giovedì 6 dicembre 2018

Attila di Giuseppe Verdi inaugura la stagione alla Scala. Gli studiosi verdiani più noti ci hanno spiegato tutto dell'opera giovanile di Verdi

Domani il grande giorno. Teatro pieno - perchè a sant'Ambrogio, tutti vogliono passare da quel foyer,più che sedere nel poltrone del teatro - anche con i biglietti a costi proibitivi.  Si inaugura la stagione scaligera con un'opera giovanile di Giuseppe Verdi, l'Attila, che appare oggi come un laboratorio musicale e teatrale importantissimo per la futura carriera del compositore.

 In tutti i giornali si sono lette 'guide' alla rappresentazione inaugurale, diretta da Riccardo Chailly, senza che nessuno dei lettori si sia domandato da dove venga tanto interesse per la musica, e per il melodramma che, a dire di certi sovrintendenti analfabeti (non c'è bisogno che facciamo i nomi, perchè li abbiamo fatti tante volte), senza l'azione rivitalizzante e ringiovanente della regie anticonvenzionali, sarebbe già morto e sepolto. Idiota di sovrintendente, chi la pensa a questo modo.

 Comunque quelle pagine, anche eccessive, arrivano direttamente dai teatri che hanno sborsato bei soldini per pagine che al lettore ignaro non dicono immediatamente trattarsi di pubblicità occulta 'a pagamento' .
Nel bailamme verdiano  generale  che fa da contraltare, una volta l'anno, all'addormentamento e disinteresse altrettanto generali in fatto di cultura , e di musica e melodramma manco a dirsi, s'è distinta Radio 3, che da una decina di giorni manda in onda quotidianamente  una chiacchierata con gli studiosi verdiani più illustri, fra i quali non poteva mancare l'attuale direttore dei Quaderni 'Studi verdiani', chiamato per chiara fama 'verdiana', e di molte altre scienze musicologiche e non, a quell'incarico, dal più illustre verdiano al mondo che l'Istituto verdiano di Parma presiede, ovvio: Nicola Sani.

 Non abbiamo sentito cosa abbia detto, frutto di studi su studi condotti nel corso di anni ed anni di lavoro. Ma del suo curriculum professionale, che non ha pari in Italia e fuori, ci ha reso edotti egli medesimo, nel corso di un convegno di studi dedicato a Massimo Mila che ha avuto luogo appena qualche mese fa alla Scala, e che gli offerto l'occasione per farci sapere quale duro lavoro sia oggi quello del critico, e del musicologo ancora peggio.

I giornali se lo contendono, ma lui resta fedele al primo amore, La Stampa, dove però ha dovuto sottostare ad alcune regole, anche quando non le condiivde, come quella - sono parole sue - di sottostare in ogni articolo alla regola 'dell'acchiappo'.

 A quello giornalistico scritto, ha sempre unito  il giornalismo radiofonico, in una Radio Tre,  (imbarbarita dopo l'uscita di dall'Ongaro, ma nella quale egli resta come unico presidio contro l'imbarbarimento) di cui uno studioso, tutto d'un pezzo come lui, non può condividere totalmente la linea editoriale, nella quale - sono sempre parole sue - ' la musica di oggi non va trasmessa mai nè di mattina nè di pomeriggio, semmai, a notte fonda'. E lui ne soffre, essendosi sempre speso a favore della musica d'oggi, e avendo anche  offerto a qualche musicista i suoi servigi di librettista coltissimo. Solo che appena qualche giorno fa abbiamo ascoltato un brano, che ha pochi anni sulle spalle, di Fazil Say, pianista compositore,turco ( ?), segno che quella ferrea regola da lui annunciata e criticata è stata tolta dal decalogo del bravo programmatore radiofonico a Radio Tre. Non sarà stato lui a farla cassare dal decalogo?

Non finisce così. Ha parlato del suo lavoro, apprezzatissimo, nell'Istituto di 'Studi verdiani', contestato solo da un drappello di musicologi verdiani anch'essi ma della vecchia scuola, che si sono asserragliati sull'aventino svizzero dell'Università di Berna, dando vita, benchè consapevoli di non poter scalfire la fama del nostro studioso e del bollettino che dirige, ad un contro bollettino verdiano.

E, dulcis in fundo, la curatela del Volume 'Musica' per l'Enciclopedia Treccani, per chiamata diretta dell'illustre studioso della filosofia dalemiana, Massimo Bray. Quel volume, corposissimo ed anche costosissimo,  come ha rivelato il nostro alla platea che a quel punto non credeva alle proprie orecchie, ha venduto copie a josa e si sta procedendo ad una seconda e terza ristampa.

 A fronte di  questo curriculum studiorum  et vitae ( per il quale tralasciamo i suoi approfonditi studi di composizione!), il suo curriculum 'honorum', che di recente si è arricchito dell'entrata  nell'Accademia di Santa Cecilia, non è che il giusto, ma solo momentaneo, riconoscimento dei suoi meriti. E non finirà qui.

Durante quella lunga sacrosanta e sofferta dissertazione, nei locali della Scala, gli sedeva accanto il musicologo Quirino Principe,  che abbiamo visto arrossire in volto, a causa della cosciente indegnità di stare al suo stesso livello.

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