L’assemblea degli azionisti di Askanews ha deciso oggi di avviare l’iter per l’apertura del concordato preventivo. Un atto irresponsabile e inaccettabile che il Cdr di Askanews respinge con forza, così come rimanda al mittente la richiesta di 27 esuberi. Questa decisione riaccende una vertenza mai chiusa che pesa sulle spalle di quasi 100 giornalisti, incastrati tra le gravissime mancanze del suo editore Luigi Abete, e l’incapacità e il disinteresse della politica di tutelare il diritto costituzionale all’informazione.
Senza tacere le inequivocabili responsabilità dei governi, quello precedente e quello attuale, e del Dipartimento per l’editoria, non possiamo non rilevare come ancora una volta
l’azionista di riferimento Abete venga meno ai suoi doveri di imprenditore.
l’azionista di riferimento Abete venga meno ai suoi doveri di imprenditore.
Se è vero che Askanews si trova in una situazione di crisi finanziaria dovuta in primo luogo al mancato accordo con il Dipartimento dell’editoria per servizi erogati ma ancora non pagati, Abete non ha scelto la strada della responsabilità, ha deciso di non ricapitalizzare e punta, ancora una volta a spremere i suoi dipendenti, in primo luogo i giornalisti, che quest’anno hanno già rinunciato complessivamente a oltre 1,5 milione di euro di taglio agli stipendi con la cassa integrazione al 50%.
Al danno si aggiunge la beffa: l’azienda dice che affronterà il contenzioso con il Dipartimento Editoria, in cui sono in ballo alcuni milioni di euro, a difesa dei posti di lavoro, ma sceglie deliberatamente una strada che per sua natura offre una prospettiva aleatoria e che, se porterà mai dei frutti, nel frattempo farà pagare ai lavoratori un prezzo altissimo.
Adesso il passo avventato, scellerato e da condannare del concordato preventivo, arriva dopo anni di scelte aziendali quantomeno
discutibili, di operazioni opache su cui più volte abbiamo chiesto risposte, di contratti di solidarietà e di una cassa integrazione pesantissima.
discutibili, di operazioni opache su cui più volte abbiamo chiesto risposte, di contratti di solidarietà e di una cassa integrazione pesantissima.
Abete ancora una volta scarica il rischio e la responsabilità di impresa sui lavoratori. E ci sarebbe da ridere, se non fosse invece drammatico, leggere in un comunicato che verso i dipendenti e i giornalisti “è costante il pensiero dell’azienda”. Non è stato così, se non quando c’era da chiedere sacrifici, sempre accordati. E non lo è certo ora.
Nel muro contro muro tra l’azienda e il dipartimento Editoria, a pagare sono i giornalisti, scudi umani e agnelli sacrificali di una lotta tra poteri. Ma stia tranquillo Abete che i redattori di Askanews sapranno far valere i propri diritti in tutte le sedi legali e sindacali.
Quanto alla politica, ringraziamo chi nei giorni scorsi ha espresso solidarietà ai giornalisti ma chiediamo un intervento concreto, solo quello che ci spetta, non favori. Askanews è l’ennesimo esempio di un’impresa che rischia di chiudere perché chi doveva prendersi delle responsabilità e risolvere delle storture ha preferito scansarsi e lavarsene le mani, mettendo nero su bianco livelli occupazionali che danno carta bianca all’azienda per tagliare un terzo del personale.
Condannando ancora la decisione del Cda proclamiamo lo stato di agitazione e ci riserviamo di mettere in campo a breve altre iniziative di protesta.
Il Cdr
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