tenuta, ancora fragile e scricchiolante, del continente europeo, costruito a grande fatica e non ancora completo. Della grave situazione sociale greca sembra non importi a nessuno. Come è possibile? Perchè la democraticissima Europa trema di fronte alla prospettiva che Tsipras attraverso referendum chiede ai cittadini se vogliono restare in Europa, a costo di grandi sacrifici - ancora sacrifici - o,se con tutti i rischi, decidono di uscire dalla moneta unica e forse anche dall'Europa? Se uno si ferma solo alle facce di coloro che ogni giorno pontificano dai pulpiti europei, si mette le mani nei capelli, fanno impressione al solo guardarli.
Perchè simili governanti?
La risposta non è difficilisima. Rispondiamo con altre domande .Perchè i programmi più visti in Tv sono quelli più beceri, che sembrano fatti per gente subnormale'; perchè la stampa più venduta è quella che parla di gossip, perchè gli stadi nascondono fra la folla belve umane; perché basta lanciare una moda per fare proseliti - non importa di che tipo e di che valore; perchè basta un nuovo predicatore che non si dà pace a le spara ogni secondo sempre più grosse, per avere un seguito inimmaginabile; perchè basta che una signorina (o signorino) si faccia vedere spesso in tv, magari belloccia/o, per essere votata/o dai cittadini. Ecco perchè. La risposta potrà sembrare troppo semplice, ma è quella vera.
domenica 28 giugno 2015
Il popolo raramente sceglie i migliori per farsi governare
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La musica a Roma d'estate: assente o un vero disastro
Va in vacanza la musica a Roma proprio nel periodo di massima affluenza di turisti stranieri. Chi vuole ascoltare un pò di musica a Roma , d'estate, e non ha tempo per aspettare che Santa Cecilia, quella nuova di dall'Ongaro, vi provveda organizzandosi come un tempo lontano e più glorioso degli anni di Massenzio, o va fuori città, magari allontanandosi un pò dalla Capitale, va ad esempio a Spoleto, in questi giorni e nelle prossime settimane, o verso Sermoneta e Fossanova, per il Festival Pontino, o magari in Umbria o Toscana - certo distanti, ma non tanto se qualche quotidiano ( come il Messaggero) si ostina a segnalare alcuni appuntamenti addirittura sull'Amiata o dintorni - oppure deve accontentarsi delle mezze cose che Roma ospita da anni, con la complicità degli amministratori che, anche in questa stagione, si stanno rivelando al peggio, compresa la disastrosa Marinelli, agli ordini di Marino che, nel settore della cultura, come in quello delle buche e della' zozzeria' di Roma, supera 'mezzodisastro' Franceschini.
Insomma il turista che, a Roma, in una sera d'estate, volesse ascoltare della musica, tolte le tre scoordinate serate di Santa Cecilia, all'Auditorium, deve contentarsi di quelle che, da tempo lo andiamo denunciando, vengono ospitate in uno dei luoghi magici di Roma, il Cortile di Sant'Ivo alla Sapienza, affidate, da tempo immemorabile, al m. Carotenuto ed al suo ensemble orchestrale ( International Chamber Ensemble), con il quale vi fa di tutto ogni estate, mentre dovrebbe diventare una sorta di palcoscenico 'alto' del barocco musicale.
Oppure approfittare del festival ( Rome Opera Festival) che il m. Fritz Maraffi organizza, anch'egli da tempo immemorabile, nei cortili dei palazzi nobiliari romani, ed un tempo a san Clemente, uno dei gioielli dell'architettura sacra paleocristiana, mentre in questa stagione a Via IV Novembre.
Perchè non si riesce mai ad organizzare qualcosa di significativo ed all'altezza dei luoghi nei quali viene ospitato? Roma non lo merita?
Del Festival di Villa Adriana, a Tivoli, s'è persa ogni traccia, quantomeno l'edizione di quest'anno di tracce non ne ha ancora lasciate, perchè quasi sicuramente è stato cancellato, a favore di 'Luglio Suona Bene' organizzato da Fuortes e che si svolge nella cavea dell'Auditorium e a Caracalla, per rendere più appetibile la stagione d'opera non appetibilissima, secondo le vedute lungimiranti e competenti di Fuortes che vi ha trasferito un pò di big con il compito di fare da richiamo per il grande pubblico, a suo parere non attratto dal melodramma, come lo è quel ricco industriale malese che ha appena donato all'Opera un milione di Euro, e promette di farlo anche per gli anni a venire, e che per questo è entrato nel CdI del Teatro della capitale, salvo che non ci ripensi anche perchè rompe il fidanzamento con la giovane cantante lirica di origini italiane.
Poi, senza voler infierire ancora sulla povera ditta 'Marino & Marinelli', in questi giorni lo storico edificio della Zecca, in Piazza Verdi, prima di diventare un hotel di lusso, si apre alla musica, gestito dall'Accademia di Francia, E con che? Con dj e musica leggera. E solo perchè lasciando ad altri non si hanno responsabilità organizzative. A che punto arriva l'incapacità di governare.
Stesso discorso vale per la lunga estate al Museo degli Strumenti musicali, a Santa Croce in Gerusalemme. 'Musica al Museo' hanno intitolato la rassegna che sembra 'Estate rock alle Capannelle' per la festa di noantri. Vergogna su vergogna di cui la povera ditta non si rende neanche conto.
E poi, il povero turista, se proprio lo desidera, può anche andare a sentire musica da 'camera' ( da 'fiume') sulle rive del Tevere, augurandosi che un novello Mosè fermi lo scorrere non silenzioso dell'acqua, dove sono stati costretti ad esibirsi i 'migliori' allievi del Conservatorio romano. I migliori nelle condizioni peggiori.
Questa è la tristissima condizione della musica a Roma. d'estate. Senza vergogna.
Insomma il turista che, a Roma, in una sera d'estate, volesse ascoltare della musica, tolte le tre scoordinate serate di Santa Cecilia, all'Auditorium, deve contentarsi di quelle che, da tempo lo andiamo denunciando, vengono ospitate in uno dei luoghi magici di Roma, il Cortile di Sant'Ivo alla Sapienza, affidate, da tempo immemorabile, al m. Carotenuto ed al suo ensemble orchestrale ( International Chamber Ensemble), con il quale vi fa di tutto ogni estate, mentre dovrebbe diventare una sorta di palcoscenico 'alto' del barocco musicale.
Oppure approfittare del festival ( Rome Opera Festival) che il m. Fritz Maraffi organizza, anch'egli da tempo immemorabile, nei cortili dei palazzi nobiliari romani, ed un tempo a san Clemente, uno dei gioielli dell'architettura sacra paleocristiana, mentre in questa stagione a Via IV Novembre.
Perchè non si riesce mai ad organizzare qualcosa di significativo ed all'altezza dei luoghi nei quali viene ospitato? Roma non lo merita?
Del Festival di Villa Adriana, a Tivoli, s'è persa ogni traccia, quantomeno l'edizione di quest'anno di tracce non ne ha ancora lasciate, perchè quasi sicuramente è stato cancellato, a favore di 'Luglio Suona Bene' organizzato da Fuortes e che si svolge nella cavea dell'Auditorium e a Caracalla, per rendere più appetibile la stagione d'opera non appetibilissima, secondo le vedute lungimiranti e competenti di Fuortes che vi ha trasferito un pò di big con il compito di fare da richiamo per il grande pubblico, a suo parere non attratto dal melodramma, come lo è quel ricco industriale malese che ha appena donato all'Opera un milione di Euro, e promette di farlo anche per gli anni a venire, e che per questo è entrato nel CdI del Teatro della capitale, salvo che non ci ripensi anche perchè rompe il fidanzamento con la giovane cantante lirica di origini italiane.
Poi, senza voler infierire ancora sulla povera ditta 'Marino & Marinelli', in questi giorni lo storico edificio della Zecca, in Piazza Verdi, prima di diventare un hotel di lusso, si apre alla musica, gestito dall'Accademia di Francia, E con che? Con dj e musica leggera. E solo perchè lasciando ad altri non si hanno responsabilità organizzative. A che punto arriva l'incapacità di governare.
Stesso discorso vale per la lunga estate al Museo degli Strumenti musicali, a Santa Croce in Gerusalemme. 'Musica al Museo' hanno intitolato la rassegna che sembra 'Estate rock alle Capannelle' per la festa di noantri. Vergogna su vergogna di cui la povera ditta non si rende neanche conto.
E poi, il povero turista, se proprio lo desidera, può anche andare a sentire musica da 'camera' ( da 'fiume') sulle rive del Tevere, augurandosi che un novello Mosè fermi lo scorrere non silenzioso dell'acqua, dove sono stati costretti ad esibirsi i 'migliori' allievi del Conservatorio romano. I migliori nelle condizioni peggiori.
Questa è la tristissima condizione della musica a Roma. d'estate. Senza vergogna.
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sabato 27 giugno 2015
Todini Luisa tornerebbe alla RAI per volontà di Letta e Confalonieri ambasciatori di Berlusconi
A giudicare dal via vai di Confalonieri e Letta, per conto del capo naturalmente, al capezzale della Rai, che per fortuna ora sta bene almeno sotto il profilo economico, l'accordo fra Berlusca e Renzino sulla Rai sta per essere sottoscritto. Renzino vuole nominare prima dell'estate il nuovo CdA, all'interno del quale - secondo le regole per i fessi italiani - sarà scelto presidente e direttore generale; mentre da come si racconta in queste settimane presidente e direttore generale lo nominano i due, e il CdA lo nomini chi vuole, tanto chissenefrega.
Gubitosi va via carico di onori e gloria ed approda, da quel che si legge in questi giorni, alle Ferrovie da risanare, ristrutturare, ed in vista di una loro quotazione parziale in Borsa - operazione che per la Rai, Gubitosi ha condotto con ottimi risultati, com'è sotto gli occhi di tutti.
Per il ruolo di Presidente in Rai i tre dell'Apocalisse stanno pensando a Luisa Todini, già nel CdA Rai, uscita per approdare alla presidenza delle Poste, dove... che è accaduto di bello e di nuovo oltre i proclami riformatori? L'unica novità è la consegna della posta a giorni alterni, ma restano le solite file, le disfunzioni, l'incapacità di contendere con i privati nella consegna delle merci a domicilio dei grandi giganti della distribuzione e tanto altro. Nonostante tutto ciò - ma la presidente in pectore potrà dire che Lei conta poco in Poste, e noi replicare che potrebbe contare poco anche in Rai; ma allora perchè mettercela, oltre che per il gradimento di Berlusca? Ancora lui!- resta lei la candidata con il maggior gradimento, frutto di fedeltà al capo.
Per il ruolo invece di direttore generale ancora una volta Renzino sta pensando ad un amico degli amici. Ancora uno? ma quanti cazzi di amici hai, Renzino? Non c'hai in Rai già De Siervo ed il tuo sottosegretario, Giacomelli, che comanda a distanza da Palazzo Chigi? che altro vuoi? Vuoi che alla tua uscita di scena si rivoluzioni, giustamente, tutta la imprenditoria pubblica per ripulirla di tutti i renziani che a frotte hanno invaso Roma, più dei migranti e dei Rom - ci perdonino i migranti ed anche i Rom?
Potremo sperare che, almeno sotto il profilo del bilancio, la Rai del dopo Gubitosi, sia altrettanto in salute di quella che oggi Gubitosi, alla sua partenza, lascia, nonostante gli zampini del Berlusca, dei suoi luogotenenti e di Renzino e di tutti i suoi amici'
Gubitosi va via carico di onori e gloria ed approda, da quel che si legge in questi giorni, alle Ferrovie da risanare, ristrutturare, ed in vista di una loro quotazione parziale in Borsa - operazione che per la Rai, Gubitosi ha condotto con ottimi risultati, com'è sotto gli occhi di tutti.
Per il ruolo di Presidente in Rai i tre dell'Apocalisse stanno pensando a Luisa Todini, già nel CdA Rai, uscita per approdare alla presidenza delle Poste, dove... che è accaduto di bello e di nuovo oltre i proclami riformatori? L'unica novità è la consegna della posta a giorni alterni, ma restano le solite file, le disfunzioni, l'incapacità di contendere con i privati nella consegna delle merci a domicilio dei grandi giganti della distribuzione e tanto altro. Nonostante tutto ciò - ma la presidente in pectore potrà dire che Lei conta poco in Poste, e noi replicare che potrebbe contare poco anche in Rai; ma allora perchè mettercela, oltre che per il gradimento di Berlusca? Ancora lui!- resta lei la candidata con il maggior gradimento, frutto di fedeltà al capo.
Per il ruolo invece di direttore generale ancora una volta Renzino sta pensando ad un amico degli amici. Ancora uno? ma quanti cazzi di amici hai, Renzino? Non c'hai in Rai già De Siervo ed il tuo sottosegretario, Giacomelli, che comanda a distanza da Palazzo Chigi? che altro vuoi? Vuoi che alla tua uscita di scena si rivoluzioni, giustamente, tutta la imprenditoria pubblica per ripulirla di tutti i renziani che a frotte hanno invaso Roma, più dei migranti e dei Rom - ci perdonino i migranti ed anche i Rom?
Potremo sperare che, almeno sotto il profilo del bilancio, la Rai del dopo Gubitosi, sia altrettanto in salute di quella che oggi Gubitosi, alla sua partenza, lascia, nonostante gli zampini del Berlusca, dei suoi luogotenenti e di Renzino e di tutti i suoi amici'
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venerdì 26 giugno 2015
Teatro dell'Opera di Roma. Dall'Oriente arriva un salvatore
Foto, proclami, incontri ai massimi vertici...All'Opera di Roma si sono dati da fare, non badando a spese, per rendere noto che dopo tanto patire... ed ancora se ne avrà...si vede la prima luce, che brilla di un milione di Euro, e la porta un ricco salvatore della Malesia, fidanzato con una giovane soprano dalle origini italiane, che ama l'opera. E' stato accolto come si doveva dai responsabili del teatro, ma - diciamo anche - come lui forse ha fatto capire che voleva. Ed infatti il ricco malesiano entra a fra parte del CdI ( Consiglio di Indirizzo, che è l'organismo che ha preso il posto del vecchio CdA), e d'ora in avanti e per i prossimi anni, intende far sentire la sua voce e forse anche quella della sua giovane fidanzata che, infatti, il prossimo 19 luglio, in una serata di gala a Caracalla, in suo onore, ci farà anche sentire la sua voce. Il ricco signore della Malesia ha promesso che di milioni di Euro ne darà uno all'anno, finchè ... deciderà di farlo, tanto lui ha un patrimonio che si aggira sui 17 miliardi di Euro, dunque si tratta di briciole, ma benedette vista la precaria situazione della cultura in Italia, Opera compresa.
Dall'altra parte del Tevere, all'Accademia di Santa Cecilia, anche lì c'è stata una nuova entrata nel Consiglio di amministrazione, dove ha avuto un posto Nicola Bulgari che, assieme al fratello Paolo, ha 'regalato' all'Accademia, in nome della forte amicizia che lo lega a Pappano, la somma di un milione e duecento mila Euro in tre rate annuali da 400 mila Euro cadauna.
L'Accademia , si sa, non ha i costi dell'Opera, a causa degli allestimenti soprattutto, ma ha comunque personale stabile nei professori di orchestra e coro. E poi Opera e Accademia hanno dovuto - solo negli anni passati?- acconsentire ad assunzioni dettate e suggerite da potenti ( all'Accademia l'ultimo caso venuto alla luce, qualche anno fa, fu quello del figlio del famigerato Balducci, organista, assunto per studiare le celebrazioni del centenario dell'Unità di Italia, mentre l'Accademia in cambio veniva inserita fra le istituzioni che partecipavano alla mangiatoia delle celebrazioni, per volontà e ricambio favori da parte della 'cricca'; quel che succedeva all'Opera da tempo si sa, ma forse ora la pacchia è finita). Ma ciò che avvantaggia l'Opera rispetto all'Accademia è l'enorme favore di cui essa gode nel mondo, e particolarmente fra i popoli dell'Oriente, dove il melodramma è seguitissimo. E ciò fa sperare, per l'Opera di Roma, che altri salvatori generosi le rechino aiuto concreto.
Dall'altra parte del Tevere, all'Accademia di Santa Cecilia, anche lì c'è stata una nuova entrata nel Consiglio di amministrazione, dove ha avuto un posto Nicola Bulgari che, assieme al fratello Paolo, ha 'regalato' all'Accademia, in nome della forte amicizia che lo lega a Pappano, la somma di un milione e duecento mila Euro in tre rate annuali da 400 mila Euro cadauna.
L'Accademia , si sa, non ha i costi dell'Opera, a causa degli allestimenti soprattutto, ma ha comunque personale stabile nei professori di orchestra e coro. E poi Opera e Accademia hanno dovuto - solo negli anni passati?- acconsentire ad assunzioni dettate e suggerite da potenti ( all'Accademia l'ultimo caso venuto alla luce, qualche anno fa, fu quello del figlio del famigerato Balducci, organista, assunto per studiare le celebrazioni del centenario dell'Unità di Italia, mentre l'Accademia in cambio veniva inserita fra le istituzioni che partecipavano alla mangiatoia delle celebrazioni, per volontà e ricambio favori da parte della 'cricca'; quel che succedeva all'Opera da tempo si sa, ma forse ora la pacchia è finita). Ma ciò che avvantaggia l'Opera rispetto all'Accademia è l'enorme favore di cui essa gode nel mondo, e particolarmente fra i popoli dell'Oriente, dove il melodramma è seguitissimo. E ciò fa sperare, per l'Opera di Roma, che altri salvatori generosi le rechino aiuto concreto.
giovedì 25 giugno 2015
Marino e Marinelli: con Bernabè non c'è trippa per gatti, come si dice a Roma.
Il sindaco di Roma ed il suo assessore fedelissimo, Marinelli hanno creduto di poter far fesso Franco Bernabè, da un anno circa a capo dell'Azienda da cui dipende il Palaexpo e le Scuderie del Quirinale. Erore, con un sola ere - come si dice a Roma. Perchè Bernabè non è persona che si fa mettere nel sacco da due politici che certamente non brillerebbero di luce propria e senza un partito alle spalle. Bernabè, al contrario, è un manager che ha avuto anche grandi responsabilità nel mondo della cultura, si pensi al MART di Trento e Rovereto, e che ha un medagliere professionale di tutto rispetto. Dunque attenzione, non è facile metterlo nel sacco.
Bernabè ha scrittto a gennaio una lettera al Campidoglio dicendo che se tagliavano il finanziamento, come avevano minacciato, lui non avrebbe potuto assicurare i normali servizi. Dal Campidoglio, dove evidentemente sono abituati ad altri comportamenti avendo spesso a che fare con servi o servi di servi, gli hanno risposto che lui non era stato in grado di procurarsi i soldi necessari, come invece sanno fare altri manager, citando il caso di Fuortes, a Musica per Roma e all'Opera.
Precisiamo che Musica per Roma è praticamente una sorta di residence, e Fuortes i maggiori ricavi li ottiene dal suo ruolo di affittacamere ( sappiamo anche che ha una attività multiforme, ma non ha 'masse fisse', non lo dimentichiamo, e agli inizi ha goduto dei finanziamenti necessari - per far bella figura - dal Comune; ora certo va avanti con le sue gambe ma anche e sempre con i finanziamenti pubblici); e che all'Opera di Roma, ha potuto evitare il fallimento, sia per il contributo, ridotto, ma sempre generoso del Comune, sia per il fondo 'salva teatri' dal quale ha potuto attingere i soldi che gli servivano - tanto per essere chiari. Ma Fuortes è il fiore all'occhiello di Marino&Marinelli e del loro partito, e lo portano in palmo di mano anche quando non serve o è fuori luogo.
Bernabè ha risposto che tutta l'attività culturale delle due istituzioni viene finanziata da entrate proprie (sponsor, biglietti ed altre entrate) e che il contributo del Comune serve a pagare gli impiegati fissi ed i vari servizi oltre la manutenzione ordinaria. Al che il Campidoglio di Marino & Marinelli, bugiardo, non ha potuto replicare.
Ecco un altro dei punti critici del Campidoglio della premiata ditta, uno dei tanti altri nel settore della cultura del quale alla ditta non importa tanto: come è finito il Teatro Valle; perchè non ci sono soldi per il teatro shakespeariano di Villa Borghese, e perchè non si finanzia più il festival del teatro omosessuale, e l'estate romana che fine ha fatto...
La Marinelli di Marino, non fa come quella di De Andrè, e sta lì a ripetere solo quello che le mette in bocca Marino, che, a sua volta, non dice nulla, e non dà risposte su nulla. Ecco le ragioni per cui Marino dovrebbe dimettersi, senza bisogno che glielo dica o chieda Renzi.
Bernabè ha scrittto a gennaio una lettera al Campidoglio dicendo che se tagliavano il finanziamento, come avevano minacciato, lui non avrebbe potuto assicurare i normali servizi. Dal Campidoglio, dove evidentemente sono abituati ad altri comportamenti avendo spesso a che fare con servi o servi di servi, gli hanno risposto che lui non era stato in grado di procurarsi i soldi necessari, come invece sanno fare altri manager, citando il caso di Fuortes, a Musica per Roma e all'Opera.
Precisiamo che Musica per Roma è praticamente una sorta di residence, e Fuortes i maggiori ricavi li ottiene dal suo ruolo di affittacamere ( sappiamo anche che ha una attività multiforme, ma non ha 'masse fisse', non lo dimentichiamo, e agli inizi ha goduto dei finanziamenti necessari - per far bella figura - dal Comune; ora certo va avanti con le sue gambe ma anche e sempre con i finanziamenti pubblici); e che all'Opera di Roma, ha potuto evitare il fallimento, sia per il contributo, ridotto, ma sempre generoso del Comune, sia per il fondo 'salva teatri' dal quale ha potuto attingere i soldi che gli servivano - tanto per essere chiari. Ma Fuortes è il fiore all'occhiello di Marino&Marinelli e del loro partito, e lo portano in palmo di mano anche quando non serve o è fuori luogo.
Bernabè ha risposto che tutta l'attività culturale delle due istituzioni viene finanziata da entrate proprie (sponsor, biglietti ed altre entrate) e che il contributo del Comune serve a pagare gli impiegati fissi ed i vari servizi oltre la manutenzione ordinaria. Al che il Campidoglio di Marino & Marinelli, bugiardo, non ha potuto replicare.
Ecco un altro dei punti critici del Campidoglio della premiata ditta, uno dei tanti altri nel settore della cultura del quale alla ditta non importa tanto: come è finito il Teatro Valle; perchè non ci sono soldi per il teatro shakespeariano di Villa Borghese, e perchè non si finanzia più il festival del teatro omosessuale, e l'estate romana che fine ha fatto...
La Marinelli di Marino, non fa come quella di De Andrè, e sta lì a ripetere solo quello che le mette in bocca Marino, che, a sua volta, non dice nulla, e non dà risposte su nulla. Ecco le ragioni per cui Marino dovrebbe dimettersi, senza bisogno che glielo dica o chieda Renzi.
I diari di Ignazio Marino
Il sindaco di Roma in una lunga intervista rilasciata a Concita De Gregorio di Repubblica, una difesa su tutta la linea, dopo aver detto che lui neanche con le cannonate va via, e quindi si mettano tutti l'animo in pace che resterà fino al 2018 - forse anche oltre Renzi che potrebbe cadere prima, ma lui no, nessuno lo può rimuovere - e magari ricandidarsi per restare al Campidoglio fino al 2023, tira fuori l'arma segreta, o il Piano B - come lo avrebbero chiamato il suo principale avversario Renzi o qualcuno del suo partito - i diari, non più segreti, sui quali lui, come faceva un tempo Andreotti e come fa anche qualche noto giornalista, annota ogni giorno tutto quello che gli accade e che accade intorno a lui. E fra le tante cose, guarda caso, tira fuori che il giorno tal dei tali, dal partito gli telefonarono per caldeggiare assessorati e posti di responsabilità per Coratti e Ozzimo. Non sono quelli indagati della sua giunta o del coniglio comunale? Giusto. Il partito è avvisato. Di ciascuna telefonata, incontro, pressione, raccomandazione in quei diari c'è traccia - Marino lo ha detto chiaramente.
Non é la minaccia di Buzzi: se parlo cade mezzo governo; ma poco ci manca. E' un avvertimento ai notabili del suo partito ed a Renzi stesso. Non è neppure il caso di sottolineare che Marino non è Buzzi, onesto l'uno disonesto l'altro; solo che Buzzi agiva, Marino sembra star fermo, che è poi, al di là degli arresti della sua giunta e del consiglio, l'appunto maggiore che si fa al suo governo. Insomma, fermo restando che lui è persona onesta, che per ora sta zitto, e che se gli rompono le scatole ha l'arma segreta da tirar fuori - i diari - resta il fatto che finora non ha dato le risposte che la città desiderava. E che, se non riesce a darle in breve tempo, anche l'ultimo treno per la sua salvezza, passa senza che lui possa prenderlo. E dovrà dimettersi a furor di popolo e non perchè glielo impone il partito o Renzi.
Infine il problema della nuova giunta fatta di persone competenti: ma perchè pur conoscendole, le persone competenti, non si ricorre a loro subito e si attende, invece, che accada qualche disastro, per chiedere loro aiuto? Parliamo dei commissari, ai quali vengono affidate le salvezze in extremis, e che dovrebbero, in un paese normale, essere i governanti della prima ora.
Ed anche su questo punto Marino non ha brillato di autonomia; e forse il partito gli ha imposto dei nomi. Nei diari c'è scritto.
Non é la minaccia di Buzzi: se parlo cade mezzo governo; ma poco ci manca. E' un avvertimento ai notabili del suo partito ed a Renzi stesso. Non è neppure il caso di sottolineare che Marino non è Buzzi, onesto l'uno disonesto l'altro; solo che Buzzi agiva, Marino sembra star fermo, che è poi, al di là degli arresti della sua giunta e del consiglio, l'appunto maggiore che si fa al suo governo. Insomma, fermo restando che lui è persona onesta, che per ora sta zitto, e che se gli rompono le scatole ha l'arma segreta da tirar fuori - i diari - resta il fatto che finora non ha dato le risposte che la città desiderava. E che, se non riesce a darle in breve tempo, anche l'ultimo treno per la sua salvezza, passa senza che lui possa prenderlo. E dovrà dimettersi a furor di popolo e non perchè glielo impone il partito o Renzi.
Infine il problema della nuova giunta fatta di persone competenti: ma perchè pur conoscendole, le persone competenti, non si ricorre a loro subito e si attende, invece, che accada qualche disastro, per chiedere loro aiuto? Parliamo dei commissari, ai quali vengono affidate le salvezze in extremis, e che dovrebbero, in un paese normale, essere i governanti della prima ora.
Ed anche su questo punto Marino non ha brillato di autonomia; e forse il partito gli ha imposto dei nomi. Nei diari c'è scritto.
mercoledì 24 giugno 2015
La stella Petrenko brilla più alta di tutte nel cielo di Berlino
La pietra - ' Petrenko' - che i costruttori rifiutarono è diventata pietra angolare, come dice il Vangelo, che non serve scomodare per un affare che riguarda la direzione di un'orchestra, benchè trattasi dei Berliner Philharmoniker. Come non serve neanche ricorrere alla prassi consolidata del 'conclave' della Chiesa cattolica, per la quale si scommette che molti entrano 'papi' ed escono cardinali, mentre uno entra cardinale ma esce papa. Lasciamo stare i santi, e scherziamo con Petrenko.
Dunque una breve conferenza stampa, annunciata senza squilli di tromba, due giorni fa, per annunciare che in un secondo 'conclave' laico, i Berliner - questa volta senza chiasso - avevano eletto a loro direttore, dopo Rattle, e dunque dal 2018, il quarantatreenne Kyrill Petrenko, un nome che qualcuno aveva fatto fra i candidati, ma non certo il favorito, alla prima votazione, quando i papabili erano Nelsons, Thielemann e Dudamel, da quel che si sa, usciti dal conclave tutti come vi erano entrati, cioè non eletti. E le voci dicono che Petrenko abbia avuto i voti di tutti i votanti eccetto uno. perchè i B erliner hanno bocciato tutti gli altri candidati?
Nelsons, forse, perchè troppo raccomandato, anche da padrini ormai defunti.
Thielemann perchè era incorso in qualche problemuccio non musicale che aveva pesato forse troppo sulle sue capacità, e poi forse , a detta di Paolo Isotta, perchè non gli conveniva andare a dirigere i Berliner- 'DECADUTI'! - quando lui è a capo dell'orchestra più blasonata in assoluto, la migliore al mondo per intenderci, forse accanto alla Chicago Symphony di Muti, e cioè la Staatskpelle di Dresda, secondo la classifica di Isotta. E poi forse, anche per quel suo pentimento fuori tempo, raccolto da 'Repubblica', per le frasi azzardate dette in libertà, e la manifestazione di interesse a trasferirsi a Berlino... anche questo non gli ha giovato. E perciò se ne sta a Dresda.
Per Dudamel infine, la sua stella sta calando e le sue azioni nessuno più le compra, in conseguenza dell'eccessivo rialzo degli anni passati senza l'avallo successivo e conseguente dei 'fondamentali'. E, poi forse, per Berlino era il candidato meno adatto, e per molti versi.
Dunque meglio Petrenko che ai Berlinesi darà i suoi anni migliori e che quando terminerà il suo incarico, che gli auguriamo felice e laborioso, sarà ancora un aitante cinquantenne.
Dunque una breve conferenza stampa, annunciata senza squilli di tromba, due giorni fa, per annunciare che in un secondo 'conclave' laico, i Berliner - questa volta senza chiasso - avevano eletto a loro direttore, dopo Rattle, e dunque dal 2018, il quarantatreenne Kyrill Petrenko, un nome che qualcuno aveva fatto fra i candidati, ma non certo il favorito, alla prima votazione, quando i papabili erano Nelsons, Thielemann e Dudamel, da quel che si sa, usciti dal conclave tutti come vi erano entrati, cioè non eletti. E le voci dicono che Petrenko abbia avuto i voti di tutti i votanti eccetto uno. perchè i B erliner hanno bocciato tutti gli altri candidati?
Nelsons, forse, perchè troppo raccomandato, anche da padrini ormai defunti.
Thielemann perchè era incorso in qualche problemuccio non musicale che aveva pesato forse troppo sulle sue capacità, e poi forse , a detta di Paolo Isotta, perchè non gli conveniva andare a dirigere i Berliner- 'DECADUTI'! - quando lui è a capo dell'orchestra più blasonata in assoluto, la migliore al mondo per intenderci, forse accanto alla Chicago Symphony di Muti, e cioè la Staatskpelle di Dresda, secondo la classifica di Isotta. E poi forse, anche per quel suo pentimento fuori tempo, raccolto da 'Repubblica', per le frasi azzardate dette in libertà, e la manifestazione di interesse a trasferirsi a Berlino... anche questo non gli ha giovato. E perciò se ne sta a Dresda.
Per Dudamel infine, la sua stella sta calando e le sue azioni nessuno più le compra, in conseguenza dell'eccessivo rialzo degli anni passati senza l'avallo successivo e conseguente dei 'fondamentali'. E, poi forse, per Berlino era il candidato meno adatto, e per molti versi.
Dunque meglio Petrenko che ai Berlinesi darà i suoi anni migliori e che quando terminerà il suo incarico, che gli auguriamo felice e laborioso, sarà ancora un aitante cinquantenne.
martedì 23 giugno 2015
L'orchestra sinfonica nazionale della Rai ha nuovi vertici, ma sempre la stessa musica:direttori e interpreti tutti stranieri.
L'orchestra rimasta invita della Rai , con sede a Torino e la qualifica di 'nazionale' - un tempo la Rai ne aveva ben quattro ( torino,roma,milano,napoli) - ha presentato nei giorni scorsi la sua nuova dirigenza e la stagione prossima, 2o15.16, ultima affidata al direttore Valcuha, che dalla stagione successiva sarà sostituito da James Conlon, alla presenza del direttore generale della Rai, Gubitosi e della dirigente sotto la cui resposnabilità passa l'orchestra, e cioè 'Rai Cultura' affidata alla direzione della Calandrelli, da cui dipende oltre che la cultura in Rai, anche Rai5. La quale Rai 5, ha assicurato la Calandrelli, dei 26 concerti che compongono la stagione da ottobre a giugno, ne trasmetterà sulla rete Rai5, di sua competenza, uno al mese, mentre tutti i concerti saranno trasmessi, in diretta, da Radio 3. Sovrintendente dell'Orchestra, dopo l'uscita di dall'Ongaro, insediatosi all'Accademia di Santa Cecilia al posto di Cagli, è stata nominata Paola Carruba - il suo nome circolava da tempo - mentre l'incarico di direttore artistico a Cesare Mazzonis, viene prorogato di un anno.
Le maggiori novità però si riscontrano nella programmazione, dove novità non ve ne sono nella scelta dei direttori ed interpreti che, come accade da anni e noi da anni andiamo sottolineando ed accusando, sono quasi esclusivamente stranieri.
(Ci sarà una ragione perchè questa musica non cambia musica. chi ha tempo si dedichi a controlalre le agenzie dalle quali arrivano tutti gli artisti ospiti. Perchè gli italiani, dai tempi di dall'Ongaro, sono praticamente assenti? E' senza motivo, forse pura casualità che tocca solo gli italiani e da molte stagioni? Perchè non si va a vedere se c'è del marcio, anche lì? Non ci sarà, ne siamo sicuri; ma controllare non guasta!). Su 26 concerti, appena quattro i direttori italiani: Angius, Dantone( Bach), d'Espinosa, Bisanti (' pucciniana'). Sì, è vero, il direttore stabile attuale, Valcuha, ne dirige parecchi, e Conlon comincia ad entrare nella programmazione di 'prepotenza' -necessaria prima di insediarvisi ufficialmente - ma poi per tutti gli altri, possibile che non ve ne erano altrettanto invitabili fra gli italiani, e parliamo anche degli interpreti sia vocali che strumentali, tutti stranieri. Nessuno si indigna e si muove per protestare a gran voce? Vadano tutti a quel paese.
Le maggiori novità però si riscontrano nella programmazione, dove novità non ve ne sono nella scelta dei direttori ed interpreti che, come accade da anni e noi da anni andiamo sottolineando ed accusando, sono quasi esclusivamente stranieri.
(Ci sarà una ragione perchè questa musica non cambia musica. chi ha tempo si dedichi a controlalre le agenzie dalle quali arrivano tutti gli artisti ospiti. Perchè gli italiani, dai tempi di dall'Ongaro, sono praticamente assenti? E' senza motivo, forse pura casualità che tocca solo gli italiani e da molte stagioni? Perchè non si va a vedere se c'è del marcio, anche lì? Non ci sarà, ne siamo sicuri; ma controllare non guasta!). Su 26 concerti, appena quattro i direttori italiani: Angius, Dantone( Bach), d'Espinosa, Bisanti (' pucciniana'). Sì, è vero, il direttore stabile attuale, Valcuha, ne dirige parecchi, e Conlon comincia ad entrare nella programmazione di 'prepotenza' -necessaria prima di insediarvisi ufficialmente - ma poi per tutti gli altri, possibile che non ve ne erano altrettanto invitabili fra gli italiani, e parliamo anche degli interpreti sia vocali che strumentali, tutti stranieri. Nessuno si indigna e si muove per protestare a gran voce? Vadano tutti a quel paese.
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lunedì 22 giugno 2015
La storia della Grecia somiglia, 'si licet parva componere magnis', all'Opera di Roma.Terminerà con un salvataggio, vantaggioso per tutti.
Forse molti l'hanno già dimenticato quel che era stato minacciato e non è poi accaduto all'Opera di Roma, quando Fuortes, l'attuale sovrintendente, dall'alto della sua grande incompetenza ed inesperienza nella guida di un teatro d'opera, per risolvere i problemi del teatro ( deficit e sindacalismo selvaggio, e quindi fallimento o default che dir si voglia) prospettò la 'esternalizzazione' di orchestra e coro, non degli impiegati e dei tecnici: l'esternalizzazione, per essere chiari, della struttura portante di un teatro d'opera o di un qualunque organismo musicale stabile.
Tutti a dirgli, in Italia ma anche da molti paesi europei e dai responsabili della maggiori istituzioni musicali internazionali, che era matto e che la sua ricetta era pura follia, ma lui, Fuortes al comando, sostenuto da Marino, e forse solo da lui e dalla fedelissima Marinelli, continuava nella sua strategia di minaccia.
Una volta capito che stava dando i numeri, si doveva trovare un modo per far uscire dall'imbarazzo Fuortes, che ormai tutti (compreso il 'suo' stesso partito: anche lui ne ha avuto uno, sempre quello dai tempi di Veltroni, che lo intronizzò) criticavano per quella sua idea pazza, e lo invitavano a riprendere il dialogo, l'unica strada da battere per giungere ad una soluzione.
Quella esternalizzazione avrebbe prodotto più guai, senza dubbio maggiori di quelli ai quali voleva porre rimedio. E forse anche maggiori costi, altro che risparmi. E così fu, i lavoratori dovettero pagare un pò del prezzo, Fuortes fare marcia indietro, e la storia riprendere il suo corso naturale, interrotto solo dalla inesperienza di Fuortes che credeva di risolvere problemi di cattiva gestione minando le fondamenta di un teatro d'opera.
In Grecia sta succedendo qualcosa di molto simile. La nazione ha un problema nato da cattiva gestione, bugie comprese (proprio come all'Opera di Roma dove il precedente sovrintendente ed il consiglio di amministrazione per molti mesi, forse addirittura qualche anno, avevano gridato che il teatro aveva i conti in ordine, mentre invece ballava pericolosamente su un buco di una trentina di milioni di Euro) e Tsipras il nuovo premier, questa volta schierato dalla parte del suo popolo, a differenza di Fuortes, vuole risolvere i problemi ma non con gli strumenti che i creditori internazionali e i vari sciacalli che si annidano nei governi dell'Europa, vorrebbero imporgli.
Tutti credono ( a tutti vien fatto credere) che alla fine vinceranno i più forti, i creditori insomma. Fino al momento in cui, pur continuando a sostenere ufficialmente che l'uscita della Grecia dalla moneta unica, per default, non produrrebbe effetti nefasti, si accorgono che se accadesse davvero, i guai sarebbero peggiori.
I creditori, Fuortes reincarnati, non lo dicono apertamente, come stanno facendo da molto tempo ormai economisti ed osservatori specializzati, ma le cose stanno davvero così. Se la Grecia dovesse uscire dalla moneta unica a pagare il prezzo più alto sarebbe, oltre i Greci - ma neppure tanto, dopo quello che hanno già pagato, non c'è altro da spremere - l'Europa creditrice che dovrebbe perdere qualcosa come un centinaio di miliardi diviso fra tre o quattro paesi. Bella vittoria per i creditori. Ecco perchè si fa vivere il mondo intero con il fiato sospeso fino all'ultimo momento, per teatralizzare la storia (del resto siamo nella patria del teatro, ed anche della civiltà occidentale - che spesso si dimentica) ma poi tutti sanno che alla fine un accordo si dovrà trovare, come in queste ultime ore si sta facendo.
Tutti a dirgli, in Italia ma anche da molti paesi europei e dai responsabili della maggiori istituzioni musicali internazionali, che era matto e che la sua ricetta era pura follia, ma lui, Fuortes al comando, sostenuto da Marino, e forse solo da lui e dalla fedelissima Marinelli, continuava nella sua strategia di minaccia.
Una volta capito che stava dando i numeri, si doveva trovare un modo per far uscire dall'imbarazzo Fuortes, che ormai tutti (compreso il 'suo' stesso partito: anche lui ne ha avuto uno, sempre quello dai tempi di Veltroni, che lo intronizzò) criticavano per quella sua idea pazza, e lo invitavano a riprendere il dialogo, l'unica strada da battere per giungere ad una soluzione.
Quella esternalizzazione avrebbe prodotto più guai, senza dubbio maggiori di quelli ai quali voleva porre rimedio. E forse anche maggiori costi, altro che risparmi. E così fu, i lavoratori dovettero pagare un pò del prezzo, Fuortes fare marcia indietro, e la storia riprendere il suo corso naturale, interrotto solo dalla inesperienza di Fuortes che credeva di risolvere problemi di cattiva gestione minando le fondamenta di un teatro d'opera.
In Grecia sta succedendo qualcosa di molto simile. La nazione ha un problema nato da cattiva gestione, bugie comprese (proprio come all'Opera di Roma dove il precedente sovrintendente ed il consiglio di amministrazione per molti mesi, forse addirittura qualche anno, avevano gridato che il teatro aveva i conti in ordine, mentre invece ballava pericolosamente su un buco di una trentina di milioni di Euro) e Tsipras il nuovo premier, questa volta schierato dalla parte del suo popolo, a differenza di Fuortes, vuole risolvere i problemi ma non con gli strumenti che i creditori internazionali e i vari sciacalli che si annidano nei governi dell'Europa, vorrebbero imporgli.
Tutti credono ( a tutti vien fatto credere) che alla fine vinceranno i più forti, i creditori insomma. Fino al momento in cui, pur continuando a sostenere ufficialmente che l'uscita della Grecia dalla moneta unica, per default, non produrrebbe effetti nefasti, si accorgono che se accadesse davvero, i guai sarebbero peggiori.
I creditori, Fuortes reincarnati, non lo dicono apertamente, come stanno facendo da molto tempo ormai economisti ed osservatori specializzati, ma le cose stanno davvero così. Se la Grecia dovesse uscire dalla moneta unica a pagare il prezzo più alto sarebbe, oltre i Greci - ma neppure tanto, dopo quello che hanno già pagato, non c'è altro da spremere - l'Europa creditrice che dovrebbe perdere qualcosa come un centinaio di miliardi diviso fra tre o quattro paesi. Bella vittoria per i creditori. Ecco perchè si fa vivere il mondo intero con il fiato sospeso fino all'ultimo momento, per teatralizzare la storia (del resto siamo nella patria del teatro, ed anche della civiltà occidentale - che spesso si dimentica) ma poi tutti sanno che alla fine un accordo si dovrà trovare, come in queste ultime ore si sta facendo.
domenica 21 giugno 2015
Italia popolo di inventori e lavoratori che si inventano il lavoro
Chi dice che in Italia non si ha nè voglia nè fantasia di lavorare sa bene di dire il falso. E spieghiamo perchè. Ogni giorno veniamo a sapere di tante opere, soprattutto grandi opere - interessano solo quelle, le grandi; le piccole esigono lavoro come le grandi ma poi spolpa spolpa non c 'è nulla da spolpare - perchè danno lavoro e sono occasione di distrazioni di fondi che arricchiscono i cittadini, anche se impoveriscono il paese, che poi risulta arricchito comunque dall'arricchimento dei singoli . Tornando al lavoro, chi lo vuole, lo trova in Italia, e se davvero non riesce dopo infiniti sforzi, allora se lo inventa, come hanno fatto in un paese siciliano dove, date le molte incompiute - cioè la presenza sul territorio di tante opere avviate e mai terminate, il sindaco ha pensato bene di nominare un assessore al 'completamento'. Renzi , sorpreso di tanta 'imprenditorialità' sta pensando anche lui di creare un 'Ministero del Completamento' il quale si occuperebbe prima di ogni altra cosa del completamento della scissione nel PD.
Che vi avevamo detto? Il lavoro tutti lo prendono. Ma se non c'è, c'è sempre chi se lo inventa.
Che vi avevamo detto? Il lavoro tutti lo prendono. Ma se non c'è, c'è sempre chi se lo inventa.
Quando non fare domande è più grave perfino del non dare risposte
Come è possibile che Ministeri, Asl, la stessa Agenzia delle Entrate, e pure Palazzo Chigi non abbiamo pagato le tasse comunali da anni, accumulando nei confronti del Comune di Roma un debito di quasi 30 milioni di Euro? Chi per anni, e fino ad oggi, sì fino ad oggi perchè il caso non è ancora risolto, non è andato a bussare alle loro porte per riscuotere i crediti vantati dal Comune, mentre a distanza di qualche mese verrebbe improrogabilmente a bussare alla nostra porta per esigere tributi di molto, ma molto minore entità, e, se non paghiamo, precederebbe con il sequestro o l'ipoteca di beni? Dal Comune rispondono che un dirigente dell'ufficio incaricato di tali riscossioni è in permesso sindacale, e perciò assente per lunghi periodi. Tutto regolare. Perchè, invece, il dirigente dell'ufficio preposto alla riscossione delle tasse varie dai comuni cittadini sembra che lavori anche di notte, per l'impressione che si ha di lui nell'opinione pubblica: un vero persecutore?
E il colabrodo del patrimonio immobiliare del Comune di Roma? Chi dovrebbe porsi le domande necessarie, come quella, ad esempio, del perchè quando il Comune affitta un suo appartamento - solitamente a gente che può pagare o che forse non ne avrebbe diritto - lo fa a prezzi calmierati, quando poi lui intende , per sua necessità, affittare un appartamento, lo paga a prezzi di mercato dieci cento volte più alti? Tutti fessi i dirigenti comunali ed i sindaci che li hanno messi in quei posti di responsabilità, oppure in gran parte furbi, profittatori e ladri, diciamolo con chiarezza? E perchè mai nessuno ha chiesto loro di pagare il conto?
Ci sono poi casi davvero impressionanti per la loro illegalità. C'è una immobiliarista, discendente di una famosa famiglia di costruttori che ha, a Roma soltanto, un patrimonio immenso; la quale affitta al Comune di Roma quasi 1500 appartamenti, da anni, destinati alle politiche abitative del Comune medesimo. Il Comune naturalmente le paga gli affitti, ma nessuno del medesimo Comune che paga gli affitti va a chiedere alla signora il pagamento delle tasse comunali sulle proprietà immobiliari. Nessuno, proprio nessuno pone alla sig.ra Armellini - è questo il suo cognome - una simile domanda. Non gliela pone nemmeno un politico di lungo corso, socialista e milanese, gran fustigatore delle malefatte pubbliche, che si chiama Tabacci, legato sentimentalmente alla signora. Possible mai che la signora non abbia mai rivelato al suo compagno una tale abnorme situazione? E possibile anche che il suo compagno non le abbia mai detto: cocca mia, ma lo sai che stai evadendo le tasse? Evidentemente è stato possibile.
Come altrettanto possibile fu, anni fa, che il procuratore generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli, cognato di Roman Vlad, all'epoca direttore artistico della Scala, aiutante al seguito Paolo Arcà, che sicuramente ebbe tante volte ospite della sua casa milanese, non gli domandasse come conciliava il suo insegnamento al Conservatorio dell'Aquila ed il suo lavoro 'subordinato e continuativo' - con timbratura di cartellino - alla Scala di Milano. Quella domanda non gliela fece, ma avrebbe dovuto fargliela, essendo a conoscenza della sua professione anteriore e parallela di insegnante in un pubblico Conservatorio. Non credete? La risposta sarebbe stata la seguente. caro procuratore, ho fatto una richiesta di aspettativa per gravi motivi di famiglia, il direttore del Conservatorio - a conoscenza della reale situazione, anche perchè la Scala non è in Africa - ha fatto finta di crederci, l'ha accettata e concessa, ben sapendo che era falsa; e così io posso essere per gran parte dell'anno qui a Milano a lavorare alla Scala. Borrelli non fece mai ad Arcà quella domanda, perchè? Siamo sicuri che non gliel' abbia fatta altrimenti Arcà avrebbe risolto la sua situazione secondo la legge, e cioè dimettendosi dal Conservatorio. Invece l'insegnamento lo ha sempre mantenuto, anzi se lo è fatto spostare a Milano, per renderselo più agevole e più vicino al secondo lavoro e nessuno gli ha detto mai nulla. Noi lo abbiamo scritto parecchie volte e su diverse riviste. silenzio assoluto. Una volta ci dissero che avremmo dovuto sporgere denuncia in tribunale, ed allora la cosa sarebbe stata presa in esame. Come è accaduto, sempre nel Conservatorio aquilano, che alcuni anni fa un insegnante, nominato direttore artistico di un teatro di provincia, a seguito di denuncia dell'amministrazione comunale, sia stato processato e condannato a restituire all'amministrazione scolastica i compensi degli anni del doppio incarico che, evidentemente , non avrebbe dovuto avere.
Pensate che la cosa non accada più? che non accada tuttora, nei conservatori o tanti altri pubblici uffici? Vi sbagliate. Noi stessi, proprio sulla rivista del Conservatorio aquilano, Music@, che abbiamo inventato e diretto per anni, abbiamo denunciato altri casi. Mai alla denuncia è seguita richiesta di spiegazioni e rimozione delle incompatibilità che tuttora esistono. Perchè? Semplicemente perchè chi doveva porsi simili domande non lo ha mai fatto, lasciando incancrenire tante patenti illegalità, di cui tutti paghiamo il prezzo.
E il colabrodo del patrimonio immobiliare del Comune di Roma? Chi dovrebbe porsi le domande necessarie, come quella, ad esempio, del perchè quando il Comune affitta un suo appartamento - solitamente a gente che può pagare o che forse non ne avrebbe diritto - lo fa a prezzi calmierati, quando poi lui intende , per sua necessità, affittare un appartamento, lo paga a prezzi di mercato dieci cento volte più alti? Tutti fessi i dirigenti comunali ed i sindaci che li hanno messi in quei posti di responsabilità, oppure in gran parte furbi, profittatori e ladri, diciamolo con chiarezza? E perchè mai nessuno ha chiesto loro di pagare il conto?
Ci sono poi casi davvero impressionanti per la loro illegalità. C'è una immobiliarista, discendente di una famosa famiglia di costruttori che ha, a Roma soltanto, un patrimonio immenso; la quale affitta al Comune di Roma quasi 1500 appartamenti, da anni, destinati alle politiche abitative del Comune medesimo. Il Comune naturalmente le paga gli affitti, ma nessuno del medesimo Comune che paga gli affitti va a chiedere alla signora il pagamento delle tasse comunali sulle proprietà immobiliari. Nessuno, proprio nessuno pone alla sig.ra Armellini - è questo il suo cognome - una simile domanda. Non gliela pone nemmeno un politico di lungo corso, socialista e milanese, gran fustigatore delle malefatte pubbliche, che si chiama Tabacci, legato sentimentalmente alla signora. Possible mai che la signora non abbia mai rivelato al suo compagno una tale abnorme situazione? E possibile anche che il suo compagno non le abbia mai detto: cocca mia, ma lo sai che stai evadendo le tasse? Evidentemente è stato possibile.
Come altrettanto possibile fu, anni fa, che il procuratore generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli, cognato di Roman Vlad, all'epoca direttore artistico della Scala, aiutante al seguito Paolo Arcà, che sicuramente ebbe tante volte ospite della sua casa milanese, non gli domandasse come conciliava il suo insegnamento al Conservatorio dell'Aquila ed il suo lavoro 'subordinato e continuativo' - con timbratura di cartellino - alla Scala di Milano. Quella domanda non gliela fece, ma avrebbe dovuto fargliela, essendo a conoscenza della sua professione anteriore e parallela di insegnante in un pubblico Conservatorio. Non credete? La risposta sarebbe stata la seguente. caro procuratore, ho fatto una richiesta di aspettativa per gravi motivi di famiglia, il direttore del Conservatorio - a conoscenza della reale situazione, anche perchè la Scala non è in Africa - ha fatto finta di crederci, l'ha accettata e concessa, ben sapendo che era falsa; e così io posso essere per gran parte dell'anno qui a Milano a lavorare alla Scala. Borrelli non fece mai ad Arcà quella domanda, perchè? Siamo sicuri che non gliel' abbia fatta altrimenti Arcà avrebbe risolto la sua situazione secondo la legge, e cioè dimettendosi dal Conservatorio. Invece l'insegnamento lo ha sempre mantenuto, anzi se lo è fatto spostare a Milano, per renderselo più agevole e più vicino al secondo lavoro e nessuno gli ha detto mai nulla. Noi lo abbiamo scritto parecchie volte e su diverse riviste. silenzio assoluto. Una volta ci dissero che avremmo dovuto sporgere denuncia in tribunale, ed allora la cosa sarebbe stata presa in esame. Come è accaduto, sempre nel Conservatorio aquilano, che alcuni anni fa un insegnante, nominato direttore artistico di un teatro di provincia, a seguito di denuncia dell'amministrazione comunale, sia stato processato e condannato a restituire all'amministrazione scolastica i compensi degli anni del doppio incarico che, evidentemente , non avrebbe dovuto avere.
Pensate che la cosa non accada più? che non accada tuttora, nei conservatori o tanti altri pubblici uffici? Vi sbagliate. Noi stessi, proprio sulla rivista del Conservatorio aquilano, Music@, che abbiamo inventato e diretto per anni, abbiamo denunciato altri casi. Mai alla denuncia è seguita richiesta di spiegazioni e rimozione delle incompatibilità che tuttora esistono. Perchè? Semplicemente perchè chi doveva porsi simili domande non lo ha mai fatto, lasciando incancrenire tante patenti illegalità, di cui tutti paghiamo il prezzo.
sabato 20 giugno 2015
Indovina indovinello. Due politici contro papa Francesco. Chi sono? Qualche indizio
Sul tema degli immigrati, Papa Francesco, in uno dei suoi appuntamenti con i fedeli, non ha usato mezzi termini. Chiediamo scusa per coloro che non capiscono - ha detto - che gli immigrati vanno accolti e quindi li rifiutano; loro chiedono di essere considerati come persone, sono alla ricerca di una famiglia, domandano condivisione delle sofferenze che sono alla base della fuga dai loro paesi martoriati da guerre e fame.
Al papa rispondono due politici di rango. Chi sono? Indovinate . Qualche indizio.
Di uno, il più giovane, il nome di tanto in tanto glielo scrivono sulla felpa, per ricordarglielo, assieme ad altre numerose massime di sapienza che hanno mandato in confusione perfino la fabbrica incaricata di confezionargliele, una trentina al giorno, almeno.
Dell'altro, molto meno giovane, possiamo solo dirvi che negli ultimi mesi, in capo ad una delle sue numerose frequenti metamorfosi, s'è fatta crescere una folta barba, nella speranza che non venga riconosciuto e risparmiato dai tanti che i peli di quella barba glieli conterebbero volentieri uno per uno.
Se questi indizi non vi bastano ad indovinare i loro due nomi, ancora un aiutino indiretto, con due detti popolari a tutti noti,omettendo ciò che hanno detto che ci risulta impronunciabile ed irripetibile.
Il primo, a diffusione nazionale : 'Non mettere a confronto la merda con la cioccolata' (la cioccolata sappiamo tutti chi è, mancano i nomi di coloro che il detto popolare definisce merde).
Il secondo, di origine toscana, molto più efficace perchè più azzeccato: ' che c'entra il culo con le Quarantore?'( In questo secondo detto, va spiegato che per 'Quarantore' si intende l'esposizione del SS.Sacramento alla devozione dei fedeli, dunque quanto di più sacro possa esserci; perciò imparagonabile con la parte meno esposta e meno nobile del nostro corpo). Aggiungiamo, come ultimo indizio, che nel caso del 'culo' manca un sostantivo che chiarisca meglio l'identità dei due politici. Indovinate. Altro non possiamo dirvi.
Al papa rispondono due politici di rango. Chi sono? Indovinate . Qualche indizio.
Di uno, il più giovane, il nome di tanto in tanto glielo scrivono sulla felpa, per ricordarglielo, assieme ad altre numerose massime di sapienza che hanno mandato in confusione perfino la fabbrica incaricata di confezionargliele, una trentina al giorno, almeno.
Dell'altro, molto meno giovane, possiamo solo dirvi che negli ultimi mesi, in capo ad una delle sue numerose frequenti metamorfosi, s'è fatta crescere una folta barba, nella speranza che non venga riconosciuto e risparmiato dai tanti che i peli di quella barba glieli conterebbero volentieri uno per uno.
Se questi indizi non vi bastano ad indovinare i loro due nomi, ancora un aiutino indiretto, con due detti popolari a tutti noti,omettendo ciò che hanno detto che ci risulta impronunciabile ed irripetibile.
Il primo, a diffusione nazionale : 'Non mettere a confronto la merda con la cioccolata' (la cioccolata sappiamo tutti chi è, mancano i nomi di coloro che il detto popolare definisce merde).
Il secondo, di origine toscana, molto più efficace perchè più azzeccato: ' che c'entra il culo con le Quarantore?'( In questo secondo detto, va spiegato che per 'Quarantore' si intende l'esposizione del SS.Sacramento alla devozione dei fedeli, dunque quanto di più sacro possa esserci; perciò imparagonabile con la parte meno esposta e meno nobile del nostro corpo). Aggiungiamo, come ultimo indizio, che nel caso del 'culo' manca un sostantivo che chiarisca meglio l'identità dei due politici. Indovinate. Altro non possiamo dirvi.
Acque agitatissime all'Istituto di Studi Verdiani, dopo la nomina di Nicola Sani
Oltre cento studiosi verdiani, musicologi e personalità della cultura hanno firmato un appello contro la nuova dirigenza dell'Istituto nazionale di Studi verdiani, al cui vertice è stato messo Nicola Sani - il quale certo musicologo non è e neppure studioso verdiano, è soltanto molto in voga in questi ultimi tempi, al punto che qualcuno lo ha nominato anche al vertice dell'Accademia Chigiana di Siena, pur essendo risaputo che egli è uno dei rarissimi musicisti che non vi ha messo mai piede per perfezionare i suoi studi; e l'ha voluto anche al vertice del Teatro dell'Opera di Bologna, dove lui celebra la 'Resistenza' e mette una lapide per ricordare lo schiaffo a Toscanini ma poi toppa, una dopo l'altra, le regie della sua programmazione - indirizzato al ministero ed alla stessa fondazione che ha nominato Sani, per sapere se gli
organi che governano la Fondazione Istituto nazionale di Studi
verdiani intendano: 1) salvaguardare il patrimonio intellettuale e
materiale dell'Istituto conservando il livello di prestigio culturale
e di rinomanza internazionale cui è pervenuto nei più che
cinquant'anni della sua storia( Sani evidentemente si ritiene non sia in grado di salvaguardarlo); 2) affidarne a tal fine la direzione
scientifica a uno studioso di qualificazione e competenza
riconosciute dalla comunità scientifica internazionale, coadiuvato
da un Comitato formato da studiosi di pari livello ( che Sani non è e per il Comitato scientifico che non c'è e che forse sarà della stessa risma di Sani); 3) salvaguardare
il carattere scientifico delle pubblicazioni dell'Istituto e in
particolare della rivista 'Studi verdiani' ( che Sani ha già affidato alla direzione di Sandro Cappelletto, altro musicologo di fama internazionale, sul cui prestigio scientifico, a differenza di quel che pensa Sani, gli studiosi nutrono seri dubbi).
La stagione 'D'ORO' del Teatro San Carlo
Lasciamo da parte gli appelli ideologici rivolti al principale 'attore' della stagione del San Carlo, il pubblico, come si leggono nell'appello della sua sovrintendente, Rosanna Purchia, prima a bagnomaria anche per l'opposizione del sindaco della città, presidente del teatro napoletano, e poi rimessa in corsa dal ministero di Nastasi - che la volle come commissaria per la sovrintendenza, all'epoca del suo commissariamento per deficit del teatro, quando mise anche, creandolo appositamente, la sua mogliettina a capo del neonato Museo del Teatro, ben stipendiata, come si conviene alla mogliettina di un direttore generale; ora ha lasciato l'incarico - e veniamo alla stagione che abbiamo letto appena qualche istante fa.
Se dobbiamo proprio dire, fra la stagione sinfonica del teatro San Carlo e quella dell'Opera di Roma - uno non ha direttore artistico e l'altro ne ha ben due - non c'è proprio paragone, quella del teatro napoletano è di gran lunga migliore, e vi compaiono direttori davvero prestigiosi, non quelli 'per finta' che il sovrintendente Fuortes si ostina a definire pur essi prestigiosi.
Anche la stagione d'opera, ricca di molti titoli, fra i quali anche quelli relativi alle celebrazioni di Paisiello non è male, c'è repertorio, grande repertorio ed anche titoli meno noti o meno frequentati. Ed anche nella buca d'orchestra presenze eccellenti, a cominciare da Mehta, Luisi e Steinberg (che ne dirige più d'una d'opera: sarà forse il prossimo direttore musicale?) a Santi, Zukerman, a Ferro ad Oren- rispunta anche Cristian Badea, ma dove l'hanno ripescato?; e, per non lasciarci sfuggire il boccone più prelibato, c'è anche Chiara Muti - si alliscia la figlia per avere il papà, che però ha detto che fino a quando ci sono gli attuali vertici al San Carlo, non mette più piede, mentre sua figlia, invece... - che debutta nella regia di un capolavoro mozartiano - 'Le nozze di Figaro', con la direzione di Ferro. E non manca anche balletto.
Tutto questo in un teatro che non ha direttore artistico come lo aveva fino alla fine dell'anno scorso, al cui fianco lavorava come capo della segreteria artistica, l'attuale segretario artistico ( detto 'direttore della programmazione) del teatro che è là dai tempi di Lanza Tomasi, di Panni e via dicendo, m. Francesco Andolfi, il quale ha inserito nella programmazione anche un pianista - che si dice osannato da Muti e candidato da Paolo Isotta alla sovrintendenza- per far capire che a Napoli non si nutre rancore con gli avversari, quando risultano vinti e sconfitti ( nella carica di sovrintendente, ovvio); stessa consolazione per un altro sconfitto, Filippo Zigante.
Insomma viene da pensare che non le prime donne ma i loro aiutanti siano in molti casi più utili e di più larghe vedute delle stesse primedonne alle quali la vulgata vuole affidata la direzione di un teatro. I quali aiutanti, c'è da scommettere, ne sanno molto di più - per lo meno hanno imparato tutto il necessario, stando al fianco delle stesse primedonne e lavorando sodo dietro le quinte.
Del resto i casi di Bologna e Roma, con due direttori artistici, tali o facenti funzione, come Sani ( nelle doppia veste di sovrintendenne e direttore artistico) e Battistelli, per i quali il grande melodramma non rappresenta certo il terreno nel quale essi si muovono con maggiori ed approfondite conoscenze, dimostrano come nell'un caso ( Bologna) il direttore sia più intraprendente in fatto di regia (toppando naturalmente, perchè vuole anche chiamare registi che sbalordiscano e basta o i suoi amici di sempre che sbalordiscano per la loro incapacità registica) meno sul repertorio, e meno ancora sui cast vocali; e nell'altro ( Roma), il sovrintendente debba mandar giù due direttori artistici, e ingoiare anche un festival - addirittura un festival - contemporaneo, per dare spazio a Battistelli, mantenendo anche Vlad per il melodramma, che è il massimo; e debba farneticare dicendo che se non apre al contemporaneo il teatro d'opera è morto. Tié!
A Napoli non c'è direttore artistico, c'è un buon 'segretario artistico' che ha un curriculum normale ma ricco soprattutto di attestazioni di stima in ogni posto in cui ha lavorato, che non si può dire faccia peggio di Bologna e Roma dove invece i direttori artistici ci sono, pur non essendo all'altezza di quanto richiesto da un teatro d'opera. E' così.
Se dobbiamo proprio dire, fra la stagione sinfonica del teatro San Carlo e quella dell'Opera di Roma - uno non ha direttore artistico e l'altro ne ha ben due - non c'è proprio paragone, quella del teatro napoletano è di gran lunga migliore, e vi compaiono direttori davvero prestigiosi, non quelli 'per finta' che il sovrintendente Fuortes si ostina a definire pur essi prestigiosi.
Anche la stagione d'opera, ricca di molti titoli, fra i quali anche quelli relativi alle celebrazioni di Paisiello non è male, c'è repertorio, grande repertorio ed anche titoli meno noti o meno frequentati. Ed anche nella buca d'orchestra presenze eccellenti, a cominciare da Mehta, Luisi e Steinberg (che ne dirige più d'una d'opera: sarà forse il prossimo direttore musicale?) a Santi, Zukerman, a Ferro ad Oren- rispunta anche Cristian Badea, ma dove l'hanno ripescato?; e, per non lasciarci sfuggire il boccone più prelibato, c'è anche Chiara Muti - si alliscia la figlia per avere il papà, che però ha detto che fino a quando ci sono gli attuali vertici al San Carlo, non mette più piede, mentre sua figlia, invece... - che debutta nella regia di un capolavoro mozartiano - 'Le nozze di Figaro', con la direzione di Ferro. E non manca anche balletto.
Tutto questo in un teatro che non ha direttore artistico come lo aveva fino alla fine dell'anno scorso, al cui fianco lavorava come capo della segreteria artistica, l'attuale segretario artistico ( detto 'direttore della programmazione) del teatro che è là dai tempi di Lanza Tomasi, di Panni e via dicendo, m. Francesco Andolfi, il quale ha inserito nella programmazione anche un pianista - che si dice osannato da Muti e candidato da Paolo Isotta alla sovrintendenza- per far capire che a Napoli non si nutre rancore con gli avversari, quando risultano vinti e sconfitti ( nella carica di sovrintendente, ovvio); stessa consolazione per un altro sconfitto, Filippo Zigante.
Insomma viene da pensare che non le prime donne ma i loro aiutanti siano in molti casi più utili e di più larghe vedute delle stesse primedonne alle quali la vulgata vuole affidata la direzione di un teatro. I quali aiutanti, c'è da scommettere, ne sanno molto di più - per lo meno hanno imparato tutto il necessario, stando al fianco delle stesse primedonne e lavorando sodo dietro le quinte.
Del resto i casi di Bologna e Roma, con due direttori artistici, tali o facenti funzione, come Sani ( nelle doppia veste di sovrintendenne e direttore artistico) e Battistelli, per i quali il grande melodramma non rappresenta certo il terreno nel quale essi si muovono con maggiori ed approfondite conoscenze, dimostrano come nell'un caso ( Bologna) il direttore sia più intraprendente in fatto di regia (toppando naturalmente, perchè vuole anche chiamare registi che sbalordiscano e basta o i suoi amici di sempre che sbalordiscano per la loro incapacità registica) meno sul repertorio, e meno ancora sui cast vocali; e nell'altro ( Roma), il sovrintendente debba mandar giù due direttori artistici, e ingoiare anche un festival - addirittura un festival - contemporaneo, per dare spazio a Battistelli, mantenendo anche Vlad per il melodramma, che è il massimo; e debba farneticare dicendo che se non apre al contemporaneo il teatro d'opera è morto. Tié!
A Napoli non c'è direttore artistico, c'è un buon 'segretario artistico' che ha un curriculum normale ma ricco soprattutto di attestazioni di stima in ogni posto in cui ha lavorato, che non si può dire faccia peggio di Bologna e Roma dove invece i direttori artistici ci sono, pur non essendo all'altezza di quanto richiesto da un teatro d'opera. E' così.
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venerdì 19 giugno 2015
Così Franceschini e Nastasi danno i soldi ai loro amici
Se si va sul sito del Ministero, al capitolo 'atti alla firma' o appena firmati dal Ministro si legge di come, alla chetichella, si danno soldi agli amici e tolgono ai nemici - ma per avere notizia di questi ultimi bisogna passare intere giornate davanti al computer, perché sono nascoste in chissà quale piega dei siti.
Ora il Ministro, dietro saggio consiglio del suo capocabinetto e direttore generale, il vero grande manovratore del ministero affidato di volta in volta a persone a digiuno della materia, la cui presenza aumenta ogni giorno il potere del dirigente, ha attribuito una somma pari a 1.300.000 Euro circa ciascuno alla Scala ed all'Opera di Roma, in data 5 maggio, a seguito di relazioni pervenute al Ministero una alla fine di aprile e l'altra al principio - vedete come la burocrazia corre, abbandonando l'antica lentezza (quando vuole!)? Vien da chiedersi la ragione di tale stanziamento aggiuntivo, e la risposta si trova negli articoli 6 e 7 della Legge n.800, del 14 agosto 1967, dove si legge che La Scala è 'ente di particolare interesse nazionale nel campo musicale'; e che l'Opera di Roma ha la la particolare 'funzione di rappresentanza svolta nella sede della Capitale d'Italia'. Se avessero i due enti, anzi Fondazioni, aggiunto di recente meriti particolari a tale loro funzione 'genetica' e dunque senza merito alcuno, l'aggiunto finanziamento avrebbe avuto un senso. Invece, e lo diciamo particolarmente per Roma, dove il teatro altro che rappresentanza, ha dato scandalo negli ultimi tempi, ora lo si va anche a premiare. Bravo Franceschini, marito della Di Biase, che continua ad avere qualche stretto rapporto con l'Amministrazione capitolina da cui dipende l'Opera di Roma, e bravo Nastasi sempre pronto a correre in soccorso degli amici, ed a saltare sul loro carro, anche se non sono vincitori.
Ora il Ministro, dietro saggio consiglio del suo capocabinetto e direttore generale, il vero grande manovratore del ministero affidato di volta in volta a persone a digiuno della materia, la cui presenza aumenta ogni giorno il potere del dirigente, ha attribuito una somma pari a 1.300.000 Euro circa ciascuno alla Scala ed all'Opera di Roma, in data 5 maggio, a seguito di relazioni pervenute al Ministero una alla fine di aprile e l'altra al principio - vedete come la burocrazia corre, abbandonando l'antica lentezza (quando vuole!)? Vien da chiedersi la ragione di tale stanziamento aggiuntivo, e la risposta si trova negli articoli 6 e 7 della Legge n.800, del 14 agosto 1967, dove si legge che La Scala è 'ente di particolare interesse nazionale nel campo musicale'; e che l'Opera di Roma ha la la particolare 'funzione di rappresentanza svolta nella sede della Capitale d'Italia'. Se avessero i due enti, anzi Fondazioni, aggiunto di recente meriti particolari a tale loro funzione 'genetica' e dunque senza merito alcuno, l'aggiunto finanziamento avrebbe avuto un senso. Invece, e lo diciamo particolarmente per Roma, dove il teatro altro che rappresentanza, ha dato scandalo negli ultimi tempi, ora lo si va anche a premiare. Bravo Franceschini, marito della Di Biase, che continua ad avere qualche stretto rapporto con l'Amministrazione capitolina da cui dipende l'Opera di Roma, e bravo Nastasi sempre pronto a correre in soccorso degli amici, ed a saltare sul loro carro, anche se non sono vincitori.
giovedì 18 giugno 2015
Francesca Puglisi, Ignazio Marino, Franco Bassanini. Puglisi straparla, Marino resiste, Bassanini non schioda
Francesca Puglisi, vestale votata a tenere acceso il sacro fuoco del suo sacerdote Renzi nel settore scuola difende a spada tratta la strategia del segretario premier, quando dice: come facciamo ad assumere i precari se non sappiamo cosa fargli fare? Intendendo dire che senza l'approvazione del disegno di legge cosiddetto della 'Buona scuola' di assunzioni dei primi centomila non se ne parla entro settembre. Insomma il velato ricatto del premier ai parlamentari ed alla scuola facendo notare che se non si approva subito, entro giugno il suo disegno di legge di assunzioni se ne parlerà nel 2016 viene assunto e diffuso anche dalla sua vestale Puglisi. La qule però non considera che 100.000 precario stabilizzati non vanno certo a coprire nuovi ruoli ed impegni scolastici previsti dal disegno di legge governativo. 100.000 precari altro non sono che insegnanti che da anni coprono i ruoli necessari nella scuola di ieri e di oggi, ed anche presumibilmente di domani, senza vedere mai uno spiraglio di stabilizzazione, anche dopo anni e forse decenni, per molti, di precariato. Ha capito vestale Puglisi?
Ignazio Marino, al quale il segretario del suo partito e premier ha fatto chiaramente capire che sarebbe meglio che mollasse la poltrona del Campidoglio per andare l'anno prossimo alle elezioni assieme a molti altri importanti capoluoghi italiani e che costituirebbero un importante test per le elezioni politiche successive, non ha intenzione di mollare, nonostante che ogni giorno vengano sbattuti in faccia alla popolazione le sue incapacità, i ritardi le inefficienze nella amministrazione comunale che ha mali che aveva da sempre e che lui evidentemente non riesce a eliminare e neanche a ridurre, anzi talvolta li aggrava e ne aggiunge di altri. E tutta questa pressione, anche in previsione del lavoro aggiunto che il Giubileo procurerà alla città, non smuove di un solo centimetro Marino. Il quale però, pur a fronte delle inefficienze che comunque dovrebbero consigliargli di mollare, non intende andar via, forte della sua legittimazione popolare ricevuta prima dalle primarie e poi dalle elezioni, alle quali sia chiaro il partito l'ha appoggiato, avendolo candidato.
Franco Bassanini, infine, presidente della Cassa Depositi e Prestiti - il cui mandato scadrebbe nel 2016, messo lì da qualche governo - anche dopo che l'attuale gli ha fatto capire che intende cambiare strategia, cominciando dal cambio del vertice della CdP, non schioda. Chissà se lo consiglia la sua signora Lanzillotta con la quale forma la ben nota coppia di almeno 50.000 Euro mensili, senza che mai nulla nè lui nè la sua signora abbiano rischiato in prima persona: solo perchè sono stati messi dove sono dalla politica - magari Bassanini insegna anche all'Università, se ricordiamo bene. Ma certo anche con l'Università, i due non formerebbero una premiatissima coppia senza il volere della politica. La quale politica come li ha messi in trono, un trono più alto per il marito, ora intende scalzarli, solo il marito, per mettercene altri. Perchè Bassanini accetta che un governo lo destini alla CdP e non accetta invece che un governo successivo gli dica di andar via? Lui non ha nessuna legittimazione da vantare, men che meno quella vantata da Marino, che è di un certo peso perchè popolare.
Ignazio Marino, al quale il segretario del suo partito e premier ha fatto chiaramente capire che sarebbe meglio che mollasse la poltrona del Campidoglio per andare l'anno prossimo alle elezioni assieme a molti altri importanti capoluoghi italiani e che costituirebbero un importante test per le elezioni politiche successive, non ha intenzione di mollare, nonostante che ogni giorno vengano sbattuti in faccia alla popolazione le sue incapacità, i ritardi le inefficienze nella amministrazione comunale che ha mali che aveva da sempre e che lui evidentemente non riesce a eliminare e neanche a ridurre, anzi talvolta li aggrava e ne aggiunge di altri. E tutta questa pressione, anche in previsione del lavoro aggiunto che il Giubileo procurerà alla città, non smuove di un solo centimetro Marino. Il quale però, pur a fronte delle inefficienze che comunque dovrebbero consigliargli di mollare, non intende andar via, forte della sua legittimazione popolare ricevuta prima dalle primarie e poi dalle elezioni, alle quali sia chiaro il partito l'ha appoggiato, avendolo candidato.
Franco Bassanini, infine, presidente della Cassa Depositi e Prestiti - il cui mandato scadrebbe nel 2016, messo lì da qualche governo - anche dopo che l'attuale gli ha fatto capire che intende cambiare strategia, cominciando dal cambio del vertice della CdP, non schioda. Chissà se lo consiglia la sua signora Lanzillotta con la quale forma la ben nota coppia di almeno 50.000 Euro mensili, senza che mai nulla nè lui nè la sua signora abbiano rischiato in prima persona: solo perchè sono stati messi dove sono dalla politica - magari Bassanini insegna anche all'Università, se ricordiamo bene. Ma certo anche con l'Università, i due non formerebbero una premiatissima coppia senza il volere della politica. La quale politica come li ha messi in trono, un trono più alto per il marito, ora intende scalzarli, solo il marito, per mettercene altri. Perchè Bassanini accetta che un governo lo destini alla CdP e non accetta invece che un governo successivo gli dica di andar via? Lui non ha nessuna legittimazione da vantare, men che meno quella vantata da Marino, che è di un certo peso perchè popolare.
mercoledì 17 giugno 2015
Bergoglio da Battistelli. Un'opera diventata enciclica. C'è stato plagio?
Notizia della nuova opera, andata in scena alla Sala di Milano lo scorso mese, e scritta da Giorgio Battistelli, dal significativo titolo 'CO2' che parla del destino del pianeta Gaia, la terra, si aveva da tempo, da almeno un paio di anni, se non più, e dunque Bergoglio, nonostante la musica non rientri nei suoi interessi, averebbe potuto certamente prendere visione ed interessarsi all'argomento trattato, che non è una storia, semmai un grido d'allarme per salvare tutti insieme la terra. E, dall'opera di Battistelli, aver tratto il proposito di dedicare all'argomento addirittura una enciclica, ' Laudato sì', la prima volta che un enciclica tratta un simile argomento; alla stessa maniera che per la prima volt un palcoscenico d'opera presenta simile contenuto.
La terra è di tutti e serve a tutti, non distruggiamola, altrimenti che ne sarà dell'umanità? In sintesi questa è la morale dell'opera e dell'enciclica. Anche le fonti per il libretto hanno punti in comune, e poco mancava che Bergolio citasse Battistelli, mentre Battistelli non ha potuto citare Bergoglio, perché - ne siamo sicuri - l'avrebbe fatto, e non per puro opportunismo, credete a noi.
Non abbiamo avuto il tempo materiale per mettere in sinossi i due testi e vederne le somiglianze, le assonanze, le citazioni presenti in ambedue. Lo faremo, con calma.
Adesso che l'oratorio profano di Battistelli si è rigenerato nell'enciclica cattolica di Bergoglio, si attende da parte di Bergoglio la chiamata di Battistelli per una presentazione della sua opera in Vaticano, nella sala Paolo VI, preceduta dalla lettura di brani dell'enciclica. Meglio ancora - lo suggeriamo a Battistelli senza compenso per l'idea - Battistelli farebbe bene a sostituire la predica finta che apre la sua opera, con una predica vera, di Papa Francesco, almeno nel testo; se poi il papa si prestasse addirittura a farsi filmare per apparire nel prologo di CO2, per Battistelli sarebbe come diventare Cardinale, e allora potrebbe lui, promosso cardinale, presentare l' enciclica del papa e commentarla.
Naturalmente, per questo enorme favore, Battistelli rinuncerebbe a citare Bergoglio per plagio. Perché se anche ci fosse, l'uno è un oratorio profano, l'altra una enciclica cattolica, dunque due settori merceologici differenti e troppo distanti per farsi concorrenza.
Altre volte è accaduto che cambiando il titolo, semplicemente il titolo di un'opera dallo stesso contenuto, palese o non, è bastato per non fondare accuse di plagio o concorrenza sleale. Come nel caso di Sciarrino e Schnittke, sul tema 'Gesualdo da Venosa'.Schinittke intitolò con il nome del musicista la sua opera che non ha poi avuto il successo sperato, Sciarrino indicò la sua con altro titolo (ma non sappiamo bene chi per prima lavorava allo stesso soggetto, forse Sciarrino), 'Luci mie traditrici' che è diventata da metà degli anni Novanta dello scorso secolo, una delle opere contemporanee più rappresentate ed in parecchi ormai, e diversi, allestimenti
La terra è di tutti e serve a tutti, non distruggiamola, altrimenti che ne sarà dell'umanità? In sintesi questa è la morale dell'opera e dell'enciclica. Anche le fonti per il libretto hanno punti in comune, e poco mancava che Bergolio citasse Battistelli, mentre Battistelli non ha potuto citare Bergoglio, perché - ne siamo sicuri - l'avrebbe fatto, e non per puro opportunismo, credete a noi.
Non abbiamo avuto il tempo materiale per mettere in sinossi i due testi e vederne le somiglianze, le assonanze, le citazioni presenti in ambedue. Lo faremo, con calma.
Adesso che l'oratorio profano di Battistelli si è rigenerato nell'enciclica cattolica di Bergoglio, si attende da parte di Bergoglio la chiamata di Battistelli per una presentazione della sua opera in Vaticano, nella sala Paolo VI, preceduta dalla lettura di brani dell'enciclica. Meglio ancora - lo suggeriamo a Battistelli senza compenso per l'idea - Battistelli farebbe bene a sostituire la predica finta che apre la sua opera, con una predica vera, di Papa Francesco, almeno nel testo; se poi il papa si prestasse addirittura a farsi filmare per apparire nel prologo di CO2, per Battistelli sarebbe come diventare Cardinale, e allora potrebbe lui, promosso cardinale, presentare l' enciclica del papa e commentarla.
Naturalmente, per questo enorme favore, Battistelli rinuncerebbe a citare Bergoglio per plagio. Perché se anche ci fosse, l'uno è un oratorio profano, l'altra una enciclica cattolica, dunque due settori merceologici differenti e troppo distanti per farsi concorrenza.
Altre volte è accaduto che cambiando il titolo, semplicemente il titolo di un'opera dallo stesso contenuto, palese o non, è bastato per non fondare accuse di plagio o concorrenza sleale. Come nel caso di Sciarrino e Schnittke, sul tema 'Gesualdo da Venosa'.Schinittke intitolò con il nome del musicista la sua opera che non ha poi avuto il successo sperato, Sciarrino indicò la sua con altro titolo (ma non sappiamo bene chi per prima lavorava allo stesso soggetto, forse Sciarrino), 'Luci mie traditrici' che è diventata da metà degli anni Novanta dello scorso secolo, una delle opere contemporanee più rappresentate ed in parecchi ormai, e diversi, allestimenti
Teatro dell'Opera di Roma. Si comincia a vedere la luce. Ma è presto per cantare vittoria
Ieri la dirigenza del teatro dell'Opera di Roma ha presentato la prossima stagione, 2015-2016, come abbiamo appreso da una foto di cronaca che ritraeva il sindaco cantare già vittoria sul nuovo corso del teatro che presiede.
Sui tempi ci siamo: finalmente una stagione viene annunciata con giusto anticipo, come stanno imparando a fare la gran parte dei teatri anche italiani, sull'esempio di quelli stranieri nei quali il largo anticipo con cui si annuncia la programmazione, di stagione in stagione, è la regola. Lo hanno già fatto la Scala, la Fenice, il Regio di Torino, si appresta a farlo anche il San Carlo, e ieri, rompendo una incomprensibile cattiva tradizione, lo ha fatto anche l'Opera di Roma, affidata a Fuortes.
Il quale, a leggere il cartellone, deve avere avuto un gran lavoro, per tenere insieme anche i due direttori artistici, Vlad e Battistelli, ai quali - avendoli voluti ( imposti!) in coppia - deve pur dare qualcosa ciascuno.
Anche l'indice di produttività sembra enormemente cresciuto. Per la stagione d'opera 10 titoli per complessive 75 rappresentazioni, da fine novembre 2015 a fine di ottobre 2016; 4 titoli di balletto, per complessive 29 serate, ed infine - e questa è la concessione a Battistelli al quale è affidata la programmazione della modernità - 9 concerti sinfonici intitolati 'specchi del tempo' ed articolati su un "autore classico, uno del Novecento ed uno contemporaneo', naturalmente situati all'incontrario per logica commerciale. Secondo Battistelli, mutuando Benjamin, per mostrare il "patto segreto che lega una generazione all'altra".
In totale 123 'alzate di sipario', come si dice in gergo, comprendendovi opera, balletto e concerti, ma lasciando fuori la stagione estiva di Caracalla ( da fine giugno e metà agosto 2016, che comprende tre opere, un balletto e la serata 'Bolle'). E c'è anche varietà di titoli fra grande repertorio e non.
Venendo alla comunicazione, studiata da quel genio di Filippo Arriva, su suggerimento ovvio del sovrintendente, il " FONDAMENTALE PUNTO DI PARTENZA E' L'OPERA LIRICA" - e da dove altrimenti si doveva partire in un teatro d'opera? - per l'Opera considerata sotto la prospettiva di "ARTE DEL NOSTRO TEMPO". Passi.
Ma subito dopo la prima bugia, quando si sottolinea che la nuova programmazione è "AFFIDATA A PRESTIGIOSI DIRETTORI D'ORCHESTRA". I quali - che fatica trascriverli tutti con quei nomi sconosciuti e difficili - sarebbero: Stefan Soltesz, Donato Renzetti, Alejo Perez, Roberto Abbado, Daniele Rustioni, Jader Bignamini, Riccardo Frizza, Chris Moulds, Jesus Lopez-Cobos; e per il balletto: David Coleman, David Garforth, Nik Kabaretti. Mentre, sempre per restare nell'ambito dei 'prestigiosi direttori', dirigeranno i concerti: Dietrich Paredes, Christoph Poppen, Alejo Perez, Tito Ceccherini, Jonathan Stockhammer, Markus Stenz, Garry Walker, Paul Daniel, Francesco Lanzillotta - che, come si vede, appartengono tutti al giro di Battistelli, meno di Vlad. E quelli dell'uno e dell'altro, tolti gli italiani, sui quali ognuno giudichi da sè, non appartengono certo al grande giro dei direttori d'orchestra e neppure lo lambiscono, salvo qualche rarissima eccezione, due o tre in tutto; troppo pochi per una stagione. Mentre di maggior valore sono i registi ospiti, fra cui gli italiani sono, in percentuale, più numerosi dei direttori.
Battistelli ha poi ottenuto anche un Festival di 'teatro contemporaneo' affidandone la organizzazione ad un compositore di grande valore, come Wolfgang Rihm, di cui ad oggi non si conosce il calendario.
C'è un titolo che mette d'accordo i due direttori artistici, quello di apertura, di Henze, 'I Bassaridi'. L'autore è sempre stato caro a Vlad, dai tempi della sua memorabile direzione artistica ad Ancona, dove un'opera fuori repertorio è l'unico motivo di richiamo per la stampa, seconod le direzioni di programmazione periferiche ; ma lo è anche a Battistelli, che di Henze è stato famulo assiduo, oltre che devoto discepolo.
Poi ci sono le manifestazioni attorno a Rossini, in occasione dei duecento anni dalla 'prima' del Barbiere ( che ebbe luogo all'Argentina) - iniziativa analoga a quelle che in svolgevano a Torino negli anni passati, e che vedevano insieme il Regio, lo Stabile ed altri soggetti ancora; e l'innovativa rivoluzionaria 'Opera Camion', una coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo, dove si è accasato una delle menti più vulcaniche del nostro panorama artistico, molto cara a Fuortes, Oscar Pizzo: un enorme TIR sbarcherà a sorpresa in grandi piazze cittadine per far ascoltare e mostrare opere popolari. Se il pubblico non va all'Opera portiamogli l'opera con il camion fin sotto casa.
Fin qui la presentazione, per il resto - che è la gran parte - staremo a vedere nel corso dell stagione.
Infine le cifre. Il bilancio annuale del teatro dell'opera di Roma ammonta a 53 milioni di Euro; di questi 19 milioni vengono dallo Stato; quasi 15 dal Comune di Roma ( che, perciò, non ha tagliato drasticamente il suo contributo - il più alto erogato da un Comune al teatro d'opera cittadino ) e che quindi fanno 34 milioni, solo fra Stato e Comune, poi ci sono i contributi degli altri enti fondatori, degli sponsor - che dicono stiano tornando, come con la BMV e Mastercard - e le entrate da botteghino, che tutti insieme dovrebbero fare gli altri 20 milioni di Euro circa per arrivare alla cifra dei 53 milioni. Fuortes ha rivelato che nei primi mesi dell'anno sono cresciute anche le entrate da botteghino, con un 60% in più e con maggiori entrate per 1,8 milioni di Euro. Prosit. La cura Fuortes deve comunque funzionare, altrimenti che fa Marino, toppa anche all'Opera, oltre che per il traffico, il decoro urbano, l'ordine pubblico e il malaffare in città?
Sui tempi ci siamo: finalmente una stagione viene annunciata con giusto anticipo, come stanno imparando a fare la gran parte dei teatri anche italiani, sull'esempio di quelli stranieri nei quali il largo anticipo con cui si annuncia la programmazione, di stagione in stagione, è la regola. Lo hanno già fatto la Scala, la Fenice, il Regio di Torino, si appresta a farlo anche il San Carlo, e ieri, rompendo una incomprensibile cattiva tradizione, lo ha fatto anche l'Opera di Roma, affidata a Fuortes.
Il quale, a leggere il cartellone, deve avere avuto un gran lavoro, per tenere insieme anche i due direttori artistici, Vlad e Battistelli, ai quali - avendoli voluti ( imposti!) in coppia - deve pur dare qualcosa ciascuno.
Anche l'indice di produttività sembra enormemente cresciuto. Per la stagione d'opera 10 titoli per complessive 75 rappresentazioni, da fine novembre 2015 a fine di ottobre 2016; 4 titoli di balletto, per complessive 29 serate, ed infine - e questa è la concessione a Battistelli al quale è affidata la programmazione della modernità - 9 concerti sinfonici intitolati 'specchi del tempo' ed articolati su un "autore classico, uno del Novecento ed uno contemporaneo', naturalmente situati all'incontrario per logica commerciale. Secondo Battistelli, mutuando Benjamin, per mostrare il "patto segreto che lega una generazione all'altra".
In totale 123 'alzate di sipario', come si dice in gergo, comprendendovi opera, balletto e concerti, ma lasciando fuori la stagione estiva di Caracalla ( da fine giugno e metà agosto 2016, che comprende tre opere, un balletto e la serata 'Bolle'). E c'è anche varietà di titoli fra grande repertorio e non.
Venendo alla comunicazione, studiata da quel genio di Filippo Arriva, su suggerimento ovvio del sovrintendente, il " FONDAMENTALE PUNTO DI PARTENZA E' L'OPERA LIRICA" - e da dove altrimenti si doveva partire in un teatro d'opera? - per l'Opera considerata sotto la prospettiva di "ARTE DEL NOSTRO TEMPO". Passi.
Ma subito dopo la prima bugia, quando si sottolinea che la nuova programmazione è "AFFIDATA A PRESTIGIOSI DIRETTORI D'ORCHESTRA". I quali - che fatica trascriverli tutti con quei nomi sconosciuti e difficili - sarebbero: Stefan Soltesz, Donato Renzetti, Alejo Perez, Roberto Abbado, Daniele Rustioni, Jader Bignamini, Riccardo Frizza, Chris Moulds, Jesus Lopez-Cobos; e per il balletto: David Coleman, David Garforth, Nik Kabaretti. Mentre, sempre per restare nell'ambito dei 'prestigiosi direttori', dirigeranno i concerti: Dietrich Paredes, Christoph Poppen, Alejo Perez, Tito Ceccherini, Jonathan Stockhammer, Markus Stenz, Garry Walker, Paul Daniel, Francesco Lanzillotta - che, come si vede, appartengono tutti al giro di Battistelli, meno di Vlad. E quelli dell'uno e dell'altro, tolti gli italiani, sui quali ognuno giudichi da sè, non appartengono certo al grande giro dei direttori d'orchestra e neppure lo lambiscono, salvo qualche rarissima eccezione, due o tre in tutto; troppo pochi per una stagione. Mentre di maggior valore sono i registi ospiti, fra cui gli italiani sono, in percentuale, più numerosi dei direttori.
Battistelli ha poi ottenuto anche un Festival di 'teatro contemporaneo' affidandone la organizzazione ad un compositore di grande valore, come Wolfgang Rihm, di cui ad oggi non si conosce il calendario.
C'è un titolo che mette d'accordo i due direttori artistici, quello di apertura, di Henze, 'I Bassaridi'. L'autore è sempre stato caro a Vlad, dai tempi della sua memorabile direzione artistica ad Ancona, dove un'opera fuori repertorio è l'unico motivo di richiamo per la stampa, seconod le direzioni di programmazione periferiche ; ma lo è anche a Battistelli, che di Henze è stato famulo assiduo, oltre che devoto discepolo.
Poi ci sono le manifestazioni attorno a Rossini, in occasione dei duecento anni dalla 'prima' del Barbiere ( che ebbe luogo all'Argentina) - iniziativa analoga a quelle che in svolgevano a Torino negli anni passati, e che vedevano insieme il Regio, lo Stabile ed altri soggetti ancora; e l'innovativa rivoluzionaria 'Opera Camion', una coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo, dove si è accasato una delle menti più vulcaniche del nostro panorama artistico, molto cara a Fuortes, Oscar Pizzo: un enorme TIR sbarcherà a sorpresa in grandi piazze cittadine per far ascoltare e mostrare opere popolari. Se il pubblico non va all'Opera portiamogli l'opera con il camion fin sotto casa.
Fin qui la presentazione, per il resto - che è la gran parte - staremo a vedere nel corso dell stagione.
Infine le cifre. Il bilancio annuale del teatro dell'opera di Roma ammonta a 53 milioni di Euro; di questi 19 milioni vengono dallo Stato; quasi 15 dal Comune di Roma ( che, perciò, non ha tagliato drasticamente il suo contributo - il più alto erogato da un Comune al teatro d'opera cittadino ) e che quindi fanno 34 milioni, solo fra Stato e Comune, poi ci sono i contributi degli altri enti fondatori, degli sponsor - che dicono stiano tornando, come con la BMV e Mastercard - e le entrate da botteghino, che tutti insieme dovrebbero fare gli altri 20 milioni di Euro circa per arrivare alla cifra dei 53 milioni. Fuortes ha rivelato che nei primi mesi dell'anno sono cresciute anche le entrate da botteghino, con un 60% in più e con maggiori entrate per 1,8 milioni di Euro. Prosit. La cura Fuortes deve comunque funzionare, altrimenti che fa Marino, toppa anche all'Opera, oltre che per il traffico, il decoro urbano, l'ordine pubblico e il malaffare in città?
martedì 16 giugno 2015
Rivoluzioni nell'ascolto
Qual è il miglior
programma da concerto? Come ascoltare la musica dal vivo? Può essere
d'aiuto accostare alla musica altre espressioni artistiche, come la
pittura o la poesia? Quale spazio per la musica di oggi?Il problema
dell'ascolto, assai dibattuto e da tempo, non trova ancora
convincenti soluzioni. Nel frattempo alcune rivoluzioni. Apparenti.
Si
procede in ordine sparso. Si fanno esperimenti in Italia come
all'estero, in taluni casi anche da tempo, ma quando poi li si
esamina per trapiantarne alcuni in nazioni o situazioni diverse da
quelle in cui sono nati, la necessità di adattarli ai nuovi contesti
il più delle volte ne vanifica la novità. E così il concerto
classico, quello con esecutori schierati di fronte al pubblico
(sebbene, ancora oggi, non convinca del tutto il direttore che volta
le spalle al pubblico – chi riesce a trovare una diversa soluzione
riceve un premio!) continua ad essere la ricetta più antica ed anche
la più efficace, e perciò ancora la più seguita ed applicata.
Gli
esperimenti, quando si attuano, riguardano soprattutto alcune forme
musicali che alla nascita prevedono diverso approccio e anche diversa
posizione fisica di esecutori e ascoltatori.
Mentre
per il repertorio, per il grande repertorio, c'è poco o nulla da
innovare, perché - così sembra - o lo si esegue come è nato o si
rischia di travisarne i connotati, immolando spesso capolavori
assoluti sull'altare dello sperimentalismo fine a se stesso.
Quale
altro valore può aver aggiunto la coreografia al 'Requiem' di
Mozart, come hanno pensato di fare gli incolti vertici del Teatro
San Carlo di Napoli? Come si può riproporre il 'Requiem', del quale
il contesto è ben noto, con l'aggiunta inutile dannosa e blasfema
di un corpo di ballo che piroetta, danza in coppie o in gruppo in
palcoscenico, fosse anche con la firma del più grande coreografo al
mondo?
Discorso
assai simile si può fare sul ciclo liederistico sommo di Schubert,
'Winterreise', (Viaggio d'inverno), che a Firenze qualche anno fa fu
presentato con 'illustrazioni animate' di personaggi ed immagini,
mentre i Lieder. che si ascoltavano in tutta la loro inscalfibile
forza, correvano il rischio di passare in second'ordine. Un analogo
esperimento è in cartellone quest'estate, a Siena, nella
rivoluzionata Accademia Chigiana ad opera del nuovo direttore artistico Nicola Sani, 'sperimentator sublime'.
Si
tratta di esperimenti che se anche nati da apparenti buone intenzioni
– come, nel caso del ciclo liederistico, quello di avvicinare più
pubblico, ad un repertorio ancora così ostico per le orecchie
italiane - tolgono alla musica di fatto quella presenza scenica che
le appartiene, senza nulla aggiungervi di rilevante, neanche
semplicemente in funzione di nuovi adepti.
Dunque
se esperimenti si ritiene di doversi fare, si facciano su repertori
che, fin dal loro concepimento , prevedevano forme di ascolto
diverse dalle solite, altrimenti si rischia di fare lo stesso errore
che si fece agli albori del piano digitale, quando si pensò che esso
avrebbe potuto soppiantare il pianoforte classico nelle esecuzioni
classiche, di Beethoven o Mozart per intenderci.
Sono
passati da allora molti anni, il pianoforte digitale si è
ulteriormente perfezionato, ma il posto del pianoforte classico
nelle sale da concerto non l'ha ancora preso, semmai si è imposto
come un più agile e più economico strumento di studio e di
sperimentazione, in attesa che i compositori d'oggi gli
costruiscano un apposito repertorio, come Beethoven e Mozart fecero
con il pianoforte,o con il suo più diretto progenitore, ancora
pallido nel colore strumentale e smilzo nel volume rispetto al
pianoforte da concerto..
Si
sono tentati anche esperimenti d'altro tipo, alcuni di carattere
architettonico, quando si è voluto disegnare l'interno di una grande
sala da concerto mettendo la pedana per l'orchestra al centro di una
grande arena circolare, con il pubblico che la circonda ed è
disposto 'a terrazze', come nella Philharmonie di Berlino, od anche -
in parte - nell'Auditorium di Roma, Sala santa Cecilia, sebbene in
questo caso anche per le dimensioni della sala, l'acustica sia
infelice. Ed anche in questo caso la sala classica da concerto è
rimasta quella tradizionale, come si può dedurre dalla nuove
costruzioni sparse in ogni parte del mondo, la cui novità maggiore
consiste solo nella struttura esterna.
Tornando
agli esperimenti relativi al concerto stesso, dalla disposizione di
interpreti e pubblico, alla configurazione del programma, o alla
compresenza di altri stimoli artistici, c'è chi ha tentato di
eseguire un concerto in una sala dove altri richiami sono offerti al
pubblico, ad esempio visivi, dalla presenza ben in vista di una tela
che ha qualche carattere stilistico somigliante od affine alla musica
che si ascolta. Può anche funzionare. Chi lo vieta? Ma farla
diventare una regola rischia di catalizzare l'attenzione del
pubblico, al quale prima di ascoltare la musica, andrebbe spiegato
per quale ragione si è accostata alla musica quella tela. Ma forse
sarebbe meglio impiegato quel tempo se si spiegasse, per quanto
possibile, la musica che si sta per ascoltare.
C'è
anche chi propone l'esempio di Londra, dei concerti 'promenade' della
vastissima Royal Albert Hall: facciamo muovere il pubblico, che può
entrare ed uscire ( ?) quando e se vuole.. sì, e magari anche,
fargli fare merenda e sgranocchiare fusaglie. Apriti cielo! ma come
si grida allo scandalo se si odono colpi di tosse e soffiate di naso,
figuriamoci se chi ascolta musica osasse muoversi dalla sua poltrona.
Qualcuno ha pensato di formulare un decalogo del 'buon' ascoltatore
di musica. Se ne deduce che lo si vorrebbe impietrito e incatenato
alla poltrona dall'inizio alla fine. Non riusciamo mai a ragionare
con un po' di logica e un pizzico di buon senso.
Un
problema a sé costituisce l'inserimento della musica di oggi nei
programmi concertistici consueti. Funzionano meglio i programmi
interamente composti di musica d'oggi, o contemporanea - se si
preferisce? Nel tal caso è da preferirsi , nella musica d'oggi,
quella solistica, cameristica o sinfonica? Convince di più quella
che contempla la presenza della voce o semplicemente strumentale?
Oppure sarebbe meglio inserirla, come fosse un brano di repertorio,
sebbene di più recente acquisizione, nei normali programmi, con una
frequenza non ossessiva, ma in grado di creare, senza forzature ed
imposizioni, familiarità nell'ascolto del nuovo?
Tutte
queste tipologie di proposta ed ascolto della musica più recente
sono presenti nel panorama dell'attività concertistica del nostro
paese.
Vi
sono festival monotematici, nei quali però - salvo che per necessità
economiche - la musica solistica e quella strettamente cameristica
per piccoli organici sembra non avere più ascolto, mentre si
preferisce sempre più quella che utilizza organici più estesi,
meglio se con la presenza della voce, secondo un parere non peregrino
di Tony Pappano che, un po' alla volta, inserisce nei programmi dei
suoi concerti, brani di musica d'oggi, facendoli precedere da una
accurata, per quanto personale presentazione, assai gradita dal
pubblico che, incoraggiato dall'impegno del direttore, si sente più
spronato a prestare attenzione all'ascolto. Come ha 'lodevolmente,
fatto nel caso di musica d'impatto certo non facile, come nel
recente caso della nuova opera (cantata) di Salvatore Sciarrino
dedicata al mito di Orfeo, ' La nuova Euridice secondo Rilke',
accostata al 'Magnificat' di Bach. Un dittico di musica vocale
strumentale di grande spessore ed impatto.
Ci ha
molto sorpresi constatare nei programmi dell'Accademia di Santa
Cecilia, diella prossima stagione, già anticipata, come la presenza
del contemporaneo risulti quasi un insignificante ed inutile orpello
al grande repertorio.
Annunciata
come una delle grandi novità che reca la firma della nuova
direzione, i cinque concerti nei quali Pappano, nell'arco di un mese,
presenterà le Nove Sinfonie di Beethoven, cominciando naturalmente,
in apertura di stagione, dall'ultima, si apriranno sempre con un
brano appositamente commissionato ( Francesconi, Sollima, Nieder) o
con una sinfonia d'opera di autori contemporanei al genio ( Cherubini
Spontini).
Si
tratta, naturalmente, specie nel caso delle commissioni a musicisti
d'oggi, di brani di risicate dimensioni che metterli a confronto con
due sinfonie di Beethoven per concerto, suonano come una presa in
giro, non potendosi neppure ipotizzare l'idea della sfida dei
musicisti di oggi con il più grande gigante della musica. Come può
un sovrintendente/compositore pensare che qualche minuto di musica
prima di due grandi capolavori siano sufficienti a mettere almeno in
luce un nuovo musicista?
Diverso
è il caso in cui un musicista d'oggi decida di cimentarsi con
un'opera di spessore ed anche di una certa durata - anche se
naturalmente non è questione di tempo - con un capolavoro del
passato. Oggi quei tre compositori rischiano di fare la stessa figura
della pulce contro l'elefante della favola.
Poi in
tutta la stagione nient'altro, oltre la presenza, in un concerto,
dell'Ensemble Modern, ed un brano di Nicola Campogrande, il cui
titolo, come sempre, riesce a sorprenderci. '150 decibel' si
intitola quello inserito nella stagione da camera di Santa Cecilia.
Non
migliore esito ottiene la presenza della musica d'oggi in un'altra
stagione, non romana, ma fiorentina, quella dell'Orchestra della
Toscana che ha a capo un altro compositore, Giorgio Battistelli. Sia
lui che il suo amico dall'Ongaro, nelle rispettive stagioni
(Orchestra Rai e Orchestra Toscana, si mettono in pace la coscienza
con due rassegne, interne alla stagione, nelle quali danno sfogo alla
loro dedizione e passione per la musica d'oggi; quella torinese si
chiama 'Rai Nuova Musica', quella fiorentina: Play.It) mettono qua e
là qualche brano che a noi hanno fatto pensare al gesto di segnare
il territorio - come fanno certi animali domestici - oppure al
'serrate le fila' per conoscere e far conoscere chi è con noi (con
loro) o contro di noi ( contro di loro). Assente in ambedue i casi la
prospettiva di studiare nuovi modi per far ascoltare la musica,
specie quella contemporanea, e farla entrare gradualmente nel
repertorio da concerto. Nel caso dell'Orchestra Toscana, diretta da
Battistelli, ricorrono, nel corso della stagione 2104-15, i nomi di
Ghedini,Casella, Busoni. E di Kagel, Sollima, Lena, Dean, Panni che
sono quindi in buona compagnia.
Chi
vuole assistere, in diretta, ad un esperimento di rivoluzione
integrale, nel caso della musica d'oggi, non gli resta che andare a
Siena quest'estate, per la lunga stagione della Chigiana, rivoltata
da cima a fondo da Nicola Sani, nuovo direttore artistico per il
prossimo triennio, per volontà e decisione di Clarich, presidente
della Fondazione MPS ed anche dell'Accademia che ha sottolineato:
'sono contento di poter contribuire da presidente all'attuale fase di
apertura e rilancio dell'Accademia Chigiana'.
Innanzitutto
l'insieme delle manifestazioni della celebre Accademia, didattiche e
concertistiche, ha un titolo - la prima volta nella sua lunga
storia: ' Il classico inatteso'. E, di conseguenza, da quest'anno il
ricco calendario si chiamerà' Chigiana International Festival and
Summer Academy 2015'.
Sani
ha spiegato le linee della sua rivoluzione senese: ' ho voluto
ridisegnare nella struttura e nella tipologia dell'offerta quelle che
erano la Settimana Musicale Senese, l'Estate Musicale Chigiana e
l'Accademia di Alto perfezionamento. Il primo festival in Italia di
alto profilo internazionale che unisce e collega in maniera organica
l'alta formazione, la produzione e la diffusione musicale anche in
relazione alle espressioni figurative del contemporaneo...Una
programmazione unica con uno sguardo particolare verso la musica
d'oggi'. Più rivoluzione di così.
Nel
dettaglio, ecco le varie sezioni: Musica
Today (che
un tempo si chiamava banalmente ' Chigiana novità'), sezione nella
quale saranno presenti Max Richter, con la sua 'Vivaldi recomposed',
in omaggio (o sfregio?) al Conte Chigi Saracini ed a Vivaldi
riscoperto nel '39 a Siena da Casella; Salvatore Sciarrino con la
prima esecuzione assoluta integrale del suo 'Carnaval', l'unico
concerto di questa sezione con interpreti veramente di rango; Henze
con 'El Cimarron' e Steve Reich, con 'Drumming' nell'esecuzione degli
allievi del corso di percussioni e dei solisti (allievi) del
Conservatorio di Frosinone ( !!!!) e, infine, il clarinettista
Krakauer, in versione klezmer (che oggi va tanto!). La sezione
Chigiana
Expanded, esplorerà
la scena multimediale e le nuove forme di teatralizzazione del suono
- un altro punto a favore della rivoluzione di Sani che in questo
territorio si muove con disinvoltura come compositore. Ci saranno
Fabbriciani e il pittore Gabriele Amadori; poi uno Schumann danzato
ed uno Schubert ( Winterreise), che è un progetto di musica film e
teatro.
Segue
Chigiana
Legends (
che un tempo si chiamava 'Maestri chigiani'), che farà ascoltare in
concerto i grandi musicisti presenti a Siena per le masterclass in
Accademia ( sono 'Legends' già tutti?)
Chigiana
Factor - occorre
ammettere che suona meglio di 'Concerti degli allievi dei corsi di
perfezionamento'- farà ascoltare i giovani musicisti più
promettenti. Non si dimentichi che da Siena sono passate generazioni
di musicisti divenuti poi delle vere 'leggende' ( Nicola Sani è uno
dei pochissimi musicisti, già 'leggendari', che non è passato da
Siena). Una curiosa sezione è Chigiana
Mix, nella
quale si prova a mischiare - meglio 'mixare'- il sacro con il
profano, dal jazz alla musica organistica, e infine Chigiana
Off the Wall che
sostituisce, non senza un pizzico di mistero, i 'concerti in terra
di Siena' di una volta.
Il tutto per un calendario che va dal 10 di luglio alla
fine di agosto. Mentre, in campo didattico, si segnlano l'arrivo, dal
2016, di Daniele Gatti come insegnante di direzione, e l'arrivo,
immediato, per il corso 2015 di direzione d'orchestra, dell'Orchestra
degli allievi del Consevatorio di Firenze, al posto di quella
orchestra di professionisti bulgari, che negli anni di Gelmetti, era
a disposizione del corso di direzione, e teneva anche alcuni
concerti. Sul podio per alcuni di questi, nella prossima estate una
ex allieva dell'Accademia che si è messa in luce negli anni passati,
come Valentina Peleggi. Orchestra semistabile e semiresidente a Siena
sarà l'Orchestra della Toscana, prestata a Sani, non
gratuitamente, da Giogio Battistelli. Non è una grande rivoluzione?
Chi
non la vuol perdere non ha che da informarsi al seguente numero :
057722091, oppure sul sito dell'Accademia Chigiana, digitando, d'ora
in avanti': Chigiana
International Festival and Summer Academy 2015, e
da trascorrere qualche giorno, quest'estate, a Siena.
Quanta musica su Style, il mensile del Corriere della Sera!
Non ci capitava da tempo di contare su un giornale tanti spazi dedicati alla musica, come sull'ultimo numero del mensile allegato al Corriere, Style. Ed oltre tutti i servizi, anche l'inserto Moda con aitanti giovanotti ben vestiti, tutti con strumenti. Che bello, il mondo sta cambiando, ci siamo detti, nella speranza che una volta o l'altra succeda. E c'è anche l'editoriale firmato da Paola Turci sul quale sorvoliamo perchè ad una lettura veloce ci sembra non ci interessi.
A pag. 20, un servizio intitolato 'Musica Espresso' riferisce di una iniziativa berlinese, dove tre sale da concerto si sono accordate per una forma abbastanza inusuale, per noi bislacca, di distillare la musica. In alcuni giorni del mese le tre sale fanno concerti in ore inusitate, alle 14, durano tre quarti d'ora circa, senza intervallo e si concludono con un caffè offerto dagli organizzatori, che pretendono solo un biglietto da 6 Euro, poco più di un caffè, dicono loro, acquistando invece un'oretta di buona musica. Pausa caffè e pausa musica? Servirà alla causa di acquisire nuovo pubblico o testare nuove forme di concerto?
A pag.118 ( dopo il lunghissimo inserto moda-musica), un servizio intitolato assai idiotamente 'Mehta di villeggiatura' presenta il prossimo Festival di Verbier, dove Zubin Mehta è uno dei direttori presenti. Firmato da Beba Marsano, il breve servizio si avventura perfino nella categoria dei neologismi musicali, dove scrive di Thomas Quasthoff "alla sua prima conduzione con la Passione secondo matteo di bach". Non serve commentare, basta aggiungere che, dopo, il servizio vira sul lato villeggiatura, e vaffanc...la musica, indicando alberghi e ristoranti .
A pag 157 si dà notizia di una serie tv che spopola in America, e che si vedrà da metà luglio su Sky, intitolata 'Mozart in the Jungle' il cui protagonista è "Rodrigo DeSousa, il giovane direttore d'orchestra ispirato a Gustavo Dudamel", che già ispira figli e nipoti, il quale viene assunto da una orchestra di New York che manda a casa il vecchio direttore, nella speranza di risolvere le sorti critiche della musica classica che, come ribadisce Battistoni, il nostro direttorino profeta, non è ' musica per vecchi'.
Per arrivare a pag. 170 e seguenti che ospitano un lungo servizio intitolato ' chi guadagna con la musica' a firma Andrea Laffranchi. Si legge che il disco rappresenta solo metà del fatturato, l'altra metà è invece rappresentato dal digitale: dall'economia del possesso si sta passando a quella dell'accesso, che oltre tutto occupa meno spazio ed offre un catalogo praticamente illimitato, al quale accedere in ogni momento ed in qualunque posto della terra. I ricavi complessivi dell'industria musicale ammontano oggi a 13,5 miliardi. E gli autori (d'accordo, ma non sempre, con gli editori) studiano nuove forme per far soldi.
A pag. 20, un servizio intitolato 'Musica Espresso' riferisce di una iniziativa berlinese, dove tre sale da concerto si sono accordate per una forma abbastanza inusuale, per noi bislacca, di distillare la musica. In alcuni giorni del mese le tre sale fanno concerti in ore inusitate, alle 14, durano tre quarti d'ora circa, senza intervallo e si concludono con un caffè offerto dagli organizzatori, che pretendono solo un biglietto da 6 Euro, poco più di un caffè, dicono loro, acquistando invece un'oretta di buona musica. Pausa caffè e pausa musica? Servirà alla causa di acquisire nuovo pubblico o testare nuove forme di concerto?
A pag.118 ( dopo il lunghissimo inserto moda-musica), un servizio intitolato assai idiotamente 'Mehta di villeggiatura' presenta il prossimo Festival di Verbier, dove Zubin Mehta è uno dei direttori presenti. Firmato da Beba Marsano, il breve servizio si avventura perfino nella categoria dei neologismi musicali, dove scrive di Thomas Quasthoff "alla sua prima conduzione con la Passione secondo matteo di bach". Non serve commentare, basta aggiungere che, dopo, il servizio vira sul lato villeggiatura, e vaffanc...la musica, indicando alberghi e ristoranti .
A pag 157 si dà notizia di una serie tv che spopola in America, e che si vedrà da metà luglio su Sky, intitolata 'Mozart in the Jungle' il cui protagonista è "Rodrigo DeSousa, il giovane direttore d'orchestra ispirato a Gustavo Dudamel", che già ispira figli e nipoti, il quale viene assunto da una orchestra di New York che manda a casa il vecchio direttore, nella speranza di risolvere le sorti critiche della musica classica che, come ribadisce Battistoni, il nostro direttorino profeta, non è ' musica per vecchi'.
Per arrivare a pag. 170 e seguenti che ospitano un lungo servizio intitolato ' chi guadagna con la musica' a firma Andrea Laffranchi. Si legge che il disco rappresenta solo metà del fatturato, l'altra metà è invece rappresentato dal digitale: dall'economia del possesso si sta passando a quella dell'accesso, che oltre tutto occupa meno spazio ed offre un catalogo praticamente illimitato, al quale accedere in ogni momento ed in qualunque posto della terra. I ricavi complessivi dell'industria musicale ammontano oggi a 13,5 miliardi. E gli autori (d'accordo, ma non sempre, con gli editori) studiano nuove forme per far soldi.
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Renzi, ma quanti sono i tuoi famigli da sistemare a roma?
Renzi lo ha ammesso apertamente. Il ballottaggio è stato una vera mazzata per il suo partito, dopo lo schiaffo beccato al primo turno, con le regionali. Inutile negare i fatti. E il centro destra esulta, segno ne è la apparizione continua in video di Brunetta, il pupazzetto sempre in piedi che muove continuamente la testa agitando quel suo ciuffo malandrino. Anche se non lo si ascolta - dice le stesse cose ormai da anni, a partire da quando ha dovuto fare le valigie ed andar via dal governo - si capisce che non vede l'ora che si vada alle elezioni dopo le quali, a vittoria certa (????) del centrodestra, si vede già 'sparato' e 'assettato' sulla poltrona di Via XX settembre, scalzato Padoan.
Ma Renzi parla anche lui, anzi si agita. Basta con il " Renzi 1, non rende, devo tornare a fare il Fonzie". Adesso, intanto, per riprendere fiato e mettere un pò d'ordine nella sua testa, vuole rimettere in discussione anche quei pochi provvedimenti che s'è vantato di aver portati in dirittura di approvazione definitiva.
Dalla scuola al Senato alla legge elettorale. Ora si discute. E intanto s'è tolto il peso dell'assunzione entro settembre dei centomila insegnanti, non si fa più in tempo. Non ascolta il consiglio di chi gli ha detto di stralciare tale provvedimento dal decreto sulla scuola; e lui spera, così minacciando, di tenere per le p... il mondo della scuola e i sindacati.
Le prossime settimane ci diranno se la nuova strategia dell'ex decisionista Fonzie, avrà un qualche risultato. Come ci diranno anche quale peso aveva il consiglio minaccia o ordine) a Marino di mollare il Campidoglio. Insomma Fonzie, per tirarsi di nuovo tutti dalla sua parte, prende/perde tempo.
Mentre invece non perde affatto tempo nella sua programmata azione di sistemazione di tutti i suoi fedelissimi allevati nel pollaio della Leopolda o a Palazzo Vecchio, dai tempi del suo mandato di sindaco a Firenze.
Ha fatto trasferire in poco più di un anno un sacco di gente da Firenze a Roma, creando anche problemi alle agenzie immobiliari, costrette a trovare degne sistemazioni ai suoi cortigiani, e non ritenendo ancora del tutto terminato il suo lavoro di sistemazione dei famigli, che spuntano ogni giorno come la gramigna, ne ha piazzato un altro al vertice di Equitalia, scalzando i candidati sia della Orlandi ( Agenzia delle Entrate), che lui ha messo lì prelevandola dalla Toscana, che di Padoan, il suo ministro fedelissimo, l'unico che ha i numeri per far continuare quasi tranquilla la navigazione della nave Italia, che le bizze di Fonzi ogni tanto rischiano di mandare sugli scogli. Padoan è bene che se lo tenga caro il Fonzi, comunque vadano le cose. Tutti gli altri - TUTTIIII- li cambi quando vuole, o li sposti dal un ministero all'altro, tanto...
Ma Renzi parla anche lui, anzi si agita. Basta con il " Renzi 1, non rende, devo tornare a fare il Fonzie". Adesso, intanto, per riprendere fiato e mettere un pò d'ordine nella sua testa, vuole rimettere in discussione anche quei pochi provvedimenti che s'è vantato di aver portati in dirittura di approvazione definitiva.
Dalla scuola al Senato alla legge elettorale. Ora si discute. E intanto s'è tolto il peso dell'assunzione entro settembre dei centomila insegnanti, non si fa più in tempo. Non ascolta il consiglio di chi gli ha detto di stralciare tale provvedimento dal decreto sulla scuola; e lui spera, così minacciando, di tenere per le p... il mondo della scuola e i sindacati.
Le prossime settimane ci diranno se la nuova strategia dell'ex decisionista Fonzie, avrà un qualche risultato. Come ci diranno anche quale peso aveva il consiglio minaccia o ordine) a Marino di mollare il Campidoglio. Insomma Fonzie, per tirarsi di nuovo tutti dalla sua parte, prende/perde tempo.
Mentre invece non perde affatto tempo nella sua programmata azione di sistemazione di tutti i suoi fedelissimi allevati nel pollaio della Leopolda o a Palazzo Vecchio, dai tempi del suo mandato di sindaco a Firenze.
Ha fatto trasferire in poco più di un anno un sacco di gente da Firenze a Roma, creando anche problemi alle agenzie immobiliari, costrette a trovare degne sistemazioni ai suoi cortigiani, e non ritenendo ancora del tutto terminato il suo lavoro di sistemazione dei famigli, che spuntano ogni giorno come la gramigna, ne ha piazzato un altro al vertice di Equitalia, scalzando i candidati sia della Orlandi ( Agenzia delle Entrate), che lui ha messo lì prelevandola dalla Toscana, che di Padoan, il suo ministro fedelissimo, l'unico che ha i numeri per far continuare quasi tranquilla la navigazione della nave Italia, che le bizze di Fonzi ogni tanto rischiano di mandare sugli scogli. Padoan è bene che se lo tenga caro il Fonzi, comunque vadano le cose. Tutti gli altri - TUTTIIII- li cambi quando vuole, o li sposti dal un ministero all'altro, tanto...
Lionello Cammarota era candidato alla direzione del teatro dell'Opera di Roma. Lo afferma il diretto interessato
Lionello Cammarota fu messo sotto processo per una brutta storia di irregolarità, ancor più più brutta perchè giocata sulla pelle degli studenti del Conservatorio di cui all'epoca era direttore. Avrebbe utilizzato i fondi europei per dei corsi 'fantasma' , nonostante che agli allievi altrettanto fantasma fossero stati dati i relativi diplomi, non 'fantasma'. Cammarota rivendica l'aver segnalato egli stesso alla magistratura ed al MIUR ( il Ministero, per intenderci) le irregolarità a lui contestate. Ma chi era il direttore del Conservatorio che avrebbe dovuto vigilare sulle presunte irregolarità?
Passiamo sopra alcune incongruenze del caso, resta che oggi la magistratura l'ha scagionato da ogni accusa. E noi ne prendiamo atto, e siamo contenti per lui.
Ma la vera notizia è che Cammarota vorrebbe essere risarcito di un altro doppio danno, oltre quello di immagine, naturalmente. Quello di non essere diventato, a seguito del processo, direttore dell'Opera di Roma ed anche Presidente del Conservatorio, del quale era stato direttore e che all'epoca aveva a presidente, se non sbagliamo, tale Visconti, il cui nome - ma forse è un omonimo - le ultime cronache, non rose, della Capitale hanno messo in evidenza.
Chi aveva promesso a Cammarota che l'avrebbe nominato direttore dell'Opera? Alemanno che all'epoca era sindaco di Roma? per quali meriti, esperienza e titoli?
E già che Alemanno aveva voluto come suo personale consulente artistico all'Opera Colabianchi, dopo l'uscita di Ernani e Sani, accasatisi poi a Bologna. Se Colabianchi, perchè non anche io ? Aveva ragionato Cammarota che lo sperava. Ma forse si sbagliava.
Come si era sbagliato anche un'altra volta, precedentemente, al tempo del trasferimento all'Auditorium della preziosa sezione della Biblioteca dell'Accademia di Santa Cecilia, che faceva tutt'uno con quella in dotazione al Conservatorio. Ci furono infinite proteste di musicologi e musicisti. protestò anche Petrassi, dicendo che i libri sono beni preziosi ma fragili, meglio custodirli bene dove si trovano.Non si oppose Cammarota, allora direttore del Conservatorio.
Cammarota, assecondando Luciano Berio, nella sua decisione di trasferire il patrimonio dell' Accademia nella nuova sede, smembrando la celebre biblioteca, e scontentando tanti studiosi che ormai facevano riferimento alla biblioteca di Via dei Greci, sperava quella volta di essere aiutato a diventare 'accademico di santa cecilia'. Aiutato da Berio. Sì, campa cavallo. Cosa ne poteva venire al celebre musicista dalla promozione di Camamrota? Speranza anche quella volta andata in fumo.
Si tratta di fatti ben noti, noi stessi ne scrivemmo all'epoca su uno dei giornali ai quali collaboravamo.
Ci siamo sbagliati. Il quotidiano 'Il tempo' riferendo del totale scagionamento di Cammarota dalle accuse dei corsi e diplomi 'fantasma', sostiene che il duplice danno recato a Cammarota riguardava oltre la direzione del Teatro dell'Opera, anche la Presidenza dell'Accademia di santa Cecilia. E questa chi gliela aveva promessa? E magari anche la Presidenza della Repubblica, conquistata per un pugno di voti in più, da Giorgio Napolitano.
Passiamo sopra alcune incongruenze del caso, resta che oggi la magistratura l'ha scagionato da ogni accusa. E noi ne prendiamo atto, e siamo contenti per lui.
Ma la vera notizia è che Cammarota vorrebbe essere risarcito di un altro doppio danno, oltre quello di immagine, naturalmente. Quello di non essere diventato, a seguito del processo, direttore dell'Opera di Roma ed anche Presidente del Conservatorio, del quale era stato direttore e che all'epoca aveva a presidente, se non sbagliamo, tale Visconti, il cui nome - ma forse è un omonimo - le ultime cronache, non rose, della Capitale hanno messo in evidenza.
Chi aveva promesso a Cammarota che l'avrebbe nominato direttore dell'Opera? Alemanno che all'epoca era sindaco di Roma? per quali meriti, esperienza e titoli?
E già che Alemanno aveva voluto come suo personale consulente artistico all'Opera Colabianchi, dopo l'uscita di Ernani e Sani, accasatisi poi a Bologna. Se Colabianchi, perchè non anche io ? Aveva ragionato Cammarota che lo sperava. Ma forse si sbagliava.
Come si era sbagliato anche un'altra volta, precedentemente, al tempo del trasferimento all'Auditorium della preziosa sezione della Biblioteca dell'Accademia di Santa Cecilia, che faceva tutt'uno con quella in dotazione al Conservatorio. Ci furono infinite proteste di musicologi e musicisti. protestò anche Petrassi, dicendo che i libri sono beni preziosi ma fragili, meglio custodirli bene dove si trovano.Non si oppose Cammarota, allora direttore del Conservatorio.
Cammarota, assecondando Luciano Berio, nella sua decisione di trasferire il patrimonio dell' Accademia nella nuova sede, smembrando la celebre biblioteca, e scontentando tanti studiosi che ormai facevano riferimento alla biblioteca di Via dei Greci, sperava quella volta di essere aiutato a diventare 'accademico di santa cecilia'. Aiutato da Berio. Sì, campa cavallo. Cosa ne poteva venire al celebre musicista dalla promozione di Camamrota? Speranza anche quella volta andata in fumo.
Si tratta di fatti ben noti, noi stessi ne scrivemmo all'epoca su uno dei giornali ai quali collaboravamo.
Ci siamo sbagliati. Il quotidiano 'Il tempo' riferendo del totale scagionamento di Cammarota dalle accuse dei corsi e diplomi 'fantasma', sostiene che il duplice danno recato a Cammarota riguardava oltre la direzione del Teatro dell'Opera, anche la Presidenza dell'Accademia di santa Cecilia. E questa chi gliela aveva promessa? E magari anche la Presidenza della Repubblica, conquistata per un pugno di voti in più, da Giorgio Napolitano.
lunedì 15 giugno 2015
Elogio di Marzullo. Ciò che 'Il sole 24 ore' non dice.
Fidandoci della nostra memoria ricordiamo di aver letto solo un altro elogio, precedente a questo di Gualtiero Gualtieri apparso domenica scorsa sul giornale della Confindustria, di Marzullo, firmato da Maurizio Costanzo. E non vogliamo commentare.
L'attuale nasce dalla difesa ad oltranza del 'povero' Marzullo al quale la Commissione di Vigilanza, avvertita - chissà perchè, come e da chi - della recensione dell'ultimo libro di Bisignani-Madron, sui 'potenti al tempo di Renzi' che Marzullo avrebbe recensito nella sua rubrica notturna 'Milleunolibri', avrebbe inibito tale recensione.
Nel libro incriminato si parlava di pezzi grossi, anche in Rai, del 'giglio fiorentino' del premier, che comincia a mostrare qualche petalo afflosciato ed a perderei pochi pistilli? Che paura, mamma mia, come se non si conoscessero quei nomi. Come mai, invece, il precedente libro del duo che gettava luce sulla massoneria è stato presentato anche nella rubrica 'vangelo domani'?
Perciò tralasciamo ogni considerazione sul fatto in sè, e riflettiamo un pochino, secondo le nostre modestissime possibilità, sulla 'vittima' Marzullo.
Scrive Gualtieri che su Marzullo, indipendentemente dal libro dei due, si deve 'pestare'. E', secondo il recensore del 'Sole' uno sport nazionale. Gualtieri però non accenna all'altro sport nazionale e cioè a quello della 'inamovibilità' di Marzullo, alto dirigente, al quale è affidata la cura della cosiddetta 'cultura' in Rai, ma quella di 'mezzanotte e dintorni', perchè quella di giorno la gestisce Rai 5.
Dal cinema al teatro, dalla musica ai libri, fa tutto lui e solo lui, sorretto da una compagnia di giro che, pur di avere qualche minuto di visibilità televisiva, ha giurato fedeltà al profeta Marzullo, che sa di tutto e di niente, come si può immaginare.
Fino a non molti direttori generali fa, esisteva un altro ectoplasma, anche lui alto dirigente, che si aggirava nelle ore notturne in Rai, anche quello è stato, qualche direttore generale fa, rimandato negli spazi della galassia la più lontana dal sistema televisivo. Marzullo no.
E dire che sono state fatte delle petizioni, financo noi ne abbiamo firmata una, per togliere a Marzullo la responsabilità della cosiddetta cultura in Rai. Niente da fare. Marzullo non si tocca. Qualcuno dice perchè non fa male a nessuno - ma neanche bene a qulcuno - e, bene o male, riempie uno spazio che la Rai ha lasciato vuoto.
No, se Marzullo, oltre che non apparire in video - ma a volte il suo ectoplasma si materializza generando problemi di insonnia e spavento negli adulti - sparisse o lasciasse ad altri la gestione di quegli spazi quotidiani, a lui riservati per diritto divino, dai tempi del direttore Cattaneo, compagno di Marzullo nelle serate romane, lui milanese, come un pesce fuor d'acqua nella Capitale...
Perciò caro Gualtieri, sappiamo che ad ogni revisione di palinsesto si parli di Marzullo, della sua 'soppressione' dal video e dal settore 'cultura' in Rai, Rai 1, e questo dice anche lei; ma dica anche che nonostante se ne parli ogni volta guai a chi lo tocca. Marzullo resta là dove una volta ce lo ha messo il suo potente padrino di un tempo. E, da allora anche se quel suo padrino ha perso terreno, lui no, ne ha acquistato sul campo.
L'attuale nasce dalla difesa ad oltranza del 'povero' Marzullo al quale la Commissione di Vigilanza, avvertita - chissà perchè, come e da chi - della recensione dell'ultimo libro di Bisignani-Madron, sui 'potenti al tempo di Renzi' che Marzullo avrebbe recensito nella sua rubrica notturna 'Milleunolibri', avrebbe inibito tale recensione.
Nel libro incriminato si parlava di pezzi grossi, anche in Rai, del 'giglio fiorentino' del premier, che comincia a mostrare qualche petalo afflosciato ed a perderei pochi pistilli? Che paura, mamma mia, come se non si conoscessero quei nomi. Come mai, invece, il precedente libro del duo che gettava luce sulla massoneria è stato presentato anche nella rubrica 'vangelo domani'?
Perciò tralasciamo ogni considerazione sul fatto in sè, e riflettiamo un pochino, secondo le nostre modestissime possibilità, sulla 'vittima' Marzullo.
Scrive Gualtieri che su Marzullo, indipendentemente dal libro dei due, si deve 'pestare'. E', secondo il recensore del 'Sole' uno sport nazionale. Gualtieri però non accenna all'altro sport nazionale e cioè a quello della 'inamovibilità' di Marzullo, alto dirigente, al quale è affidata la cura della cosiddetta 'cultura' in Rai, ma quella di 'mezzanotte e dintorni', perchè quella di giorno la gestisce Rai 5.
Dal cinema al teatro, dalla musica ai libri, fa tutto lui e solo lui, sorretto da una compagnia di giro che, pur di avere qualche minuto di visibilità televisiva, ha giurato fedeltà al profeta Marzullo, che sa di tutto e di niente, come si può immaginare.
Fino a non molti direttori generali fa, esisteva un altro ectoplasma, anche lui alto dirigente, che si aggirava nelle ore notturne in Rai, anche quello è stato, qualche direttore generale fa, rimandato negli spazi della galassia la più lontana dal sistema televisivo. Marzullo no.
E dire che sono state fatte delle petizioni, financo noi ne abbiamo firmata una, per togliere a Marzullo la responsabilità della cosiddetta cultura in Rai. Niente da fare. Marzullo non si tocca. Qualcuno dice perchè non fa male a nessuno - ma neanche bene a qulcuno - e, bene o male, riempie uno spazio che la Rai ha lasciato vuoto.
No, se Marzullo, oltre che non apparire in video - ma a volte il suo ectoplasma si materializza generando problemi di insonnia e spavento negli adulti - sparisse o lasciasse ad altri la gestione di quegli spazi quotidiani, a lui riservati per diritto divino, dai tempi del direttore Cattaneo, compagno di Marzullo nelle serate romane, lui milanese, come un pesce fuor d'acqua nella Capitale...
Perciò caro Gualtieri, sappiamo che ad ogni revisione di palinsesto si parli di Marzullo, della sua 'soppressione' dal video e dal settore 'cultura' in Rai, Rai 1, e questo dice anche lei; ma dica anche che nonostante se ne parli ogni volta guai a chi lo tocca. Marzullo resta là dove una volta ce lo ha messo il suo potente padrino di un tempo. E, da allora anche se quel suo padrino ha perso terreno, lui no, ne ha acquistato sul campo.
domenica 14 giugno 2015
Hillary,Chelsea,Blair predicano bene e razzolano male. Prendano esempio dai due nuovi sindaci donna di Madrid e Barcellona
E' diventato uno sport comune a molti ex premier o presidenti in ogni parte del mondo, e scusateci se torniamo a parlare di soldi ancora una volta, oggi.
Finito il loro mandato, non contenti e soddisfatti di quanto hanno arraffato, si mettono sul mercato - così si esprimono questi gentiluomini - offrendosi al miglior offerente. E diventano così consiglieri di sultani e nuovi zar che sanno ben compensare i loro servitori, conferenzieri, esperti in qualunque cosa, vantando prima di ogni altra competenza la carica precedentemente occupata. Entra fra questi geni dell'umanità perfino il grande pensatore che fa nome Bush.
Ma non sono da meno Bill che per essere presente ad una convention chiede quello che cento lavoratori insieme guadagnano in un anno; e quando viene invitato a parlare del 'ruolo delle stagiste' pretende 500 mila dollari ed un esemplare in carne ed ossa, magari per illustrare dal vivo ciò che una stagista può fare nella camera ovale di una casa bianca o grigia, non importa; perfino sua figlia Chelsea, che sarà certamente un genio, visti i suoi genitori, ma che ha affinato anche lei l'arte di grattare il barile finchè non si vede il fondo, è fra le giovani più pagate al mondo, perchè Lei non solo è brava ed anche bella(?) - diciamo gradevole, oggi più di ieri - ma è la figlia di quei genitori e rischia di tornare, attraverso l'insediamento della nobile mamma, alla Casa Bianca. Questa volta, facendo attenzione a controllare con maggiore cura quel birbone di Bill, suo padre.
Hillary ha detto che vuole essere la presidente non dei privilegiati, perchè privilegiata vuole essere solo lei. Sa Hillary di quanti soldi ha bisogno per la sua campagna presidenziale? Non è un privilegio poter disporre, spillandoli a chi ne ha, qualcosa come due miliardi di dollari? una cifra astronomica! E quel Blair che si è dato da fare da quando non è più premier in Inghilterra? Per un intervento ad una conferenza internazionale sulla fame e sulla povertà ha chiesto la modica cifra di 400.000 Euro, alla faccia dei milioni di disgraziati. E, come si meritava, glieli hanno dati in faccia i 400.000 Euro assieme ad altrettanti vaffa...
Perchè questi profittatori non prendono esempio dai due nuovi sindaci donna di Barcellona e Madrid, che appena insediati hanno deciso di tagliarsi i rispettivi stipendi che , immaginiamo, non saranno stati poi tanto alti?
Finito il loro mandato, non contenti e soddisfatti di quanto hanno arraffato, si mettono sul mercato - così si esprimono questi gentiluomini - offrendosi al miglior offerente. E diventano così consiglieri di sultani e nuovi zar che sanno ben compensare i loro servitori, conferenzieri, esperti in qualunque cosa, vantando prima di ogni altra competenza la carica precedentemente occupata. Entra fra questi geni dell'umanità perfino il grande pensatore che fa nome Bush.
Ma non sono da meno Bill che per essere presente ad una convention chiede quello che cento lavoratori insieme guadagnano in un anno; e quando viene invitato a parlare del 'ruolo delle stagiste' pretende 500 mila dollari ed un esemplare in carne ed ossa, magari per illustrare dal vivo ciò che una stagista può fare nella camera ovale di una casa bianca o grigia, non importa; perfino sua figlia Chelsea, che sarà certamente un genio, visti i suoi genitori, ma che ha affinato anche lei l'arte di grattare il barile finchè non si vede il fondo, è fra le giovani più pagate al mondo, perchè Lei non solo è brava ed anche bella(?) - diciamo gradevole, oggi più di ieri - ma è la figlia di quei genitori e rischia di tornare, attraverso l'insediamento della nobile mamma, alla Casa Bianca. Questa volta, facendo attenzione a controllare con maggiore cura quel birbone di Bill, suo padre.
Hillary ha detto che vuole essere la presidente non dei privilegiati, perchè privilegiata vuole essere solo lei. Sa Hillary di quanti soldi ha bisogno per la sua campagna presidenziale? Non è un privilegio poter disporre, spillandoli a chi ne ha, qualcosa come due miliardi di dollari? una cifra astronomica! E quel Blair che si è dato da fare da quando non è più premier in Inghilterra? Per un intervento ad una conferenza internazionale sulla fame e sulla povertà ha chiesto la modica cifra di 400.000 Euro, alla faccia dei milioni di disgraziati. E, come si meritava, glieli hanno dati in faccia i 400.000 Euro assieme ad altrettanti vaffa...
Perchè questi profittatori non prendono esempio dai due nuovi sindaci donna di Barcellona e Madrid, che appena insediati hanno deciso di tagliarsi i rispettivi stipendi che , immaginiamo, non saranno stati poi tanto alti?
Conchita Wurst sarà Cherubino nelle 'Nozze' mozartiane, con la regia di Giorgio Ferrara, l'anno prossimo al Festival di Spoleto. Intanto una sorpresa già nell'edizione di quest'anno
Ha ragione Giorgio Ferrara, marito di Adriana Asti - la celebre attrice - e grande regista, a capo del Festival di Spoleto, da troppi anni ormai e per altri tre ancora, dopo l'uscita di scena dei Menotti, quando, presentando la sua prossima regia del capolavoro mozartiano, 'Così fan tutte' - primo titolo di una trilogia che intende rappresentare nel triennio appena iniziato, in linea con le direttive ministeriali ed in accordo con i Muti ed il loro Festival di Ravenna - accenna al fatto che le due fidanzate, dai nomi soavi, lasciate dai rispettivi fidanzati che sono partiti per la guerra, non li riconoscono quando essi si presentano sotto mutate vesti. Ma come, dice Ferrara Giorgio, come fanno due fidanzate a non riconoscere i loro fidanzati solo perchè sono travestiti? La faccia , la statura sono le stesse come anche la voce o il portamento. Mozart, evidentemente, non si è accorto di una simile grossa incongruenza, e lui, Ferrara, giustamente intende porvi rimedio, togliendo d'imbarazzo il noto compositore a tutte le generazioni future. Come? non è facile porvi rimedio.
Come rendere irriconoscibili alle due ragazze i loro fidanzati? All'inizio aveva pensato di scritturare altri due diverse interpreti; ma poi si è detto che non era logico e costava troppo, e soprattutto perchè la trappola alle due fidanzate erano proprio i loro fidanzati a tenderla d'accordo con il saggio e navigato Don Alfonso. Allora come fare? Semplice: mettere una maschera dorata sul viso dei due fidanzati travestiti. Ma perchè l'idea non è venuta a quel geniaccio di Mozart? per dar modo a Ferrara di mettere in evidenza il suo genio registico. E sia.
Ma Ferrara, Giorgio - per non confonderlo con le due dame del 'Così fan tutte', che si vogliono di Ferrara città - sta già pensando alle 'Nozze' che metterà in scena l'anno prossimo ed all' altra evidente anomalia presente nell'opera, e cioè quel Cherubino che canta con voce femminile, ma non non è gay, ed è invece una donna con tutti gli attributi, ma che è innamorata della Contessa - bando naturalmente agli amori omosessuali.
La soluzione sembra l'abbia trovata già, anche se non l'ha ancora rivelata pubblicamente. Per questo attende l'anno prossimo, alla presentazione sui giornali della edizione 2016, quando al suo intervistatore Cappelli, con diritto di esclusiva, dirà come vi ha rimediato. Ha già scritturato la cantante (il cantante) austriaca/o con barba, Conchita Wurst, che renderà ancora più solleticante il personaggio, ambiguo, di Cherubino.
Si ha notizia, di un 'Rigoletto' commissionato a Ferrara, per la regia - perchè il Rigoletto è di Verdi, è bene chiarirlo - dall'Opera di Roma, per il quale, al momento del celebre Quartetto ( bella figlia dell'amore...) Ferrara ha previsto che esca un inserviente dalle quinte e dica ora ad una coppia ( Duca e Maddalena) ora all'altra, famigliare( Rigoletto e Gilda), che cantano tutte assieme, di abbassare la voce, magari anche solo con un gesto, ora all'una ora all'altra a seconda di chi intende seguire con maggiore attenzione, nel corso del celebre pezzo vocale d'assieme. Perchè quattro che cantano tutti insieme è troppo E così Giorgio Ferrara, dopo oltre un secolo e mezzo, mette fine ad un'altra incongruenza del melodramma, sfuggita al suo autore.
Come rendere irriconoscibili alle due ragazze i loro fidanzati? All'inizio aveva pensato di scritturare altri due diverse interpreti; ma poi si è detto che non era logico e costava troppo, e soprattutto perchè la trappola alle due fidanzate erano proprio i loro fidanzati a tenderla d'accordo con il saggio e navigato Don Alfonso. Allora come fare? Semplice: mettere una maschera dorata sul viso dei due fidanzati travestiti. Ma perchè l'idea non è venuta a quel geniaccio di Mozart? per dar modo a Ferrara di mettere in evidenza il suo genio registico. E sia.
Ma Ferrara, Giorgio - per non confonderlo con le due dame del 'Così fan tutte', che si vogliono di Ferrara città - sta già pensando alle 'Nozze' che metterà in scena l'anno prossimo ed all' altra evidente anomalia presente nell'opera, e cioè quel Cherubino che canta con voce femminile, ma non non è gay, ed è invece una donna con tutti gli attributi, ma che è innamorata della Contessa - bando naturalmente agli amori omosessuali.
La soluzione sembra l'abbia trovata già, anche se non l'ha ancora rivelata pubblicamente. Per questo attende l'anno prossimo, alla presentazione sui giornali della edizione 2016, quando al suo intervistatore Cappelli, con diritto di esclusiva, dirà come vi ha rimediato. Ha già scritturato la cantante (il cantante) austriaca/o con barba, Conchita Wurst, che renderà ancora più solleticante il personaggio, ambiguo, di Cherubino.
Si ha notizia, di un 'Rigoletto' commissionato a Ferrara, per la regia - perchè il Rigoletto è di Verdi, è bene chiarirlo - dall'Opera di Roma, per il quale, al momento del celebre Quartetto ( bella figlia dell'amore...) Ferrara ha previsto che esca un inserviente dalle quinte e dica ora ad una coppia ( Duca e Maddalena) ora all'altra, famigliare( Rigoletto e Gilda), che cantano tutte assieme, di abbassare la voce, magari anche solo con un gesto, ora all'una ora all'altra a seconda di chi intende seguire con maggiore attenzione, nel corso del celebre pezzo vocale d'assieme. Perchè quattro che cantano tutti insieme è troppo E così Giorgio Ferrara, dopo oltre un secolo e mezzo, mette fine ad un'altra incongruenza del melodramma, sfuggita al suo autore.
In Italia chi fa le leggi si sente in diritto anche di calpestarle. come ad esempio il ministro Franceschini.
L'anno scorso il ministero di Franceschini ha emanato un decalogo per accedere ai fondi del FUS nei settori della musica come del teatro e della danza. E tale decalogo riguarda sia le stagioni che i festival.
Una regola dice che ogni istituzione deve avere sul proprio sito un capitolo intitolato 'amministrazione trasparente' nel quale fornire tutte le informazioni relative a compensi dei vertici e dei collaboratori fissi delle varie istituzioni. Da mesi cerchiamo queste informazioni sulla IUC di Roma e non le troviamo; quelle relative all'unica dirigente stipendiata, il direttore generale Francesca Fortuna, della ben nota discendenza che si tramanda la IUC da almeno una cinquantina d'anni se non di più. E minaccia quel decalogo a coloro che non si attengono pesanti decurtazioni nei finanziamenti. L'ha fatto Franceschini in qualche caso? E non ha un mezzo per far comparire quella informazione sul sito della IUC che continua a finanziare come fosse la più regolare e ligia alla legge fra le istituzioni musicali ed invece almeno per la trasparenza dell'amministrazione non lo è?
Dice anche quel decalogo che il ministero avrebbe finanziato le isituzioni con finanziamenti triennali, a patto che esse presentino programmi, a loro volta, triennali. Chi lo ha fatto? Pochissimi. E tutti gli altri? Nei loro confronti essi il Ministero non muove un dito perché sa che in fatto di finanziamenti - determinazione, effettiva attribuzione e distribuzione - è in ritardo cronico e quindi deve star zitto. E' chiaro il ricatto messo in atto dagli organi di governo del nostro paese.
E c'è anche una terza regola che impone alle piccole realtà, per quanto preziose e storiche, di gemellarsi fra loro, perchè il ministero non intende più finanziare i progetti, le stagioni o i festival rivolti a poche unità, anche se superiori al centinaio. Giusto? Assolutamente no.
E quand'anche lo fosse, ci spieghi Franceschini perchè mai per tre sere intende importare, a metà luglio, dal Teatro Greco di Siracusa, dove ha messo al vertice di recente un dinosauro disibernato, e che ha un platea di quattro-cinquemila posti, importare al Colosseo - che ha già detto vuole ricostruire - per trecento e non più persone per volta, oltre quelli che farà accomodare in piccionaia, con chissà quali esiti ( si parla di un altro migliaio di posti circa) per farli assistere alla rappresentazione di una tragedia ( Medea di Seneca) che tiene banco in Sicilia? Per i suoi trecento fortunati lui quanto spende e spande, mentre per tutti gli altri teatri sperimentali e d'avanguardia che
hanno fatto la storia del teatro - il discorso vale anche per la musica - ha invece fatto sapere che 'non c'è trippa per gatti'? Lo spieghi, perchè a Roma si sa bene cosa voglia dire. A Roma si conosce bene la trippa, e si sa già quanti gatti dipendano dalla generosità delle tante gattàre. Generosità che le accomuna a Franceschini che ha trippa solo per i gatti suoi.
Una regola dice che ogni istituzione deve avere sul proprio sito un capitolo intitolato 'amministrazione trasparente' nel quale fornire tutte le informazioni relative a compensi dei vertici e dei collaboratori fissi delle varie istituzioni. Da mesi cerchiamo queste informazioni sulla IUC di Roma e non le troviamo; quelle relative all'unica dirigente stipendiata, il direttore generale Francesca Fortuna, della ben nota discendenza che si tramanda la IUC da almeno una cinquantina d'anni se non di più. E minaccia quel decalogo a coloro che non si attengono pesanti decurtazioni nei finanziamenti. L'ha fatto Franceschini in qualche caso? E non ha un mezzo per far comparire quella informazione sul sito della IUC che continua a finanziare come fosse la più regolare e ligia alla legge fra le istituzioni musicali ed invece almeno per la trasparenza dell'amministrazione non lo è?
Dice anche quel decalogo che il ministero avrebbe finanziato le isituzioni con finanziamenti triennali, a patto che esse presentino programmi, a loro volta, triennali. Chi lo ha fatto? Pochissimi. E tutti gli altri? Nei loro confronti essi il Ministero non muove un dito perché sa che in fatto di finanziamenti - determinazione, effettiva attribuzione e distribuzione - è in ritardo cronico e quindi deve star zitto. E' chiaro il ricatto messo in atto dagli organi di governo del nostro paese.
E c'è anche una terza regola che impone alle piccole realtà, per quanto preziose e storiche, di gemellarsi fra loro, perchè il ministero non intende più finanziare i progetti, le stagioni o i festival rivolti a poche unità, anche se superiori al centinaio. Giusto? Assolutamente no.
E quand'anche lo fosse, ci spieghi Franceschini perchè mai per tre sere intende importare, a metà luglio, dal Teatro Greco di Siracusa, dove ha messo al vertice di recente un dinosauro disibernato, e che ha un platea di quattro-cinquemila posti, importare al Colosseo - che ha già detto vuole ricostruire - per trecento e non più persone per volta, oltre quelli che farà accomodare in piccionaia, con chissà quali esiti ( si parla di un altro migliaio di posti circa) per farli assistere alla rappresentazione di una tragedia ( Medea di Seneca) che tiene banco in Sicilia? Per i suoi trecento fortunati lui quanto spende e spande, mentre per tutti gli altri teatri sperimentali e d'avanguardia che
hanno fatto la storia del teatro - il discorso vale anche per la musica - ha invece fatto sapere che 'non c'è trippa per gatti'? Lo spieghi, perchè a Roma si sa bene cosa voglia dire. A Roma si conosce bene la trippa, e si sa già quanti gatti dipendano dalla generosità delle tante gattàre. Generosità che le accomuna a Franceschini che ha trippa solo per i gatti suoi.
Il mistero dei manoscritti di Giuseppe Verdi custoditi nella villa di Sant'Agata, inaccessibili solo agli studiosi
Classic Voice questo mese di giugno ci ha privati della su inchiesta superstar per rifilarci un'anteprima. Una vera rivelazione. E cioè che fra le cose di Verdi custodite nella villa di Sant'Agata esiste un tesoro di cui sono in molti a conoscere l'esistenza - nel 2008, per conto dello Stato ne è stato stilato anche un elenco dettagliato - ma che resta inaccessibile agli unici che ne avrebbero diritto, anche in nome e per conto dello stesso Verdi, e cioè agli studiosi i quali potrebbero prendere visione, per buona parte delle sue opere, del lavoro preliminare, degli appunti, delle idee ed ipotesi poi magari scartate per la versione definitiva, che si conosce e che nella maggior parte dei casi è conservata a Milano, dopo che l'Archivio di Casa Ricordi è stato acquistato dalla Bertelsmann.
Insomma per molte delle opere della maturità si potrebbe, su quelle carte, studiare il lungo processo creativo del musicista. Servirebbero quegli appunti a riscrivere parti delle opere, come le consociamo? No, perchè la tradizione operistica verdiana è molto più sicura di quella, mettiamo di un Rossini o Bellini. Verdi, se pure in alcuni casi diede più di una versione di un medesimo titolo, non può esser corretto e rivisto sulla base di quegli appunti che si leggono, numerosi in taluni casi, in quelle carte.
Di esse, rivela la informatissima rivista, prese visione al suo tempo Franco Abbiati, in procinto di scrivere su Verdi, e più di recente Fabrizio Della Seta, quando ha curato l'edizione 'critica' della Traviata - alla quale, a dispetto del 'critica' nel titolo, non poche 'critiche' si attirò da studiosi e cantanti addentro alla materia.
Insomma avendo la versione definitiva o le varie versioni delle opere di un compositore meticoloso, quegli appunti potrebbero far venire tanti grilli in testa a studiosetti - quali ne annovera a iosa il barocco musicale - capaci di voler riscrivere Verdi, anche contro Verdi, meglio di Verdi stesso.
Ciò detto, però, è davvero assurdo che gli eredi di Verdi, che certamente non si meriterebbero con il loro comportamento di discendere, seppure alla lontana, da quei sacri lombi, inibiscano agli studiosi di visionare quelle carte, appellandosi alla volontà del loro capostipite, il quale impose nel testamento che nulla della sua villa venisse toccato, compreso il giardino. Possibile mai che Verdi fosse geloso di quel suo laboratorio segreto? Possibile che quando parlava di tutto ciò che c'era nella sua villa al momento della sua morte, vi comprendeva anche quelle carte? E se pure, quale danno potrebbe recare a Verdi, al suo nome, lo studio di quelle carte da parte degli studiosi? Nessuno se non quello di costringere a mettersi d'accordo i suoi eredi che ora sono schierati in due gruppi armati, l'un contro l'altro, anche nella decisione di alienare così come è quel bene immenso della ultima residenza di Verdi.
Noi, mentre da un alto speriamo che il nuovo presidente del'Istituto di Studi Verdiani, il noto compositore Nicola Sani, riesca a farli ragionare sfoderando tutte le sue arti incantatorie, dall'altro speriamo che, in attesa che si mettano d'accordo su come trarre profitto ancora una volta dal genio del loro antenato, senza che ne abbiano merito alcuno, quelle carte siano messe a disposizione degli studiosi.
Come accade a tutti gli archivi del mondo ed ai più grandi musicisti di ieri e di oggi financo, alcuni dei quali hanno trovato posto per le loro carte alla Fondazione Sacher di Basile, dove qualunque studioso può prendere visione delle carte di Stravinsky come di Boulez, di Sciarrino o Berio.
Oppure consentire a chi ha solo intenzioni di studio del Verdi segreto e non di sfruttamento anche economico - come sembrerebbero avere.... avete capito chi- di schedare quegli appunti e di metterli a disposizione di tutti; non gli originali che resterebbero di proprietà degli eredi, i quali possono tranquillamente continuare a scannarsi fra di loro e venderseli all'asta insieme alla villa.
A Solesmes, celebre abbazia benedettina francese, nota nel mondo per lo studio del canto gregoriano, esiste un luogo, detto 'Scriptorium', un specie di 'sancta sanctorum' dell'abbazia, nel quale da almeno un secolo, anzi di più, possono esser visionati in copia tutti i manoscritti gregoriani di cui si conosce l'esistenza; non solo, esistono anche dei registri di grande formato dove ogni singola nota del canto gregoriano é messa in sinossi con tutti i manoscritti conosciuti sui quali compare quella nota e quella composizione, ovviamente.
Questa è la civiltà del sapere, che spesso non appartiene alla... civiltà del profitto, del sangue, della discendenza.
Insomma per molte delle opere della maturità si potrebbe, su quelle carte, studiare il lungo processo creativo del musicista. Servirebbero quegli appunti a riscrivere parti delle opere, come le consociamo? No, perchè la tradizione operistica verdiana è molto più sicura di quella, mettiamo di un Rossini o Bellini. Verdi, se pure in alcuni casi diede più di una versione di un medesimo titolo, non può esser corretto e rivisto sulla base di quegli appunti che si leggono, numerosi in taluni casi, in quelle carte.
Di esse, rivela la informatissima rivista, prese visione al suo tempo Franco Abbiati, in procinto di scrivere su Verdi, e più di recente Fabrizio Della Seta, quando ha curato l'edizione 'critica' della Traviata - alla quale, a dispetto del 'critica' nel titolo, non poche 'critiche' si attirò da studiosi e cantanti addentro alla materia.
Insomma avendo la versione definitiva o le varie versioni delle opere di un compositore meticoloso, quegli appunti potrebbero far venire tanti grilli in testa a studiosetti - quali ne annovera a iosa il barocco musicale - capaci di voler riscrivere Verdi, anche contro Verdi, meglio di Verdi stesso.
Ciò detto, però, è davvero assurdo che gli eredi di Verdi, che certamente non si meriterebbero con il loro comportamento di discendere, seppure alla lontana, da quei sacri lombi, inibiscano agli studiosi di visionare quelle carte, appellandosi alla volontà del loro capostipite, il quale impose nel testamento che nulla della sua villa venisse toccato, compreso il giardino. Possibile mai che Verdi fosse geloso di quel suo laboratorio segreto? Possibile che quando parlava di tutto ciò che c'era nella sua villa al momento della sua morte, vi comprendeva anche quelle carte? E se pure, quale danno potrebbe recare a Verdi, al suo nome, lo studio di quelle carte da parte degli studiosi? Nessuno se non quello di costringere a mettersi d'accordo i suoi eredi che ora sono schierati in due gruppi armati, l'un contro l'altro, anche nella decisione di alienare così come è quel bene immenso della ultima residenza di Verdi.
Noi, mentre da un alto speriamo che il nuovo presidente del'Istituto di Studi Verdiani, il noto compositore Nicola Sani, riesca a farli ragionare sfoderando tutte le sue arti incantatorie, dall'altro speriamo che, in attesa che si mettano d'accordo su come trarre profitto ancora una volta dal genio del loro antenato, senza che ne abbiano merito alcuno, quelle carte siano messe a disposizione degli studiosi.
Come accade a tutti gli archivi del mondo ed ai più grandi musicisti di ieri e di oggi financo, alcuni dei quali hanno trovato posto per le loro carte alla Fondazione Sacher di Basile, dove qualunque studioso può prendere visione delle carte di Stravinsky come di Boulez, di Sciarrino o Berio.
Oppure consentire a chi ha solo intenzioni di studio del Verdi segreto e non di sfruttamento anche economico - come sembrerebbero avere.... avete capito chi- di schedare quegli appunti e di metterli a disposizione di tutti; non gli originali che resterebbero di proprietà degli eredi, i quali possono tranquillamente continuare a scannarsi fra di loro e venderseli all'asta insieme alla villa.
A Solesmes, celebre abbazia benedettina francese, nota nel mondo per lo studio del canto gregoriano, esiste un luogo, detto 'Scriptorium', un specie di 'sancta sanctorum' dell'abbazia, nel quale da almeno un secolo, anzi di più, possono esser visionati in copia tutti i manoscritti gregoriani di cui si conosce l'esistenza; non solo, esistono anche dei registri di grande formato dove ogni singola nota del canto gregoriano é messa in sinossi con tutti i manoscritti conosciuti sui quali compare quella nota e quella composizione, ovviamente.
Questa è la civiltà del sapere, che spesso non appartiene alla... civiltà del profitto, del sangue, della discendenza.
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