"'Con la commissione devo parlare io. Sono io il presidente del Consiglio. E non ho mai interrotto il dialogo". Adesso Giuseppe Conte chiede silenzio ai vicepremier e in un colloquio con Repubblica si dice pronto a rimandare le riforme cardine, in particolare reddito di cittadinanza e superamento della legge Fornero con quota 100.
"Ho una maledetta fretta di realizzarle perché fuori di qui, ogni giorno che passa, ci sono sempre più persone che le aspettano", dice il premier sottolineando però che per metterle in pratica sono necessari "tempi tecnici". "E sono tempi che scopriamo nel momento in cui le scriviamo", spiega, "Ritardare non vorrebbe dire tradirle, solo prendere il tempo che serve a fare le cose per bene. Fin quando non scrivi un provvedimento le date possono cambiare ma io le riforme le realizzo".
Ma i tempi tecnici si scontrano anche con le richieste dell'Europa e con il rapporto tra deficit e pil con il quale il presidente del Consiglio deve fare i conti. "Io non sono mai voluto andare allo scontro con l'Europa", rimarca Conte, "Se sul Def abbiamo scritto 2,4% non era per andare allo scontro, ma perché era quello che ritenevamo servisse. Adesso, se ho la possibilità di ridurre per alcune misure l'impatto economico, sono qui. Non ho mai detto non parlo con Juncker. Se posso recuperare le risorse, rimodulare il saldo finale, cambiare qualcosina, non vuol dire che torno indietro. Se mi portano dei conteggi che mi consentono di scrivere 2,3% o 2,1%, le riforme le realizzo comunque. Conta anche il negoziato. Tra la cena di sabato al G20 e lunedì mattina, lo spread è sceso di 30 punti. Così, tac".
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