Lasciamo da parte gli appelli ideologici rivolti al principale 'attore' della stagione del San Carlo, il pubblico, come si leggono nell'appello della sua sovrintendente, Rosanna Purchia, prima a bagnomaria anche per l'opposizione del sindaco della città, presidente del teatro napoletano, e poi rimessa in corsa dal ministero di Nastasi - che la volle come commissaria per la sovrintendenza, all'epoca del suo commissariamento per deficit del teatro, quando mise anche, creandolo appositamente, la sua mogliettina a capo del neonato Museo del Teatro, ben stipendiata, come si conviene alla mogliettina di un direttore generale; ora ha lasciato l'incarico - e veniamo alla stagione che abbiamo letto appena qualche istante fa.
Se dobbiamo proprio dire, fra la stagione sinfonica del teatro San Carlo e quella dell'Opera di Roma - uno non ha direttore artistico e l'altro ne ha ben due - non c'è proprio paragone, quella del teatro napoletano è di gran lunga migliore, e vi compaiono direttori davvero prestigiosi, non quelli 'per finta' che il sovrintendente Fuortes si ostina a definire pur essi prestigiosi.
Anche la stagione d'opera, ricca di molti titoli, fra i quali anche quelli relativi alle celebrazioni di Paisiello non è male, c'è repertorio, grande repertorio ed anche titoli meno noti o meno frequentati. Ed anche nella buca d'orchestra presenze eccellenti, a cominciare da Mehta, Luisi e Steinberg (che ne dirige più d'una d'opera: sarà forse il prossimo direttore musicale?) a Santi, Zukerman, a Ferro ad Oren- rispunta anche Cristian Badea, ma dove l'hanno ripescato?; e, per non lasciarci sfuggire il boccone più prelibato, c'è anche Chiara Muti - si alliscia la figlia per avere il papà, che però ha detto che fino a quando ci sono gli attuali vertici al San Carlo, non mette più piede, mentre sua figlia, invece... - che debutta nella regia di un capolavoro mozartiano - 'Le nozze di Figaro', con la direzione di Ferro. E non manca anche balletto.
Tutto questo in un teatro che non ha direttore artistico come lo aveva fino alla fine dell'anno scorso, al cui fianco lavorava come capo della segreteria artistica, l'attuale segretario artistico ( detto 'direttore della programmazione) del teatro che è là dai tempi di Lanza Tomasi, di Panni e via dicendo, m. Francesco Andolfi, il quale ha inserito nella programmazione anche un pianista - che si dice osannato da Muti e candidato da Paolo Isotta alla sovrintendenza- per far capire che a Napoli non si nutre rancore con gli avversari, quando risultano vinti e sconfitti ( nella carica di sovrintendente, ovvio); stessa consolazione per un altro sconfitto, Filippo Zigante.
Insomma viene da pensare che non le prime donne ma i loro aiutanti siano in molti casi più utili e di più larghe vedute delle stesse primedonne alle quali la vulgata vuole affidata la direzione di un teatro. I quali aiutanti, c'è da scommettere, ne sanno molto di più - per lo meno hanno imparato tutto il necessario, stando al fianco delle stesse primedonne e lavorando sodo dietro le quinte.
Del resto i casi di Bologna e Roma, con due direttori artistici, tali o facenti funzione, come Sani ( nelle doppia veste di sovrintendenne e direttore artistico) e Battistelli, per i quali il grande melodramma non rappresenta certo il terreno nel quale essi si muovono con maggiori ed approfondite conoscenze, dimostrano come nell'un caso ( Bologna) il direttore sia più intraprendente in fatto di regia (toppando naturalmente, perchè vuole anche chiamare registi che sbalordiscano e basta o i suoi amici di sempre che sbalordiscano per la loro incapacità registica) meno sul repertorio, e meno ancora sui cast vocali; e nell'altro ( Roma), il sovrintendente debba mandar giù due direttori artistici, e ingoiare anche un festival - addirittura un festival - contemporaneo, per dare spazio a Battistelli, mantenendo anche Vlad per il melodramma, che è il massimo; e debba farneticare dicendo che se non apre al contemporaneo il teatro d'opera è morto. Tié!
A Napoli non c'è direttore artistico, c'è un buon 'segretario artistico' che ha un curriculum normale ma ricco soprattutto di attestazioni di stima in ogni posto in cui ha lavorato, che non si può dire faccia peggio di Bologna e Roma dove invece i direttori artistici ci sono, pur non essendo all'altezza di quanto richiesto da un teatro d'opera. E' così.
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