Quella del giornalista è una professione che va verso la sua rovina definitiva e non per l'avvento dei moderni mezzi di comunicazione che hanno di fatto ammesso all'antica professione dell'informatore una massa di cretini - come li ha definiti, senza mezzi termini, Umberto Eco nella sua recente 'lectio doctoralis', in occasione dell'ennesima laurea concessagli dall'Università di Torino - che, promossi a moderni pensatori dalla televisione imbecille, si sentono autorizzati ad aprire le cataratte delle loro teste vuote e rovesciare nella rete qualunque cosa.
No, la professione giornalistica sta rovinando precipitosamente perché, salvo rarissimi casi - che proprio per questo sono indicati come disturbatori della quiete pubblica - il giornalista, anche quello insignito con i galloni di capo qui e capo là, lavora a cottimo, dietro pagamento e con l'indicazione precisa del da farsi.
Le pagine 'EVENTI' o 'GUIDE' che da tempo andiamo indicando al pubblico ludibrio, così come appaiono nei giornali più diffusi, pagate profumatamente ( in rapporto ai tempi ed alle disponibilità) in occasione di appuntamenti importanti, nel campo dell'arte della cultura od anche dell'intrattenimento 'alto' , sono nè più e nè meno che l'atto di morte del giornalismo, quello vero di una volta.
L'esempio di alcuni giorni fa, offerto dal 'Corriere', in relazione alla prossima stagione d'opera estiva dell'Opera di Roma alle Terme di Caracalla rappresenta l'ultimo caso, solo in termini di tempo.
Quelle pagine non si fermano a presentare la stagione. No, non basta, altrimenti - ne sono convinti gli amministratori - perchè dovrebbero pagare il giornale che poi, quando si va in scena, a malapena riserva agli spettacoli qualche riga di cronaca? Loro, pagando, scelgono anche i contenuti di quelle pagine, non fidandosi dei giornalisti che sanno essere corruttibili.
Non basta, scende in campo anche Paolo Fallai per cantare, prima ancora che la guerra finisca - visto che non è neppure cominciata - la vittoria dell'armata Fuortes che finalmente mette fine al 'Passato da cartapesta' delle stagioni a Caracalla, attraverso la creazione di un 'festival', dal quale sono banditi elefanti e cammelli, mentre fa salire sul palco proiezioni e finte scenografie proiettate sulle monumentali rovine.
Sostiene lo storico Fallai che a quelle terme l'inventore della stagione estiva ha recato oltraggio, oltraggio 'popolare'. E chi ne sarebbe stato l'inventore responsabile dell'oltraggio? Il Duce, il quale si inventò la lirica 'popolare' offerta in pasto ad una sterminata platea che faceva concorrenza all'Arena di Verona. Il Duce, secondo lo storico del costume in forza al Corriere, alla fine degli anni Trenta del secolo scorso, avrebbe dovuto avere una sensibilità che forse non hanno ancora del tutto oggi i fautori di un nuovo modo di intendere la conservazione ed il riuso dei nostri beni architettonici. Fallai dimentica di citare, ad onor del Duce - senza che questo corregga di una virgola il giudizio negativissimo sulla sua linea politica - che fu lui a creare anche la Biennale e il Festival del Maggio Musicale Fiorentino. Insomma, benché biasimevole dittatore e razzista, ebbe la sensibilità e chiaroveggenza di dar vita ad imprese di cultura che ancora oggi risplendono. Ci faccia Fallai, che pretenderebbe tanta sensibilità moderna dal Duce, un solo nome di politico o governante 'democratico' di un paese che sulla cultura dovrebbe fondare buona parte della sua azione politica, degli ultimi cinquant'anni, al quale legare l'avvio di una impresa culturale di tale spessore. Per quanto Fallai conosca bene la storia del nostro recente passato faticherebbe a trovarne anche uno solo.
Ed allora perché prendersela con il Regime, anche quando fece qualcosa di non riprovevole, passi se lo abbia fatto per coprire o farsi perdonare le sue malefatte?
Per tornare infine ai nostri giorni, perché Fallai od altri suoi colleghi, meno titolati di lui, fanno tutto questo credito a Fuortes, prima ancora che si vedano i frutti della sua azione? Solo perché arriva all'Opera, carico di gloria, dalla sua direzione di Musica per Roma, il cui modello - pur esso lodato, a comando (pagamento) da Fallai - Fuortes importa e riproduce nel teatro della Capitale? O perché ha risanato i conti, come scrive Fallai? Ad oggi quei conti risultano diciamo risanati solo perché Fuortes ha preso soldi dal fondo speciale salva teatri, ne ha presi quanti gliene servivano per tappare i buchi di bilancio. E l'ignobile passato - a detta di Fallai - della storia delle terme in musica sarebbe cancellato dall'avvio di un 'Festival' di Caracalla? No, perché un festival è stato già proposto un paio di anni fa, senza considerevoli risultati artistici ed economici, contribuendo a creare quel buco di bilancio che sappiamo, dalla precedente gestione dell'Opera, quella con Muti, De Martino ed Alessio Vlad che si vantavano di aver creato un festival che avrebbe dato una mano di vernice 'chic' alla facciata popolare di Caracalla.
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