Il presidente Mattarella, accompagnato dalla figlia, elegantissima pur nella sobrietà del suo vestito, per la prima volta alla Scala nella serata inaugurale è stato salutato da cinque lunghissimi minuti di applausi che non potevano essere solo il saluto al Presidente della repubblica presente a Milano. Avevano certamente un altro senso e significato, altrimenti nessun altra ragione per la lunghezza fuori norma degli applausi. Agli applausi è seguito l'Inno nazionale cantato da tutto il teatro in piedi, sotto la direzione di Chailly, rivolto verso il pubblico.
Il paese gli ha espresso fiducia nella sua azione di garanzia in una Italia che sembra come una nave sballottata di qua e di là fra le onde da nocchieri mezzi ubriachi ed incapaci di reggere il timone e farla andar dritta. Come è ormai evidente a tutti, compresi quelli che li hanno votati in massa.
Nel palco reale erano presenti anche la presidente del Senato, il ministro Bonisoli e il ministro Tria, il quale, non avendo più nulla da fare, esautorato di fatto dai due muscolosi, entrati ormai in confusione, vicepremier, ha pensato bene di trascorrere una serata alla Scala, dove si raccontava, trasfigurata dalla musica di Verdi, la storia di un altro barbaro, Attila, il quale forse ai suoi tempi non riuscì a fare tanto male all'Italia, anzi... mentre rischiano di farlo i nuovi barbari del governo gialloverde.
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