È “felice”, Giorgia Meloni. E si vede. Dopo aver ricevuto la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro, vola a Palermo per incontrare l’Arma dei Carabinieri, il Ros e i magistrati che hanno messo dietro le sbarre il boss trapanese. “Sono felice e non per me - dice intervistata a Quarta Repubblica - ma per la nostra Nazione”.
Questa "giornata storica" anche a Palazzo Chigi inizia intorno alle 9 del mattino. Abbiamo tutti nella memoria la foto del presidente Usa, Barack Obama, che segue le operazioni delle forze armate americane in procinto di uccidere Osama Bin Laden. È l'immagine plastica del capo che guida le operazioni. Nel caso italiano, non è andata così. La procura di Palermo e i carabinieri non hanno fatto trapelare nulla: da circa tre giorni gli investigatori avevano “intuito” che quell’uomo che si presentava sotto il nome di Andrea Bonafede potesse essere il superlatitante, così hanno organizzato il blitz nei minimi dettagli ma senza informare il presidente del Consiglio. “Certe cose si scoprono quando accadono - assicura Meloni a Nicola Porro - Ci vuole discrezione: sono cose che è meglio non sapere in troppi e soprattutto non parlarne al telefono. Diciamo che, come premier, sono venuta a saperlo immediatamente”.
Nella lunga intervista, Meloni tocca diversi punti. Difende le intercettazioni. Esclude modifiche al regime del 41bis. Dà il merito agli investigatori. E poi analizza quella sorta di complottismo che in queste ore si sta già facendo strada. Matteo Messina Denaro si è fatto catturare volontariamente? C’è stata una “trattativa” con lo Stato? È vecchio e malato? “Ho sentito tutte queste teorie e non riesco a capire”, sospira Meloni nell'escludere ogni trattativa, anche quella ipotizzata da Salvatore Baiardo in un'intervista a Non è l’Arena: “Quando si parlava di questa trattativa - spiega il premier - si faceva riferimento al fatto che il governo stesse pensando di smantellare l’ergastolo ostativo. Sì, è un pericolo che abbiamo corso. Ma la prima decisione di questo governo è stata proprio quella di confermarlo. Messina Denaro andrà al carcere duro perché esiste ancora grazie a questo governo”. Il premier è convinto che “non serve mettersi d’accordo con la mafia per batterla”. Si può fare.
Meloni sembra averne anche per Roberto Saviano, pur senza nominarlo. Lo scrittore oggi, infatti, poco dopo la cattura del boss, ha scritto su Twitter che Messina Denaro “come tutti i capi era esattamente nel luogo dove tutti sapevano fosse”. “Tutti i grandi mafiosi vengono trovati vicino a casa - ribatte il premier - perché c’è maggior conoscenza del territorio e maggior possibilità di trovare qualcuno disponibile ad aiutarti”. Sarebbe arrivato il momento, è il ragionamento del leader di Fdi, di smetterla con il solito vizio tutto italiano di “auto-flagellarsi”. E anche di buttarla in politica, quando forse bisognerebbe solo gioire. “Quando lo stato italiano finalmente può cantare vittoria - conclude Meloni - noi siamo lì ad inventarci qualcosa”.
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