Vittorio Sgarbi si sente “un sopravvissuto di un’epoca che non c’è più”. Si è descritto così il sottosegretario alla Cultura del governo Meloni in un’intervista a il quotidiano La Stampa. Un intervento nell’ambito del dibattito aperto dal quotidiano sull’influenza e la funzione della critica e delle recensioni nel mondo della cultura. E un’altra occasione sulla proposta culturale e museale del sottosegretario: musei gratis, per esempio, anche se il ministro Gennaro Sangiuliano non è d’accordo. “Dobbiamo ancora elaborare una strategia, ma si deve lavorare sull’attrattività dei beni culturali pur nel rigore della tutela. Oggi, invece, si va nei musei come prolungamento del weekend e la maggior parte sono vuoti. A differenza del ministro poi io sono per non far pagare il biglietto come in Gran Bretagna, dove ci sono ricavi autonomi”.
A Rai3 il ministro ha ribadito la sua intenzione di lasciare i musei italiani aperti anche nei giorni di festa prevedendo delle indennità per chi lavora. Nessun veto da parte di Sgarbi ai direttori stranieri nei musei, e anche qui Sangiuliano è distante, preferisce gli italiani, almeno nove. Però “chi ha fatto due mandati non sarà riconfermato, come nei Cinque Stelle”. Altri progetti: sdoppiare alcuni musei, come l’Albergo dei poveri di Napoli, “che potrebbe diventare la nuova Biblioteca Nazionale. Sia Brera a Milano sia gli Uffizi a Firenze poi hanno progetti di ingrandimento”.
Complesso il tema della restituzione delle opere d’arte, sempre più attuale tra colonialismo e appropriazioni. La Gioconda resterà al Louvre, questo è certo. Morgan, il cantante Marco Castoldi, ex frontman dei Bluvertigo, “per ora mi aiuta senza un ruolo definito, poi potrebbe curare un osservatorio sullo spettacolo. È un creativo e potrebbe seguire un progetto sulla musica con il ministro dell’Università Bernini. Ieri ha anche organizzato una festa per i 90 anni di Liliana Cavani”. È invece “una scelta d’immagine” del ministro Sangiuliano quella della direttrice d’orchestra Beatrice Venezi.
Per Vittorio Sgarbi il critico d’arte oggi è “un cameriere di pranzi allestiti da altri, a cui partecipa invitato per poi ricambiare alla mostra che curerà lui. Ci sono stati gli storici dell’arte, i critici dell’arte, i critici militanti, i critici indipendenti, i curatori e i curatori indipendenti. Questi ultimi si credono i migliori, ma sono i più schiavi di tutti. Non a caso gli artisti in voga sono sempre gli stessi da mostrare alle Biennali. Chi sta all’opposizione o ha grande personalità o viene emarginato”. Per il sottosegretario “i critici anticipano, illustrano, ma sono in realtà degli uffici stampa o il loro prolungamento”.
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